lunedì 9 gennaio 2012

I funeracconti

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I funeracconti

Autore: Benedetta Palmieri
Genere: Narrativa




I funeracconti”, sono una raccolta di 10 storie, accomunate dal denominatore del “trapasso”, inteso come morte dell'essere e apertura del funerale, quale primo atto dell'immediato aldilà.

Espongono una serie di prospettive e punti vista, attraverso la riflessione postuma, orchestrando situazioni, circostanze e personaggi vari.

Sullo sfondo, come “train d'union” fra i singoli racconti, ci sono le riflessioni di un uomo che ha perso la moglie e rivisita la propria esistenza in ragione della futura, inevitabile, morte.

L'Autrice, utilizzando un linguaggio espositivo gradevole, cordiale e affascinante nella sua compiuta corrispondenza emotiva, sintetizza delle realistiche credenze popolari, ai limiti del passionale, tramutandole in stereotipi, a tratti irrazionali, o estremizzati al punto da rappresentare l'opposto che tocca l'esatto contrario.

Tali paradossi, sembrano quasi giustificarsi nel sentirsi obbligati a diventare parte integrante di una verità metafisica; assurgendo ad una vita propria, anche se questa nasce dopo la fine di quella fisica.

Muovendosi cioè, nella mezzaria del “tutto esaurito” perchè ogni cosa si è inevitabilmente compiuta, e nella canonica credenza che, anche l'interruzione, trova sostanziale manipolazione definitiva nella morte.

La capacità della mietitrice, di mettere a posto ogni singolo tassello e proseguire con un “tutto scorre”, degno del miglior Eraclito.

Tuttavia, questa metodologia non coglie nel segno ed il lettore può rimanere smarrito, anzitutto dall'apprendere che, contrariamente da quello che una bellissima copertina può suggerire, i racconti non sono ironici.

A tratti infatti, decadono al limite nell'umorismo nero. In verità, non sempre facile da cogliere; strappando qualche riflessione amara, frutto dell'esistenzialismo che fa da sfondo ad un argomento la cui sofisticazione non annida, nella comprensione, contrapposta all'inevitabile accettazione.

Ed ecco quindi che, in questo dualismo, la centralità del funerale diventa, in realtà, assai vaga, perchè l'Autrice narra più che altro della morte, e della vita di coloro che rimangono o di chi non c'è più, ma è questo un concetto di assenza che smaterializza la tenacità dell'attaccamento, cercando di razionalizzarlo, dietro all'esigenza di un abbandono, che nell'ottica dei racconti non è il male peggiore.

Dimenticare è un oblio gentile, come se l'annegamento tutto sommato possa essere una morte piacevole: addormentandosi nell'immensità di un mare che alterna calma e tempesta, mistero e rivelazione.

Poche sono le metafore presenti nel romanzo, che resta ancorato ad una visione carismatica della morte: ineluttabile, ma fascinosa, nella sua estrosa variopinta serie di possibili evoluzioni.

Fino ad arrivare all'affermazione ultima che una vita in ragione della fine, non è un esistenza, bensì una rinuncia, inutile quanto irrealizzabile.

I temi di fondo del romanzo quindi, sono spesso già noti al grande pubblico.

Anche taluni personaggi sono già stati visitati da Autori della carta stampata, del fumetto, e della fiction.

Manca pertanto, quel tasso innovatore che avrebbe consentito, data l'assenza di un umorismo da commedia, di recuperare quella sorta di ripetitività ossessiva dei concetti di fondo, che sono anche il punto di vista imperioso e a tratti egocentrico, dell'Autrice, la quale tralascia evidentemente di considerare come il lettore potrebbe non solo identificarcisi poco, ma anche trovare opprimente l'assenza di un margine di manovra che il testo non offre.

Il lettore infatti, è ingabbiato in racconti che decollano solo a tratti, prevalentemente in alcune descrizioni, obiettivamente esaltanti, ma limitate solo a singole frasi o trafiletti.

La sensazione è che una scrittrice con ottime potenzialità abbia (in)seguito un idea, ottenendo un risultato anonimo, ben potendo tuttavia, in futuro, rivolgere la propria attenzione ad un altro genere narrativo che potrebbe premiarla enormemente, eventualmente cambiando alcune impostazioni di scrittura creativa, rinunciando a delle ripetizioni, anche compulsive e rafforzative.





I funeracconti” sono un occasione mancata, apprezzabile solo a tratti, e limitatamente ad alcuni archetipi narrativi e artefatti descrittivi di una contemporaneità, rivisitata in chiave minimalista ed esistenzialista. Al limite condivisibile da quanti abbiano una filosofia di vita più eticamente rivolta alle dottrine orientali non materialiste e scarsamente religiose.

                                                                       Marco Solferini

2 commenti:

  1. Non ho trovato un indirizzo mail, e così ricorro a questo spazio per ringraziarla. Sono Benedetta Palmieri, e ho scoperto solo ora il suo pezzo sui miei Funeracconti. Le sono grata per aver segnalato quanto di buono ha trovato nel libro, e cercherò di fare tesoro di quanto ha trovato di meno buono (anche se su alcune avrei da argomentare, però questo è poco importante, visto che i libri diventano anche dei lettori - e dunque dei loro approcci - dopo essere stati pubblicati). Ma soprattutto le sono grata per l'attenzione che mi ha comunque dedicato.
    Buon lavoro. Benedetta

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  2. L'indirizzo di posta elettronica in effetti c'era, poi ho dovuto toglierlo; il Blog ha avuto più di 6mila contatti e ricevevo troppe email cui non avevo il tempo per replicare.
    Mentre mi sono accorto che la funzione "commenti" non è altrettanto gradita o perlomeno non viene utilizzata.
    Tuttavia, è molto probabile che dovrò inserire una email nell'immediato futuro.
    Sono lieto che abbia apprezzato i contenuti della mia critica. Che ovviamente è principalmente l'opinione di un lettore.
    In bocca al lupo per ogni impegno.

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