domenica 29 gennaio 2012

La colpa



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La colpa

Autrice: Lorenza Ghinelli
Genere: Drammatico.




Due ragazzi, Martino ed Estefan. Due amici, con un passato traumatico ed inconfessabile alle spalle. Due forme diverse di un alienazione psicologica che trae origine da un fatto traumatico.

La loro frequentazione nel mondo degli adolescenti, a cavallo con la maggiore età, in quel periodo unico fine anni 90, speso fra argomenti tipici della vita di tutti i giorni, con i suoi eccessi nello stile anticonformista e ribelle, nel sesso come nell'amicizia, si mescola con la loro complessa personalità.

Riusciranno a sopravvivere a se stessi, affrontando le loro paure, rimanendo legati, in quella simbiosi dell'amicizia che rassomiglia ad un legame gemellare?

Cosa succederà quando Martino ricorderà il trauma subito, nel sottofondo della musica dei Clash?

Cosa accadrà, quando Estefan incontrerà una bambina di nome Greta, di notte, in una scorribanda, nella sua fattoria?

Questi eventi che reazione scateneranno? E quale pacificazione riserverà la vita alle vittime di una colpevolezza che appartiene al sospetto e all'inerme assenza di reazione?

Ma sopratutto, possiamo noi tutti, in quanto esseri pensanti, degni del libero arbitrio, definirci come colpevoli delle nostre vicende personali? Qual il limite simbiotico tra la vittima ed il carnefice. Dove finisce il rimpianto insito nella sopportazione e comincia il riscatto della personalità?

Dopo “Il divoratore” ritroviamo un esposizione paratattica, nello sviluppo dei pensieri che poggiano su parole il cui ruolo è, concettualmente, incostante: alternato, intermittente, ma pressante come un inguaribile malattia che contagia dalla prima all'ultima pagina.

Le affermazioni diventano schegge egocentriche ed autoritarie, tese a realizzare un effetto domino, attraverso il rafforzamento ripetitivo di singole emozioni che l'Autrice rivisita, muovendo i termini come telecamere sul set di una ripresa cinematografica.

Se la narrazione è sterile, nel suo sviluppo esistenziale, il sentimento clinico che vi si cela dietro, ritorna con pedissequa costanza. Il che associa, da un lato la carica visiva della scrittura creativa, e nel contempo, l'emotività intrinseca al tema introspettivo, che è poi l'oggetto della narrazione, oltre i singoli fatti.

Una psicologia legata ad aspetti sociologici.

Il trauma, come epicentro di un universo sconosciuto, dove la materia oscura annida in ogni angolo e l'uomo impara a coesistervi, nel presupposto di non potervi rinunciare.

La centralità non appartiene alla lotta, come riscatto del sé, bensì alla rinuncia, che rimane ferma, immobile: statica fotografia di un momento eterno, ripetuto con l'ossessione tipica delle sociopatie.

In quest'opera ritroviamo maggiormente la sofisticazione della personalità tipica del motto di Shakespeare nel celebre “essere o non essere”, piuttosto che un argomentato dualismo di Socrate ed Antigone o una contrapposizione logica tra Bacone ed Aristotele.

I protagonisti dell'Autrice vivono un conflitto interiore, simile ad una matrioska, perchè indagando se stessi, quando non si rifugiano nel rifiuto, rivelano altre debolezze, somatizzate nel carattere: una sorta di pregiudizio infinito che devia la strada maestra della vita e porta, di tanto in tanto, la variabile del cammino ad intersecarla nuovamente; perchè il futuro è in movimento e il destino conduce spesso ad una sorta di parallelo.

Potrà sembrare curioso, ma la principale assimilazione che mi sento di poter esprimere, su questa tecnica espositiva e in particolare sul pathos che l'Autrice propone, come una costola d'Adamo di se stessa, è rivolto al testo di una celebre fisica statunitense, Lisa Randall: “Universi paralleli”.

Lo stile emotivo incontra, con la Ghinelli, una particolare metodologia narrativa, sotto certuni aspetti più tipica di alcuni autori del Fumetto. Le sue descrizioni sono frecciate dirette, con meno ambiente e più concetto, rafforzato utilizzando luoghi comuni quali marchi, artefatti, richiami ad altri sensi dominanti, come il gusto o l'udito, attraverso cioé immagini viventi, e musiche orecchiabili con la mente.

A momenti, quando eccede in questo virtuosismo narrativo, la visione diventa underground, e rassomiglia ad una via di mezzo fra un videoclip ed un cartone animato anticonformista, di quelli che alcuni definiscono “per adulti”. Questo aspetto può avere l'effetto positivo di fidelizzare alcuni lettori al suo stile, ma corre anche il rischio di allontanare chi preferisce un diverso standard.

L'emotività che la scrittrice descrive, aiuta il lettore a calarsi nei panni dell'ambiente circostante e degli eventi, attraverso aneddoti di realismo puro: minimalisti come sono i dettagli, particolareggiati da quei gesti che, così consueti, donano un peso specifico notevole, alla già visiva immagine che si rinviene dalla lettura.

Per questo, quanto l'Autrice calca la mano su determinate scene, corre il rischio di urtare la sensibilità di quanti leggono. Specialmente su tematiche ad alto impatto emotivo, che possono disturbare il lettore, in quanto egli, a differenza dello spettatore, è più coinvolto dall'immediatezza del veicolo scritto, meno cinematografico, e lavora sempre di fantasia.

Del resto, non è necessario esagerare per stupire, e non sempre lo stupore rivela poi un gusto piacevole; a volte si smarrisce nel vortice delle tematiche sopra le righe, un pò come i versetti di una canzone rap che si trascina perdendosi nel mentre.

Il codice sorgente dell'indagine introspettiva comportamentale di questo scritto è un armata di numeri binari che diventano anarchici irresponsabili, schiavi della loro immacolata perfezione. Si divertono a non spiegare, pur rivelando la loro natura, come il gatto che si tiene a debita distanza: così vicino eppure, nella sua inviolabilità, così lontano.

Ciò accade perchè in buona sostanza, non sfugge all'occhio più attento come gli eventi narrati, intesi nella loro unicità, per quanto ben elaborati ed esposti appartengono anche a dei cliché già ampiamente noti e conosciuti, nella letteratura, cinema, televisione, fumetti. Sterilizzati dal contorno, sono assai poco originali.

Il risultato è che il lettore, sarà condotto per mano da un Virgilio che non gli permette di vedere ciò che vuole dell'Inferno.

E questo ritengo sia il più grave limite dell'opera, nella sua componente scientifica della metodologia psicodrammatica.

In quest'ottica, alcune tinte forti, che certuni apprezzano, potrebbero non cogliere il gradimento di un pubblico più impressionabile. E non per il contenuto in sé, ma per quell'intrinseca anomalia imponderabile che appartiene all'originalità di tutti noi.





La colpa” è un buon romanzo drammatico, con uno stile narrativo visivo e intelligentemente organizzato. Sicuramente ben scritto anche se dal ritmo meno incalzante e sorprendente rispetto a “Il divoratore”. Paratattico, ottimamente concepito nella dialettica: realistica e immediata. Un testo ambizioso, che affronta argomenti difficili, calandoli nell'alveo (s)conosciuto dello psicodramma.

                                                        Marco Solferini


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