giovedì 26 novembre 2015

Civis ad Civem


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Civis ad Civem
Lettere, commenti, opinioni

Autore: Carlo Giulio Lorenzetti Settimanni.
Genere: biografico, attualità.



Mi è gradito segnalare a tutti i lettori l'uscita della nuova edizione del libro «Civis ad Civem» dell'amico e Autore Carlo Giulio Lorenzetti.



Edito dalla casa editrice Pendragon il libro si presenta in un edizione compatta di facile e chiara lettura. Fortemente arricchita di contenuti grafici.



Trattasi di una testimonianza di vita che l'Autore offre ai lettori sotto forma di una serie di lettere e commenti. Dalle più recenti e contemporanee alle più risalenti e datate, pubblicate sui principali giornali e ripresi dai più noti media Italiani.



Un vero e proprio componimento di riflessioni «civiche» sul significato della partecipazione attiva dei Cittadini alla vita sociale e politica di Bologna come città e dell'Italia tutta, come nazione.



Il lettore incontrerà, nel piacere della lettura, una serie di osservazioni che nell'arco di tanti anni l'Autore ha voluto condividere e che spaziano dalla mobilità urbana, al ruolo dei vigili nel mantenimento della sicurezza, dalla fragilità di un sistema elettorale che pare voler spogliare il Cittadino del suo ruolo da protagonista, agli amari conflitti politici sulle riforme, sul ruolo della religione, sulla giustizia e sulle grandi opere. Sulle minoranza etniche e sui loro diritti umani, così spesso dimenticati.



Leggeremo le riflessioni dell'Autore su grandi temi degli ultimi anni come la riforma elettorale, la manovra d'aumento dell'Iva, il ruolo dell'Italia nella campagna in Iraq. Di Oriana Fallaci. Del caso «Ruby» e dell'efficacia della azione penale. Dell'Euro. Della crisi. Dei “mitici” portici di via Saragozza a Bologna da tempo in condizioni disonorevoli. Dei ciclisti e delle piste ciclabili. E di tante, tantissime altre storie d'attualità.



Tanti argomenti affrontati con la semplicità e il piglio del Cittadino di tutti i giorni. Di colui che, come chiunque altro vive in prima persona, come si suol dire «sulla propria pelle» i disagi di questa grande macchina che è la società moderna e si pone interrogativi che sono certo saranno condivisi dai lettori.



E' questa la bellezza introspettiva del testo del Lorenzetti che lo qualifica per l'alto valore morale e il desiderio di stabilire un cordiale quanto rispettoso rapporto di empatia con il lettore.



Nessuna imposizione, solo una tavola rotonda attorno alla quale circolano le idee sotto forma di opinioni.



In questo «sentire» e «trasmettere» c'è un concetto di fratellanza che unisce rifuggendo l'amarezza del paragone. Volendo all'opposto abbracciare la ricchezza interiore.



E' stato osservato che «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione».



Ma ciò che Lorenzetti insegna in questo suo scritto è l'umiltà con la quale occorre rapportarsi a questa partecipazione: aperta a tutti e realizzabile solo con il contributo di ciascuno.



Potrà sembrare strano, ma è così raro che oggi accada.



Nella società contemporanea, sempre più incasellata in uno scenario degno del celebre Orwell il pregiudizio ideologico regna sovrano, condiziona e spesso corrompe quella stessa libertà che vorrebbe difendere.



Eccoci quindi di fronte ad una serie di scritti sotto forma di lettere, perchè sono da sempre la principale forma di comunicazione. Gli uomini le scrivono dall'alba dei tempi e la loro possanza non è passata di moda. Lettere quindi che potenziano il ruolo del caro vecchio inchiostro. Scritte da colui che come un cavaliere di altri tempi, si arma della penna (è noto quanto ferisca ben più della spada) e scrive.



Vergando i propri pensieri affinchè rimangano e si trasmettano ai posteri Per farli diventare patrimonio comune.



Io sono certo che i lettori proveranno una forte immedesimazione nel leggere le «lettere» di Lorenzetti e non pochi di loro dovranno arrendersi ad esclamazioni come: «Ecco! E' quello che ho sempre pensato anch'io!» oppure: «E' vero. Non sono il solo quindi ad avere questi timori» o ancora: «E' incredibile, ma sono le stesse cose che da anni vado dicendo!».



Perchè un libro quando racconta di sè è concepito per provocare una reazione emotiva. Del resto, in questo caso, la storia siamo noi.



«Civis ad Civem» è un libro che consiglio vivamente a tutti i Cittadini. In particolare a coloro che hanno un animo romantico e valorizzano la persona non per ciò che ha bensì per quello che è. A coloro che hanno amato la cosa pubblica, interessandosi di politica, a quanti vivono alla giornata e sentono la necessità di offrire una risposta ai piccoli/grandi problemi quotidiani e a coloro che, un pò disillusi e magari anche arrabbiati, hanno dimenticato che ogni protesta, ogni rivoluzione, comincia come il celebre viaggio di 1.000 km: con un semplice passo.



Consigliato.



Marco Solferini


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venerdì 20 novembre 2015

Il prigioniero

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Il prigioniero

Autore: James Patterson e Michael Ledwidge
Genere: azione, poliziesco, thriller.

Per il detective Michael Bennett della omicidi di N.Y. è il momento della verità.

Il capo incontrastato di un cartello della droga messicano, Manuel Perrine, soprannominato il «Rè Sole» si trova in visita a N.Y. per un occasione davvero speciale che riguarda la figlia.

Una visita imprevista e clandestina che dev'essere fatta di persona. Un evento senza precedenti, scoperto grazie a un informatore.

Il tutto si trasforma in un operazione su vasta scala che coinvolge sul campo le squadre speciali e numerosi agenti.

Perrine è un ricchissimo signore della droga al cui servizio ci sono capi di gang latino americane, sicari e spietati killer.

«Grazie al cielo, Marietta valeva quanto un piccolo esercito. Era micidiale con la pistola, il coltello e persino a mani nude se necessario. La brunetta alta e magra aveva la stessa aria minacciosa di una maestra d'asilo, ma era esperta di capoeira, l'arte marziale brasialiana, e aveva le mani più forti e più veloci di qualunque donna lui avesse mai incontrato. Più di una volta aveva visto il dolore e lo sconcerto negli occhi di un soldato del cartello che non sapeva stare al proprio posto, dopo che lei era stata costretta a fargli capire chi era il capo. La sua bella Marietta non mancava mai di dare nuovo significato al termine schiaffo del soldato». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

La sua cattura costerà un sacrificio di sangue, ma molto più alto sarà il prezzo per portare a termine quello che sembra il processo del secolo.

Il prigioniero infatti è tutt'altro che innocuo e il detective Bennett diventerà ben presto il suo obiettivo primario.

«Con questo, credo che per oggi abbiamo concluso» disse alla fine il giudice. «E... avvocato della difesa, da domani l'imputato sarà imbavagliato, oltre che incatenato mani e piedi, per mio ordine. Quindi non voglio sentire neppure una parola al riguardo. E se dovesse fare un altra scenata, le prometto che verrà processato in una gabbia». Abbassò il martelletto con la violenza di un fabbro che picchia su un incudine. «Questo processo andrà avanti, com'è vero Iddio. Questo processo andrà avanti, fosse l'ultima cosa che faccio». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

Azione a tutto campo. Capitoli brevi, la cui velocità paratattica ormai è un tratto caratteristico, sinonimo della cifra letteraria di James Patterson qui nuovamente in coppia con Michael Ledwidge.

L'ambientazione viene sempre circostanziata con un dettaglio puntuale, visivamente coinvolgente, ben rappresentativo del campo in cui si muoverà la dinamica narrativa.

«Caddi a terra come se qualcuno mi avesse afferrato per le caviglie e rotolai dietro un idrante mentre la mitragliatrice apriva il fuoco. Nel vicolo stretto il rumore degli spari era irreale. Spruzzi di polvere di cemento mi colpirono agli occhi mentre il diluvio di piombo polverizzava il selciato e spaccava l'idrante come un martello pneumatico invisibile». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

Verrebbe da usare uno slogan «come un film sulla carta stampata», ma sarebbe riduttivo perchè con Patterson si raggiungono livelli di empatia narrativa che letteralmente rapiscono il lettore, lo circondano, sommergendolo, strappandolo alla vita di tutti i giorni per legarlo alla sedia fino alla fine della storia.

Un fiume di situazioni, emozioni, passioni. Vicende che si alternano sullo sfondo di un macro evento che rappresenta sempre una sfida non solo verso l'esterno, ma anche all'interno, nell'animo e nel carattere del protagonista.

«Considerando la pericolosità di ciò che stavamo per fare, era bello avere lì con me il mio vecchio amico. Era battagliero e coraggioso come sempre. In questo senso non esisteva alcun altro che avrei voluto come mio partner per quel grosso arresto, o per guardarmi le psalle. Nonostante la sua personalità seriamente disturbata». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

Il suo ruolo di epicentro focale dona una profondità introspettiva sistematicamente coinvolgente per il lettore.

La storia diventa ben presto una corsa a ostacoli contro il tempo.

Violenza, azione, omicidi. Confronti che spaziano dal duello fisico a quello psicologico. Tutti elementi presenti in Patterson che ne alimentano giustamente la capacità di sintesi e di realismo che definire straordinaria, per la sua semplicità ed efficacia, è fin troppo riduttivo.

«Mi gettai in ginocchio ed estrassi la pistola, con le orecchie che mi fischiavano. Quando alzai lo sguardo, un fumo giallo e denso stava già uscendo dalla porta sfondata e invadeva il corridoio. Quando mi arrivò la prima zaffata, capii che era gas lacrimogeno». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

L'Autore parla un linguaggio completo sotto tutti i punti di vista. La composizione è lineare e sempre senza sbavature. Un climax perdurante basato su capovolgimenti di fronte e continue svolte narrative.

La bravura dell'Autore giustifica il suo essere considerato una celebrità letteraria contemporanea.

«Oltre ai posti di guardia, alle barriere stradali e alle colonnine a scomparsa per impedire l'accesso a eventuali camion bomba era presente l'intero Hercules team del Dipartimento di polizia di New York. Accanto a una lunga fila di Suburban neri era schierato un piccolo esercito di poliziotti armati di fucili mitragliatori e protetti da elmetti, ginocchiere e giubbotti antiproiettili corazzati sopra la tuta blu da combattimento». Tratto da «Il prigioniero» di James Patterson e Michael Ledwidge, ed. Longanesi.

Ho letto tantissimi dei suoi romanzi e li ho consigliati quasi tutti, eppure ancora oggi, a distanza di anni riesce a stupirmi.

E' davvero bello, per non dire magico, quando nel libro che rassomiglia a un cofanetto da sfogliare, ricco di pagine stracolme di inchiostro, le nostre dita si incollano a ciascuna di essere, avide di andare oltre le meravigliose quanto misteriose colonne d'ercole della copertina.

C'è un mondo dall'altra parte. Quello di James Patterson. Ed io consiglio, oggi come ieri, a tutti i lettori di conoscerlo, esplorarlo, di gustarselo dalla prima all'ultima pagina.

«Il prigioniero» è l'ultimo immancabile romanzo di uno dei più straordinari Autori contemporanei.

Guai a voi se non lo leggete!

Marco Solferini
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venerdì 6 novembre 2015

Chi perde paga.

Un ringraziamento particolare agli sponsor: 

Libreria - Galleria
IL SECONDO RINASCIMENTO
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Chi perde paga

Autore: Stephen King.
Genere: thriller

Vi ricordate i fattacci di Mr. Mercedes (già recensito sul Blog qui: )?

Ebbene i protagonisti di questa storia ne sono stati ampiamente influenzati.

Infatti, il papà di Pete Sauber, poco più che adolescente, era in quella sciagurata fila di persone in cerca di lavoro quando la Mercedes assassina li ha falciati, triturati e schiacciati.. in stile King ovviamente!

«Si alzò a fatica, appena in tempo per scorgere l'auto (era una Mercedes, poco ma sicuro, un enorme berlina dello stesso grigio di quel mattino nebbioso) piombare sulla folla, falciando corpi su corpi mentre si apriva la strada disegnando un arco impazzito». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

La famiglia di Pete se la passa male. I genitori litigano continuamente. Sia lui che sua sorella temono che tutto possa precipitare da un momento all'altro finchè un giorno Pete trova un vero e proprio tesoro.

La fortuna si trova in un baule logoro dal tempo e semisepolto in una grotta artificiale sono nascosti molti contanti in buste perfettamente conservate e centinaia di taccuini scritti a mano.

Sono il lavoro di uno dei più noti e celebri scrittori americani. Celebrato per la sua trilogia più famosa. Un tesoro nel tesoro: uno, forse addirittura due inediti che riprendono le vicende del personaggio che ha appassionato milioni di lettori in tutto il Mondo.

Da dove arrivano?

La risposta è nel lontano 1978 quando un gruppo di tre improvvisati rapinatori senza scrupoli fece irruzione in casa dello scrittore agli ordini di un certo Morris desideroso di appropriarsi di quei preziosi scritti.

L'uccisione a sangue freddo dell'Autore e la scomparsa del «malloppo» rimasero un caso irrisolto.

Morris infatti non era un ladro qualunque, ma un super appassionato di Rothstin e del suo personaggio Johnny Gold con il quale viveva, fin dal giorno della sua scoperta, una sorta di transfer. Più di un ispirazione, meglio di un infatuazione. Lui voleva essere Johnny.

Ma quando lesse il terzo e conclusivo capitolo della trilogia il suo amore divenne odio, la sua venerazione risentimento e l'Autore che aveva idolatrato si trasformò in un mostro blasfemo che aveva irrimediabilmente rovinato questo personaggio straordinario.

Per Morris la scoperta che esisteva un seguito divenne una ragione di vita molto più importante persino del denaro. Un motivo per cui uccidere.

Cresciuto ai margini di una periferia lui era il classico balordo che non aveva nulla da perdere. Una vita preda delle emozioni forti, della sua noncuranza per le conseguenze.

Paradossalmente, Morris non potrà godere del suo «tesoro» perchè dopo averlo sanguinosamente conquistato finirà in galere per un altro crimine. Un ergastolo. La refurtiva invece non verrà mai ritrovata.

Fino al 2010 quando un giovane la ritroverà per puro caso.

Ma anche la pena di Morris è destinata a finire. Buona condotta e libertà sulla cauzione. E la prima cosa che vorrà, appena uscito di galera, è fin troppo facile da indovinare: i «suoi» taccuini naturalmente.

«Per un lettore, una delle rivelazioni più elettrizzanti della vita è quella di essere davvero tale. Non in grado di leggere (Morris lo sapeva già), ma incapace di smettere perchè catturato da un amore folle. Esagerato. Il primo libro che riesce in una simile impresa non verrà mai dimenticato, con ogni pagina ad accompagnare una nuova verità, perentoria ed esaltante: si! Proprio così. Si! L'ho visto pure io! E naturalmente: anch'io penso le stesse cose! Anch'io le SENTO dentro!». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

Grande King. Come sempre.

Ho recensito tanti suoi romanzi e si leggono con il piacere tipico della scoperta. Appassionante, introspettivo, audace. Lo scrittore è diventato quasi giocoso nel volersi spingere su stereotipi che ricordano alcuni sui grandi e passati personaggi legati a titoli che hanno fatto la storia delle pubblicazioni immancabilmente a marchio «Sperling & Kupfer».

«Adrew Halliday è l'unico libero da impegni. Non gli importa più niente delle prime edizioni o dei giovani camerieri in pantaloni neri attillati. L'acqua e il petrolio sono come il vento e l'aria per lui. Dorme il grande sonno in una pozza di sangue coagulato, attirando mosche». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

Quanta genialità nella sua focalizzazione soggettiva di personaggi che creano una rapporto empatico con il lettore facendolo calare nei loro panni, creando immedesimazione, ansia e patimento e.. un pò di sano terrore. Anche se qui siamo in balia del thriller e sui celebri mostri dormono nei nostri ricordi.

«Il suono della pioggia sul tetto del garage non lo calmò. Gli sembrava un picchiettio di tante dita scheletriche e contribuì a peggiorargli l'emicrania». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

Truculento al punto giusto.

Sempre volutamente eccessivo quando si tratta di calcare la mano sulla violenza o sulla mescolanza tra l'essere spietato e il sadismo della compulsione omicida. «Il Rè» ci regala una trama amabilissima che prende spunto o meglio trae le conseguenze dall'ottimo libro «Mr. Mercedes».

Il romanzo si legge tutto d'un fiato.

«A patto che la routine del mezzogiorno di martedì non cambi (e probabilmente non succederà, perchè il suo vecchio amico è sempre stato un abitudinario), Andy Halliday ballonzonerà lungo Lacemaker Lane fino a un caffè, il Jamais Toujours. Un nome del cazzo che non significa proprio nulla, ma suona pretenzioso. Esattamente come Andy». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

Un avvincente trama ricca di colpi di scena dove la svolta narrativa è sempre dietro la pagina successiva.

Sfogliare con avidità e rispetto perchè «Chi perde paga» è scritto da un grandissimo e ispiratissimo Stephen King.

«Mentre si risistema il cellulare nella tasca dei calzoni di tela, gli torna in mente una frase delle lezioni di latino del primo anno. E' un espressione che intimorisce in qualsiasi lingua, ma perfettamente adatta alla situazione. Alea iacta est. Il dado è tratto». Tratto da «Chi perde paga» di Stephen King, editore Sperling & Kupfer.

Consigliato a tutti (dopo esservi letti Mr. Mercedes).

Marco Solferini.
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