mercoledì 23 marzo 2016

E' così che si uccide

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E' così che si uccide

Autore: Mirko Zilhay.
Genere: thriller.

Roma e gli omicidi.

Un binomio che richiama subito alla mente scenari di grandi film e altrettanti romanzi. Questa volta spetterà al commissario Mancini indagare. Un profiler, con un una specializzazione nel tracciare profili di serial killer che incontrerà le scene del crimine dove un apparente assassino dalla mano ferma come quella di un chirurgo «interviene» sulle vittime dopo averle immobilizzate.

«Un eco strozzata, e appena il tempo di percepire il movimento e provare a girarsi. poi le fiamme dell'inferno gli investono le spalle e penetrano dentro la nuca. Una luce abbagliante in fondo agli occhi, un ronzio e il nero assoluto». Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

Quale segreto si nasconde dietro le morti? Forse la verità è in alcuni criptici messaggi che preannunciano gli omicidi e che sono indirizzate a un giornalista da un mittente sconosciuto.

Sulla strada che conduce alla rivelazione dell'omicida Martini lavorerà insieme con una giovane collega che forse riuscirà a distrarlo dai sensi di colpa che martellano la sua anima in pena. Il ricordo della moglie, morta in sua assenza, per una grave malattia è infatti il personale flagello con cui pare dover convivere l'uomo di legge.

Romanzo d'esordio di Mirko Zilhay ed ennesimo centro della Longanesi.

«Da giorni Roma era stordita da quella pioggia opprimente. La Nomentana era allagata d'acqua sudicia che le incapaci fogne della capitale si divertivano a rigurgitare, grigia come il cielo che l'aveva liberata. I tombini provavano a inghiottire l'enorme massa liquida, mentre detriti e cartacce navigavano lungo la via. Il traffico, saturo di ossido di carbonio, clacson e maledizioni, si arrampicava come un enorme bruco per la grande arteria stradale. L'Aniene aveva rotto gli argini anche a ponte Nomentano e aveva assunto, nell'instancabile vorticare, un colore grigiastro». Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

La Casa editrice continua ad «azzeccare» i talenti da portare tra le librerie, bene quindi l'operato della segreteria letteraria.

Devo ammettere che quando ho letto le prime pagine sono rimasto intensamente colpito dalla bravura di Zilhay. Il resto del romanzo me l'ha confermata.

Un organizzazione pulita e meticolosa. L'Autore sviluppa benissimo le relazioni determinate dalla procedura penale con la quale il protagonista si deve confrontare, ma senza che il ruolo della scientifica o della fotorilevazione assuma contorni troppo tecnici e invasivi.

Il mix che ne fuoriesce è un ottimo bilanciamento tra l'ovvietà scientifica e la deduzione logica dell'analisi caratteriale. Tracce evidenti di un ambizione, centrata, che ha portato a concepire personaggi che, pur se non nuovi al panorama letterario risultano credibili e altrettanto apprezzabili.

«Cacciò una mano in tasca e prese due guantini bianchi. Li indossò e abbassò la maniglia. Il ferro algido e bagnato penetrò il lattice e corse attraverso il polso, il gomito, i polmoni, una scossa di ghiaccio che lo prese alla gola e che per un attimo avvolse anche il cuore. La scena del crimine attorno al primo vascone era circondata da tre giri di nastro». Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

I dialoghi sono spesso paratattici, versati all'essenzialità di un anamnesi meno circostanziata rispetto alla descrizione. Il che dona una nota di apprezzato realismo alla linearità con la quale si sviluppa la trama.

Siccome è un thriller la figura del «cattivo» assume una predominanza legata all'ambientazione. Incontriamo una Roma piovosa dai tratti caleidoscopici freddi. C'è un senso di apatia che si trasmuta frequentemente in un noir dai contenuti drammatici.

«Il commissario non mosse un muscolo. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere, con Antonio, o in quel luogo preciso. E aveva visto decine di cadaveri, mutilati, bruciati, annegati, senza battere ciglio. la morte è la cosa più naturale che possa capitare a ogni essere sulla faccia della terra, gli ricordava il padre da piccolo. E allora perchè in quel momento Mancini era paralizzato?» Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

La sterilizzazione di fondo, in stile Truman Capote mi ha lasciato ben impressionato come pure quella presenza enigmatica, quasi esoterica che mi ha ricordato Jean Christophe Grangé e infine l'enigma il cui sviluppo è simile alle insidie di un cubo di rubik e che mi ha fatto ripensare alle eco letterarie di James Ellroy per la cronologia interna dello sviluppo narrativo.

Quest'ultimo elemento lo si potrebbe qualificare come una tensione espositiva che permea e rimane inalterata nella lettura.

«Amavano entrambi la rassicurante semplicità del whiskey irlandese, l'intrigante morbidezza che gli conferivano le botti di Sherry». Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

Emerge con chiarezza una cifra letteraria votata non solo all'alta qualità descrittiva laddove ci sono frasi di indiscutibile bravura, ma anche alla possanza con la quale la narrazione si accredita e si alimenta da sè.

Non parlerei di un vero e proprio stile dark per non essere frettoloso e approssimativo; ho intravisto in questo autore un simbolismo descrittivo che mi ha fatto pensare al celebre pittore Böcklin e in particolare alla sua opera più nota: “L'isola dei morti”.

«L'odore della terra bagnata ai piedi dei pini, la fragranza viscosa della resina e la salsedine che il vento trascinava con sè dal mare, mista alla pioggerella, aveva attivato i suoi ricettori. Gli stimoli elettrici s'erano fatti largo fino al mesencefalo e avevano nuovamente infranto gli argini della memoria. E del dolore». Tratto da «E' così che si uccide», di Mirko Zilahy, ed. Longanesi.

A differenza di molti altri Autori che spesso costruiscono la propria storia intorno a un idea la quale di tanto in tanto ha bisogno di "spintarelle" questo Autore centra proprio l'obiettivo e propone con sincerità un romanzo che è esattamente come il lettore lo percepisce e se lo aspetta.

«E così che si uccide» è un ottimo romanzo thriller. Una trama eccellente, molto ben sviluppata con descrizioni di altissimo pregio letterario.

Consigliato a tutti.

Marco Solferini
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lunedì 14 marzo 2016

La scala di ferro

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La scala di ferro

Autore: Georges Simenon.
Genere: giallo - sentimentale.

Parigi, anni 50.

Etienne è malato. Si sente debole. E' sempre stanco e spesso ha problemi di stomaco che gli provocano degli attacchi improvvisi. Pur essendo un uomo di mezz'età è costretto a starsene a letto nella grande casa che ospita lui e la moglie posta al di sopra del loro negozio.

Lui e Louise, una coppia di commercianti che vive un rapporto affettivo molto inteso.

«Sapevano entrambi che cosa voleva dire. Louise si sdraiava, senza coprirsi. Sentivano, appena attutiti, i rumori esterni e avevano un pò l'impressione di essere ai margini della folla, e all'improvviso una voce anonima, qualche parola proferita più forte si insinuava nella loro intimità». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

Una passione nata anni prima quando «lei» era già sposata e che si è consolidata con la morte del precedente marito e le successive nuove nozze.

Eppure, durante questa inspiegabile malattia Etienne ha il tempo per notare alcuni impercettibili cambiamenti nella moglie. Frasi, ammiccamenti, gesti, circostanze.. una sequenza di piccole esperienze domestiche che la vita matrimoniale ha reso parte di una ritualità casalinga e affettiva.

«Louise portava abiti di un materiale morbido e setoso che, a ogni movimento, rivelava la piena maturità delle sue forme, così che, mentre gli si muoveva intorno, lui era sempre tentato di immaginarla nuda». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

Il dubbio si insinua come un tarlo nella mente dell'uomo.

Possibile che lei abbia un amante? Qualcuno che sia esattamente ciò che è stato lui anni addietro? E la morte del suo primo marito è stata davvero una coincidenza o c'è dell'altro? Potrebbe la storia ripetersi?

Interrogativi che aprono le finestre sul giallo alla Simenon.

Autore giustamente celebrato come uno dei più straordinari giallisti del secolo scorso è il padre del famosissimo Commissario Maigret e ha firmato tantissimi romanzi che sono patrimonio irrinunciabile di qualunque lettore.

Personalmente sono da sempre un cultore appassionato di questo scrittore senza eguali.

Le sue descrizioni ambientali sono un atto di grandiosità espositiva basato sul miniaturismo plastico degli oggetti la cui collocazione romanzata è sempre di una bellezza ammantata di grazia. Lascia il segno.

«C'erano stati molti momenti come quelli nella loro vita: provavano un piacere sottile, rientrando, nel salire la scala male illuminata, infilare la chiave nella serratura, essere investiti dall'odore di casa e penetrare finalmente nel loro regno segreto». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

L'amabilità di come riesce ad usare le parole unendole le une alle altre con un sentimento di rispetto è ammaliante. Perchè Simenon è un artista della comunicazione. Nelle sue frasi nulla è lasciato al caso. Ogni sviluppo è concepito con oculata saggezza e riposto nel puzzle della narrazione. Sempre al posto giusto.

Questo trasmette un sentimento di piacevolezza nella lettura che, una volta incontrato, lo si può solo definire irrinunciabile.

«Etienne non era in grado di rispondere. Sarebbe stato incapace di parlare, come pure di staccare gli occhi dalla porta dietro la quale si udiva un sommesso parlottare. Dalla cucina venivano rumori di stoviglie e a ondate arrivava la musica delle giostre. Tutto questo restava irreale. Come un presente non ancora completamente vissuto». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

Maestro del giallo ai livelli più alti. Ha ispirato i grandi scrittori contemporanei grazie alla sua profonda indagine conoscitiva del comportamento umano. Le psicosi dei personaggi che oscillano tra la verità e la fantasia, in quella mezzaria dove si muove (e si alimenta) il sospetto rappresentano delle pietre miliari nella letteratura che lui ha concepito e raccontato con suprema bravura.

«Dopo aver spento la luce si mise a letto, cercò la posizione giusta sotto le coperte, e lui si domandò se avrebbe rispettato il loro rito della buonanotte; restò in attesa trattenendo il respiro». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

E in questo scritto ne abbiamo ampia prova.

Incontriamo un Simenon più categorico rispetto al passato. Nudo e crudo direbbero alcuni. La cui audacia narrativa si evolve verso il tratto più tragico della sua esaustività perchè il protagonista viene ingabbiato all'interno delle scelte, quasi labirintiche, compiute nel suo passato.

«Era uno sguardo grave, senz'ombra di apprensione, neanche a fior di pelle, lo sguardo di una donna che guarda le cose in faccia, seriamente e con calma». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

Ciò che l'Autore vuole è mettere in prosa il significato della predestinazione figlia e conseguenza delle scelte compiute la cui volontaria accettazione non può essere dimenticata ne cancellata. Alcuni direbbero: «il destino presenta il conto». In verità credo che lo scrittore abbia voluto razionalizzare quell'aspetto dell'animo umano più ipocrita che tende a sfruttare le circostanze favorevoli con l'ambiguità (ma anche la superficialità) di chi vuole e ottiene quel che si convince di meritare. Senza ricordarsi però di fare attenzione a ciò che si desidera e alle conseguenze che questo comporta.

«Il negozio, le merci, i mobili, tutto ciò che gli stava intorno apparteneva a Louise e, a quarant'anni, lui non possedeva niente di suo, neanche, a guardar le cose freddamente, le poche banconote da cento franchi che aveva nel portafoglio». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

Il crudele epitaffio annida nel fatto che se è vero che tutto scorre allora nulla può essere veramente lasciato al caso e la resa dei conti è dietro l'angolo. Sempre. Anche se cade molti anni dopo.

Nascondere la colpa è come voler celare la polvere sotto il tappeto. Essa resta e il confronto finale è con la reminiscenza quale consapevolezza acquisita.

Ecco, il genio dell'Autore pone il lettore di fronte a questa evoluzione del protagonista e concepisce il quesito: «che cosa farà l'antieroe una volta che avrà capito la sua natura, spogliato cioè dell'illusione di cui si è circondato?»

«Gli pareva di sentire le domande bisbigliate attraverso la grata del confessionale. E lui diceva tutto, cose che non aveva mai voluto vedere con chiarezza, e che per anni aveva ricacciato nella penombra dell'inconscio». Tratto da «La scala di ferro» di Georges Simenon.

La risposta è al termine della storia la cui cadenza temporale e descrittiva sembra un immensa giostra di colori concepita per stupire il lettore portandolo con sè nel mondo del giallo.

Ancora una volta merita una menzione l'ottimo formato degli «Adelphi». Collana prestigiosa e particolarmente bella offre un formato compatto stile book qualitativamente superiore che rende tutti i romanzi pubblicati di questo Autore sicuramente da collezione.

«La scala di ferro» è un grandissimo giallo a firma Geroges Simenon, uno dei migliori Autori del genere. Una gara contro la perfezione perchè non è un caso che questo Autore sia considerato giustamente uno dei più grandi scrittori del genere.

Assolutamente immancabile. Da leggere.

Marco Solferini
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venerdì 4 marzo 2016

Lupo Solitario - I signori delle tenebre

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Lupo Solitario

"I signori delle tenebre"

Autore: Joe Dever
Genere: librogame, avventura, fantasy.



«In questo libro il protagonista sei tu», questo era lo slogan degli anni 80 quando in Italia arrivarono i LibriGame di cui Lupo Solitario è sicuramente una delle opere più rappresentative.



Ritorna (dal 2013 in verità) nella versione «book" prestigiosa e compatta, edita da Vincent Book.



Lupo Solitario è un'avventura interattiva.



Ciò significa che il lettore dovrà interagire con la trama.



Prima di incominciare apprenderà un antefatto e compilerà una scheda del personaggio con le abilità, armi, il contenuto della borsa e tutto quello che è necessario ad affrontare un'avventura in uno scenario fantasy con lo stile tipico dei Role Playing Game.



In questo caso però si gioca da soli e non in gruppo.



Attenzione però: si legge e si gioca, perchè di fatto il romanzo è un'avventura.



L'Autore Joe Dever è considerato uno dei più grandi realizzatori di scenari fantastici contemporanei. Non a caso già nei lontani anni 70 scrisse con successo avventure di Dungeons & Dragons e realizzò lo scenario immaginario del Magnamund in cui è ambientato Lupo Solitario e che in questa edizione è magistralmente illustrato dal disegnatore Francesco Mattioli. Mentre le bellissime copertine sono ottimamente realizzate dal talento di Alberto Dal Lago e le tavole interne sono a firma del bravissimo Richard Longmore.



Lupo Solitario è un giovanissimo apprendista del monastero Kai (nella vecchia versione «Ramas»). Un antico ordine di cavalieri dotati di particolari abilità che uniscono la maestrina nell'arte del combattimento alla saggezza e ad alcune doti magiche, il cui apprendimento richiede anni di tempo e impegno.



E' l'anniversario di una importante festività nel regno di Sommerlund e mentre tutti si preparano a questo evento sopraggiunge, del tutto inaspettato, l'attacco in massa degli antichi nemici: i signori delle tenebre.



Un esercito di esseri non dissimili da orchi e demoni alati che aggrediscono tutto ciò che vive. Forti, spietati e determinati. Il lettore conoscerà i Giak, i Drakkar, gli Helghast e molti atri temibili avversari. Ciascuno portatore di una caratteristica letale in quello che è un vero e proprio esercito del male, nemico di tutto ciò che vive.



Questo terribile attacco segna la fine della pace nel regno e il ritorno di un antico nemico che in passato era stato sconfitto proprio dai Cavalieri Kai e che per questo motivo diventano il loro principale bersaglio.



Il protagonista, che durante tutto il romanzo ha il soprannome di «Lupo Silenzioso» diverrà «Solitario» per via del fatto che sarà proprio lui l'ultimo cavaliere sopravvissuto.



Il suo compito, in una terra martoriata dall'invasione sarà quello di raggiungere la capitale per informare il Rè della triste sorte dei suoi compagni cavalieri Kai.



Bellissima la cartina che ritrae lo scenario e che il lettore può apprezzare nel retro di copertina all'interno del libro. Per meglio ambientarsi e prendere dimestichezza con i luoghi.



Come sopra precisato la caratteristica del librogame è quella di mettere il lettore nella condizione di compiere delle scelte. Optare cioè se intraprendere una strada o un altra, se aprire una porta o meno, se aiutare qualcuno, se visitare un determinato ambiente, se combattere, fuggire o nascondersi. In ogni contesto, sia esso di esplorazione, di battaglia o di rapporti umani il significato è sempre lo stesso: essere in prima persona coinvolto nell'avventura.



Il risultato pratico è la personalizzazione della storia.



Significa cioè che ciascuno vivrà la propria. E quest'ultima sarà il risultato non solo del carattere o della personalità del lettore ma anche delle scelte fatte per creare il personaggio attribuendogli alcune qualità a discapito di altre.



I combattimenti si risolvono in un modo appassionante e facilmente gestibile. Sono sufficienti una matita (guai a usare la penna!) e una gomma per interagire sul diario di combattimento e sulla tabella del destino. Tutto questo rende il libro facilmente utilizzabile in qualunque contesto.



Il metodo espositivo è sicuramente valido. Paratattico, essenziale, ma nel contempo preciso. C'è una forte determinazione oggettiva nella focalizzazione che viene offerta al lettore-protagonista e che si risolve nella possibilità di calarsi nell'ambientazione fantastica.



Nel contempo lo stile «young adult» di cui ritengo i librigame siano stati in larga parte precursori ben prima dei fenomeni contemporanei di massa tipici di Autori come J.K Rowling o Cassandra Clare, rappresenta il più immediato interscambio empatico con il lettore stesso.



Una passione che appassiona. Una sorgente di vita per la creatività che annida nella fantasia quale strumento naturale che consente alla mente di indagare e spaziare in un arcipelago potenzialmente infinito di ipotesi.



Spiace dover aprire una parentesi volutamente polemica ma ritengo doveroso sottolineare che per non pochi anni (troppi) i librigame come Lupo Solitario sono stati oggetto di un trattamento immotivatamente denigratorio da parte di un nutrito quanto impreparato corpo insegnanti.



Purtroppo i docenti, già spesso gravemente incapaci essi stessi di produrre opere degne di pubblicazione, hanno alzato per diversi decenni una vera e propria barricata o muro di gomma contro queste produzioni. Giudicandole, approssimativamente e dando sfoggio di palese ignoranza preconcettuale come immeritevoli.



Fortunatamente, coloro che avrebbero dovuto istruire il fanciullo nella fase dell'apprendimento si sono sbagliati e il successo di pubblico ha decretato, oggi, da parte di un informazione (finalmente) libera e più responsabile il giusto riconoscimento alla qualità, tanto letteraria quanto narrativa ed espositiva di opere come Lupo Solitario.



Peccato che ancora una volta, in Italia, una o più generazioni abbiano dovuto subire il pregiudizio e l'incapacità di un sistema di istruzione che pubblico o privato è troppo spesso affetto da elementi vetusti, orwelliani. I cui drammatici errori ci hanno più volte penalizzato, come nazione, nel riuscire ad alimentare la competitività che nasce proprio dalla creatività.



Diffidate sempre di chi vi nega il libero arbitrio e.. leggete Lupo Solitario: divertitevi con questa fantastica serie!



Consigliato a tutti.



Marco Solferini


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