martedì 29 settembre 2015

Senza ragione apparente

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Senza ragione apparente

Autrice: Grazia Varasani
Genere: giallo, noir


Una nuova indagine per il "detective privato" Giorgia Cantini, il fortunatissimo personaggio della scrittrice Grazia Varesani.


Ancora una volta siamo a Bologna, la dotta per eccellenza, ma anche la piú misteriosa, introversa e peccaminosa.


Il suicidio di un giovane studente del liceo Fermi forse nasconde una triste quanto terribile verità e le indagini di Giorgia si focalizzeranno sul criptico mondo degli adolescenti dove nulla è come sembra e ogni cosa può avere piú di un significato apparente.


La situazione peggiora quando uno degli amici della vittima decide anch'egli di compiere l'estremo gesto.


Nel mentre, la vita privata di Giorgia si scontra con la convivenza sotto lo stesso tetto con il commissario Bruni e la sua indole a tratti burrascosa e solitaria. Interrogativi e incertezze che saranno alimentati dal confronto con la moglie del "suo" uomo come pure della conoscenza del figlio che è un adolescente proprio come le vittime suicide e frequenta il loro stesso liceo.


L'Autrice sbriciola la realtà come un pugile colpisce un indifeso pacchetto di crackers.


Ecco quindi servita l'insalatona mista con la formula Varesani dove ogni ingrediente è un omaggio alla vita vissuta, spalmata sulla pelle, inchiodata nel cuore, appesa alla morale o attorcigliata in quel non senso che è il luogo comune dei giorni d'oggi.


Da tre mesi lui abita provvisoriamente qui, dopo una vacanza estiva all'isola d'Elba in cui ci siamo romanticamente rodati, ma nessuno dei due ha parlato di progetti, di affittare un appartamento più grande o di vivere insieme. Io e Bruni ci stiamo regalando un adolescenziale “qui e ora”; e forse come dice il mio vecchio amico Mel, non arriveremo a mangiare il panettone. Anche se per fortuna il Natale è ancora lontano”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

E' un balsamo di vitalità improvvisa, come un tuono che squarcia le tenebre e si rovescia sul lettore trascinandolo nell'alta marea piovosa di un mare tempestoso dove ogni allegoria o metafora sembra il tronco della salvezza, cui demandare la speranza di passere indenne oltre le onde alte di verità tumultuose. Ma dietro queste montagne, zuppe e ripiene d'acqua, c'è un richiamo alla memoria contemporanea. Quell'insieme di attività, parole, pensieri che rappresentano il nostro dna nella quotidianità. Lo straordinario microcosmo dove prendiamo qualcosa e qualcos'altro lasciamo. In un rituale autistico che si ripete e massaggia l'anima passando attraverso la mente.


E in quel silenzio a due in cui io e lui ci guardiamo c'è una musica smorzata, ci sono voci lontane, un dolore antico nelle sue e nelle mie fondamenta, che però non ci impedisce di amarci”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Grazie Varesani è bravissima a dialogare empaticamente con il lettore. A lui racconta quello che manca, del conflitto che intimamente ci portiamo dentro e delle mille scuse con le quali lo mascheriamo. A volte persino, nella follia decisionista di un ego narcisista, nel tentativo di assimilarlo.


Se 007 ha la licenza di uccidere, questa straordinaria Autrice ha la licenza artistica di scrivere e la esercita mettendo in prosa l'italiano che “lei” vuole. E' la sua ricetta, senza piegarsi ai gusti di un altro chef, con il “suo” linguaggio frutto della volontà di comunicare e non di apporre confini, stabilire distanze o peggio ancora di autocelebrarsi.


...sia io che lui abbiamo sufficiente esperienza da sapere che l'attrazione fisica è come un bancomat che presto o tardi si smagnetizza, che non saremo sempre così ardenti, così appassionati”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Bellissime, intuitive, introspettive, così cariche di persuasione e nel contempo di possanza le sue frasi si susseguono con un crescendo Rossianiano regalando al lettore mille e una notte di emozioni da non mancare.


E' la celebrazione poetica di ciò che molte donne pensano. Un viaggio catartico nell'intimo che non vuole e non può essere raccontato oltre la mezzaria del rispetto perchè ogni persona si deve amare per ciò che è e non per come potrebbe essere. Scoperchiando le illusioni e affascinando il lettore.


Meschinamente, le ho trovato un mucchio di difetti, per proteggere infantilmente i miei confini, e per un attimo ho persino desiderato che lui se ne andasse pur di sottrarmi a qualunque sfida con un altra donna”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Poi c'è Bologna che è un po' paese e un po' città.


Una mentalità controversa, a volte zotica o burlona, una goliardia che appartiene alle marionette, ma i cui fili s'intrecciano in trame a vole letali. Dove l'omicidio è come una goccia di sangue lavata da una delle tante piogge che si abbattono su ciò che di medievale resta tra il freddo glaciale dell'inverno e l'afa pesante dell'estate.


Una città dove le luci e le ombre si mescolano come se fossero colori nella tavolozza di un artista di strada.


Chi viene da fuori si innamora di Bologna e spesso non la abbandona più, è una città che avvolge con la sua benevola pigrizia da matrona possessiva, e non ti sgancia mai, non ti lascia andare. Non è immune da quel nervosismo strisciante che fa strillare i clacson, che alimenta imrpecazioni e scoraggiamenti, che ci rende tutti più maleducati e sigillati in noi stessi”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Leggo sempre con entusiasmo i romanzi di Grazie Varesani e consiglio vivamente di fare altrettanto a ciascuno di voi.


Come già in precedenza questa straordinaria scrittrice affronta plurimi argomenti che si snodano ben oltre la concettualità argomentata dagli eventi.


Anzitutto incontriamo interessanti riflessioni sul significato moderno del suicidio. Questo malessere esistenziale solo in parte attribuibile alla sociologia contemporanea o alle imbarazzanti inquietudini dell'animo umano. L'anticonformismo, a tratti siderale, della protagonista offre un punto di vista originale perché, senza rinunciare al senso comune di una vita consumata in una società dove il microcosmo delle città e delle frequentazioni è sempre piú ghettizzato, freddo e menefreghista, non rinuncia al riscatto catartico della rinascita che nel messaggio dell'Autrice spesso equivale a sopravvivenza.


Ella ci dice che non possiamo e forse nemmeno dovremmo annullare noi stessi per combattere contro i mulini a vento. Tutto scorre affermerebbe il grande Eraclito.


Senza contare gli psicologi abusivi che sono peggio degli astrologi, I finti martiri della crisi economica che a Natale fanno man bassa di panettoni e le caricature della giovinezza di quelli che non sanno avvizzire dignitosamente”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Troviamo poi le infedeltà, piccole o grandi, figlie della noia che si nasconde dietro l'illusione del mondo perfetto che ciascuno, nel suo piccolo, è sufficientemente illuso da pretendere per sè o per i propri cari. Oppure dell'anagrafica utopia del desiderio di non invecchiare.


Seduta a questa scrivania ho visto e sentito di tutto, ma ciò che lega la maggioranza dei miei clienti è una voglia inesaudita di vite parallele, due o tre al posto di una sola come se una non bastasse come se invecchiare fosse un crimine”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Poi ci sono i giovani, questi eterni sconosciuti. Il loro cambiamento interiore sfugge alle regole, alle statistiche e alle apprensioni. Perché tutto ciò che sentono è amplificato. Il loro criptico universo è un sartoriale cubo di Rubik dove per far andare a posto ogni tessera occorre concepire un gran disegno che faccia di strategia virtú e usi l'intuito come il piú affilato e sensibile fioretto. Perchè esiste un unica chance per portare la stoccata vincente.


E' una di quelle insegnanti un pò naif che amano piacere ai ragazzi, conquistandoli con uno sfoggio di anticonformismo. Bè, si veste come loro, fuma, discetta di Pasolini, parla il loro linguaggio, di sicuro infilerà qual e là una parolaccia, una battuta di spirito... si sarà guadagnata l'interesse gneerale ostentanto modi un pò eccentrici, una complicità da sorella maggiore”. Tratto da “Senza ragione apparente” di Grazia Varesani, ed. Feltrinelli.

Dialoghi perfettamente elaborati con un abilissimo linguaggio della working class la cui esposizione è sempre opportuna e precisa. Nessuna sbavatura. Solo un empatica focalizzazione soggettiva.


Deliziose alcune citazioni letterarie (di Baker street ce n'è una sola), al fumetto (il generazionale Andrea Pazienza) e il viaggio nella musica che parla al cuore in ogni età.


"Senza ragione apparente" è un ottimo romanzo. Completo sotto tutti i punti di vista. Un noir appassionante, carico di emotività e ricchissimo di spunti. Rifugge la banalità delle trame da telefilm per decorare la vita reale con un immensa cifra letteraria dove ogni frase è un bellissimo affresco da leggere e rileggere.


Consigliato a tutti i lettori.


Marco Solferini.
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domenica 13 settembre 2015

Quello che non uccide

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Quello che non uccide

Autore: David Lagercrantz
Genere: thriller

Con questo romanzo assistiamo al celebratissimo ritorno dei famosi personaggi della saga di Stieg Larsson, inaugurata con il best seller planetario «Uomini che odiano le donne».

Stiamo parlando, ovviamente, di Mikael Blomkvist il giornalista d'inchiesta della rivista svedese Millennium e Lisbeth Salander l'hacker in versione metallara punk dal torbido passato.

Dopo la famosa trilogia che ha letteralmente spopolato, rappresentando un caso editoriale che ha perfino dato il via all'importazione di massa di romanzi dal nord Europa, ora, grazie a un accordo per lo sfruttamento dei diritti un nuovo Autore è stato incaricato di proseguire la saga. Si tratta del giornalista David Lagercrantz.

In questo romanzo ritroviamo Blomkvist che è un giornalista celebrato e affermato il cui nome è entrato nel pantheon degli dei della carta stampata svedese, ma da parecchio tempo non riesce più a trovare quello «scoop» sensazionale che tutti si aspettano da un fuoriclasse come lui.

Nel frattempo, la redazione della rivista Millennium è alle prese con un nuovo socio che è subentrato al gruppo Wanger.

Si tratta di Ove Levin che rappresenta il potente e danaroso gruppo Serner

Anch'egli giornalista ha rinunciato alla carriera per dedicarsi alle attività societarie interne al gruppo sviluppando una terribile invidia verso Blomkvist che rappresenta tutto ciò che lui non è riuscito ad essere. Un rancore che lo porterà a tessere una trama per screditare il giornalista e mettere all'angolo il gruppo di Millennium grazie al ricatto economico.

Tutto questo mentre un genio svedese, il Prof. Frans Balder, da tempo impegnato nella ricerca di un intelligenza artificiale negli Stati Uniti decide di lasciare il proprio impiego presso una major dell'high tech convinto di essere stato spiato e si rinchiude nella sua casa in Svezia in compagnia solo del figlio autistico, un bambino che malgrado il ritardo possiede uno straordinario talento matematico - visivo. L'uomo è anche convinto di essere stato derubato delle sue ricerche.

Una consapevolezza che anche i servizi segreti svedesi hanno acquisito allertati dalla potente organizzazione di spionaggio americana NSA i cui server sono stati recentemente «bucati» da un abile hacker il cui pseudonimo è «Wasp" e che pare essere riuscito in un impresa apparentemente impossibile.

Tutto precipita quando uno spietato assassino viene mandato per eliminare il Prof. Balder e far sparire le tracce della sua ricerca.

L'indagine di Mikael comincia da lontano, ma l'abile giornalista ha compreso che dietro si cela qualcosa di grosso e anche Lisbeth è sulle tracce del bambino per proteggerlo.

«Lisbeth non faceva mai niente senza un attenta analisi delle conseguenze, di questo era più che sicuro. Nessuna delle sue pensate era impulsiva o poco ponderata e per questo Mikael non riusciva a immaginare che potesse commettere un atto tanto folle come hackerare l'Nsa se correva il rischio di essere scoperta». Tratto da «Millennium 4: Quello che non uccide», di David Lagercrantz, ed. Marsilio (Farfalle).

I rocamboleschi eventi li porteranno di nuovo a contatto e forse insieme dovranno affrontare un nemico occulto che si nasconde dietro il misterioso pseudonimo di Thanos.

Mi piacerebbe poter celebrare il ritorno di questi personaggi cui anch'io come tanti altri milioni di lettori sono affezionato.

Invece, sono obbligato a rilevare che ci sono molte più ombre che luci in questo romanzo che si rivela complessivamente una grande delusione.

Prima di tutto ci sono una quantità di personaggi a mio parere eccessiva oltre ai due protagonisti (Lisbeth entra in gioco solo a pagina 92) che rendono la narrazione spesso lenta e a tratti leziosa, con un continuo ripetersi degli eventi già narrati.

E' veramente stancante e fastidioso leggere la stessa identica scena osservata da due o tre diversi punti di vista.

In buona sostanza l'evento viene più volte esposto a seconda che a viverlo sia un protagonista attivo dello stesso oppure un soggetto passivo.

Ogni volta il racconto o meglio la relazione dei fatti è ripresa al passato cioè come evento già sviluppatosi. Un chiarissimo limite dell'Autore che si esprime come fanno i giornalisti limitandosi a raccontare i fatti. Ma la narrazione di una trama è altro e diversa.

A volte vengono impiegate persino 20 pagine per strutturare l'azione, come nel caso dell'intrusione a casa del Prof. Balder che è metabolicamente di una lentezza quasi primitiva.

A causa di questo grave limite espositivo, a cascata, dal punto di vista dinamico lo sviluppo della storia viene sistematicamente telegrafata al lettore.
Tutti sanno cosà accadrà prima che l'intruso entri in casa, prima che Lsibeth si getti per salvare il bambino e prima che vi sia l'inevitabile sparatoria finale.

Pezzi di sceneggiatura già visti. Scene visivamente usurate all'inverosimile.

«Se c'è una cosa che ho imparato negli anni, è che non è facile capire le motivazioni delle persone». Tratto da «Millennium 4: Quello che non uccide», di David Lagercrantz, ed. Marsilio (Farfalle).

La credibilità dei personaggi è un altro punto debole.

Non hanno spessore caratteriale e un indole critica che li collochi empaticamente al di fuori di semplici burattini funzionali alla trama.

A parte qualche lezioncina buttata lì per ragguagliare il lettore con una poco condivisibile nozionistica di base (meno di quello che si troverebbe su wikipedia) abbiamo dei soggetti caricaturali meglio spendibili in uno storyboard per il cinema.

Il bambino autistico è trattato come un soprammobile la cui unica funzione è quella di dare una svolta narrativa (facilmente anticipabile) alla decrittazione di alcuni documenti. Il grande esperto di guerriglia si fa fregare sempre con estrema facilità e alla fine il suo commando sembra un armata brancaleonica. Il duro dell'Nsa è parecchio fumo e poco arrosto: pronto a spifferare tutto cercando una soluzione compromissoria, venduta come necessaria ma a ben guardare assurda in quella che è evidentemente una forzatura narrativa.

Insomma, siamo di fronte più che al poco, al niente.

Un impoverimento dilagante che sottrae pagina dopo pagina, spessore, realismo e dinamismo alla narrazione.

«Lisbeth aveva agito d'istinto e si era gettata sul bambino per proteggerlo. Atterrando sul marciapiede aveva battuto forte la spalla e il petto, o almeno la sensazione era stata quella: un dolore intenso e improvviso. Ma non ebbe il tempo di pensarci». Tratto da «Millennium 4: Quello che non uccide», di David Lagercrantz, ed. Marsilio (Farfalle).

Meglio curata la figura famigliare di Lisbeth. Questa sorella cattiva che possiede caratteristiche da antitesi e rappresenta una sottotrama che poi emerge in tutta la sua complottistica affermazione nelle ultime 200 pagine.

Prima il romanzo non si capisce che piega debba prendere. Non si comprende cioè quale sia o meglio quale sarà l'oggetto dell'indagine giornalistica del team Millennium.

E veniamo quindi ad osservare che la rivista nel suo insieme è trattata in maniera approssimativa.

L'Autore ha voluto infilarci una tematica di diritto societario abbastanza ridicola e poco verosimile.

Fa più che altro tristezza la presenza di un socio forte invidioso e cattivo che ce l'ha con il protagonista il quale viene azzerato sia dal punto di vista dei contenuti (da tempo non riesce più a scrivere un grande articolo) che del supporto finanziario (con il quale lo avevamo lasciato in posizione di super solidità grazie ai fatti del Gruppo Wanger).

Naturalmente il cattivo di turno del consiglio di amministrazione scompare in un batter di ciglia nel finale. Travolto dallo scoop che segna il «ritorno» (ampiamente atteso e del tutto scontato) del grande Blomkvist.

Una sotto trama infilata lì per occupare una cinquantina di pagine complessivamente di cui avremmo fatto veramente a meno.

Si potrebbe rilevare che in questo espediente del tutto inutile si rintraccia la volontà di assecondare (forse) i fan della trilogia Millennium i quali potrebbero essersi abituati a trovare anche le questioni interne alla gestione della rivista.

«Senza un attimo di esitazione assestò una testata all'uomo, così forte che si sentì fischiare le orecchie. poi si alzò barcollando. La stanza le girava intorno e aveva del sangue sulla camicia. Era stata colpita di nuovo? Non aveva tempo per pensarci». Tratto da «Millennium 4: Quello che non uccide», di David Lagercrantz, ed. Marsilio (Farfalle).

Volendo sposare questa ipotesi e premesso che mi sembra un errore notevole perchè penso che un proseguo di questo genere avrebbe dovuto puntare tanto al nuovo pubblico quanto al vecchio, si sarebbe potuto trovare in ogni caso ben di meglio da offrire ai lettori.

Dimenticatevi il torbido e il sesso.

In questo romanzo c'è solo un accenno a rapporti che non si consumano. Nessun audacia, nessun soft core. Dove sono finite le atmosfere audaci e intriganti? Nessuna traccia.

I dialoghi sono a tratti funzionali, ma spesso indirizzati. Mancano cioè della spontaneità tipica delle persone. Questi soggetti recitano la parte che gli viene assegnata dall'Autore che è attentissimo nel non voler creare delle incongruenze e quindi li fa agire in un modo che difficilmente accadrebbe nella realtà.

Ad esempio si vede che ha bisogno del commissario per una questione di svolta narrativa, per far cioè quadrare i conti e mette alcuni puntelli forse per le prossime pubblicazioni.

Ho sempre travato fastidiosissimo quando si scrive nella prospettiva di pubblicare un seguito.

L'hackering occupa un discreto spazio. Il lettore incontrerà blackphone, programmini di cifratura, accenni vari alla decrittazione dei dati e via discorrendo. Le disquisizioni in sè sembrano il frutto di un infarinatura molto approssimativa fornita da un esperto di informatica. Poco affascinanti per gli esperti, corrono il rischio di essere difficili da digerire per il lettore medio il quale potrebbe non gradire le divagazioni sulla fattorizzazione e la matematica quantistica nei calcolatori.

«I risultati che aveva ottenuto avrebbero costituito la base del suo virus-spia, il suo Rat, perciò non aveva potuto abbassare un attimo la concentrazione. Insomma, aveva passato il sistema ai raggi X da cima a fondo, ed era proprio per quel motivo che aveva installato una copia del server a casa sua. Se avesse attaccato direttamente la piattaforma dell'Nsa, i tecnici se ne sarebbero accorti subito e fine del divertimento». Tratto da «Millennium 4: Quello che non uccide», di David Lagercrantz, ed. Marsilio (Farfalle).

Direi che la via crucis può terminare qui. Cinquecento pagine molto difficili da digerire. Ne sarebbero bastate 400 e forse il prodotto sarebbe stato decisamente meglio.

L'Autore a mio avviso è scarso, la sua cifra narrativa è molto al di sotto della media e malgrado l'impegno profuso raggiunge un risultato appena mediocre.

Forse come giornalista è ottimo, ma come romanziere a mio parere proprio non ci siamo.

Esigenze di marketing hanno ispirato la scelta di riportare in libreria questi personaggi, ma ritengo che il progetto avrebbe dovuto essere elaborato molto meglio.

«Quello che non uccide» è un romanzo mediocre, a tratti lento e involuto, scarsamente creativo e poco appassionante.

Se qualcuno lo vuole leggere per curiosità dovuta ai personaggi di Millennium provi pure.

Personalmente l'unico consiglio che mi sento di offrire è: lasciar perdere.

Marco Solferini
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mercoledì 9 settembre 2015

L'atlante di tenebra

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L'atlante di tenebra

Autore: John Stephens
Genere: fantasy

Siete pronti per la battaglia finale?

Due Atlanti sono stati ritrovati, quello di Smeraldo e quello di Fuoco con i loro straordinari poteri ma ora manca l'ultimo e più importante di tutti. L'Atlante di Tenebra.

Se i primi appartenevano per diritto di nascita a Kate e Michael, la predestinata per quest'ultimo, soprannominato «la resa dei conti», è la giovanissima Emma.

I tre fratelli saranno di nuovo al centro della guerra contro il Ferale Magnus che ha raggiunto l'apice del suo potere ed è deciso a sferrare l'attacco finale al mondo magico.

Il suo potere si è accresciuto dopo essere tornato in vita e ha creato un esercito con migliaia di Murum Cadi, Strillatori e Negromanti.

Le forze dei nani, elfi e degli uomini saranno sufficienti a resistere alla battaglia finale?

Il Ferale Magnus ha accresciuto il suo potere. Tutta la tua forza e il tuo coraggio, tutta la scienza di Pym, tutta la volontà e tutti i poteri della brava gente del nostro mondo non basteranno. Ormai soltanto i Libri potranno sconfiggerlo. E soltanto i ragazzi possono trovare i Libri”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Tutto dipenderà dall'ultimo Atlante e dalla profezia che narra dei tre ragazzi che li riuniranno e di come questo significherà la loro morte.

Stanislaus Pym il mago che ha accompagnato i fratelli in questa avventura conosce la verità e forse anche un segreto per evitare la tragica fine? Ma fermare il Ferale Magnus può valere l'estremo sacrificio?

Sullo sfondo si consumerà la sfida finale tra Gabriel il guerriero e Rourke il comandante in capo delle truppe del Ferale Magnus.

Come pure l'amore, innegabile e insopprimibile, che Kate prova per Rafe, il ragazzo che ha conosciuto nel passato in quel 1899 fra i vicoli di New York, quando ancora egli non sapeva cosa e chi sarebbe diventato. Quello stesso ragazzo che è in grado di fargli battere forte il cuore, ma che è anche il nemico giurato di tutto ciò che vive.

L'avventura è servita su un piatto d'argento!

E eopo gli straordinari primi due Libri questo completa la trilogia.

La profezia dice che i Custodi troveranno i Libri e li riuniranno, ma dice anche che i Custodi moriranno. Pym lo sa; lo ha sempre saputo. Per distruggere me, è disposto a sacrificare te, tuo fratello e tua sorella”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Preparatevi dunque a conosce gli elfi che si trasformano in draghi, l'isola del re dei nani, le terre dei giganti e la loro misteriosa città dove si nascondono enormi ragni e un portale per il regno dei morti. Perchè là si cela l'ultimo Atlante. Insieme con il segreto del potere magico del Ferale Magnus.

Inseguimenti, battaglie a colpi di spada, duelli di magia e molto altro ancora trascineranno il lettore verso l'epica conclusione di questa bellissima trilogia fantasy.

Gabriel calò un altro colpo e Rourke, di nuovo, lo evitò, stavolta piantandogli una gomitata in faccia. Per un momento Gabriel restò accecato e inciampò all'indietro sui sassi. Sapeva che l'orlo del precipizio era vicino e riuscì a fermarsi in tempo, anche se sentì il vuoto ad appena qualche centimetro di distanza”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Un chiaro esempio di letteratura «young adult» ricca di spessore psicologico dove i personaggi sono caratterizzati, pur essendo bambini, da elementi tipici della cultura degli adulti e pronti a recepire concetti estremi e risolutivi come la morte e il sacrificio per il bene comune.

Dialoghi come sempre incalzanti, carichi di un rapporto empatico che trasferisce la soggettività dei protagonisti nell'alveo dell'immaginario del lettore. Si consuma quindi quell'immedesimazione fantastica che dalla semplice narrativa trasforma il saggio «dungeon master» in colui che a livello espositivo esplora “con e per” il lettore l'avventura fantastica.

In fondo alla galleria c'era una ragnatela, in mezzo alla quale stava il ragno di gran lunga più grosso visto fin lì. Il corpo era segmentato in due pance enormi. Le zampe erano aperte come i contrafforti di una cattedrale. Non aveva una serie di denti ma tre e ciascuna zanna era lunga almeno un metro”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Prosegue il viaggio nella terra del mondo di mezzo dove sopravvive la magia e il magico quale conseguenza della separazione tra le due realtà che l'Autore ha spiegato in precedenza essersi consumata all'alba del primo giorno del 1900.

E' un mondo carico di espedienti non solo avventurosi ma anche metaforici di quella che è la vita nei suoi principali contenuti.

Il coraggio e la paura per esempio, si manifestano sotto molteplici spoglie. La volontà che si associa al primo e l'opprimente senso di desolazione che il singolo incontra nel secondo sono parafrasi di ogni persona che crescendo deve scegliere il proprio «essere o non essere».

Il male totalitario del nemico che coltiva dentro di sè la possibilità del proprio annientamento rappresentano bene la sfida all'ineluttabilità degli eventi che si possono sovvertire solo con la più totale abnegazione alla causa.

Se perdiamo, perdiamo. Ci sono cose per cui vale la pena di morire. L'amicizia. La lealtà. L'amore. E se per combattere per queste cose dovessimo anche combattere la nostra ultima battaglia, così sia”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Un talento, quello dell'Autore, che va ben oltre l'ottimo concepimento narrativo il quale peraltro beneficia di un linguaggio semplice, fluido, a tratti paratattico nel voler essere visionario più che visivo onde evitare l'eccesso di descrizioni. Il «do ut des» con la capacità del lettore di personificare lo scenario è qualcosa che io apprezzo moltissimo perchè lascia aperta la porta dell'immortalità con la quale il fantasy diventa una parte di tutti e per tutti paradossalmente differente.

Questo è il principio da cui scaturisce il big bang della letteratura «young adult»: una sorta di nuovo librogame per non dimenticare il bambino che abbiamo dentro e che, come un grande Lego nelle mani del lettore, lo introduce in una realtà fantastica che sostanzialmente non ha fine.

Il vero fantasy si può per questo conservare e rileggere.

Fu quasi come se l'aria attorno a Emma si addensasse. La sentì premere contro gli occhi, i timpani, i palmi, perfino gli avampiedi. E poi quell'aria entrò in lei, a comprimerle le ossa, gli organi, il cuore, ed Emma cominciò a percepire che qualcosa veniva risucchiato fuori, fuori da ogni fibra, da ogni cellula del corpo, e si sentì come un frutto spremuto. E la cosa che le veniva risucchiata era intangibile eppure, allo stesso tempo, vitale; poi, per un breve, strano, terribile istante, la vide, quella cosa: prima la scorse luccicare nell'aria davanti a sé e infine, con uno strappo straziante, la vide attirata nel fuoco, ed Emma, svuotata, ricadde all'indietro sulla sedia”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

Il magico secondo l'Autore non è blasfemia o esoterismo bensì un connubio di quei 4 elementi uniti dal tempo, dallo spazio e tenuti insieme dalla volontà. E' questo il “mana” da cui scaturisce la capacità di diventare maghi perchè la magia, quella, appartiene già ad ogni essere vivente.

Stephens ha poi aggiunto alcuni valori narrativi estrapolati da elementi favolistici degli ultimi due secoli, senza però eccedere in essi e coniugandoli con il ritmo incalzante dell'avventura.

Capitoli brevi, spesso organizzati per sottocapitoli brevissimi che apportano un gran ritmo allo sviluppo della trama. Un crescendo vorticoso vero un finale tutt'altro che scontato.

E' un debito da pagare. E c'è un solo debito che tutte le creature viventi alla fine devono pagare: la morte”. Tratto da “L'atlante di tenebra” di John Stephens, ed. Longanesi.

I dialoghi dimostrano una pregiata ed assai apprezzata crescita nel carattere dei protagonisti. La loro fanciullezza è un ricordo; oggi conoscono il dubbio, il rimorso, la paura. I loro confronti sono accresciuti da questo insieme di consapevolezze che dimostrano come il tempo degli eventi passati abbia cicatrizzato il loro carattere perfezionando la personalità precedentemente argillosa. Non a caso essi diventano artefici, emancipati da ogni guida, del proprio destino.

«L'atlante di tenebra» è l'ultimo straordinario capitolo della trilogia dei Libri dell'inizio di John Stephens. L'atto conclusivo di una saga «young adult» affascinante e coinvolgente. Ricchissima di colpi di scena e con uno scenario fantasy stupefacente coinvolge il lettore in una eccezionale avventura.

Consigliato a tutti, indipendentemente dall'età.

Marco Solferini.

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