sabato 25 ottobre 2014

Il cacciatore del buio

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Il cacciatore del buio

 Autore: Donato Carrisi
Genere: thriller

Marcus, il penitenziere di Roma, è sulle tracce di un serial killer che apparentemente uccide le sue vittime (delle coppie) dopo aver loro imposto un gioco mortale basato sulla menzogna del loro stesso amore.

Un colpo di pistola e un coltello piantato nello sterno. Questo sembra il suo biglietto da visita.

Da tempo però la sua opera non passa inosservata e per quanto assurdo possa apparentemente sembrare, l'omicida è protetto da chi cerca di far sparire le prove dei suoi crimini.

Per una casualità l'agente Sandra Vega, esperta di fotorilevazione, chiamata ad immortalare con i propri scatti la scena del crimine scoprirà l'agghiacciante verità che sembra condurre ad un complotto che costa la vita al medico legale incaricato di effettuare le analisi sui corpi delle vittime

La sua brillante intuizione le garantisce l'ingresso nella squadra speciale agli ordini del vicequestore Moro che indaga sui serial killer.

Tuttavia, le dinamiche di questi omicidi sembrano andare ben oltre la psiche di un singolo, celando un segreto dentro il mistero. Sul quale indaga anche Marcus perchè una setta satanista potrebbe essere alla radice della genesi di questo mostro.

Per mettere insieme i tasselli e scoprire la verità sarà necessario rivelare l'identità del bambino di sale e dell'uomo con la testa di lupo. Due enigmi. Due misteri che sconvolgeranno le indagini e proietteranno l'ombra del male niente di meno che nel cuore stesso del Vaticano.

Dopo il successo de «Il tribunale delle anime», torna l'esperta di fotorilevazioni Sandra Vega e il penitenziere Marcus. Stessa indagine, strade e metodologie diverse, dal cui intreccio scaturiscono le svolte narrative che scandiscono il ritmo di questa indagine.

Francamente mi aspettavo di più.

Sopratutto perchè questo romanzo è firmato da Donato Carrisi, l'ormai celebrissimo autore de «Il suggeritore».

Nelle prime 70 pagine ho rilevato un eccesso di particolari che spesso invece di essere descrittivi decadono nella semplice nozionistica, a tratti meramente espositiva se non addirittura turistica con riferimento ai luoghi. L'esposizione descrittiva ambientale incardinata nel nesso (con lo sviluppo) della narrazione si basa su canoni di condiscendenza e contorno: il primo argomentato a favore della logica espositiva e quindi dello sviluppo narrativo, il secondo avente carattere prevalentemente descrittivo. Se, come accade, l'aggiunta del particolare diventa semplicemente un contorno, quest'ultimo non solo è scadente, ma appesantisce il nucleo portante della trama, specialmente in una fase in cui (siamo agli inizi) sarebbe più opportuno stabilire il parametro della cifra narrativa e del suo ritmo.

Il romanzo successivamente migliora. In particolare lo stile di Carrisi emerge nella seconda parte. Decisamente più coinvolgente e giocata sul doppio binario del mistero - indagine sul mostro omicidiario.

«Quello che fino ad allora era stato solo un brutto presentimento cominciava a prendere le sembianze di un mostro di dolore». Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Longanesi.

Tuttavia, essendo che ci troviamo di fronte ad un secondo capitolo, praticamente con gli stessi personaggi della serie iniziata con «Il tribunale delle anime» mi sarei atteso un approfondimento con annessa evoluzione dei personaggi invece quest'ultimi latitano sui medesimi stati d'animo. Marcus è oggetto di riflessioni che sono un patema emotivo, un crogiolo di emozioni riciclate, un costrutto larvale, un archetipo le cui 24 ore di vita giornaliere paiono assorbite da identiche dosi di emozioni costrittive e penitenti. Esagerato.

Le ipotesi deduttive di Marcus oggettivamente sono deboli. La sua anamnesi circostanziale è parecchio lacunosa. Certamente non pretendo un deduzione stile Sir Arthur Conan Doyle ne tantomeno un confronto fra metodi Baconiani o Aristotelici, ma in fatto e a ben guardare il lettore potrà facilmente comprendere che l'analisi dei particolari e dei comportamenti da cui si deduce la presenza del male è spesso «forzata» nel senso che ben potrebbero esserci altre spiegazioni e per effetto l'aggiustamento, a mò di spiegazione, che arriva puntale sembra più voler convincere il lettore della genialità di questa deduzione invece di concentrarsi sulla sua plausibilità. Che rimane vacante.

«Il male è quell'anomalia davanti agli occhi di tutti ma che nessuno riesce a vedere». Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Longanesi.

Per quanto riguarda l'attività di Sandra Vega mi è parso di calarmi sul set di CSI sceneggiato da Kathy Reichs o Patricia Cornwell: non è necessario raccontare un manuale sulla fotorilevazione peraltro già sviscerato nel precedente romanzo.

Per converso c'è una sapiente esposizione della routine lavorativa e di rapporti personali. Trattasi di elementi molto completi che denotano un tocco di persuasivo realismo e la cui focalizzazione temporale aiuta moltissimo nella separazione cronologica del tempo in cui si svolge l'indagine accompagnata ai misteri del suo sviluppo.

«Anche se potrà sembrarvi strano, non c'è odio nelle sue azioni. E' diligente, scrupoloso. Mettetevi in testa che questo è il suo lavoro e lo fa maledettamente bene». Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Longanesi.

In pratica, assistiamo ad un meccanismo a scatole cinesi, laddove ad un mistero se ne sostituisce un altro che comporta non solo una rivelazione, ma un nuovo accattivante presentimento. In questa gestione del climax l'Autore è molto convincente.

La caratterizzazione evolutiva del serial killer è come già in precedenti scritti ottima anche se c'è parecchia manualistica da criminologia intesa come materia di studio. La qual cosa potrebbe essere normale, ci sono Autori che seguono il medesimo iter (fra questi merita di essere citato Jean Christophe Grangè), il problema è che a tratti sembra non sia la trama ad essere nata prima del serial killer bensì l'opposto. Cioè che l'Autore abbia selezionato anzitutto il suo mostro di Frankenstein e attorno a questo abbia costruito la trama. Del resto anche i serial killer corrispondono a delle caratteristiche che riguardano tanto la patologia di cui sono affetti quanto il modus operandi. Strutturare la trama in virtù del genere di serial che si è scelto è più facile che fare l'opposto e da un Autore di gran pregio come questo, mi sento legittimato ad attendermi altro. Sopratutto di più innovativo.

«..crede fermamente nel valore delle fiabe: dice che sono lo specchio più fedele della natura umana. Se togli i cattivi dalle fiabe, non sono più divertenti, l'hai mani notato? A nessuno piacerebbe una storia con i soli buoni». Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Longanesi.

L'elemento fiabesco proposto nel corso del romanzo è accattivante ma molto, fin troppo superficiale. Sembra più il frutto di un intuizione cui agganciare un modello utile a coinvolgere i lettori più adulti. Ci si riferisce evidentemente ai contenuti delle fiabe dei fratelli Grimm (non a caso i riferimenti) che però, chiunque ne conosca la storia sa bene che originariamente fiabe non erano. Bensì racconti popolari e come tali fatti e voluti per concepire una via di mezzo tra la leggenda e l'agire quotidiano: un monito quindi a quel che di cattivo il mondo può offrire. In quest'ottica numerosissimi Autori hanno scritto ampi trattati sugli elementi favolistici dei fratelli Grimm. Ma altrettanto non si potrebbe sostenere altrove e per diversi Autori di favole la cui struttura è diversa e distinta.

«Un freddo intenso era calato sulla campagna e sembrava avesse ibernato ogni cosa, perfino i suoni. L'aria era immobile e tutto era sospeso. Il penitenziere provò un profondo senso di solitudine, come chi si trova a dover affrontare ciò che si cela oltre la propria morte. A pochi metri da lui c'era il passaggio per entrare in un mondo segreto, lontano degli occhi della gente comune». Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Longanesi.

Ci sono due finali in questo romanzo.

Uno è quello della trama principale e dell'iterazione tra i protagonisti Marcus e Sandra (una sorta di coppia in stile «Tredicesimo apostolo» che unisce il sacro - mistico - esoterico con il profano della scienza) e l'altro che riguarda invece la persona e l'indagine cognitiva / introspettiva di Marcus alle radici della propria organizzazione dei penitenzieri. Il primo finale mi è parso intelligente e ben sviluppato specialmente grazie alla doppia trama che rivela il male dietro l'assassino, quindi la natura storica del complotto con uno stile alla Dario Argento; l'altro invece l'ho trovato di una banalità disarmante. Un epilogo che sembra il preludio ad una sorta di sequel in stile «Silenzio degli innocenti» con un Marcus ancora di più in una fase embrionale, schiavizzato tra il volere ed il dovere e a contatto con un «lato oscuro» del Vaticano (che non è la Chiesa, in questo l'Autore è abile ad evitare confondimenti) basato sulla natura del bene nella religione che onestamente mi ha fatto immediatamente pensare a Dan Brown per la presenza di confraternite e «poteri nel potere» che si muovono attraverso i palazzi apostolici.

Ottimi i dialoghi, sicuramente capaci di fagocitare la scena, ruminarla e riproporla empaticamente al lettore con una fruibilità argomentata attraverso frasi vissute (linguaggio della «working class») ed elementi di elaborata conformità caratteriale ben indirizzati a distinguere l'indole dei personaggi protagonisti e non. Il confronto dialettico prelude quasi sempre alla svolta narrativa il che alimenta una tensione narrativa che dopo le prime 70 pagine è costante e spesso in crescendo.

«Abbiamo nascosto il diavolo all'umanità, come si nasconde lo sporco sotto un tappeto. Per ottenere cosa? Abbiamo assolto Dio dai suoi peccati solo per assolvere noi stessi. E un atto di grande egoismo non credi?» Tratto da «Il cacciatore del buio» di Donato Carrisi, ed. Nord.

Giova osservare che di una parte delle osservazioni svolte in questa critica, forse l'Autore è anche consapevole giacchè in chiusura del romanzo c'è una «conversazione con l'Autore» la quale tuttavia non rivela chi sia a porgli le domande (normalmente si scrive) e dove è lo stesso Carrisi che cita alcuni riferimenti proprio al suo studio nella criminologia, alla tesi di laurea.

La mia sensazione è che questo romanzo abbia visto un imponente opera di adattamento da parte di un editor o di un ghost writer o di un agenzia letteraria (sopratutto le prime 70 pagine, fermo restando che non è un demerito, ma è noto come questi interventi siano privi di anima e spesso standardizzati) e che pur collocandosi temporalmente dopo il successo de «Il tribunale delle anime», la sua concezione sia nata prima, magari come opera a se stante.

«Il cacciatore del buio» è un buon romanzo nel suo complesso, ma da un Autore come Donato Carrisi io mi aspetto molto di più.

Consigliato a chi legge tutti i romanzi di questo Autore, a chi «adora» il genere thriller (c'è sicuramente di molto peggio in circolazione) e a chi interessano gli argomenti affrontati.

Sconsigliato a chi vuole leggere per la prima volta un opera di Carrisi (optate piuttosto per il «Suggeritore» e «l'Ipotesi del Male»).

Marco Solferini.
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venerdì 10 ottobre 2014

Dannati

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Dannati

Autore: Glenn Cooper.
Genere: avventura, fantascienza.

Il progetto Hercules del MAAC di Dartford, in Inghilterra, consiste in un acceleratore di particelle 20 volte più potente del suo fratello minore del Cern.

Un esperimento che vede la partecipazione USA su territorio inglese per rivelare le particelle subatomiche della forza di gravità. Una scoperta sensazionale che aprirebbe a una nuova era della fisica quantistica.

Responsabile di questo procedimento è la dottoressa Emily Loughty.

Il giorno dell'accensione tuttavia succede qualcosa di inaspettato. Sotto la supervisione di amministratori avidi di conoscenze per il profitto l'acceleratore viene spinto oltre i limiti e la dottoressa scompare letteralmente e improvvisamente. Al suo posto un uomo del passato. Un assassino giustiziato con la pena capitale.

Mentre quest'ultimo riesce a sfuggire alla sicurezza e comincia a seminare il panico per la città dove si scatena una vera e propria caccia all'uomo John Camp il responsabile della sicurezza dell'MAAC nonchè quanto di più vicino ad un fidanzato per Emily decide di fare l'impossibile per trovarla e rivelare il mistero della sua scomparsa.

Per farlo, gli scienziati riprodurranno le stesse condizioni in cui è accaduto la sparizione e al posto della dottoressa si colloca lo stesso John.

E' un attimo e il presente diventa nulla. Camp si ritrova in una terra tetra e malinconica. Ha davanti un villaggio dove gli unici colori sulla terra sembrano essere un grigio paludoso e un marrone triste, privo di speranza.

«Qui non si odono le risate dei bambini nè il pianto dei neonati. Senza la possibilità di procreare, perchè gli uomini dovrebbero faticare a cooperare per un Mondo migliore? Essi pensano solo ai loro bisogni primari: mangiare, dormire, fornicare ed evitare un eternità di putrefazione. Lavorano solo se minacciati o per pura avidità, non per più per nobili motivi, come un bene maggiore o costruire un futuro per i propri figli. In vita avevo sudditi. Da morto, solo schiavi. L'inferno è un luogo deprimente e triste». Tratto da “Dannati” di Glenn Cooper, ed. Nord.

Un luogo lontano dallo spazio e dal tempo. Dove le persone vivono un eternità di disperazione perchè quello è l'Inferno.

Nessuno può morire o avere figli. Qualunque sorte capiti alla carne di coloro che abitano in questo luogo è sofferenza ed eterno dolore. L'Inferno è un regno arretrato dove comandano i grandi dittatori del passato e dove tutti i suoi abitanti sono i più efferati criminali della storia.

«Pile di putridi e fetidi resti umani erano ammucchiate lungo le pareti della cella. Sarebbe stata una visione più tollerabile se quelle frattaglie fossero state gli scarti inerti di un mattatoio, ma quelle carni putrescenti si muovevano, formando una ripugnante massa ondeggiante e fremente. A peggiorare le cose, c'erano i suoni che si levavano tra le mura, un agghiacciante cacofonia di bassi gemiti, lamenti e sporadiche parole: nomi, invocazioni d'aiuto, suppliche». Tratto da “Dannati” di Glenn Cooper, ed. Nord.

E così John Camp ex berretto verde, esperto di guerriglia, armi, combattimento corpo a corpo si ritroverà nel più sconvolgente scenario concepibile per un «vivente», a caccia di Emily in una corsa contro il tempo: riportarla nel punto esatto in cui è scomparsa quando l'acceleratore di particelle sarà nuovamente in funzione.

Un viaggio allucinante in una terra dove incontrerà personaggi come Enrico VIII o Heinrich Himmler, fra epiche battaglie, duelli, inseguimenti ad opera degli spazzini che catturano le persone per schiavizzarle e agguati da parte dei c.d. erranti (reietti cannibali che si muovono in branchi).

«Gli altri lo circondarono come vespe infuriate, ma John non si perse d'animo e cominciò a squarciare gole e tendini, assestare calci nei testicoli e strappare occhi con la mano libera». Tratto da “Dannati” di Glenn Cooper, ed. Nord.

Azione e fantascienza, un binomio noto ed apprezzato per il fan di Glenn Cooper. L'Autore non tradisce le attese e malgrado l'ambizione di un romanzo indubbiamente impegnativo per quanto riguarda la trama, confeziona un prodotto di qualità.

Appassionante e travolgente, dalla prima all'ultima pagina il ritmo è incentrato su di una cifra narrativa di ottima paratattica espositiva e apprezzabile sintesi narrativa che tuttavia non va mai a scapito della buona capacità descrittiva. Il lettore sarà condotto per scenari la cui rappresentazione potrebbe dirsi un libro illustrato di parole.

Di facile comprensione e immediata capacità attrattiva l'Autore sviluppa da subito un legame empatico con il lettore tarato sulla sua capacità di svolta narrativa che destruttura l'epicentro e allarga il climax dilatandolo capitolo per capitolo.

Questa sorta di microcosmo di trame che si intersecano tra di loro rappresentano un mosaico d'azione e avventura.

Concepito come una corsa contro il tempo, ben presto, dopo le prime 30 pagine il romanzo decolla subito su due filoni narrativi. L'uno ambientato nell'Inferno ed esplicato attraverso John o Emily, il primo alla ricerca della seconda, ma entrambi con sorti diverse e separate dai capitoli della narrazione. Il secondo invece è ambientato ai tempi d'oggi dove si consuma la ricerca del fuggitivo.

«John non sapeva di quali armi disponessero, ma se non avevano ancora aperto il fuoco voleva dire che non avevano pistole ne moschetti. In momenti come quelli, lui diventava estremamente lucido e i suoi sensi si acuivano. Come accadeva a chiunque, l'idea del pericolo incombente lo inquietava poi però era in grado di gestire le emozioni come pochi altri. Anche quando tutt'attorno scoppiava il caos, lui manteneva una calma assoluta». Tratto da “Dannati” di Glenn Cooper, ed. Nord.

La natura dei personaggi è sempre basata su caratteristiche fortemente inquadrate in alcuni aspetti del carattere. La predominanza dei quali è sostanzialmente la carta d'identità di ciascuno. Ovviamente, questo crea delle inevitabili iterazioni forti e basate sul continuo riciclarsi di quello che è inevitabile aspettarsi da un soggetto la cui focalizzazione è sterilizzata e indirizzata unicamente a rappresentare quello stereotipo.

I dialoghi sono ottimamente concepiti. Di immediata percezione e facile assimilazione. Rappresentano il corollario necessario e fruibile per andare oltre l'aspetto descrittivo dell'iterazione sociologica dei protagonisti. Quindi assistiamo ad una «performance» di completamento tipica degli sceneggiatori che preferiscono dosare invece l'aspetto descrittivo ambientale tramite elementi di antropologia culturale.

Il risultato è più che riuscito. L'Autore è abile nel non banalizzare mai i suoi personaggi. La loro focalizzazione oggettiva rimane in primo piano e come tale appassionante perchè spersonalizzata rispetto all'evolversi della vicenda. Utilissimo questo “transfer” laddove l'elemento sopravvivenza diventa più credibile e anche le reazioni alle vicende sono basate sul binomio azione - reazione.

L'intraprendenza che i personaggi di Cooper riescono ad esprimere è decisamente la chiave del suo successo oltre all'audacia di una fantasia scientifica (l'Autore ritorna in questo suo scritto sulla teoria delle stringhe già in precedenza affrontata) che possiede l'animo fantastico del Bambino e l'esperienza dell'indomito scienziato che vuole spingersi oltre le Colonne di Ercole.

«Di certo qualche strana forza, che non fingerò neppure di comprendere, determina cosa accade a un uomo dopo la sua morte. E' come se ci fosse una specie di criterio morale in base al quale uno viene mandato o di sopra o di sotto». Tratto da “Dannati” di Glenn Cooper, ed. Nord.

Il lettore incontrerà poi numerosi personaggi noti della storia (non li riveliamo per ovvie ragioni lasciando che siano i lettori a godersi la sorpresa), argomentati con curiosità e un spesso con un gradevole umorismo.

A tratti simile ad un avventura grafica lo svolgimento è catalizzato secondo un metro deduttivo a scatole cinesi basato cioè sulla logica conseguenziale che ad ogni rivelazione se ne apre una successiva il cui presupposto era la precedente; così l'Autore “spiega” il suo Inferno.

Personalmente ho gradito e mi è molto piaciuto.

«Dannati» è l'ultimo appassionante romanzo della «produzione» Glenn Cooper. Un emozione da non mancare. Un viaggio allucinante all'Inferno dove la sopravvivenza è appesa a un filo.. lasciate quindi ogni speranza o voi che entrate.

Coinvolgente, avvincente, a tratti strepitoso: consigliato a tutti.

Marco Solferini
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mercoledì 1 ottobre 2014

La congiura dei potenti

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La congiura dei potenti

Autore: Carlo A. Martigli.
Genere: storico, drammatico, avventura.

Paolo de Mola è un giovane Italiano alla corte del Sultano turco in quel del 1519, la cui amicizia con il figlio di questi è vista come un opportunità e nel contempo una sfida.

Un uomo d'armi, come suo padre, desideroso di eccellere fra le guardie scelte del Sultano che tuttavia, complice il suo giovanile e bell'aspetto, attira su di sè le attenzioni indesiderate di uno dei suoi più fidati generali.

Il dramma si consuma in una notte di sangue quando Paolo è costretto ad abbandonare le sponde della Turchia e con esse la sua famiglia per fare ritorno, sotto mentite spoglie, all'Italia.

La sua nuova casa è un ordine monastico dove imparerà sia la cultura che l'arte della spada.

Un luogo di preghiera sotto l'alea protettrice del Maestro e precettore di quel Paolo di M'Artigli che nasconde la sua vera identità e il torbido passato. Ma la lunga mano del Papa Leone X sembra poter arrivare ovunque e agli occhi del potente pontefice non ci sono misteri ne segreti.

Paolo verrà reclutato proprio da quest'ultimo per diventarne un assassino fidato la cui missione sarà quella di raggiungere i territori della Germania, in quel della Turingia e di Augusta per dare la caccia al monaco ribelle Martin Lutero che ha lanciato un guanto di sfida al Papa contro quello che sembra il suo impero personale non solo delle anime, ma anche temporale.

Poichè il Principe Federico III si dimostra riluttante a perseguire Lutero, Paolo troverà un alleato nel banchiere e affarista Jacob Fugger presso la cui magione si stabilirà in attesa di colpire con un arma sopraffina, coniata attraverso la cultura della carta e il veleno delle sue pagine: un libro.

Strumento scelto per dare la morte al monaco ribelle.

Insieme con lui Gaurico e Lorenzo Velletri, entrambi uomini con un passato difficile, portatori di un dramma a volte personale, oppure famigliare, legati, imbrigliati alle trame di potere del Papa il cui occhio onniveggente sembra non conoscere confini.

E mentre Paolo conoscerà l'attrazione e i piaceri carnali con una donna un altro monaco, Thomas Muntzer, partendo dalle teorie luteriane lancia la sua campagna per riabilitare la classe contadina e popolare vessata da mille ingiustizie attraverso una rivoluzione che promette di rovesciare il potere.

E' questo lo scenario di una missione omicida compiuta nel nome di Dio e della Santa Chiesa di Roma che rappresenta l'apice della congiura contro colui che ha osato sfidare il Papato.

Leggo sempre con grande piacere e interesse uno scritto di Martigli, che riesce a coniare pagine di affascinante narrazione ben dosate e raccontate. Un piglio argomentativo, ma non manualistico, che non ha la pretesa di insegnare, ma di erudire elegantemente il lettore.

«L'uomo non ha bisogno soltanto del pane per poter vivere, ma anche delle rose». Tratto da «La congiura dei potenti» di Carlo A. Martigli ed. Longanesi.

L'Autore infatti, parla la lingua universale della sapienza dettata dalla passione e come tale prima di ogni altra cosa stabilisce un un buon rapporto empatico con il lettore rendendolo partecipe di un avventura riccamente decorata con elementi stilistici che spaziano dal mondo mussulmano a quello cristiano.

Un epoca, quella descritta da Martigli, dove il camaleontico desiderio di potere degli uomini spesso strumentalizzava i sentimenti diffusi e gli ideali della fede. Una storpiatura argillosa della meccanica del discernimento che, ad appannaggio di una ristretta classe dotta e sapiente, permetteva di operare una manipolazione tra la ragion logica, tipica della dialettica e la paura, qualche ultimo grimaldello per far saltare anche le ritrosie più ortodosse.

«Alla fine gli angeli e i demoni che si accapigliavano nella sua coscienza avevano concluso un patto, entrambi soddisfatti. Se per vivere in pace e con la borsa piena occorreva mettere la vela al più forte dei venti, questo avrebbe fatto. E in quegli anni il vento di Papa Leone soffiava potente». Tratto da «La congiura dei potenti» di Carlo A. Martigli ed. Longanesi.

Il potere descritto dall'Autore è un parente lontano di quello attuale, ma nel contempo ad esso facilmente assimilabile. Pur se oggi, nell'epoca della comunicazione di massa, esso si è evoluto. Ma il concetto di congiura, la cui devianza annida in un arcipelago simile ad un puzzle, di rapporti fra loro macchiavellicamente intrecciati e legati, permane. E leggere del passato è sempre un buon punto di partenza per capire il presente.

«Confesso a voi - Paolo abbassò gli occhi - che l'intelletto, quintessenza della sapienza, è il superamento della mente e del cuore, come dice il Maestro Aristotele. Senza negare quindi il cuore che ancora mi lega a chi mi ha dato la vita, sono salito per una scala diversa». Tratto da «La congiura dei potenti» di Carlo A. Martigli ed. Longanesi.

Come sempre sono ottime le ambientazioni. Una stile pulito, fotografico, rappresentativo degli interni in modo soggettivamente focalizzato sulla percezione sensoriale dei protagonisti e per quanto riguarda gli esterni amabilmente narrato al lettore quale terzo osservatore.

Ho notato che ci sono meno parallelismi, metafore e allegorie rispetto ai precedenti romanzi. Assistiamo quindi ad una cifra letteraria più realista che piacerà maggiormente a coloro che amano il romanzo storico nudo e crudo la cui svolta narrativa è per forza di cose «agganciata» alla notorietà del passato per come conosciuto.

Di tanto in tanto tuttavia l'Autore ritorna su alcuni suoi capisaldi già incontrati nei precedenti romanzi relativamente al Messia e più in generale all'origine della Fede cristiana quale epicentro per capire l'esistenza del divino e il perchè di quella, più terrena, dell'uomo.

«E se per un attimo lui ti prende con le mani le spalle ormai robuste come e più delle sue, quasi in una stretta fraterna, dopo sente che vi rinuncia e sei suo figlio e basta. Ti accarezza i capelli, ti riempie di baci le tempie e poi china la testa in un totale abbandono d'amore». Tratto da «La congiura dei potenti» di Carlo A. Martigli ed. Longanesi.

I dialoghi rappresentano il climax dei rapporti personali tra i personaggi; nella logica della costruzione verticale il romanzo è incentrato sul tema di fondo dell'avventura/vita del protagonista sulla quale si inseriscono, a mò di innesti, dei parallelismi narrativi (che sarebeb impossibile sviluppare appieno salvo aggiungere altre 500 pagine) la cui autonomia si fonde con la storia principale attraverso il confronto dialettico a volte costruito sulla base di un sillogismo che metta altresì ordine nello svolgimento dei fatti. Il dialogo possiede altresì spesso natura rivelatrice a ornamento e conclusione dello svolgimento dell'azione. Davvero ottimi e appropriati, sotto molteplici punti di vista e aspetti.

«La congiura dei potenti» è l'ultimo romanzo di Carlo A. Martigli, un amabile ricostruzione storica riccamente carica di passione e realismo. Un avventura tra personaggi realmente esistiti per indagare le gesta di un passato emozionante e vivendo gli eventi in prima persona, dal di dentro.

Una storia su carta dove la carta si presta a raccontare la storia.

Consigliato.

Marco Solferini
Marco Solferini.
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