domenica 28 aprile 2013

Vendetta di sangue

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IL SECONDO RINASCIMENTO
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Vendetta di sangue

Autore: Wilbur Smith.
Genere: azione, avventura, drammatico.




«Vendetta di sangue» è il nuovo romanzo di un Autore che non ha bisogno di presentazioni: Wilbur Smith.

E' bene che il lettore sappia che la narrazione è a tratti è molto violenta, ci sono cioè scene di brutale efferatezza che possono urtare la sensibilità dei più impressionabili.

Hector Cross è stato l'addetto alla sicurezza per la multinazionale del petrolio Bannock Oil in Africa.

Un lavoro difficile, affidato ad un ex mercenario cresciuto in Kenya con i guerrieri moroni del popolo Masai. Un cacciatore abituato alle sfide più difficili e alle situazioni più drammatiche.

Un uomo duro che conosce l'amore del suo principale datore di lavoro: Hazel Bannock vedova del magnate. Una donna la cui carriera è cominciata come campionessa di tennis prima, poi diventata ereditiera di una fortuna..

Una sfida anche per lei, perché nello spietato Mondo degli affari non c'è spazio per i sentimenti. Il petrolio poi è il bene più prezioso attorno al quale ruotano uomini spietati.

Hazel lo sa bene, perchè il rapimento di sua figlia ad opera di un signore della guerra soprannominato “la bestia!, trasforma la sua vita in un incubo fatto di brutalità e cattiveria. Hector è chiamato a fare quello per cui sembra nato.

Comincia una guerra spietata contro un avversario feroce che alla fine lascia solo morte e sofferenza.

Hector e Hazel decidono di ricominciare da capo, in Inghilterra, dove lei aspetta una bambina che riceverà il nome della sua precedente figlia perduta, strappatale anzitempo.

Tutto sembra a posto. Finalmente le loro ferite sembrano essere destinate a rimarginarsi.

Improvvisamente però un agguato brutale, organizzato con meticolosa precisione e spietata risolutezza, riporta indietro le lancette dell'orologio. Qualcuno vuole sterminare la linea di sangue di Hazel.

Hector perde la donna che ama, ma riesce a salvare sua figlia.

Il mercenario capisce che deve proteggerla. Infatti, non appena la notizia che sua moglie ha partorito prima di morire, altri assassini si fanno avanti per uccidere la neonata.

La bambina deve scomparire, insieme con persone di fiducia, in un luogo inattaccabile. Affinché Hector possa dedicarsi a chiudere il cerchio.

Per farlo contatta il suo ex socio in affari, diventato titolare dell'agenzia di sicurezza Cross Bow Security, Paddy O'Quinn e la sua fidanzata, un ex. spia sovietica.

Insieme, costituiscono un team d'azione per salvare sua figlia e scoprire chi cerca di ucciderla.

Le indagini rivelano che il signore della guerra il cui ceppo famigliare pensavano fosse stato sterminato, in realtà ha un parente che ne ha ereditato il ruolo. Potrebbe essere lui il pericoloso mandante di questa follia omicidiaria senza limiti e senza regole?

Tuttavia, quale conseguenza della morte di sua moglie Hector entra in contatto con uno Studio legale che ha curato gli interessi della famiglia Bannock fin dalla sua ascesa al potere finanziario e attraverso un trust famigliare sembra custodire molti più segreti di quanti gli avvocati siano disposti a raccontare.

Nel passato di Hazel, nella storia della famiglia di suo marito emerge una verità atroce, un oscuro quanto orribile segreto che ruota attorno alla figura di un mostro non dissimile dalla Bestia. Per annientarlo sarà necessario organizzare una vera e propria missione di guerra.



Wilbur Smith è uno degli Autori più celebrati dello scorso secolo.

I suoi romanzi d'avventura sono fra i più venduti del Mondo ed egli ci ha regalato opere di altissimo livello fra le quali: «Come il mare» o «I fuochi dell'ira».

I suoi libri sono immancabili nella biblioteca degli amanti dell'avventura. In particolare per coloro che amano l'Africa e la cultura dei suoi numerosi popoli.

Gran ritmo, tensione, dialoghi incalzanti, per uno stile narrativo efficace nella sua immediatezza espositiva che lo rende possente ed introspettivo. Sicuramente amabile dai lettori di tutte le età.

Smith possiede la straordinaria capacità di definire l'azione, plasmandola a seconda delle circostanze.

Riesce ad essere dettagliato dal punto di vista visivo e nel contempo restringe l'angolo focale della narrazione ad elementi soggettivi che categorizzano e caratterizzano i suoi personaggi rendendoli originali, malgrado si tratti di caratteri già ampiamente conosciuti, tanto nella narrativa quanto nel maxischermo.

E' un Autore che ha sempre avuto l'intuito necessario a coinvolgere il lettore, alternando le esplicazioni culturali, ambientate prevalentemente in Africa, con la paratattica più essenziale della concentrazione. Per questo motivo la tensione resta emotivamente alta nel lettore anche nelle fasi di transizione, un pò come la proverbiale calma prima della tempesta.



I suoi romanzi sono bombe innescate, pronte ad esplodere.

«Vendetta di sangue» è l'ultimo coinvolgente ed appassionante romanzo di una delle firme più celebri e acclamante del XX° secolo. Wilbur Smith, Autore mitico di opere straordinarie ci regala una nuova avventura carica d'azione. E anche di molta violenza. Una scarica d'adrenalina che lascerà il lettore prenda di una tensione narrativa straordinaria.

Consigliato.

Marco Solferini
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giovedì 25 aprile 2013

L'editoriale apocrifo di Marco Solferini: "Le agenzie del lavoro ovvero il metodo del dottor «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato"

 L'EDITORIALE APOCRIFO di MARCO SOLFERINI


Le agenzie del lavoro ovvero il metodo del dottor «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato a dato»



L'art. 1 della nostra Costituzione recita: «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro».


Vien subito da pensare che data la scarsa applicazione pratica del primo articolo non meraviglia che pure gli altri vadano maluccio.


Cosa volete, se la premessa è questa è comprensibile che quando si arriva al punto in cui ci si occupa del Governo e del Presidente della Repubblica vengono rispettati al limite le virgole, i punti e magari, ad andar bene, gli spazi fra le parole.


Un pò di tempo fa però qualcuno leggendo l'art. 1 ha avuto un illuminazione, insomma ha visto la luce in stile Jim Belushi in "Blues Brothers". Era l'allora giuslavorista Marco Biagi il quale prendendo spunto da quanto accadeva in Francia propose di introdurre anche in Italia la c.d. “somministrazione di lavoro”.


Già il termine è di per sé inquietante: sembra uscito da un episodio di American Horror Story ma nel 2003, diventava legge, la c.d. Legge Biagi con lo scopo di innovare il settore, nel senso che toglieva di mezzo (e si sostituiva) al precedente “pacchetto” Treu (altro giuslavorista) che nel 1997 aveva introdotto in Italia il c.d. lavoro interinale.


In pratica, il concetto ispiratore era che siccome trovare lavoro diventava sempre più difficile bisognava renderlo sempre più flessibile. Un po' come prescrivere una pillola di cianuro per curare una persona depressa. In un certo senso il problema lo risolve..


Siccome il “pacchetto” Treu era un po' troppo deboluccio quanto a "soluzioni alternative" ci ha pensato la Legge Biagi che ha letteralmente aperto le porte ad una piccola enciclopedia di contratti di lavoro.


Ne sono cioè arrivati di tutti i gusti, meglio che in gelateria e tutti rigorosamente a tempo determinato: un arcipelago di contratti che a prima vista sembravano un paradiso come le Maldive per chi cercava lavoro ma che in pratica di paradisiaco, a distanza di una decina d'anni, avevano ben poco.. anzi si sono rivelati un vero e proprio girone dell'inferno Dantesco.


Di fatto però le agenzie del lavoro hanno avuto un vero e proprio «boom» peggio di quelli che fa un fondamentalista quando decide di farsi saltare in aria.


Oggi infatti in giro ci sono quasi più agenzie (formato negozio) per chi cerca lavoro che sigarette elettriche per chi vuole smettere di fumare.


Il che dovrebbe farci ben sperare: avremo il lavoro e non moriremo di tumore. Se ci sente la Disney diventiamo una favola meglio di Biancaneve. Ma attenzione perchè la mela avvelenata è dietro l'angolo.


Premesso che molto spesso «noi» quando vogliamo proporre / introdurre qualcosa usiamo l'affermazione: «faremo come» in Francia, oppure in Germania. Insomma copiamo. Nel presupposto che altrove le cose vadano meglio e siccome lo facciamo in continuazione di questo passo esauriremo le alternative e arriveremo probabilmente a dichiarare, prima o poi, «faremo come» a Timbuktù o alle Hawaii dove se non altro diceva er Monnezza «lo prendi e lo dai». Il che mi sembra più in linea con l'Italico stile quando si tratta di lavoro.


Da notare che all'estero invece si è affermata la tendenza opposta. Infatti non è insolito sentire l'affermazione: «attenzione a non fare come in Italia».


Ma poco importa, si può essere esempi anche in negativo. Sul punto però a volte ho la sensazione che noi poi abbiamo deciso di aggiudicarci il Guinnes dei primati.


Insomma, il buon Marco Biagi è il c.d. papà delle agenzie del lavoro.


Certo è in buona compagnia, ce n'è infatti uno per la bomba atomica, un altro per il gas nervino e via dicendo. Del resto hanno in comune che sono tutte armi di distruzione di massa.


I morti ammazzati poi sono Santi subito: non passano nemmeno attraverso il processo di beatificazione. Purtroppo il Biagi è stato vittima del terrorismo made in Italy o meglio di quel che restava.


Quando uno muore non lo critica più nessuno, anzi tutti lo lodano.


Se la vita fosse un fumetto assisteremmo a decine di persone che pensano con la tipica nuvoletta: «era un gran...» ma poi affermano frasi infarcite di espressioni come: «statura morale», «onesta intellettuale», ecc. ecc.


Tanto per capirci, è un pò come quando leggiamo che un tizio è impazzito e ha sterminato un pò di gente perché magari l'autobus non si è fermato, il bombolone alla crema era poco ripieno o il giornale era spiegazzato. Il cronista di turno va dai vicini ad intervistarli e loro dichiarano: «persona tranquilla, riservata che mai e poi mai ha dato segnali di squilibrio».


Quindi, a ben guardare abbiamo un giuslavorista che ha introdotto un meccanismo del mercato del lavoro copiandolo da quello che accadeva in Francia (l'ultima volta che l'abbiamo fatto a Bologna abbiamo portato a casa un suppostone formato Famiglia di nome «Civis») e che poi è purtroppo morto in circostanze peraltro tragiche.


In un paese come il nostro, dove per fare carriera occorre imparare a far d'ipocrisia virtù chi mai si sognerebbe di alzarsi in stile Paolo Villaggio dopo la celebre corazzata kotiomkin e dichiarare: «per me le agenzie del lavoro sono una kagata pazzesca?»


Ovviamente nessuno.


O almeno di quelli che contano e vengono ascoltati.


Eh si perchè in realtà a pensare che le agenzie del lavoro siano una grandissima presa per i fondelli ci sono diversi milioni d'Italiani che ogni giorno ne hanno prova tangibile, ma il problema è che la democrazia attualmente in vigore è più o meno quella che c'era all'epoca del Ré Sole e quindi c'è uguaglianza nel senso che non conta niente nessuno.


Provate a chiedervi: quanta gente conoscete che si sia rivolta ad un agenzia del lavoro e abbia trovato questa pietra filosofale moderna del sacrosanto impiego?


Provate anche per un attimo a porvi altri due quesiti, ma tanto per sport, giusto per non annoiare i neuroni la domenica pomeriggio:

1) Com'è possibile che nelle città, dove il tasso di disoccupazione degli under 35 si aggira intorno al 36% e sale ad oltre il 50% considerando i precari cioè quelli che non sanno di che morte devono morire, com'è possibile ci siano qualcosa come 80 o 90 diverse agenzie del lavoro?

2) Se l'anno scorso sono stati licenziati in tutta Italia oltre un milione di lavoratori com'è realisticamente possibile che le agenzie aumentino e abbiano sempre queste bacheche piene d'offerte (che per inciso alcune sono ogni tanto quasi identiche le une alle altre.. ma in fondo c'è “solo” qualche km di distanza dalla sede di un agenzia all'altra)?


Guardando quelle vetrine sembra che siano quasi disperati a tal punto da non trovare nessuno da assumere!


Nelle agenzie infatti ci si sente molto spesso dire che le ricerche ci sono, anzi le “selezioni”, che è un termine più elegante (del resto oggi trovare lavoro è un pò come vincere una fascia di Miss. Italia) quindi le “selezioni” sarebbero anche in corso, ma le professionalità non si trovano!


Il che è un pò come andare in un villaggio del terzo mondo fra gente che muore di fame e dirgli che il cibo c'è, solo che non trovano il cuoco per cucinarglielo!


Però andare presso un agenzia può essere anche un esperienza gratificante.


Quando entri per esempio trovi quasi sempre un ambiente accogliente. Hanno pure le poltroncine. In banca raramente ci sono: te ne stai amabilmente in piedi. Il che significa che le agenzie del lavoro ci vogliono più bene dei banchieri che è tutto un dire. Come recita il proverbio: chi ben comincia..


Non solo, ma nove volte su dieci c'è un gran bella ragazza pronta ad accoglierti con un sorriso che sembra dire: «io il lavoro ce l'ho perché nell'agenzia ci lavoro e se vuoi avere una chance cerca di convincermi che sei almeno simpatico».


Insomma, è l'occasione d'oro per tutti i maschi se non altro per passare un quarto d'ora con una ragazza che vi darà tutta o quasi la sua attenzione, fingendo al meglio che gliene importi qualcosa. Moltiplicate il tutto per oltre 50 agenzie e alla fine se non è un piccolo harem poco ci manca. Poi lo sapete che è il pensiero che conta e di quello vi dovrete accontentare.


Consolatevi: se non altro non vi è costato come quelle quattro banali chiacchiere che fate nei locali quando per avere la sua attenzione vi tocca offrirgli da bere e la Lei di turno passa dalla bottiglia d'acqua naturale al Mojito da 8 euro, cogliendo la palla al balzo che manco Michael Jordan in «fly» era capace di fare.


Quindi siete lì, nell'agenzia, ben vestiti, con questa teenager che sembra uscita da un provino di Penthouse o “barely legal” e che vi guarda, vi sorride quasi comprensiva, e ad un certo punto con mossa sperimentata vi sottopone un foglietto di carta cioè la dichiarazione dei diritti umani del lavoratore: il curriculum.


Si proprio lui!


Quell'oggetto fra il mitico ed il mitologico che vi scervellate per compilare nel modo migliore: né troppo lungo né troppo corto, con o senza lettera di presentazione, in formato europeo o meno.


Manco doveste imparare a giocare a scacchi!


Lei invece vi da quel rettangolino prestampato dove non c'è nemmeno lo spazio per una posta elettronica troppo lunga e vi dice di compilarlo. Poi se ne va.


Mediamente ci metterete 15 minuti, se vi sbagliate o lo volete correggere, quando glielo dite quasi sempre la signorina vi replicherà «non ha importanza».


E' gratificante sentirselo dire. E' un modo come un altro farvi capire che la tavola è già apparecchiata ed i posti assegnati.


A questo punto vi farà qualche domanda tipo che ambizioni lavorative avete o che tipo di contratto volete. Insomma roba seria, per professionisti, gente che non a caso lavora nelle «risorse umane» e certamente avrà fatto una riunione per decidere questo approccio conoscitivo. Se questa gente la prestavamo alla Cia, Bin Laden lo avrebbero trovato in poco meno di una settimana.


Dopodiché è tutto finito.


Il vostro curriculum sarà inserito nel database: questa entità sconosciuta, una via di mezzo fra il vitello d'oro e il grande fratello di Orwell.


Da quel momento in poi potete solo aspettare la telefonata.


In alcuni casi invece, siccome c'è la ricerca di un profilo in essere, se volete partecipare alla selezione, allora vi candidate. Siccome queste ragazze hanno tanto lavoro da fare, lo potete fare solo on line. Internet del resto ci ha migliorato la vita, cosa vi credete? Potete (o meglio dovete) inviate la candidatura comodamente seduti davanti allo scatolone telematico domestico o in una biblioteca pubblica. Poco importa se sembrate pescatori che non hanno mai visto un pesce in vita loro e pensano che il branzino sia una divinità Indù.


Le selezioni sono stupende: non sapete chi è il mandante, come si svolgono, e quali saranno gli esisti.


In altre parole avete più informazioni utili sui numeri che giocate al superenalotto.


Se provate a protestare non siete più simpatici e come tali vi siete giocati la pagnotta al primo round: ko tecnico e arrivederci alla prossima volta.


Mai mettere in discussione il lavoro di questi «recruiters».


Ebbene si, loro si chiamano con una parola importata direttamente d'oltremanica.


Già quando il termine è in inglese solitamente la fregatura è in agguato. Vengono subito alla mente i professionisti della finanza creativa che usavano tutte queste sigle e queste parolone angloamericane per fregare tutto e tutti.


Il termine anglosassone infatti suggerisce professionalità e competenza.


Poco importa se poi la selezione è su mandato dell'impresa Officine Pozzi, il titolare della quale parla inglese limitatamente ai nomi dei giocatori di calcio della Premier League e se gli si dice: “sono un «recruiter»” ti risponde: «non mi interessano le offerte commerciali».


Il recruiter non è soltanto all'occorrenza un gran gnocca, no è anche una persona seria. Insomma non è mica come Rosy Bindi, più bella che intelligente.



Questo sistema è così elastico che non ci sono alternative. Il classico prendere o lasciare. Non vi resta quindi che prendere un pò di vasellina per soddisfarvi nel modo meno doloroso possibile.


Ogni tanto poi, la ragazzina di turno non è nemmeno Italiana. Quindi arrivi tu con una laurea, quarantaquattro master, corsi di lingue, superkazzole varie e stai lì a guardare questa che non riesce nemmeno a coniugare il congiuntivo o che magari mentre gli parli squilla il telefono e risponde a qualcuno in una lingua che tu credevi morta da qualche secolo.


Ma che cosa fanno esattamente questi semidei dei «recruiters»? Su Facebook o Linkedin hanno migliaia di contatti, roba che se pubblicano un post con scritto «vado al bagno» trovano centinaia di persone disposte a mettere mi piace.


Le persone che dovrebbero trovarti un lavoro passano le giornata ad inserire curriculum on line.


Un compito difficilissimo.


Occorre una precisione pazzesca.


Nemmeno un missile Patriot svolge un ruolo così difficile.


I «recruiters» escono da queste agenzie stremati dopo una giornata di lavoro veramente massacrante. L'INPS ha già proposto i pellegrinaggi a Lourdes, ed è in arrivo una manovra bis per lo sgravio fiscale, qualcuno vorrebbe aiutarli perlomeno dandogli una pensione parametrata a quella del Presidente della Corte Costituzionale. Ci sono delle Onlus che si sono proposte dopo la “spesa amica” a casa di chi non arriva a fine mese (cioè gente iscritta da 10 anni alle agenzie del lavoro) di portare ai “recruiters” delle creme corpo, del gommage, dell'acqua purificante, insomma qualcosa di più del caffè.


Ultimamente poi c'è un pò di crisi e qualche agenzia ha avuto dei problemi. In pratica c'è il rischio che i “recruiters” debbano cercare a loro volta lavoro.


Per questo le agenzie devono dimostrare di essere utili e l'unico modo è dimostrare di avere tanti iscritti.


Guarda caso di tanto in tanto escono queste selezioni che cominciano tutte con «prestigiosa società» o «importante società» o «gruppo» addirittura «primario istituto di credito». 

La cosa sorprendente è che queste selezioni, di cui più o meno si hanno le stesse informazioni circa l'attuale stato d'esplorazione del suolo marziano, riguardano soggetti di quelle fasce più disoccupate possibili e immaginabili. Cioè i portatori sani di lauree che più generaliste non si può. Tipo giurisprudenza. E improvvisamente tu sottoposto e infelice vedi il miraggio dell'ufficio legale della multinazionale o della banca. Le poltrone in pelle umana, le piante di ficus, l'acquario dei dipendenti.


Tutto lì: a portata di mano.


E allora tu provi.


E la società del lavoro che quasi sempre bandisce una selezione del genere all'anno, si trova con qualcosa come diecimila curriculum in più.


E tu invece, caro il mio Antonio La Quaglia sei lì come un ebete, come quando cercavi di recitare la poesia delle scuole elementari. Senti un dolorino alle natiche, quell'impercettibile difficoltà a stare seduto come se ti ci volesse un cuscino sotto e ti ripeti silenziosamente, come diceva il Principe di Capri: «ccà nisciuno è fesso».



Articolo a cura di Marco Solferini

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domenica 21 aprile 2013

L'editoriale apocrifo di Marco Solferini: "Confessioni peccaminose di una pasionaria della politica".

 L'EDITORIALE APOCRIFO di MARCO SOLFERINI

"Confessioni peccaminose di una pasionaria della politica".



Stamattina, quando mi sono svegliata, il mio primo pensiero è andato alla suoneria del mio cellulare. La dovevo assolutamente cambiare la sera prima, poi ho voluto telefonare a un amica, troppo cara e gentile per farla aspettare fino a domani.

Dopo, c'è scappata una doccia.

Si lo so che è un cliché, avrei dovuto farmela prima, ma il pettegolezzo mica aspetta: stagiona come un formaggio e perde in allegria e anche un pò in fantasia.

Ecco, poi mi hanno portato la cena in camera, perchè di andare fuori con i colleghi non se ne parlava proprio: lo zoo mi piaceva da piccola.

Inoltre, adesso sono vegana, perciò detesto tutto ciò che anche solo lontanamente significa far soffrire gli amici animali. Anche gli insetti ben inteso, perché la gente pensa subito al gattino o al grazioso “beagle”, ma io piango per le mosche, mi commuovo per i millepiedi e mi spoglierei più di una Femen per salvare un povero bruco.

Roba che se nascevo in Tibet diventavo il primo Dalai Lama donna.

Insomma, la doccia me la sono fatta dopo i convenevoli, poi la cenetta che ho rigorosamente fotografato con il mio I-phone, e ho condiviso con Istagram su Facebook affinchè mi gratificassero con un 150 «mi piace».

E' la mia personale ninna nanna cibernetica, tipica degli informatici argonauti moderni.

Se non capisci cosa intendo non ti preoccupare, in fondo capita lo stesso anche a me, però suona bene e ho imparato che a non essere capiti, a volte si corre pure il rischio di venir considerati originali. Che è una gran bella pubblicità.

Comunque la mia serata è stata così, poi siccome di maschi in giro non ce n'erano mi sono concessa un orgasmo via Twitter postando una frase troooooppo intelligente, praticamente una via di mezzo fra «volemose bene» alla romana e un discorso di Ban Ki-Moon sui diritti umani.

Sarei stata la copywriter di Nelson Mandela o Martin Luther King se fossi nata qualche decennio fa.

Però, quanto è difficile farmi capire! Perché io “sono d'un altra” e mica sto parlando di un rapporto a tre.. noo, mi riferisco alla generazione cui appartengo. Partiamo dalla fine “noi”, perché gli altri sono tutti morti viventi, peggio che in “walking dead” e ha ragione il nostro leader: “il nuovo siamo noi”.

Anche il mio albergo per esempio, cosa credete? A Roma ci devo venire no? Mica però me ne sto come faceva il Bettino nazionale del socialismo all'Italiana, in un 5 stelle di lusso. Le mie di stelle partono dal basso, abbiate pazienza: voglio risanare il bilancio io!!

Così insomma ho difeso la mia immagine di “politically correct” sui social network e mi fanno ridere quelli che si pagano le agenzie per la comunicazione.

Altro che pubblicitari: meglio un blog e se mi girano mi faccio un profilo su “Flickr” e un “About me” da mettere sui bigliettini “Vistaprint”.

E sul retro ci stampo pure il calendario ecocompatibile.

Volete sapere chi sono?

Ma sono io! L'onorevole di oggi.

Niente baffetti neri stile Stalin o crapa pelata alla Mussolini, no io preferisco la mela della Apple, che poi le frasi di Steve Jobs me le sono imparate a memoria meglio delle poesie del Carducci.

Altro che i capelli bianchi di quelli che fanno la riforma delle pensioni, mentre loro cominciano la c.d. 5° età, no, niente gobbe o partiti dell'amore.

La vera secessione per me l'hanno fatta gli mp3.

C'erano una volta i valori. Quelli vecchi e impolverati che erano un pò arroganti perché pensavano che non sarebbero mai passati di moda. Quelli che, per inciso, tutti violavano solo per potersi costernare, pentire e ricominciare daccapo perché perdonare era considerato un atto di coraggio tanto quanto «farlo» senza protezione rasentava il peccato capitale.

Quei valori lì oggi non ci sono più.

Servono solo ai giovani ruffiani che sono degli scultori delle natiche altrui tanto sono abili a leccare il posteriore. S'inventano casti e pii per piacere al capo e poi si fanno dei viaggi che manco fossero l'Enterprise.

Io invece, sono la generazione che non ti aspetti, quella più inkazzata tanto per capirci.

Perché ci avete raccontato che eravamo belli, bravi e buoni. Che saremmo stati gli eredi della felicità: cresciuti con tanta di quella dolcezza che probabilmente soffriremo tutti di un diabete precoce. E poi? Scusate tanto, ma abbiamo bluffato. Vabbè che va di moda il Texas Hold'em, ma per favore, un pò di serietà. Mica potevate pensare che ci saremmo accontentati del divano quando ci avevate promesso le “Mille e una notte”.

Perciò eccomi qua, sullo scranno più importante.

Adesso dovrete confrontarvi con i miei di valori.

Non quelli di Borsa o immobiliari ben inteso, di questi ce n'è sono ancora abbastanza, perlomeno in circolazione. Ma sono più deboli della vecchia Lira ed un fregatura peggiore dell'Euro.

No, mi riferisco a quelli meno miopi, che soffrono semmai di una cecità apparente. Quelli cioè che appartengono a quel microcosmo tanto caro ai sociologi e agli psicologi: le c.d. Persone: l'homo sapiens erectus, l'animaletto a due zampe, i portatori sani di questa epidemia di pensiero, ideali, parole. La specie in via d'estinzione che crede ancora nella felicità.

Quelli che dopo ogni fregatura si chiedono che fine abbia fatto la cara vecchia stretta di mano che come si diceva una volta, é solida come una quercia.

Oggi semmai potremmo definirla ridotta ad un ramoscello d'ulivo, un pezzetto di rosmarino o magari semplicemente a una fogliolina di salvia.

Non te la da mica più nessuno quella stretta lì, semmai la trovi a fine messa o te la offrono le hostess on demand di Fastweb in mezzo alla strada, ma mica per scambiarci un segno di pace eh.

I valori, come li conoscete voi, si sono consumati, un pò come quelle donne che si mettono un dito di crema abbronzante per trasformare due giorni alla piscina comunale in una settimana alle Maldive. Tanto in fondo il sole è pur sempre lo stesso.

Quando hanno finito, queste belle olandesine delle spiagge mancate, quelle che si sono fatte il viaggio più importante della loro vita sulle copertine patinate delle riviste di moda, mentre stavano sedute dal parrucchiere in attesa di una mise adatta al fine settimana con i soliti noti, queste giovani Bridget Jones, si staccano dal lettino e scardinano la pelle che gli è rimasta che nemmeno Rocco Siffredi riuscirebbe ad aprirle in due in quella maniera.

Sono loro le mie votanti.

Le donne cerniera: un nuovo supereroe Marvel usa e getta, adatte all'occorrenza, spendibili in ogni occasione, l'equivalente del “money transfer”.

Solo che non glielo devi dire altrimenti si risentono, perdono in originalità e per recuperarla ti manderebbero a quel paese senza nemmeno passare dal via.

Meglio fargli credere che sono uniche ed irripetibili, che basta un voto di protesta qua, quella benedetta X che il vostro fidanzato o il marito di turno ha sempre preferito mettere sulla squallida schedina dell'altrettanto patetico sport nazionale, basta questo e da domani: tornate padrone di voi stesse.

Io sono meglio persino di Cetto Laqualunque perché gli prometto di vincere la prova costume impegnandosi solo con il pensiero.

Sono come la Fede: non è che non mantengo le promesse, semplicemente le mie, di promesse, non hanno data di scadenza.

E allora: viva il femminismo delle donne cerniera.

Noi movimenteremo il Mondo.. un passo alla volta però.

Del resto che cosa pretendete. Le ultime avanguardie femministe del Parlamento Italiano sembravano uscite dallo speciale estivo di Playboy.

Le portavano in giro come i valori bollati, affaristi con la panciera per il mal di schiena che camminavano ondeggiando sudaticci con sguardo serio alla Tony Soprano, e queste signorine al seguito, come fossero i barboncini di razza, le puledre per la prima monta dello stallone.

In Parlamento facevano la loro bella figurina.

Con ambiti firmati, ma non troppo, quelli cioè che mettono la griffe in modo quasi pudico, come se non si dovesse giammai vedere che si tratta di Hermes o Armani, o che quella sciarpa è Loro Piana. No per carità, allontanate il sospetto che il braccialetto sia di Cartier o l'orologio reciti la firma Bulgari.

Ma cos'è mai tutto questo sfarzo? Voglio dire, mica vengono tutti dall'Olgetta.

In fondo tutte abbiamo fatto un provino un po' di tempo fa, del resto: «chi non vuole fare l'attrice?» Sarebbe un pò come chiedere a qualcuna se non volesse conoscere Brad Pitt o uno dei protagonisti maschili di Twilight. Per inciso, sarei stata un ottimo vampiro.

Perciò eccomi qua, sono Onorevole mica Cittadino qualunque.

Lascia stare come mi chiamano i giornali o gli amici. Se permettere un Senatore è tale in giacca e cravatta, ma pure con i boxer al mare.

Volete sapere quanti me ne sono portata a letto? Beh.. un numero rilevante, ma in fondo James Bond ha fatto di peggio.

Solo che io non sono una cinquantenne rifatta che usa il fondotinta come fosse un drogato in astinenza e nemmeno me ne vado in giro a protestare davanti ai Tribunali.

Poi cosa pretendete, voi moralisti benpensanti che andate in Chiesa la domenica, dopo esservi preso un caffé per non addormentarvi sulle panche come barboni dopo un cicchetto. E pregate più che altro che non si vengano mai a sapere i vostri cattivi pensieri, quelli che biascicate al prete, dopo esservi guardati intorno per sincerarvi che almeno il confessionale sia ancora un luogo discreto.

Vi aprite tentennando come un brufoloso quindicenne davanti all'equazione di matematica.

Voi saresti abili e arruolati a giudicarmi? Ma se vi fate venire il torcicollo quando camminate per strada a furia di voltarvi a guardare tutte le scollature. Avete lo sguardo a mezz'asta per ogni minigonna che vedete passare e vi girate al rumore dei tacchi immaginandovi una bella Belen che in quei cinque secondi di voyeurismo riscatti la vostra immaginazione peccaminosa di serie C. Poi ve ne tornate dalla praticante o dalla stagista, insomma, alla solita routine, fra la commessa, la barista e la vicina di casa. Voi vorreste fare la predica a me.. ma per favore!

Vendereste molto più delle parole che avete da offrire per essere accettati fra i bradipi vostri simili.

Per avere quell'eccesso di notorietà che si chiama narcisisticamente protagonismo.

Io l'ho avuto. Eh si cari perenni immaturi, ma avevo 15 anni, scusatemi se è poco. Ho preferito guardare bene l'orologio biologico, prima di scoprire che ero troppo vecchia per raggiungere il minimo sindacale.

Accontentatevi quindi dei volantini promozionali, delle gag alla televisione in prima serata, dei porno a noleggio e delle prime visioni con le patatine prese in offerta al supermercato.

Io invece son qua, forse parlo al telegiornale con il gergo del calciatore e faccio dei bei monosillabi.

Però, adesso tocca a me prendere il timone di questa nave alla deriva.

Fare qualcosa che cambierà il Mondo.

Poi, se sarà in peggio poco importa, tanto mi avete lasciato una situazione che fa veramente schifo.

Al limite, se andrà male dirò che è tutta colpa vostra. E che non ci sono più valori, come quelli di una volta insomma.


Articolo a cura di Marco Solferini
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