lunedì 18 agosto 2014

Bambino n. 30529

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Bambino n. 30529

Autore: Felix Weinberg.
Genere: biografico, storico, campi di concentramento.

L'Autore ci propone una toccante testimonianza della propria esperienza di deportato nei campi concentramento ad appena 12 anni. Un lungo percorso iniziato con i rastrellamenti nella Repubblica Ceca e il campo di smistamento (sostanzialmente un ghetto organizzato) di Terenzin.

La prima parte del romanzo è dedicata ai ricordi della fanciullezza e della prima adolescenza.

Assistiamo cioè alla formazione di quella mentalità che appartiene al bambino le cui stagioni sono poche per incontrare l'esperienza dell'adulto.

Con un bagaglio quindi di emozioni miste a fantasia dove il bello e il ricercato sono concetti ancora da sviluppare questi affronta la meccanica di una persecuzione come la storia ha raramente conosciuto.

Ma metodologia dell'odio razziale spinta ai confini più estremi lo strappa alla vita che si stava costruendo intorno a lui e lo proietta in un inferno che sembra fuoriuscito da un girone dantesco.

«Non so quanti altri si suicidarono quella notte. Il mattino dopo per la prima volta vidi mucchi di cadaveri. A dire il vero, non era così semplice uccidersi, nemmeno con il metodo più ovvio vale a dirsi aggrappandosi al recinto di filo spinato elettrificato. Il tratto per raggiungerlo non era piano; c'era un basso fossato e i pali erano disposti su un terrapieno». Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

Il trapasso è ben costruito perchè l'uomo di oggi ricorda il bambino di ieri e poi, al termine dell'opera lo osserva a distanza di anni come una natura morta incompiuta ormai sconosciuta.
Non c'è ritorno al passato. Non c'è ritorno da quel passato.

Il suo percorso è stato drammatico. L'Autore è abile nel non volersi soffermare più di tanto sull'insistenza con la quale le parole, ormai tutte usate, riescono a malapena a raffigurare la disumanizzazione compiuta dai nazisti.

Preferisce raccontare la sua storia che tocca spesso quella di altri.

«La storia è per necessità scritta dai superstiti, ma fondamentalmente si tratta della storia delle vittime». Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

Dalla vita di comunità di Terenzin al campo di concentramento di Auschwitz - Birkenau dove la macchina di morte era così ben collaudata da pretendere la vita entro sei mesi di permanenza poi il campo di Blech-hammer nella foresta con i lavori forzati, il freddo e i bombardamenti, lo spostamento al campo di Gross-Rosen con il macabro rituale del campo spinato elettrificato e infine Buchenwald, ultima tappa prima della liberazione.

Immediatamente viene da chiedersi come sia stato possibile sopravvivere a un simile tragitto.

L'Autore lo racconta con semplicità: fortuna.

Ogni giorno la svolta della morte era possibile. Nei campo non c'era percezione del futuro. Solo di un presente che poteva spezzarsi da un momento all'altro.

«Idealmente vorrei meditare su tutte le meravigliose esperienze della mia esistenza, addormentarmi e non risvegliarmi. Morire assiderati, spesso sembrava una prospettiva attraente.» Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

La fortuna volle che lui fosse uno dei ragazzini che distribuiva il barile con la zuppa e che quest'ultima fosse una brodaglia talmente scarsa che i pochi residui nutritivi si depositavano sul fondo e siccome i cucchiai erano corti lui poteva raschiare quel che rimaneva beneficiando di poche proteine che però facevano la differenza.

Così accadde numerose volte perchè non si ammalò o quando venne portato all'ospedale del campo riusciva comunque a raggiungere le latrine. Perchè venne scelto per i lavori forzati e dimostrava un abilità necessaria proprio nel luogo e nel momento giusto. Perchè su di un treno dove si moriva schiacciati per la compressione da bestiame ebbe la fortuna di trovare una scheggia appuntita accanto a lui con la quale pungolare chi gli si stava per sedere addosso.

Ciò che colpisce è l'assoluta semplicità, ingenuità e banalità di questi espedienti. Che però gli salvarono reiteratamente la vita.

«Il kommandantur del campo reagì come al solito, mandando a morte uno di noi per sabotaggio.Una sera, dopo essere tornati a piedi al campo, eravamo tutti schierati, come per un appello. Era ovvio quello che stava per succedere, perchè davanti a noi c'erano un palco con sopra uno dei pali di cemento normalmente utilizzati come supporti per la recinzione di filo spinato elettrificato, e una sedia collocata sotto la sommità arcuata. Il comandante del campo, che era venuto fuori con il prigioniero, diversi assistenti e una corda tenne un breve discorso, che sono in gran parte riuscito a cancellare dalla mia mente, anche se specificava senz'altro che la pena prevista per il sabotaggio era la morte». Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

Intenso lo stile espositivo volutamente dialettico e sobrio. L'Autore si è rivolto al lettore con condiscendenza e metodo. Cordialmente ha anteposto le sue considerazioni e con apprezzabile stile ha raccontato i fatti attraverso la ricostruzione cronologica e i dettagli di quella non-vita.

Dopo la liberazione egli racconta della sua nuova esistenza. Ricca di considerazioni sul ritorno a quella che non potrà mai più essere la normalità. Ma nel contempo egli prosegue il percorso iniziato in quella prima adolescenza, prima del nazismo. Diventa quindi uomo, si costruisce una posizione sociale e crea una famiglia.

«Il racconto delle mie esperienze emerse un pò alla volta nel corso degli anni successivi. Una delle prime cose che mio padre mi chiese fu: «immagino che non ci sia nessuna possibilità..» E lasciò a metà la domanda sulla sopravvivenza di sua moglie, suo figlio, suo padre e sua sorella. Io, semplicemente, scossi la testa». Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

Il Mondo va avanti, ma la memoria ha l'obbligo di fermarsi. A ricordare.

«Così 9 giorni dopo il mio diciassettesimo compleanno, mi venne restituita la mia vita. Mi ci volle molto tempo per rendermene veramente conto, e non credo di esserci mai riuscito del tutto. A pensarci bene, il concetto stesso di cambiamento non ha senso, in questo caso, dal momento che non ero più la stessa persona. I campi mi avevano cambiato per sempre». Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.

«Bambino n. 30529» è un romanzo biografico che racconta l'incredibile esperienza di un sopravvissuto a 5 campo di concentramento nazisti. Un opera intensa e ben organizzata frutto di una mediata e sapiente costruzione dialettica che ha saputo raccontare al lettore e nel contempo offrire una testimonianza sulla disumanizzazione dell'Olocausto.

Consigliato.

Marco Solferini (critico, agente letterario e ghostwriter)
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