lunedì 23 maggio 2016

Via Cortirola

Un ringraziamento particolare agli sponsor: 

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IL SECONDO RINASCIMENTO
Via Porta Nova 1/A (ang. via C. Battisti) - Bologna
Il luogo ideale dove trovare i Tuoi Libri
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Centro estetico e fitness.. nel cuore di Bologna
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La rivista culturale: "Il Salotto degli Autori" ( http://www.ilsalottodegliautori.it ) edita dall'Associazione letteraria "Carta e Penna"
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Via Cortirola

Autore: Omar di Maria
Genere: romanzo di racconti, drammatico, giallo.

Siamo nella seconda metà degli anni 50 in quel di Pesaro e più precisamente nella via Cortirola.

Una via come altre nella città. Popolare certamente. Dove viveva gente comune. Personaggi di ogni età con le loro professioni, interessi e.. segreti.

Si consumano infatti piccole storie di furti, amori clandestini, tesori trafugati, credenze popolari, omicidi e sparizioni.

Questi sono i ricordi del Brigadiere Pietralunga agli ordini del Dott. Galatone della Questura che spesso si è trovato ad agire insieme al Collega Angeletti.

Son ricordi di appostamenti, pedinamenti, indagini, interrogatori, sospetti, misteri e.. omicidi.

Ogni racconto si apre su di uno scenario che ben conosce il minimo comune denominatore della città con le sue ritualità dell'epoca. Perchè di città è giusto parlare solo dal punto di vista anagrafico. Di fatto la mentalità degli abitanti è quella paesana.

Ecco quindi che incontriamo i protagonisti del posto quasi tutti con un soprannome che li identifica in ragione del proprio lavoro o degli interessi coltivati nel privato.

Indagini di altri tempi per reati a volte efferati oppure compiuti per disperazione o per amore. Storie in giallo narrate dal Brigadiere in pensione che ricordando nel contempo rivela i fatti e con essi i segreti di via Cortirola.

Il romanzo di racconti, pur essendo legato dal train d'union delle rimembranze dell'appuntato, mi ha interessato fin dalle prime pagine e piacevolmente affascinato.

Ho apprezzato lo stile espositivo: sintetico, paratattico. Votato all'essenziale riproduzione dell'ambiente e della mentalità di coloro che lo popolavano. Salgono in cattedra le gesta, le parole, le convinzioni, le credenze di un tempo passato e oggi dimenticato. Un insieme pittoresco di elementi che creano un microcosmo culturale di quella che era l'allora “working class” del dopoguerra.

Un Italia particolare, un po' magica se così volessimo definirla.

Le sue passioni erano le tensioni emotive di uomini e donne che poco conoscevano la globalizzazione dell'economia e della società contemporanea votata alla comunicazione mondiale.

Le loro vite a volte ambiziose oppure miserabili, sembrano opere d'arte in un museo delle cere. Dove il tempo si è fermato. Dove siamo tutti un po' malati ma anche un po' dottori.

Mi ha intrigato leggere di questi contenuti.

Ciascun racconto è un ottimo giallo condito con elementi antropologici e culturali che ne impreziosiscono lo svolgimento. Le indagini sono simpatiche nel senso che evitano l'invasività dell'eccesso e si riducono al fiuto dell'investigatore che si avvale di mezzi artigianali.

Ed è proprio questo sapore rustico, persino a tratti un po' acerbo ad avermi coinvolto maggiormente.

Come pure il fatto che vi sia un sapore spesso di vita vissuta. Quel retrogusto un po' amaro che gli amanti del grande regista Fellini ricordano nei suoi nostalgici film.

Il carattere dolceamaro delle scelte che condizionano la vita di un singolo e che accendo le luci della ribalta proprio alla fine della storia (come della vita) e che sono simili a narratori terzi.

Lo scopo è anche quello di raccontare al lettore la morale che c'è alla fine di ogni racconto e che rassomiglia a un proverbio. Di quelli che si tramandano nella saggezza popolare.

Una menzione a parte merita la precisa scelta dell'Autore di raccontare il dramma degli ebrei privati di beni preziosi durante le perquisizioni e le deportazioni. Beni che diventano poi oggetto del desiderio come fossero per l'appunto tesori di valore, invece che oggetti appartenuti alle persone cui andrebbe restituita dignità. Il romanzo si chiude con un racconto ambientato nel 1943: la toccante storia d'amore tra una giovane ragazza ebrea e un ufficiale di pubblica sicurezza italiano. La loro avventura incontra il dramma della guerra, dei rastrellamenti, delle perquisizioni e la spietata quanto folle caccia del regime nazista condotta fino all'ultimo contro gli ebrei.

Via di Cortirola” è un ottimo romanzo di racconti. Lo consiglio vivamente ai lettori.

Marco Solferini
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lunedì 16 maggio 2016

La storia di Kullervo

Un ringraziamento particolare agli sponsor: 

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La storia di Kullervo

Autore: J.R.R. Tolkien.
Genere: fantasy.

Dopo “I figli di Hurin” arriva in libreria un altro atteso inedito del grande maestro del fantasy J.R.R. Tolkien. Si tratta di “La storia di Kullervo”.

Liberamente ispirato al corpus di mitologia nordica dei Kalevala, di cui lo Scrittore fu studioso, la storia possiede tutti i contenuti della tragedia aristotelica come viene sapientemente illustrato nella precisa introduzione scritta da Verlyn Flieger.

Il personaggio protagonista, Kullervo, è tutt'altro che un tipo simpatico.

Un “omaccio” cui la malasorte sembra averlo predestinato a una vita grama. 

La triste fine della sua Famiglia, spazzata via dall'ira di suo zio, uomo malvagio e corrotto dalle brame di potere porta il giovane sopravvissuto a dover condividere la propria esistenza proprio in casa del nemico.

Allora Kalervo, con animo pesante, disse: “Moglie mia, quello non è il vapore dei fumi d'autunno, non è un'oscurità che passa e va; temo che sia una nube che non passerà veloce, e non certo prima d'aver travolto la mia casa e la mia gente in una burrasca ostile”. Poi, agli occhi d'entrambi apparve l'accozzaglia che Untamo aveva radunato ed essi poterono vederne il numero e la forza e i vestimenti di un vivo rosso scarlatto”. Tratto da “La storia di Kullervo” di J.R.R. Tolkien, ed. Bompiani.

Kullervo viene infatti allevato come uomo di fatica. Un quasi schiavo, destinato cioè a sgobbare per la stessa mano che gli ha portato via tutto.

Tuttavia il giovane dimostra una inettitudine allo svolgimento di qualunque attività. Anzi, in lui sembra esserci una vera e propria forza contraria che lo porta a distruggere o a viziare quel che tocca.

Il suo unico compagno in quell'isolamento è un cane nero dal nome di Musti, che è portatore di una potente magia. Anch'essa violenta e spesso distruttiva.

L'inutilità di Kullervo gli vale l'esilio. Un lungo viaggio. Lontano, forse abbastanza da non voler fare ritorno. Ad attenderlo c'è un impiego sempre come manovale o tuttofare presso la casa del Fabbro. Al servizio suo e della sua signora.

Una donna intimamente crudele il cui principale sfizio è assecondare gli dei attraverso invocazioni e canti nei quali ella è particolarmente abile.

Ora, Asemo aveva per moglie la figlia di Koi, Regina delle paludi del nord, luogo dal quale egli aveva portato la magia e altre cose oscure là a Puhosa e sino a Sutsi, pressi i grandi fiumu e gli specchi d'acqua circondati da canne. Ella era bella ma dolce soltanto verso Asemo”. Tratto da “La storia di Kullervo” di J.R.R. Tolkien, ed. Bompiani.

Il risentimento di Kullervo cresce a tal punto da arrivare a trascurare persino il ricordo di quel che resta del suo stesso sangue, compresa la giovanissima sorella. Finchè l'ira diventa odio e successivamente desiderio di vendetta. Che colpisce implacabile la moglie del suo nemico.

Il tempo di un nuovo esilio è quindi maturo e Kullervo intraprende l'unico destino che il fato sembra avergli riservato: la vendetta verso lo zio. Comincia quindi il viaggio di ritorno. Ma prima di poter sfogare la sua sete di sangue egli cade preda del desiderio verso un giovane donna smarritasi nei boschi.

Chi mi ha fatto e chi mi a mal destinato
a errare così sotto il sole e sotto la luna
sotto il cielo aperto così per sempre?
Altri possono camminare verso casa
verso la casa che riluce nella sera
ma la mia dimora è nella foresta.
Debbo dormire in stanze di vento
e lavarmi sotto le piogge amare
e tra l'erica è il mio focolare
nelle ampie sale dove il vento imperversa
sotto la pioggia e con ogni tempo.”
Tratto da “La storia di Kullervo” di J.R.R. Tolkien, ed. Bompiani.

Una volta abbandonata anch'ella resta solo l'atto finale del massacro da compiere. Al termine del quale si riveleranno le follie compiute e lo scempio della ragione. Ultimo tassello prima del finale tragico, forse l'unico possibile per questo figlio della malasorte.

La Bompiani ha svolto un gran bel lavoro.

Oltre a proporre il racconto in lingua originale con a margine la traduzione italiana, spesso coadiuvato da interessanti foto della prima stesura a mano dello stesso Tolkien, ci sono numerosissimi contenuti aggiuntivi di assoluto pregio.

Vengono riproposti interventi importanti di Studiosi di Tolkien accreditati a livello mondiale. Spiegazioni quindi che abbracciano la natura della mitologia eroica del Kalevala come pure il desiderio del grande Scrittore di creare una mitologia più anglosassone e meglio radicata con la terra e le sue origini nel passato. Poi incontriamo numerose note e commenti che impreziosiscono alcuni punti di indiscutibile interesse nella concezione dell'Universo Tolekiano (dalla celebre lingua Quenya ai riferimenti alla magia nella prima era che in questo racconto non mancano e sono particolarmente intriganti).

La storia di kullervo è stata una tappa essenziale del percorso di Tolkien dall'adattamento all'invenzione, culminato nel Silmarillion. E' stata un anticipazione della tragica epopea di Turin Turambar, uno dei tre “Grandi Racconti” della mitologia della Terra di Mezzo. Senza questo racconto, avremmo solo l'inizio (il Kalevala) e la fine (Turin) del processo, ma non l'indispensabile parte centrale”. Tratto da “Tolkien, il Kalevala e la storia di Kullervo, di Verlyn Flieger, in “La storia di Kullervo”, ed. Bompiani.

Su Tolkien è stato scritto di tutto e giustamente prosegue l'impegno divulgativo delle fondamentali associazioni di “Tolkeniani” dove esperti e studiosi si confrontano per offrire ai lettori una panoramica sempre attuale e ben spiegata dell'opera di questo Scrittore senza eguali.

La storia di Kullervo” aggiunge un passaggio fondamentale nel capire l'evoluzione della cifra letteraria dell'Autore, le sue intenzioni e la passione che lo ha sempre spinto a confrontarsi con l'indagine storica e culturale.

Il libro della Bompiani è essenziale per tutti i cultori di Tolkien: assolutamente da aggiungere alla propria libreria. E' un prodotto di altissimo livello qualitativo, facilmente leggibile. Da esplorare e da conservare data la bellezza con cui si presenta.

Consigliato, anzitutto agli appassionati di Tolkien (gli altri che cosa aspettano a diventarlo?)

Marco Solferini
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