giovedì 18 dicembre 2014

Il confessore

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Il confessore

Autore: Joe Nesbo
Genere: thriller

Sonny Lufthus è in prigione da troppo tempo. Un colpevole recidivo che si è arreso alla droga da giovane e alla sua esistenza nel penitenziario di massima sicurezza di Staten.

La sua condizione è tale che cede al compromesso propostogli dal cappellano Per Vollan confessore del carcere quando gli chiede di accollarsi un reato che non ha commesso. La soluzione affinchè lui possa continuare a vivere nel microcosmo di Staten e nel contempo beneficiare della droga anche in carcere.

Ma Sonny è a sua volta un confessore. Diverso da quelli «ufficiali". Innominato. Conosciuto dai detenuti ai quali dona l'assoluzione dopo averli ascoltati. Un uomo con il dono della comprensione.

Tuttavia, proprio uno dei carcerati gli rivela una verità sconcertante sul suo passato.

E mentre uomini spietati uccidono per mantenere il segreto su di un sistema di crimini la cui impunità è basata su falsi colpevoli, all'ombra di un potente boss della criminalità Sonny deve riabilitare il nome della sua famiglia.

Per farlo dovrà fuggire dalla prigione, vincere la tentazione della droga, fare appello a tutte le sue risorse per sfuggire a una caccia senza tregua da parte della polizia e dei criminali. Ribaltare un sistema nel quale lui, per tutti, il colpevole.

Nel frattempo, sulle sue tracce si mettono anche due poliziotti della omicidi: l'Ispettore capo Simon Kefas e Kari la sua giovane e nuova collega appena arrivata dalla narcotici. Una coppia che fonde esperienza e genialità per alimentare le intuizioni alla base di ogni indagine.

Partendo dai segreti nel passato di Sonny e della sua Famiglia per arrivare a rivelare un presente dove nulla è quello che sembra.

E dove sullo sfondo c'è il mistero inquietante di un criminale che nessuno ha mai incontrato e che tutti conoscono con il sinistro nome di «il Gemello».

Un thriller molto efficace costruito in modo solido, realista e pragmatico.

Un Autore contemporaneo giustamente accolto dalla critica come uno dei migliori del suo genere la cui messa in ordine dei fattori caratterizzanti lo svolgimento della trama rappresenta il punto di forza della cifra narrativa.

«Aveva l'impressione che il buio stesse passando sempre più all'offensiva. Stavano per inoltrarsi nella lunga notte». Tratto da «Il confessore» di Joe Nesbo, ed. Einaudi.

Scrittura pulita e meticolosa. Introspettiva e visiva. Unendo questi elementi la costruzione del romanzo si svolge in modo coerente e costante. E' la redistribuzione del suo stile che lo rende più efficace e persuasivo nei confronti del lettore con il quale si instaura un rapporto empatico basato su di un piacevole rilascio di adrenalina e mistero.

Non ci sono climax narrativi dovuti alla necessità di alimentare il pathos perchè la trama è oggettivamente ben definita nel suo svolgimento.

«Non che lui avesse creduto alla sua storia, ma aveva creduto al suo bacio. Un bacio che si era portato dietro mentre solcava di nuovo gli oceani per tornare al suo paese, mentre passava la dogana, nella cella in cui aveva trascorso la carcerazione preventiva, nell'aula del tribunale, nel parlatorio dove s'incontravano i parenti e dove sua figli , ormai quasi adulta, gli aveva detto che nessuno della famiglia voleva avere più niente a che fare con lui, durante il divorzio e poi in prigione. Quel bacio era tutto ciò che lui desiderava, e la promessa di quel bacio era tutto ciò che gli rimaneva». Tratto da «Il confessore» di Joe Nesbo, ed. Einaudi.

Personaggi, funzioni, ambiente.

Il trinomio più efficace, che l'Autore mette subito in campo. Parte dal soggetto, ne sviluppa le propensioni e le qualità attraverso il suo libero pensiero poi oggettivizza il contesto in cui si muove e dona al lettore un ambiente credibile e spesso molto approfondito.

I thriller si scrivono indubbiamente in questo modo.

Potrei soffermarmi nel citare tantissimi Autori del presente come del passato che hanno rappresentato grandi firme in questo ambito, P.G. Wodehouse, Agatha Christie, Truman Capote, ma anche Joe R. Lansdale, S. Larsson, L. Marklund, D. Lehane e moltissimi altri.

«Il vecchio vide la siringa che s'infilava nella vena, il ragazzo che premeva lo stantuffo. Avvertì un gran silenzio, un oscurità che riempiva la cella come un lago nero». Tratto da «Il confessore» di joe Nesbo, ec. Einaudi.

Una formula di successo che Nesbo ha gestito in maniera intelligente. Proponendo una scrittura che si sviluppa in modo discorsivo senza rinunciare all'importante alternanza della struttura paratattica per canalizzare l'azione. Passiamo infatti da uno stile focalizzato su di una riflessione maggiormente argomentata dal punto di vista soggettivo ad uno sviluppo che accelera grazie alla paratattica definitiva (e conclusiva) del periodo intercorso cioè della zona di mezzo che si trova tra l'apertura del contesto narrativo e la chiusura del capitolo.

Uno sviluppo quindi che consente di lavorare sulla pianificazione della stesura. A monte con un archetipo di quello che sarà il romanzo basato sull'idea iniziale e ricostruito poi, quindi successivamente, con adeguamenti dettagliati. Una rappresentazione fatta di insiemi e sottoinsiemi che di frequente viene riprodotta in scala per beneficiare del miglior impatto visivo durante la scrittura.

«E anche se lei non riusciva a leggergli negli occhi, sapeva che aveva paura. Paura dell'individuo civilizzato, degenerato, che è sempre pronto a cedere la sua sovranità, a filarsela con circospezione e a consegnare un altro pezzo del suo territorio a chiunque digrigni i denti e si dimostri pronto allo scontro fisico». Tratto da «Il confessore» di Joe Nesbo ed. Einaudi.

Un metodo a mio avviso tra i più efficaci e maggiormente in uso nelle agenzie letterarie britanniche (meno in quelle Italiane).

Intelligente e affascinante la scelta dell'antieroe che si riabilita in un contesto difficile sviluppando le proprie capacità latenti. Questo crea un aspettativa senza limiti. Infatti, nel momento in cui io, ritrovato protagonista che riscopro me stesso attraverso la verità degli eventi, libero una genialità fatta di potenzialità che mi appartengono tanto quanto il dna automaticamente non ho veri e propri limiti. Come tale risulto credibile, ma sopratutto appassionante. Sfido il mondo e me stesso.

La devianza in questo romanzo è una abitudine a delinquere che i protagonisti in negativo, cioè i cattivi di turno, esprimono quale condotta di vita.

Da notare che anche questa è una scelta intelligente. Infatti, il protagonista deve affrontare il sistema quindi l'ipotesi di proporgli antagonisti che ne fanno parte perchè sono parassitari nella società contemporanea è un ulteriore azzeccata intuizione.

«Eppure, di fianco a lui si sentiva sempre teso, quasi spaventato. Si diceva che fosse in grado di sollevare il suo stesso peso con le braccia, non un unica volta, ma dieci di fila. Iver non solo era intimidito dal suo imponente aspetto fisico, ma anche dalla consapevolezza che non gli sfuggiva nulla, nè quanto veniva detto, ogni singola parola, la minima sfumatura dell'intonazione, nè, o forse sopratutto, quello che non veniva detto ma rivelato dal linguaggio corporeo, dal colorito e dal movimento delle pupille». Tratto da «Il confessore» di Joe Nesbo, ed. Einaudi.

Un punto dolente invece è il prezzo: 21 euro.

In tempi di crisi per l'editoria (e per le tasche della maggior parte degli Italiani), pur se si tratta di 550 pagine di qualità in un formato davvero eccellente (qual'è la collana «Stile libero Big» di Einaudi), a mio avviso è eccessivo.

«Il confessore» è un ottimo thriller: ben ambientato, scritto in maniera impeccabile. Un protagonista intelligente e ben sviluppato rappresenta una punta di originalità nel panorama contemporaneo degli antieroi. Un romanzo appassionante e carico di fascino introspettivo che trascinerà il lettore in una trama avvincente e ricca di colpi di scena.

Consigliato.

Marco Solferini
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domenica 14 dicembre 2014

Smith & Wesson

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Smith & Wesson

Autore: Alessandro Baricco
Genere: drammatico – commedia.

Siamo agli inizi del 900, nei pressi delle celebri cascate del Niagara, meta di turisti e curiosi da ogni parte del Mondo incontriamo il Sig. Wesson che è da tutti soprannominato «Il Pescatore» in omaggio alla profonda conoscenza che questi ha del fiume e delle cascate, ma anche in ricordo al coraggio del padre che è diventato celebre in conseguenza di atto di altruismo costatogli la vita.

Le giornate del Sig. Wesson sembrano monotone finchè alla sua porta si presenta un uomo distinto e dalla dialettica forbita come un vocabolario. Si tratta del Sig. Smith che ha uno strano compito da svolgere dichiarandosi aspirante meteorologo intento a ricostruire il clima del passato per prevedere quello del futuro.

Ironicamente insieme, i due sembrano un elogio ai luoghi comuni fintanto che non si presenta la giovanissima Rachel che ad appena 23 anni ha l'ambizione e il sogno di diventare giornalista. Purtroppo la strada sembra tutta in salita non solo perchè il mondo del lavoro pare già non essere un posto per i giovani, ma altresì a causa di un impietoso maschilismo.

Lei però ha un idea.

Creare un evento senza precedenti. Per poterlo fare ha bisogno dei Sig. Smith (che nel frattempo si rivela essere un genio il cui lavoro è stato per anni quello di truffare il prossimo) e del Sig. Wesson desideroso di affrancarsi dalla memoria del padre e vivere un esperienza tutta propria che racconti del suo valore.

Un team creativo che ha tanto da guadagnare e nulla da perdere e che perciò può permettersi di rischiare persino la vita. Perchè l'impresa che ha in mente Rachel consiste nel buttarsi dalle cascate del Niagara e sopravvivere all'impressionante salto.

Romanzo di un Autore di straordinaria e meritata fama. Che non tradisce le attese. Baricco ci presenta una fotografia scattata con le parole, graziosa, elegante, ironica e crudele della vita. L'esistenza diventa oggetto di un osservazione quasi enigmatica. Di questa sconosciuta. Vista cioè da un angolatura di pensiero meno sospetta rispetto al crocevia di opportunità, ma altrettanto complessa da rivelare come ogni scelta rappresenta di per sè una perturbazione del destino. Imprescindibile e incontrollabile.

«Si semina, si raccoglie e non c'è nesso tra una cosa e l'altra. Ti insegnano che c'è, ma...non sò, io non l'ho mai visto. Accade di seminare, accade di raccogliere, tutto lì. Per questo la saggezza è un rito inutile e la tristezza un sentimento inesatto, sempre». Tratto da «Smith & Wesson» di Alessandro Baricco, ed. Feltrinelli.

«Fatti non fummo per viver come bruti», è per certo la valida ispirazione a spingersi oltre le colonne d'Ercole in omaggio a un atto di volontà che per Rachel significa sfidare il dogma di pensiero, fino a trasformare se stessa al grido di tutto o niente. Cambiare o morire.

«Perchè è un sogno. E' un sogno che hanno fatto in tanti, e io ho ventitrè anni e lo farò per tutti loro. E per diventare famosa. E per zittire un sacco di gente che parla, parla, parla... A me sarebbe anche bastato stare da quella parte, a fare domande, era già un sogno quello, ma evidentemente non si poteva fare, non le mollate le vostre sedie vero?, non le volete mollare a una ragazzina di ventitrè anni, e allora eccomi qui, da questa parte. Potevo essere una vostra collega, adesso sono il vostro lavoro». Tratto da «Smith & Wesson» di Alessandro Baricco, ed. Feltrinelli.

Nell'incontro con Smith & Wesson si scontrano due caratteri opposti. La temerarietà irrituale del coraggio di chi, forte di un età dove tutto sembra possibile e l'eternità pare distante il palmo di una mano incontra due uomini che si sono lasciati schiacciare dal passato il quale ha per loro assunto un peso più penetrante del presente e in grado di influenzare il futuro.

Rachel è la loro «groupie» o se vogliamo il treno che ha fischiato di Pirandello. E' opportunità di riscatto che tutti coltiviamo e ciascuno ripone nella soffitta di Pippo forse per pudore o negligenza, ma senza mai veramente abbandonarne l'idea di fondo. La musa ispiratrice. L'indiscussa volontà di essere. Di esistere.

«Se non ne esco viva, ci disse, per favore, tutte le volte che potete, raccontate la nostra storia.Trovate qualcuno che abbia tempo e voglia di ascoltare, e raccontategliela. Non importa se ne inventate dei pezzi o se... Basta che la raccontiate meglio che potete. Ogni volta come se fosse la prima, o la più bella». Tratto da «Smith & Wesson» di Alessandro Baricco, ed. Feltrinelli.

Ecco il paradosso di questo racconto esposto come una pièce teatrale: i predestinati incontrano chi rifiuta la predestinazione.

L'evento è il grande Kahuna. Il veicolo verso l'immortalità che rappresenta il cambiamento in terra e la memoria oltre di esso. Fermo restando che la semplice accettazione di provarci con tutto ciò che si è o si ha a disposizione è già di per sè il cambiamento.

«Abbiamo deciso che il 21 Giugno, solstizio d'estate, il primo essere umano nella storia degli esseri umani salterà dalle cascate del Niagara, non per farsi fuori, ma per vivere, una volta buona, e vivere davvero». Tratto da «Smith & Wesson» di Alessandro Baricco, ed. Feltrinelli.

Un testo ricchissimo di spunti creativi. Come tutti quelli di Baricco che si conferma maestro indiscusso di metafore, allegorie e con una capacità stilistica di saper far ridere e piangere.

Immensamente appassionato nella sua sintesi di completezza che nulla tralascia e tutto ben rappresenta regala al lettore alcuni periodi e frasi di memorabile intensità che parlano da soli.

«Seminammo con cura, tutti, quella volta, seminammo immaginazione, e follia e talento. Ecco cosa abbiamo raccolto, un frutto ambiguo: la luce bella di un ricordo e il privilegio di una commozione che per sempre ci renderà eleganti, e misteriosi. Voglia il cielo che questo basti a salvarci, per tutto il tempo che ci sarà dato, ancora». Tratto da «Smith & Wesson» di Alessandro Baricco, ed. Feltrinelli.

«Smith & Wesson» è un racconto straordinario. Un segno indelebile che arricchirà il lettore di una riflessione profonda e affascinante sulla vita e le scelte. Particolarmente adatto ai tempi di oggi rappresenta un atto di coraggio intuitivo e meraviglioso.

Alessandro Baricco al top. Consigliato a tutti i lettori.

Marco Solferini
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venerdì 5 dicembre 2014

La pioggia fa sul serio

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La pioggia fa sul serio

Autori: Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli.
Genere: giallo.

Casedisopra è un Comune montano sull'Appennino, a metà strada tra Bologna e Firenze.

E' un periodo di piogge che da giorni flagellano la comunità e mettono a dura prova la tenuta del manto stradale alimentando la paura per il rischio di frane.

Piccole o grandi che siano, le frane sono il principale compito dell'Ispettore della Forestale Marco Gherardini, un uomo di mondo cresciuto in quella stessa terra che ama, apprezza e rispetta.

L'arrivo in paese di un geologo di città sembra però in grado di turbare la routine. Insieme con un losco figuro che si aggira minaccioso tra la gente del posto. Un uomo che viene da fuori e che sembra più un ombra che una presenza.

Fino a quando il geologo scompare portandosi con sè fin troppi segreti destinati a riaffiorare con il suo cadavere.

Un fatto di sangue che chiamerà in causa proprio l'Ispettore Gherardini che sembra essere il ricettacolo della cittadinanza in fatto di confessioni, confidenze, consigli e altre utilità di passaggio.

Unitamente al giovane maresciallo dei Carabinieri Barnabà comincerà un indagine a tratti difficile perchè adombrata da una mentalità paesana che fa del luogo comune un istituzione e il mistero è anzitutto la diffidenza verso il nuovo e il diverso.

Tanti personaggi si muovono sullo scenario di Casedisopra. Incontreremo l'oste Benito, la lamentosa proprietaria di un agriturismo, lo studioso d'arte inglese Bill e la sua avvenente collaboratrice Betty. Ma anche il corpo dei carabinieri e della forestale. Ciascuno portatore di una storia che per quanto semplice è tanto personale da essere squisitamente originale.

Sullo sfondo la pioggia. Tanta, incessante, a tratti asfissiante. E tra delitti e aggressioni a Casedisopra si consumerà un enigma che forse riguarderà la scoperta di un prezioso affresco di Piero della Francesca o magari la ricca presenza di metano nel terreno.

Storie di persone come tante, intrecci, ambizioni, supposizioni: il thriller è servito.

«E' stato come se per tutti questi mesi avessimo guardato gli avvenimenti in un grande specchio. Non vedevamo ciò che avevamo davanti, ma quello che stava alle nostre spalle. In questa brutta storia di frane e di delitti, vedevo immagini che pensavo davanti a me, ma in realtà nascondevano quanto accadeva dietro lo specchio». Tratto da «La pioggia fa sul serio» di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, ed. Mondadori.

L'ambientazione è una scelta di cifra letteraria che centralizza la narrazione in un contesto che, pur se determinato dal punto di vista dell'ubicazione geografica nel microcosmo di Casedisopra, vuole raccontare una esteriorità che appartiene alla montagna.

I boschi, le alture, i precipizi, gli anfratti nascosti tra il fitto fogliame. Ci sono particolari che narrano di piccoli mondi clandestini coperti dalle tante sfumature del verde. Lontani da quel sole nascosto tra le nubi piovose. Un contrasto da acquerello che diventa il climax narrativo di più fasi. Alterne, ma sempre visivamente credibili.

Il concetto di difficoltà si mescola a quello di pericolo per far capire al lettore villeggiante tra le pagine che qualunque viandante deve aver rispetto per qualcosa che non è vecchio bensì antico.

«Entrò e si guardò attorno. Appena gli occhi si furono abituati all'oscurità, scorse qualcosa in fondo alla stanza che era vuota di mobili. Sbattè gli occhi incredulo. «Cos'è quella cosa li?» Si avvicinò, guardò meglio. Poi retrocedette senza perdere di vista «quella cosa lì». Tratto da «La pioggia fa sul serio» di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, ed. Mondadori.

E dietro questo concetto di antichità c'è l'indole malinconica e nostalgica dell'Ispettore Gherardini che conosce le persone «a pelle» ed è cresciuto in quel luogo con il quale vive una sorta di osmosi alla giornata, basata sull'empatia che la natura a volte stabilisce con l'uomo che sente il coraggioso peso delle responsabilità.

«A Casedisopra, Poiana c'era nato e ci teneva al suo territorio, gli voleva bene fin da piccolo, gli piacevano i sentieri e le ampie distese d'erba dei pascoli in altura. Gli piacevano persino i dirupi inaccessibili nel mistero dei quali si nascondevano i personaggi della mitologia montanare e quando per un motivo o per l'altro, stava lontano dai luoghi che considerava un pò suoi, non vedeva l'ora di tornare e respirare l'odore del muschio e dei funghi». Tratto da «La pioggia fa sul serio» di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, ed. Mondadori.

Immagini che diventano suoni e sensazioni.

La mentalità paesana è un rudere che si trascina giorno dopo giorno, come una schiava consapevole della propria volontà di sopravvivere al passare lento ma inesorabile del tempo.

In contrasto con quest'ultimo che sembra una marea desiderosa di voler cambiare, essa resiste ancorandosi ai luoghi comuni attorno ai quali a volte mistifica e costruisce. La dissimulazione, figlia dell'ignoranza e della virtù, crea un algoritmo espositivo cui gli Autori tornano con una diligente costanza ogni volta che descrivono un personaggio tramite i suoi interessi, limiti e responsabilità di quartiere.

Apparentemente si potrebbe affermare che sia troppo poco. Tuttavia, nel necessario ho ravvisato una duttilità di pensiero che per quanto evidentemente incasellata non rinuncia a quella consuetudine che fa da contesto al romanzo. Pertanto, ho giudicato la scelta sincera. Non c'è nulla di male nel voler concepire il romanzo come una sorta di «Cluedo» con personaggi in cerca d'Autore ambientato a tratti in una città e in molte occasioni in un luogo. Semplice, ma efficace.

«L'Appennino non sarà come le Alpi, o le Rocky Mountains, ma ogni tanto, come tutte le montagne, richiede le sue vittime sacrificali, la vita di chi, in un momento d'orgoglio o di incoscienza, si ritiene più forte di loro, e l'uomo più forte dei monti, non lo è quasi mai». Tratto da «La pioggia fa sul serio» di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, ed. Mondadori.

Una menzione a parte merita la sigaretta. Elevata a vero e proprio status symbol del romanzo. Protagonista indiscussa di una serie di atteggiamenti associati allo stato d'animo che rimandano forse al Guccini della celebre «sigaretta o penna nella mano destra..»

«La pioggia fa sul serio» è un buon giallo con tanta italianità e ottime ambientazioni. Personaggi credibili, semplici da conoscere facili da apprezzare. Nascono da quella complessità tipica della vita. Realismo e passione si alternano per una lettura che fa dell'ambientazione un contesto intenso e affascinante.

Consigliato.

Marco Solferini
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mercoledì 26 novembre 2014

Divorati

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Divorati

Autore: David Cronenberg.
Genere: drammatico, macabro, thriller.

Nathan e Naomi sono una coppia di fotogiornalisti freelance che lavorano a contratto per riviste sulle quali pubblicano articoli aventi caratteristiche particolari fra cui il macabro e l'inusuale.

Il primo si trova nell'Europa dell'est, sulle tracce di un chirurgo che sperimenta una cura contro il cancro basata sull'impianto di semi radioattivi sottocutanei. Durante l'incontro documenterà l'impianto nei seni di una paziente ormai prossima a uno stadio terminale. Successivamente, si troverà coinvolto in una relazione sessuale morbosa e atipica proprio con quest'ultima e dalla quale rinverrà una rara malattia che lo spingerà ad indagarne i contenuti, per necessità e interesse, rintracciando il medico che ha scoperto e dato il nome a questa patologia.

Noemi nel frattempo si è recata a Parigi sulle tracce di uno scoop che riguarda due importanti icone dell'intellettualismo e della filosofia contemporanea francese, la coppia Celestine e Aristide Arosteguy. Quest'ultimo è latitante e sospettato di aver ucciso e poi mangiato la sua consorte. I fatti però sembrano rivelare un altra verità. Una storia che porterà Naomi a contatto con una cerchia di personaggi che esplorano i confini del sesso maniacale e possessivo, attraverso una ritualistica che forse dal bondage si è spostata fino al cannibalismo.

Le due vicende dei reporter e amanti, finiranno per intrecciarsi in un unica storia dove poco se non nulla è ciò che sembra.

Divorati” è un libro che mi ha lasciato un profondo senso di smarrimento.

Ho avuto più volte la sensazione, durante la lettura che almeno uno dei temi affrontati dall'Autore mi avrebbe portato a toccare con mano quell'aspetto riflessivo - rivelatorio che in più momenti sembra voler decollare prendendo per mano il lettore.

Invece, ogni volta che l'approfondimento sembrava indirizzato ad uno sviluppo concludente quest'ultimo improvvisamente veniva a mancare. Lasciando un vuoto. Uno spazio che il proseguo della narrazione sembrava voler colmare riprendendo da un punto remoto.

Gli aspetti ossessivo compulsivi della passione maniacalizzata sulla tecnologia quale antropomorfa malattia moderna sono un piacevole coro di assonanze con le varie patologie note e nel contempo rare che durante il romanzo trovano uno spazio più o meno particolareggiato a mò di allegoria.

L'Autore traccia un innominato parallelo, indubbiamente creativo e stimolante. Certamente geniale nell'intuizione. Ma i termini di questa osmosi che i due fotografi sentono e verso la quale accettano un plagio invasivo della propria relazione, come pure della vita professionale, manca di quel «di più» che vada oltre cioè un mero condizionamento senza il quale ci sarebbe la rinuncia.

A ben guardare infatti, siamo di fronte a due esperti che però non arrivano a ribattezzare la propria esistenza di carne ed ossa attraverso la tecnica fotografica, il montaggio, assumendo cioè quella trasmutazione del sè, a livello morfologico in una meccanica di algoritmi che riporti al «deux ex machina».

E la domanda permane. L'Autore non ha volutamente raggiunto questa catarsi oppure ha cercato senza riuscirci di trasmetterla al lettore?

Alcune ambientazioni sono amabilmente descritte come se una telecamera, partendo da un particolare ingrandisse sulla scena e, restando in movimento abbracciasse uno dopo l'altro la conoscenza di quegli oggetti che compongono il panoramico ambiente nel quale si micro contestualizza l'azione del pensiero prima ancora che delle parole o delle azioni. Questo aspetto mi è molto piaciuto.

«L'IPhone di Nathan era poggiato scorbutico sulla superficie di plastica effetto legno del tavolo, accanto al semplice piatto bianco con due costolette di maiale stracotte, una montagnola di mais, tre fette di pomodoro e un vasetto di carta pieghettata con la purea di miele. Il piccolo coltello da carne aveva un manico rosicchiato che un migliaio di lavaggi in lavastoviglie aveva ridotto a un grigio striato. In una terrina di vetro c'era la sua insalata verde». Tratto da «Divorati» di David Cronenberg, ed. Bompiani.

Il binomio sesso - malattia. La piacevolezza del diverso. Sono argomenti ben sviluppati, sopratutto dal punto di vista di Nathan che pare emotivamente più debole perchè ancorato ad un realismo che Naomi ha già abbandonato. Lui è pertanto meno esplorativo e più funzionale. Mentre lei è l'esatto opposto.

L'esposizione delle loro diversità avviene sempre prima, durante e dopo il sesso, descritto e commentato in modo esplicito e disinvolto.

«Saltò giù dal letto, afferrò l'IPhone sul cuscino e cominciò a cancellare i ritratti del suo uccello, uno alla volta, colpendo violentemente con la corta unghia l'icona del cestino, canticchiando nel frattempo: «pene di Nathan, cancella, cancella, cancella...» Tratto da «Divorati» di David Cronenberg, ed. Bompiani.

La focalizzazione sulla malattia e in particolare sul tumore mi porta ad affermare che la difformità non è deformità. E chiunque abbia studiato i termini classici della letteratura Italiana ben conosce numerosissimi Autori che su questo distinguo hanno speso pagine di intellettuale virtù. Esattamente come è accaduto in quel della Francia (e non a caso la scelta degli intellettuali «francesi»).

I termini del cambiamento che si annidano, come germi di primigenia essenza nel malato lo portano a sentirsi un estraneo. Un portatore sano di quella difformità enorme che nulla rende come prima. Egli è uno, nessuno e quindi centomila, perchè la malattia non è selettiva, ma aperta a tutti, potenzialmente in attesa di colpire chiunque. E il tumore è questo «tsunami» numerico che ormai colpisce il 50% delle persone nell'arco di una vita. Il male di nuovo millennio che cambia tutte le prospettive e sparpaglia le carte della società perfetta e che l'Autore vorrebbe collocare sul piano della deformità, ma senza arrivarci. Non è la gobba di Victor Hugo, ne il Dott. Jekyll, non è neppure la Bestia che si nasconde all'amore, e quel che residua è un attrazione lasciva un semplice gusto peccaminoso per il diverso.

Troppo poco. Uno sviluppo che non decolla.

«... la luce dello spray di un writer che copriva meticolosamente ogni centimetro del suo corpo mentre lei si sforzava di tenere la postura stabilita, la pancia che si contraeva dalle risate quando fuori campo venivano pronunciate chissà quali parole o fatte chissà quali battute». Tratto da «Divorati» di David Cronenberg, ed. Bompiani.

Il cannibalismo qui è una metafora della possessione estrema. Un atto sessuale di avidità che porta a fagocitare il simbolo fallico dell'amore inteso come il seno per la sua valenza chiaramente materna nell'atto di non volersi più staccare da esso. Trattenerlo per sè. Un gesto che è sfogo di una pulsazione volontaria. Compiuta dopo un atteggiamento ritualistico quasi come se fosse il principio e non la fine. In essa c'è un richiamo alla rinascita attraverso l'accettazione dello stesso atto scabrosamente gustoso. Ognuno di questi pur interessanti aspetti non viene analizzato o narrativamente spiegato al lettore. Rimane cioè confinato in un episodio.

Ci sono tante luci in questo romanzo e coloratissimi ritorni, una caleidoscopica impostazione dello svolgimento a livello espositivo. E mi pare di non dovermi soffermare sul perchè in quanto l'Autore è uno dei più celebri registri della storia contemporanea.

Cronenberg non spiega i suoi protagonisti, lascia che sia il lettore a capirli. Offre numerosissimi spunti di qualità, senza dubbio, per quanto concerne il dna di questi soggetti, ma la focalizzazione è spesso trasparente. Lo speculare rimando ad una mente che si suppone sia preparata a ricevere questi input. Ma un romanzo non è un film. La tempistica di lettura che l'Autore ha supposto può essere stravolta. Ed è proprio questo l'aspetto «tecnico» più censurabile di questo romanzo. L'assenza di un evoluzione che non sia anatomica di questi soggetti i quali sono dei «caratteri» non dei «protagonisti».

Questo aspetto è impossibile che una Casa Editrice non l'abbia colto. Mi riesce non ipotizzabile che una redazione letteraria non abbia evidenziato un particolare così fondamentale nella qualificazione del romanzo. I casi pertanto possono essere soltanto due: o l'Autore non ha mai voluto che il testo fosse adattato da mani terze che non fossero di particolare fiducia oppure sotto l'egida commerciale della firma si è consentita la pubblicazione di un corpo anatomico privato di uno scheletro.

«Divorati» è un libro poco convincente per via dei troppi limiti. Contenuti poco approfonditi dal punto di vista funzionale alla trama. Una narrazione che stenta a decollare e si trascina troppo a lungo. Personaggi troppo incompiuti per essere considerati veri e propri protagonisti di un romanzo.

Sconsigliato.

Marco Solferini
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