venerdì 30 dicembre 2011

Dormi per sempre

Dormi per sempre


Dormi per sempre


Autrice: Sabine Thiesler.

Genere: drammatico, giallo.


Magda e Johannes Tillman sono coniugi tedesci innamorati delle collinose campagne toscane, a tal punto che hanno comperato una tenuta denominata “La Roccia”, vicino al paesino di Ambra, non molto distante dalla più nota città di Montevarchi.


Un luogo di riposo, a contatto con la natura, dove il tempo sembra essersi fermato: l'ideale per trascorrere liete estati, lontano dal caos della città e l'assillo del lavoro.


Tuttavia, questa vacanza non sarà la stessa, e nulla tornerà come prima.


Perchè Magda ha scoperto il tradimento del marito, uomo che ama profondamente e con tutta se stessa.


Il pensiero di quella relazione, coltivata furtivamente e in segreto, con una donna molto più giovane, la tormenta e trasforma ogni sensazione, gesto, emozione, in una paranoica rincorsa al tarlo della menzogna.


L'omicidio è l'unica via, per calmare una memoria inquieta.


Addormentare il proprio amore insieme con l'ossessione che ha avvelenato la loro vita.


Il tema centrale è il delitto passionale, l'ultimo atto di una possessione che esige il tragico epilogo e non conosce il perdono.


Ma riuscirà Magda ad ingannare il fratello di Johannes, Lukas, che a sua volta la ama da quando la vide per la prima volta, i genitori del marito, la gente del posto che li conosce?


Sarà una serie di eventi e colpi di scena a trascinare la donna nella spirale di una schizofrenia, alimentata anche dal drammatico ricordo di aver perso l'unico figlio, Thorben, suicidatosi proprio per amore anni addietro.


Il dolore e il risentimento trasformeranno il crimine di una donna tradita in una girandola di morti, finzioni e fraintendimenti, dove si alterneranno, fra gli altri, lo scontento Maresciallo dei Carabinieri, dal fiuto tutt'altro che infallibile la cui moglie, all'opposto, ha un anima da detective e il critico Stefano Trepo, fallito nel suo lavoro e infastidito dalla propria vita.


Nelle intenzioni della scrittrice, il romanzo vorrebbe essere, anzitutto, un elogio al panorama e allo stile di vita delle colline toscane: amabili comunità rurali, ricche di ataviche storie, incastonate come pietre preziose in una campagna fuori dallo spazio e del tempo.


Le sue descrizioni sono attente e certo cordiali, ma di una dolcezza che tutto sommato si risolve in una sintesi di immagini, odori e sensazioni che nulla aggiungono a quanto è già ampiamente noto e conosciuto agli amanti della Toscana.


La narrazione invece, è scomposta giustamente in due parti, la prima, molto più discorsiva e logica, è avvincente e redatta in modo coinvolgente, mentre la seconda, cambia brutalmente indirizzo e allarga il tema di fondo ad un inquietudine figlia del protagonismo di personaggi non primari cui si aggiunge una sorta di commedia noir degli equivoci che ruota attorno a dei personalismi egoistici e comportamenti poco plausibili dei protagonisti.


Il risultato sono forse un centinaio di pagine di troppo, che pur non essendo una vera e propria nota stonata, forse avrebbero potuto essere riassunte e rivisitate in maniera meno maniacale compulsiva.


Ciò che purtroppo non coglie nel segno è l'assenza di un pathos costruttivo, in quanto il lettore più avveduto probabilmente comprende già parecchie pagine prima della conclusione quale sarà il finale e questo trasforma la lettura in una sorta di certificazione di tale attesa che, al suo arrivo, decade dall'originalità dell'idea di fondo, alla banalità espositiva, che in buona sostanza l'anticipa e per effetto la rende fin troppo scontata.


Il miglior pregio della stesura lo si ricava invece, dalla rapidità dei capitoli: brevi, succinti, pragmatici e ben organizzati, dotati in particolare, di una buona alternanza fra elementi descrittivi e dialoghi ben realizzati e convincenti.



“Dormi per sempre” è un romanzo discreto, da consigliare sopratutto a coloro che amano il genere dell'omicidio passionale, come conseguenza del tradimento, tema centrale della narrazione, che domina e giustifica l'amore che non perdona e non dimentica.


Marco Solferini

Il giocatore occulto

giocatore occulto

Il libro è stato gentilmente offerto dalla Libreria

MONDI NUOVI

Dove i Libri e i Fumetti diventano.. da collezione!

Libreria Mondi Nuovi: da oltre 30 anni il luogo giusto
dove trovare tutto l'usato per Libri e Fumetti, a Bologna e Provincia
* * *

 
Il giocatore occulto



Autore: Arturo Perez-Reverte

Genere: narrativa, avventura, storico, drammatico.


L'anno 1811 d.c., per la città di Cadice, è stato un anno di guerra e di passioni.


La città è stretta d'assedio dalle truppe francesi di Napoleone, ma è anche uno dei più fiorenti porti d'Europa, immensamente popolato, da uomini e navi: da storie di altri tempi e destini lontani.


Il crocevia dell'eternità, dove il fato sembra essersi smarrito fra le vie, i tetti, le strade, le piazze, l'odore salmastro nel vento che porta il verdetto lontano del mare.


E' il luogo dove veglia la magia persuasiva delle antiche pietre dei palazzi e delle mura, che trasudano il sangue della vita: i ricordi.


Arturo Perez-Reverte è un romanziere il cui stile, educato e colto, ha appassionato milioni di lettori.


Abilissimo nel saper raccontare le sue storie, attraverso espressioni che centrano la descrizione degli eventi.


E' un Autore di spessore giacché i suoi scritti hanno sempre il taglio del romanzo epocale: l'impronta evidente di una scrittura intesa come forma d'arte che lasci qualcosa di sé, oltre il mallo della narrazione.


Nella Cadice di Reverte, non si muore solo per via della guerra.


Cadaveri di giovani donne, orribilmente martoriate, straziate nella carne dalla frusta, gettano un ombra sinistra e assassina sulla città; un enigma per il commissario Tizon, uomo rude, il cui confine con la legalità è una sorta di spontanea apparenza, con la quale è obbligato a convivere.


Ufficiale risoluto, che domina il proprio territorio attraverso la paura dei metodi “persuasivi” di cui dispone.


L'assassino cui da la caccia però, è un “giocatore occulto” che ha creato in Cadice una sorta di scacchiera, dove ho cominciato a muovere i suoi pezzi.


Un inquietante quanto misterioso legame accomuna le vittime: gli omicidi sembrano consumarsi dove colpiscono le bocche di cannone dell'artiglieria francese.


Quella gittata storpia, figlia fedele di un arte della balistica applicata alla guerra, che fa impazzire l'ufficiale francese Simon Desfosseux, costretto a ubbidire agli ordini, seppure consapevole che i loro bombardamenti sono inutili e ridicoli, data l'incapacità di centrare il bersaglio: un metallo inadeguato, una gittata impossibile.. questione di obici!


Per l'ufficiale d'artiglieria francese, Cadice è sempre là, così vicina eppure irraggiungibile: meravigliosa e sorniona, come un gatto che ha guadagnato una postazione dove sa di non poter essere toccato e osserva quindi il suo avventore, con atteggiamento di sfida e di pacifica consapevolezza.


Le bombe francesi, spesso, non esplodono nemmeno e la guerra sembra una formalità destinata a diventare parte integrante del paesaggio.


Nel mezzo di questa contesa: un audace corsaro, un ereditiera armatrice, e un imbalsamatore misantropo intrecceranno i loro destini: storie ricche d'avventura, passione, speranze e determinazione.


In questo scenario, dove la storia sembra essere padrona indiscussa l'Autore si profonde in dettagliate spiegazioni sull'arte della navigazione marittima.


Rispetto ai precedenti scritti di Reverte troviamo una minore concentrazione dell'analisi conoscitiva storica dei particolari e i dettagli sono spesso sviscerati attraverso i personaggi secondari, a mezzo dei quali, il lettore materialmente entra a far parte della scenografia.


La grandiosità passionale, tipica di questo Autore, riesce a trasferire una componente emotiva che si esprime maggiormente nell'analisi psicologica dei personaggi, alcuni dei quali, come l'armatrice Lolita Palma, ricalcano i crismi tipici dei protagonisti della letteratura secondo Reverte



Ne “Il giocatore occulto”, rivediamo la sintesi descrittiva che permette all'Autore di seguire il doppio binario della narrazione e della descrizione.


Un omaggio contemporaneo al romanzo storico d'avventura, dove si alternano atmosfere noir, fra il thriller e lo spionistico, e dove la passione si mescola all'azione.


Il risultato è una narrazione avvincente, carica di descrizioni e appassionanti variabili, che condurranno il lettore verso un finale tutt'altro che scontato.


Marco Solferini

Io confesso

grisham confesso
Io confesso

Autore: John Grisham

Genere: legal thriller


Io confesso” è l'ultimo legal thriller del maestro indiscusso di questo genere: John Grisham.


Come nelle sue precedenti opere, la narrazione che l'Autore offre, è centrata sui personaggi: veri e propri punti di vista focali e protagonisti dell'agire a 365° gradi dell'azione.


In questo caso, sono quattro e appartengono a categorie e ceti sociali fra loro molto distanti, ma tutti accomunati dal filo conduttore di una trama ricchissima di colpi di scena e scandita al cardiopalma.


Un ritmo incalzante, simile ad un crescendo Rossiniano, che accelera con lo scorrere delle pagine.


Travis Boyette, è un criminale da tutta la vita.


La metà dei suoi giorni l'ha trascorsa in diversi penitenziari, reo colpevole di innumerevoli crimini a sfondo sessuale.


E' un uomo meschino, consapevole della sua natura infima e grottesca.


Rassegnato al fatto che la società civile vuole emarginare le persone come lui perchè pericolose, vissute per quel genere di mostri innominati di cui tutti vorrebbero fare a meno.


E' uomo destinato a morire, per via di un tumore maligno che non solo lo ucciderà senza possibilità di scampo, ma lo farà soffrire, in modo atroce, fino all'ultimo respiro.


In questo Travis coglie una sorta di macabra ironia, come se si trattasse di una punizione che ben sa di meritare, per via della sua oscena esistenza che ha riservato dolore e sofferenza ad altri innocenti, eppure, quale ultimo atto di un gelosa ipocrisia menefreghista, per quanto si sforzi, egli non vuole accettarlo.


E' un uomo cattivo, che conosce della sua malvagità e che sa della sua inevitabile fine.


Ma è anche un uomo con un segreto.


Perchè Donté Drumm è un giovane di colore nel braccio della morte, accusato di aver stuprato, ucciso e fatto sparire il cadavere di una sua giovane amica, e, secondo Boyette è innocente.


E' così che l'uomo cattivo, che non ha nulla da perdere, decide di rivolgersi al reverendo Keith Schroeder, confessando il suo segreto e rimettendo quindi la vita di Drumm nelle mani di un fato perverso, diviso fra due schieramenti di persone: coloro che non permetteranno una morte ingiusta e quanti invece sono disposti ad accettarla.


Infatti, Donté è stato oggetto non solo di un indagine, ma anche di un processo, una raccolta di prove, di fatti, eventi e circostanze che, seppure criticabili o alterabili, hanno ricostruito il puzzle necessario e sufficiente al sistema giudiziario, per decretare la sua colpevolezza: sopratutto hanno prodotto quel “di più” che ha sentenziato la pena di morte.


Tutto ciò grazie a persone che sanno, o quanto meno immaginano, la non assoluta certezza delle prove, eppure sono disposte a non ritrattare: assuefatti all'idea di accettare che un giovane deve morire per aver ucciso una donna, il cui corpo non è mai stato ritrovato.


L'ultimo difensore di una disperata serie di appelli e ricorsi è l'Avvocato Robbie Falk, un mastino delle cause perse, della lotta ad oltranza in difesa dei deboli, per fedeltà a un ideologia alla quale ha sacrificato tutto, dalla vita privata al patrimonio.


Un uomo in perenne conflitto con se stesso, che ha trasformato l'attività forense, il suo essere Avvocato, in una sorta di crociata avverso un nemico invisibile, ma letale: l'ingiustizia.


Un avversario che il lettore scoprirà, gode di potenti alleati quali la superficialità, indifferenza e la presunzione arrogante di un sistema giudiziario, che cerca temerariamente di usare la pena di morte quale arma di dissuasione per i criminali, ma della quale si scopre, esso stesso, schiavo e per molti versi ostaggio.


Il libro di Grisham, come sempre puntuale nella descrizione ordinata e meticolosa dei contenuti legali, è anche un viaggio allucinogeno nell'universo della condanna a morte.


L'istituzione in quanto tale rivela la sua camaleontica denominazione di pena, laddove convive in un concubinato lussurioso con la superbia di un giudicato che va oltre l'applicazione della legge, decadendo nell'iracondia punitiva e repressiva.


La pena capitale è lo sterminio ideologico di un concetto di civiltà basato sulla Legge, è l'annientamento definitivo di ogni forma di perdono garantista.


Rappresenta l'assurda “coperta di Linus” che viene offerta alla coscienza popolare, per sedare la paura del crimine con una medicina peggiore del male, e tale somministrazione avviene in nome del perbenismo e del paternalismo.


Sostanzialmente, si tratta di un ammissione implicita di grave incapacità persuasiva e gestionale, esercitata attraverso il potere legislativo, che viene paradossalmente svuotato e rinunciato, da quella che è, a tutti gli effetti, semplicemente una soluzione finale.


La pena di morte è il sintomo di un malessere che parte dalla sconfitta della giustizia e che non può, per effetto e conseguenza, considerarsi una sua emanazione.


Ma nel romanzo è principalmente un gioco perverso, in quanto la ricostruzione degli eventi dimostrerà come bastino degli indizi a fare un colpevole e una volta messa in moto, la macchina persecutoria, basata sui luoghi comuni e sui tanti silenzi omissivi che flagellano una giustizia imperfetta, a differenza di quanto suppone la pubblica opinione, difficilmente si potrà fermare.


L'esecuzione diventa quindi una mostruosità dotata di vita propria, che si autoalimenta e si fa beffa di ogni rimedio falsamente garantista.


L'Autore è abilissimo nell'attribuire ritmo serrato ai dialoghi, ottima capacità cognitiva e descrittiva alle circostanze e iterazioni dei protagonisti, sempre molto realiste e plausibili.


La sua genialità è quella di riuscire a costruire una scacchiera, all'interno della quale predilige un ritmo incalzante, serrato, incardinato tanto sulla concettualità, quanto sull'umore della storia, che scivola penetrante nel lettore, coinvolgendolo in prima persona.



Io confesso” è un legal thriller molto ben costruito e organizzato, dotato di una narrazione veloce, che propone una corsa contro il tempo per salvare la vita di un uomo innocente, al ritmo di rovesciamenti di fronte e colpi di scena, per un indagine che non sarà qual che sembra fino a quando non sarà rivelata la verità sconvolgente che lascerà il lettore senza fiato.


Marco Solferini

Il cimitero di Praga

Il cimitero di Praga
Il Cimitero di Praga


Autore: Umberto Eco

Genere: avventura, storica, azione, drammatico



Il cimitero di Praga” è un ottimo romanzo d'Autore, che segna il ritorno sulla scena internazionale del Professor Umberto Eco, indiscusso Maestro della letteratura contemporanea, nonché uno dei più noti ed apprezzati letterati Italiani sulla scena internazionale.


Il grande palcoscenico della narrazione è rappresentato dalla seconda metà del 1800, prevalentemente in Francia, ma anche Italia, Prussia e Russia: un epoca storica che reclama a gran voce la coesistenza di innumerevoli fattori che vanno dalla ricerca scientifica, all'indagine esoterica, dalle grandi rivoluzioni, alle contrapposizioni fra movimenti religiosi e massoneria.


Un periodo intenso, concentrato, ricchissimo di “storia” che, forse, nell'ambito dell'insegnamento, secondo i crismi della pubblica istruzione, non è stato, per diversi decenni, onorevolmente raccontato ai giovani, in quanto compassato e un po' avvilito in quei programmi scolastici, che lo collocano fra l'irrinunciabile 700 e ovviamente, quel 900 che, con due grandi guerre, assorbe molta della storia appresa sui banchi della scuola.


Eppure, la seconda metà del 1800 è il perno focale per capire gli eventi di oltre un secolo.


Si gettano le basi dell'indagine scientifica, della medicina, della farmacologia, dello studio neuropsichiatrico, le menti dominano il pensiero ed il libero arbitrio porta a interrogativi che spaziano in ogni dove.


La civiltà delle idee.


E' il periodo dell'unità d'Italia, dei gloriosi 1000 di Garibaldi, è l'epoca del Cavour, del Ré Vittorio Emanuele, del Crispi e La Farina, dell'Italia divisa fra i moti rivoluzionari Mazziniani e carbonari, l'ombra dilagante dei Gesuiti e la Massoneria.


L'Europa è attraversata da correnti letterarie, artistiche, esoteriche, che ne cambiano non solo virtualmente, ma anche fisicamente e geograficamente la propria immagine, trasformando le credenze in dogmi, distruggendo ideali e reinventando teorie di ogni sorta, fino a trasformare i salotti buoni della critica e dell'indagine in un crocevia impressionante di idee e di opinioni.


E' il periodo in cui si afferma il potere della carta stampata. La sua prepotente e possente capacità di persuasione e di coinvolgimento.


E' il tempo delle leggende, che prendono forma attraverso i grandi conflitti ideologici, che preludono a quelli che poi apparterranno alle forze armate. Ed è anche il tempo dei servizi segreti.


Questa è la cornice della storia del romanzo: l'ambientazione.


In quel di Parigi, sul finire del secolo XIX si sveglia il Capitano Simone Simonini, ormai anziano piemontese, trapiantatosi a Parigi, in quel di Place Maubert, che di professione è notaio, ma sopratutto contraffattore e falsario di basse virtù e buona sostanza (intesa in termini di guadagno).


E' un personaggio immaginario che ha perso se stesso o meglio, lo ha sdoppiato!


Simonini infatti, divide il suo tempo o meglio un giorno sì ed un giorno no, ivi compreso un appartamento comunicante, con un alter ego, niente di meno che tale Abate Dalla Piccola.


Chi dei due esiste veramente e quale invece è l'invenzione, parto della mente?


Quale evento o vicenda ha fatto sì che si provocasse questo sdoppiamento?


Sono domande che otterranno una risposta quando il Capitano deciderà di tenere un diario dove ripercorrere la propria vita, che sarà anche la testimonianza di un esistenza incredibilmente avventurosa.


Il Simonini infatti, proietterà il lettore in quel 1800 fatto di grandi personaggi che egli conoscerà, lavorando ufficiosamente come notaio, ma segretamente come spia, al soldo spesso degli episodi, più che dei suoi committenti.


Una gloriosa e rocambolesca girandola di eventi che lo vedranno attore dietro le quinte, ispiratore e spesso anche vero e proprio fautore dei principali eventi su scala mondiale.


Un individuo abietto, mosso da pregiudizi profondamente negativi avverso gli ebrei, che culmineranno niente di meno che nella redazione dei Protocolli di Sion, da lui originariamente concepiti come i Procolli Praghesi del Cimitero.


L'avventurosa vita del Simonini lo porterà a contatto con personaggi noti o meno, al grande pubblico, la cui storia egli influenzerà, con un senso magnetico e pragmatico del dovere e del tornaconto.


In un opera di pura fantasia, gli eventi storici trovano una loro collocazione e un divertente senso di ambiguità, convivente con il luogo comune.


Il lettore, oltre che godere di una stesura dotta ed erudita, cordiale e umoristica, troverà un incalcolabile numero di citazioni a fatti e circostanze realmente verificatesi.


Una narrazione dinamica, coinvolgente, che non rinuncia al pensiero prolisso come fonte di monologo espositivo e riflessivo, in quell'autogestione ordinata della trama che trasforma il romanzo in un puzzle di colpi di scena e avventurose scoperte.


Pregiatissime ed assai apprezzate le nozioni di buona cucina, di cui il testo è abilmente ricco.


Altrettanto intuitive, nell'abile ricostruzione particolareggiata, sono le situazioni descritte, come la messa nera dai contenuti luciferini e diabolici estremizzati, frutto di un evidente e corposo bagaglio nozionistico che l'Autore ha accumulato in tanti anni di studio e apprendimento.


L'opera nel suo complesso è assai piacevole e godibilissima, laddove pur non rinunciando al suo carattere sapiente non ne estremizza i contenuti e come tale riesce ad essere originale, per quanto incredibile possa apparire che un solo uomo sia il motore ispiratore di così tante vicende.


In questo, cioè nell'autogiustificazione referenziale e dogmatica dell'irrazionale, c'è un paradigma che appartiene più spesso al mondo dei Fumetti piuttosto che a quello dei Libri, in quanto a credibilità e accettazione di paradossi quasi impossibili.


Una menzione a parte meritano invece i capitoli legati alla figura di Leo Taxil, forse il meno conosciuto dal grande pubblico, ma a suo modo illustre personaggio, presente nel romanzo.


Costui, in realtà, è Autore di un testo: “I misteri della Massoneria” che in Italia è da poco approdato in un edizione ricca di note e commenti, con pubblicazione datata Aprile 2010 e che gli è valsa, ormai da tempo, l'accredito di best seller.


In buona sostanza, si tratta di un Massone che, espulso dall'Istituzione d'appartenenza, rivela l'attività massonica, dall'ingresso nella Loggia, finanche alla ritualistica e ad innumerevoli altre prassi, considerate segrete dalla Frammassoneria.


Un personaggio controverso, dapprima anticlericale, poi antimassone che più che altro è noto alla storia come ambiguo e da molti considerato uno spregevole avventuriero del malaffare.


Fu l'inventore della Massoneria Palladiana cioè occulta e fortemente influenzata dal satanismo.


Esattamente come il grande Orson Wells creò il celebre scherzo dell'invasione aliena alla radio, questo signore, nel corso di anni e con l'appoggio di numerose correnti cattoliche (in effetti all'epoca il conflitto era in campo aperto fra Massoni e Papato, Taxil fu anche ricevuto dal Sommo Pontefice Leone XIII) mise in scena una grande opera di fantasia.


Estrapolò da elementi certi, quali appunto la vita delle Logge, una serie elementi inventati, quasi tutti diabolici, avvalendosi di recitanti e false documentazioni.


La cosa che sorprese il Mondo fu constatare il credito che ottenne in ambiente ecclesiastico.


Il culmine tuttavia lo portò al grande evento. Una conferenza – spettacolo da tutto esaurito, nella quale Taxil promise le rivelazioni finali e a cui si accompagnò un seguito mediatico tale che capitalizzò l'interesse a tal punto, da essere uno degli eventi più attesi e seguiti in quel teatro che avrebbe ospitato la sconvolgente verità promessa.


Ebbene, di fronte a questo gremito pubblico di primissimo piano, il mistificatore rivela la sua arte e dichiara, come nel più classico scherzo, di aver inventato tutto, di essere un persuasore e, va detto, un ottimo manipolatore.


Sconcerto, sgomento e un vero e proprio putiferio accompagnarono quella che in effetti, ma per un altro motivo, fu una serata di rivelazioni importantissime.


Questo in sintesi chi è l'uomo che viene introdotto nel romanzo di Eco.


L'Autore infatti, insiste particolarmente sulla figura di Taxil, dipingendolo in maniera assai negativa, concedendosi spesso licenze che sembrano appartenere un po' meno al Simonini / Dalla Piccola, quando lo bolla come uno scarso conoscitore della Massoneria, di cui ha appreso molto poco, o ancora quando, pur riportando passaggi del testo di Taxil ne svilisce il volutamente ironico linguaggio che lo stesso volle adottare, riferendosi ai Confratelli.


Ciò che ne fuoriesce è un Taxil truffatore, millantatore, un personaggio poco credibile perchè fondamentalmente miserabile nella sua oziosa e viziosa natura.


Si può affermare che i capitoli su Taxil sono diversi e distinti rispetto agli altri, quasi sganciati rispetto allo stile della trama per come viene raccontata, in altre vicende.


Su un fatto tuttavia occorre precisare, a beneficio del lettore, per cercare di attribuire un senso alla distinzione fra l'opera di fantasia e la ricostruzione storica e bibliografica degli eventi e dei personaggi.


Nel Libro di Eco il protagonista Simonini detesta gli Ebrei, per una motivazione banale e superflua, ma il suo agire è spesso votato a far si che ogni male trovi una combutta con il popolo ebraico, trasformandoli nel capro espiatorio più detestabile dalle masse.


In ciò anche anticipando i tempi, arrivando a usare il peso di quelle parole che, dal sintomo estrapoleranno un male tristemente famoso, quale sarà l'antisemitismo derivante dai c.d. Protocolli di Sion, che altro non sono in questa storia se non un falso d'autore.


L'Autore ci spiega come la realtà, a volte, ha bisogno di credere in qualcosa, anche se bugiardo, purchè essa sia una convinzione che vada oltre la superstizione e abbracci un controverso senso del realismo, affinché cioè si possa pilotare il malcontento delle masse, delle genti, dell'informe calderone che mai cade in prescrizione: l'ignoranza.


Orbene, quando Taxil, nel romanzo, viene sollecitato a raccontare della Massoneria e dei suoi segreti, ovviamente, il Simonini vuole infilarci anche gli Ebrei, in quanto visto che si parla di qualcosa di cospirativo e negativo, nella mentalità del Capitano, dovevano per forza centrare qualcosa.


Il Taxil di Eco dichiara in verità che ben poco avrebbe potuto raccontare sugli Ebrei e la Massoneria in quanto non aveva nulla di così scandalosamente sensazionalista da riportare, tuttavia sappia il lettore che nell'opera originale, Taxil mette in luce un concetto diverso.


Questi infatti, pone subito l'accento, fin dal capitolo relativo all'ingresso in Massoneria, sul fatto che l'interesse dei Massoni per i nuovi arrivati andava per ordine, anzitutto coloro che avevano molti soldi e in seconda battuta chi si interessava, per politica, alla cosa pubblica con la precisazione che, in entrambi i casi, se è pur vero che l'appartenenza religiosa prescinde dall'ingresso stesso nella Massoneria, essendo quest'ultima votata al riconoscimento solo di un Grande Architetto dell'Universo (che in buona sostanza i confratelli possono chiamare come vogliono), è anche vero che, se il candidato era Ebreo godeva di un occhio di riguardo.


In pratica: le religioni sono tutte uguali, ma quella Ebraica, secondo l'Autore Taxil, lo era un po' più delle altre, almeno al fine di facilitare l'ingresso nella Loggia d'appartenenza.


Questo spunto narrativo serve per sottolineare al lettore la fantasticheria della narrazione contenuta nel romanzo in commento, che pur essendo istruito, non ha la pretesa di istruire.


Come tali, i fatti storici devono essere spesso letti, studiati e naturalmente indagati, attraverso il filo conduttore logico e ricostruttivo. Questo ci insegna a distinguere, sempre, la verità dalla finzione, qualunque essa sia.



Il “Cimitero di Praga” è un opera d'avventura e azione, carica di intrighi e sano umorismo. Ricchissima di aneddoti, magistralmente organizzati e raccontati, con uno stile denso di emozioni caratteriali e di una rinascimentale, nonché umanistica passione per l'animo umano e la sua indole: essere il centro della Storia, senza lasciarsi da questa trascinare.


Marco Solferini

L'abbraccio


L'Abbraccio


Autore: David Grossman – Michal Rovner

Genere: Sentimentale, esistenziale.


L'abbraccio” è l'ultimo libro illustrato a firma di David Grossman, una delle più illustri figure contemporanee delle narrazioni per Bambini e Autore di indiscusso pregio di romanzi, dai forti contenuti filosofico esistenziali.


In questo testo, propone un inciso letterario che rappresenta l'amore come un affresco poetico, in quello che potrebbe essere vissuto come la parafrasi di un aforismo.


Il dettaglio esistenziale della solitudine, riassume in sé il concetto della ricerca di un immagine del proprio Io, così sintetica da sfuggire al particolare.


Il gioco sostanziale e per molti versi irrazionale della “scoperta”, combatte il realismo con la logica, abbattendo il primo, laddove la confutazione dell'analisi cosciente di una metafora, attribuisce un senso a quel che usualmente è indefinibile: il calore umano.


La cognizione di essere, comporta una sofferenza, per addivenire all'amore, come il bocciolo prima del fiore o il bozzolo che custodisce la farfalla.


Solo dopo la negazione sorge l'alba dell'accettazione, nel mentre l'amicizia è un aiuto fedele, l'osservazione è la chiave della comprensione e l'incondizionata profondità dell'amore rappresenta l'eterna possibilità, offerta a tutti, per riconoscere l'umana parte dell'affetto.


Così il fanciullo, nel romanzo, prima rigetta la sua natura unica, poi la riconosce nell'amicizia del suo cane, la osserva nella naturalezza delle formiche e infine l'abbraccia nella possibilità di andare oltre, attraverso l'affetto materno.


La solitudine è uno dei mali più sentiti della realtà odierna.


In una società dove le città sintetizzano spesso insiemi pensanti o comunioni di gruppo, organizzati per la crescita dell'uomo, inteso nella sua unicità come fattore della produzione, ma anche, da un punto di vista filosofico letterario sempre più simile ad un brocardo, tanto gentile quanto antitetico.


Il dominio autoreferenziale delle regole, che comprimono e spesso rendono paradossalmente invisibile quella stessa felicità, la cui negazione sembra comportarne un accettazione, più della ricerca che della scoperta in sé, forniscono una dose quasi farmacologica di sofferenza nell'intimità.


Eccoci quindi, all'altare degli eventi, come naufraghi, ben più smarriti e deboli di quanto l'allevamento di pensiero sia riuscito a concepire.. e noi siamo sempre, una parte almeno, fanciulli.


Irrealizzati, reinventati, plagiati, gestatori post parto di una sorta di incoerenza nella lotta all'alveare di pensiero che, giorno dopo giorno, cerca di accomunare le diversità.


L'Autore ricorda al Bambino la sua natura unica e questo lo spaventa.


La paura è il rame dell'elettricità che da la scossa all'Uomo, inteso come principio e fine, come epicentro pensante del libero arbitrio, ma anche schiavo della comprensione, riluttante all'accettazione e, infine, desideroso di quell'unione che renda omaggio al minimo comune denominatore di verità che tutti noi unisce e nel contempo rende diversi: siamo esseri unici, ma distinti.


Le coperte di Linus che la nostra artificiosa e dogmatica realtà ha saputo concepire, sono tante, ognuna di esse offre una risposta di Pirro ad una sconfitta maturata ancor prima della battaglia, perchè quel che spesso spinge i singoli a sposare una causa, è la volontà di spegnersi in qualcosa di grande.


Che sia terrificante o bellissimo non importa, purchè funga da giudice, giuria ed esecutore, nella magnificenza della rinuncia, come spontanea forma di morte vivente, e nel contempo, illusoria rinascita.



L'Abbraccio” è la fiducia che ostenta il metodo, la soluzione più semplice ed efficace, che può essere accettata in ogni dove: sempre e comunque.


Per questa ragione io posso affermare che di liberatoria purezza furono le parole, quando nell'amore riconobbero la verità dell'essere.


Marco Solferini

L'Arca parte alle otto


L'arca parte alle otto


Autori: Ulrich Hub – Jorg Muhle

Genere: Esistenziale


L'arca parte alle otto” è un libro illustrato, avente carattere umoristico esistenziale, il cui sottotitolo “l'esistenza di Dio spiegata da tre pinguini” rappresenta una godibile panoramica metaforica del dogma religioso sull'accettazione.


Un amabile serie di metafore, incardinate in una piacevole retorica dal gusto agrodolce.


Una narrazione ricca di sintesi qualificanti il pensiero umanista, rivisitato attraverso una goliardica serie di eventi.


Il razionale e semplicistico ragionamento dei pinguini, costretti a salvare se stessi di fronte all'avvento del diluvio universale, rappresenta l'espediente per una giocosa, ma non troppo, rivisitazione dei canoni dell'amicizia e della furbizia.


Una commedia degli equivoci basata su quelle convinzioni che nella loro ortodossia rivelano tutto ed il contrario di ogni cosa nell'incontrastato dominio dei punti di vista.


Una sorta di negazionismo plausibile dove le regole stesse vengono messe in discussione, a causa della loro essenziale vacuità ed indimostrabilità che paradossalmente vincolano l'agire sotto l'egida della sudditanza escatologica e caratteriale, tracciando il minimo comune denominatore nell'indole della sopravvivenza a se stesso e alle proprie inconcludenze.


La retorica introspettiva e positivista si sgancia dalla parafrasi più lineare: gli eventi cambiano gli aspetti umorali e caratteriali, per disegnare una prosa evolutiva dell'esistenzialismo, legato alla naturalità stessa dell'essere.


La mutazione che non rinnega e trova una sua ragione nella pratica concettuale.


La tolleranza è un antidoto contro i precetti antitetici dell'ortodossia, la cui estremizzazione desertifica la comprensione stessa dei loro contenuti, rendendoli misticheggianti.


L'anamnesi empirica dei fatti, rappresentati come frutti assai maturi, a tratti così acerbi da non avere alcunchè da offrire, se non il gusto stantio dell'inutilità, comporta un elogio alla ragione, anche laddove quest'ultima si manifesta nella noncuranza di scelte, oggettivamente inutili e soggettivamente incomprensibili.


In questo parallelo, la disarmonia che lega la semplicità dei pinguini li porta a vivere un'avventura con una dimensione minimalista rispetto alla grandiosità dell'evento, la cui accettazione e confutazione, rappresentano il ruolo chiave di una fisica dove coesistono attrazione e repulsione.


Il senso della vita, è uno stravolgimento costante delle proprie convinzioni concettuali, messe a dura prova da eventi, il cui paradigma logico ne rivela l'aleatorietà intrinseca, basata sul palese fanatismo esistenziale, che all'opposto ne giustifica ogni parte come un segno o disegno del divino.


Una ricerca spasmodica, destinata a fallire: l'accettazione ultima arriva quando c'è felicità e il naturale riconoscimento di quanto inutili siano gli errori, rappresentati da fatti improduttivi di ogni crescita sociologica, perchè esistenzialmente contro natura.



L'arca parte alle otto” è una godibilissima narrazione, ricca di spunti creativi e introspettivi, arricchita da un piacevole umorismo che rende omaggio alla curiosità della scoperta e prende in giro, con eleganza, l'irriverenza delle regole.


Marco Solferini

Notte buia, niente stelle


Notte buia, niente stelle


Autore: Stephen King

Genere. Thriller, horror.


Notte buia, niente stelle” è l'ultimo romanzo del genio: Stephen King.


Il ritorno dei suoi “incubi e deliri” che, in quattro storie da brivido, rapiscono letteralmente il lettore, lo privano della sua libertà, trascinandolo dalla prima all'ultima pagina, come solo l'indiscusso maestro della paura è in grado di fare.


I racconti sono tutti una testimonianza bellissima e nel contempo allucinante delle caratteristiche che hanno reso epocali i libri di King.


In questa recensione lo scrivente, per proprio gusto personale, si sofferma sull'ultima delle quattro storie presenti nel romanzo.


Ne “Un bel matrimonio” assistiamo ad una spettacolare prosa della mostruosità, concepita attraverso quell'irrazionale segreto nascosto dietro la vita quotidiana.


L'illusione della normalità, oltre la quale ci sono le vere apprensioni e allucinanti perversioni della gente comune, perchè dentro ogni uomo ne vive un altro, una “metà oscura”.


Nascoste dentro i muri domestici, celate agli occhi e ai sorrisi perbenisti di una realtà basata sull'apparenza, ci sono le ossessioni compulsive simili a “stagioni diverse”, portano la mente ad una “zona morta” della ragione.


Il mostro di King annida dentro l'uomo, coltiva con esso una vita parallela, fin quando non prende il sopravvento e allora il sipario cala e cominciano le urla.


Lo sfondo della storia è un matrimonio semplice e assai comune, perfetto nella sua dimensione fatta di tutti quegli elementi che distinguono la vita matrimoniale; un unione a tratti perfino scontata, così da essere la parafrasi rappresentativa di qualunque futuro, incorniciato nell'album dei ricordi.


Ma per Darcy, moglie devota, alle soglie di festeggiare le nozze d'argento con Bob, un commercialista conosciuto per caso, dal quale ha avuto due figli ed una vita regolata come la società pretende che sia la crescita, per lei, una semplice scoperta, un nascondiglio in quella stessa casa che è stata il traguardo di una vita convissuta con il suo uomo, rappresenta la porta su una verità allucinante.


Il trauma di averla aperta, di averne varcato la soglia, oltre la quale si nasconde il mostro, la corrode, perchè il sospetto di una verità così atroce e sconvolgente è come un virus che violenta la coscienza, la morde affondo come le zanne di “Cujo” e non la lascia andare.. fino alla fine..


La morsa della paranoia ossessiva, il vortice delle emozioni che logorano il silenzio spettrale della consapevolezza che può solo essere pensata, a malapena sussurrata.


Su tutto cala la “tempesta del secolo”: il sangue delle vittime, le atroci sofferenze, la brutalità di un assassino sadico e feroce che sfoga il lato bestiale e abominevole sulla carne.. le urla, le sevizie, la morte come liberazione dal dolore.


Il gioco perverso di una società che condannerebbe senza pietà, distruggendo ogni possibilità di fuga, ogni appello per una distrazione meticolosamente scusabile, dietro la finzione di cui si è vittime e non complici.


Immancabile poi l'elogio alla falsità del male: le sue bugie, la suadente capacità di essere genuino millantatore, mistificatore ed esperto burattinaio, per giustificare l'atrocità, arrivando perfino a sostituirla con la possibilità di convivere con la paura.


L'Autore, ripropone alcune delle tematiche a lui già care, ampiamente indagate nell'irrazionale atteggiamento di ciò che è nascosto alla vista, pur essendo sotto gli occhi di tutti.


Ritornano alcuni famosi clichè, fra cui “Castle Rock” e l'anziano poliziotto, il cacciatore fiaccato nel corpo dagli anni, segnato dalle rughe, ma ancora vigile nella sua mente, dove gli indizi sono scolpiti e la traccia è stata fiutata, seguita, fino alla consapevolezza, che si arrende solo a quella giustizia sconfitta da un sistema giudiziario basato sulle prove.


Nel racconto di King, Darcy è costretta a scegliere e ciò che farà segnerà per sempre il passato e sarà una battaglia fra la paura ed il coraggio, perchè la spirale di eventi che l'Autore è abilissimo ad organizzare, non rinuncia alla centralità della lotta fra il bene ed il male, incardinata nel concetto di alternativa: la scelta.


Descrizioni claustrofobiche, momenti di profondo panico tradotti con abilissima scienza della scrittura espositiva, paratattica, sintetica e profonda, condita da metafore nude e crude che definiscono i contorni della disperazione e dell'orrore.



Notte buia, niente stelle” è uno straordinario affresco del thriller dai contenuti forti: penetrante come un proiettile, affonda gli artigli nella carne e nel sangue, a tratti è duro come ricevere un pugno nello stomaco e risolutivo, come un improvviso risveglio dopo l'incubo.


Marco Solferini