domenica 30 settembre 2012

D'estate i gatti si annoiano.

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IL SECONDO RINASCIMENTO
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D'estate i gatti si annoiano

Autore: Philippe Georget.
Genere: giallo, drammatico.



E' estate al commissariato di Perpignan nel sud della Francia e gli ispettori Seban e Molina trascorrono giornate quiete, immersi nella routine di una regione, il Roussillon che rivela tutta la sua immacolata bellezza.

Sebag si barcamena tra la vita famigliare, con un figlio che cresce fin troppo in fretta, e una antipatia al concetto di far carriera malgrado le generose offerte del Commissario Castello, ammirato tanto dal suo intelletto quanto dalle sue capacità intuitive.

Una vita apparentemente tranquilla.

Finché in commissariato non si presenta la moglie di un taxista da poco scomparso.

E' l'inizio di una sfida che il “gatto” lancia ai suoi “topi”, basata sul rapimento di una giovane studentessa olandese di 19 anni appena, Ingrid Raven.

Un atto di terrorismo? L'opera di un serial killer?

Quale mentalità deviata si diverte a giocare con le forze dell'ordine, seminando falsi indizi e dando il via ad una sorta di caccia all'uomo invisibile e per quale ragione?

Interrogativi cui l'intuito di Sebag dovrà dare risposta, per arrivare in tempo e scongiurare il drammatico epilogo per la giovane rapita.




Romanzo presentato come un noir, in realtà non è tale.

Lo stile narrativo è circostanziale laddove focalizza l'azione dal soggetto all'ambiente avvalendosi spesso di una carica descrittiva poetica, a tratti fotografica.

La trama pertanto decolla lentamente, cercando di coinvolgere il lettore nel circostanziato ambito degli elementi locali, affinché il paesaggistico svolgimento diventi altresì parte di un “transfer” generando partecipazione e coinvolgimento nel lettore. Fattispecie quest'ultima abbastanza tipica del romanzo francese contemporaneo.

L'alternanza di capitoli brevi e lunghi a volte comporta un eccesso di saggistica da manuale; specialmente nella gestione dei dialoghi si sarebbero potute evitare alcune dispersioni.

Il romanzo è permeato da un avversione per il “nuovo” cui è preferito il “retrò” (davvero bella ed apprezzata la menzione sul valore della collezione di TinTin).

Uno stile pulito, sobrio, certamente premiante che tuttavia non è del tutto sufficiente ad annullare il fatto che la trama, in sé considerata, non è così originale come in apparenza potrebbe sembrare.

Inoltre, la dimensione locale che trasmettono le ambientazioni potrebbe non essere gradita dai lettori Italiani che apprezzano elementi descrittivi più minimalisti o addirittura molecolari nella spendita delle sofisticazioni ambientali.

Lo spunto della città di frontiera è molto saggio e rende più intrigante la narrazione nella modalità “thriller” verso le quali però l'Autore sembra nutrire un amore – odio, in quanto la rifugge, poi la cerca, a volte la crea.

A tal proposito, merita un osservazione l'ormai rituale coinvolgimento del genere “noir” che per gli editori sembra essersi incredibilmente allargato. La sensazione è quella che ogni qual volta non si ricada nella tematica “thriller” o giallo – drammatico, ci si ripari nell'alveo omnicomprensivo ed indefinito della fattispecie universale del “noir”.

Questo è inaccettabile: non si dovrebbe confondere lo stile, in questo caso più “di scrittura”, con un genere vero e proprio.

Il romanzo in questione ha qualche tonalità “noir”, peraltro elaborata in chiave drammatico – esistenziale – sentimentale, ma non è un “noir”.



D'estate i gatti si annoiano” è un giallo con un alta carica descrittiva paesaggistica, ambientato nel sud della Francia più prossimo alla Spagna. E' un romanzo ben strutturato ed organizzato in maniera ordinata, le cui indagini introspettive sui protagonisti denotano tuttavia dei limiti concettuali ed il comportamento dei personaggi è sociologicamente incasellato quasi da manuale, come tale risulta non esente da un difetto sociologico, quantomeno nell'irritualità.

I lettori più esigenti, che abbiano cioè alle spalle numerose letture similari, potrebbero rimanere assai poco appassionati.

                                                                                                                                                Marco Solferini
                                                                        marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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domenica 23 settembre 2012

Casino Royale

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Casino Royale

Autore: Ian Fleming
Genere: spionaggio, azione




Era il Gennaio 1952 e Ian Fleming, ex soldato e consulente militare inglese, si trovava presso la sua villetta in Giamaica, dove amava trascorrere circa due mesi l'anno, quando decise di scrivere il primo capitolo di un romanzo che avrebbe introdotto un certo agente segreto con il doppio zero.

Il suo nome era James Bond.

Da allora ad oggi, sono trascorsi sessant'anni e quell'agente segreto è diventato il più famoso del Mondo. Celebrato dalla letteratura e dal cinema, da internet, dai giochi di ruolo e per computer, la sua icona si è istituzionalizzata al punto tale da creare uno stile di vita e nel contempo un mito.

Il risultato: milioni di fan di ogni età, in ogni parte del Mondo. Ad oggi, secondo le statistiche una persona su sei, ha visto almeno un film di 007.

La nascita di questo fenomeno di massa è tutta in questo romanzo.

La trama di “Casinò Royale” era in realtà molto semplice, pur essendo tuttavia un atto di straordinaria intuizione e audacia narrativa.

Un agente segreto sovietico, operante sul territorio inglese, ha dilapidato il capitale messogli a disposizione per il compimento di una missione sotto copertura e l'agenzia di controspionaggio sovietica nota come “Smersh” ha deciso di metterlo a riposo. Definitivamente. Tuttavia, Le Chiffre, questo il nome dell'agente sovietico ha un ultima chance di ritornare in gioco: vincere al gioco le somme perdute.

Per farlo, si recherà al “Casinò Royale”, in territorio neutrale francese, e in particolare al tavolo del “baccarat”.

Ma a quello stesso appuntamento l'IM 06, il servizio segreto di Sua Maestà, invierà un agente dal doppio zero che e si era già messo in mostra con il suo capo dipartimento, l'enigmatico M, in virtù della passione e audacia per il gioco d'azzardo.

La sua missione è ovviamente quella di “sbancare” il banco del baccarat e con esso condannare Le Chiffre.

Durante l'incarico sarà affiancato da un affascinante compagna, Vesper Lynd e da un agente segreto americano della Cia.

Per 007 sarà l'inizio di una girandola di situazioni ad alto rischio, che trasferiranno il pericolo dal tavolo del Casinò alla vita reale.




Esplosioni, inseguimenti automobilistici, sparatorie e confronti a tutto campo, creeranno una serie di colpi di scena e rocamboleschi cambi di fronte. Dove nulla sarà ciò che sembra.

Azione a 365° e tensione narrativa che perdura pagina dopo pagina, introducendo situazioni che coinvolgono il lettore, catapultandolo nel Mondo delle spie, dove usi e costumi, anche i più consueti, assumono una prospettiva diversa. Un intrigante e affascinante Mondo dove tutto è possibile e nessuno è realmente ciò che sembra.

Il mito di James Bond non ha bisogno di presentazioni.

In questa sede più che suggerire ad ogni lettori di qualunque età di custodire gelosamente una copia di questo straordinario esordio letterario nella propria libreria, corre l'obbligo di fare un pò di chiarezza su alcune delle “mitiche” certezze che accompagnano uno dei personaggi più celebrati della letteratura come del cinema.

L'icona di 007 è tutta inglese, complice uno stile impeccabile e dei cliché talmente amati dai fan da essere diventati una sorta di biglietto da visita e a volte persino espressioni del linguaggio comune.

Ma siamo davvero sicuri che tutto questo sia corretto? Il celebre “Vodka Martini” per esempio? O la passione per le donne e ancora, la indimenticabile “Aston Martin”, facevano davvero parte della storia iniziale di 007?

Ebbene ecco alcuni spunti che certamente i lettori troveranno assai interessanti:

  1. La prima comparsa di James Bond avviene al tavolo della roulette del Casinò. E' un pò annoiato e sta pensando che la serata vada concludendosi.
  2. Miss MoneyPenny è introdotta dal Capo di Stato Maggiore che sta andando ad un colloquio con M; è considerata una giovane donna che potrebbe essere attraente se non fosse per gli occhi freddi, diretti e beffardi (molto lontana quindi dall'icona della segretaria sorniona con la battuta di spirito sempre pronta e “di rimando”).
  3. M parla di attribuire l'incarico ad un un doppio zero (senza menzionare il nome dell'agente) in quanto trattasi di persona abile nel gioco d'azzardo.
  4. La prima copertura di James Bond è quella di un uomo d'affari la cui società ha sede legale in Giamaica, luogo che l'Autore dichiara, 007 conosce assai bene (esattamente come Ian Fleming che sta scrivendo il romanzo proprio dal suo bungalow in Giamaica).
  5. James Bond ama le colazioni abbondanti.
  6. L'agente segreto più famoso del Mondo non apprezza granché le donne: dimostra di sopportarle pochissimo, evidentemente misogino; si concede tuttavia di non esserne immune al fascino in ciò proclamandosi come un qualunque altro uomo. E' veramente lontano l'irresistibile fascino di 007 diventato un icona del suo modus operandi.
  7. James Bond ha l'hobby delle macchine e ne possiede una: una Bentley acquistata nel 1933; è quindi questa la prima marca automobilistica della serie e la prima auto menzionata come di proprietà di 007.
  8. L'appartamento di Bond a Londra è situato nel quartiere di Chelsea.
  9. Il primo drink ordinato da James Bond è.. un americano! Il celebrissimo vodka martini shakerato non mescolato arriverà addirittura per terzo, cioè dopo uno champagne al ristorante.
  10. Il drink di 007 non ha un nome! Bond lo ordina al bar del Casinò insieme con l'agente della Cia Felix Leiter, più esattamente è un Martini Dry ma con una formula che Bond detta sul posto al barman: “tre parti di Gordon's, una di Vodka, mezza di Kina Lillet: agitare il tutto bene nello sheker fino alla ghiacciatura poi aggiungere una fetta di limone, grande ma sottile. Servire in una coppa profonda da champagne”. Bond dichiara che prima o poi dovrà trovare un nome a questo cocktail che ha inventato.
  11. James Bond è un accanito fumatore, al termine del primo capitolo si concede la 77° sigaretta della giornata, ma solo successivamente impariamo che la sua marca favorita è Morland a discapito della pur apprezzata Hoagy Carmichael.
  12. 007 dorme con una Colt 38 Police Positive sotto il cuscino e si porta dietro una calibro 25.. non è ancora il tempo della Walt PKK!
  13. In quanto a champagne (seconda e quarta bevuta del romanzo), lo ordina per la prima volta insieme con Vesper Lynd e sceglie un Taittinger del 45, poi accettando l'offerta del cameriere di un Blanc de Blanc Brut del 1943 dichiarandolo come il meglio.
  14. James Bond si guadagna il doppio 00 commettendo due omicidi su commissione. Il primo é quello di un esperto cifrario giapponese ed il secondo, di un doppio agente norvegese a Stoccolma.

Relativamente alla narrazione, corre l'obbligo di svolgere alcune osservazioni sullo stile con il quale Fleming ci propone questa sua opera prima.

La storia ci ha tramandato il fatto che l'Autore abbia iniziato a scrivere questo romanzo in Giamaica dove possiede una villetta che in realtà è un bungalow sulla spiaggia di nome “Goldeneye”.

Occorre tenere presente che la principale fonte informativa è l'Autore stesso, travolto dal successo senza precedenti della sua creatura.

E non sempre Ian Fleming è stato del tutto coerente nel renderci partecipe della leggenda. Diciamo che ha più volte fatto appello alla creatività.

Lo scritto però non mente.

C'è un evidente differenza fra il primo capitolo del romanzo ed il proseguo.

La distinzione annida nel carattere generalista con cui l'opera comincia, per poi invece focalizzarsi sul personaggio, una sorta di “big bang” creativo dal quale si origina l'Universo dell'azione di 007, dai servizi segreti ai personaggi comprimari: i loro ruoli, l'amalgama di un Mondo sconosciuto e affascinante, carico di azione e avventura.

Un cambio di marcia che punta a sottolineare, con meticolosità elementi prima meno indagati.

Che cosa cambia quindi dal primo capitolo al proseguo?

Alcuni autori che hanno pubblicato eminenti saggi sull'argomento ipotizzano che Fleming fosse sostanzialmente annoiato in quel giorno, come in altri, ciò in quanto il suo soggiorno in Giamaica non fosse un idillio per un uomo abituato a sentirsi parte dell'azione e degli eventi. Come tale, potrebbe aver distrattamente impiegato il suo tempo buttando giù dapprima qualche riga. Magari di un personaggio di cui aveva in precedenza già colloquiato con amici e conoscenti.

Non a caso, lo stesso Autore ha attribuito la paternità di James Bond in parte ad un ornitologo suo amico che ne avrebbe identificato i tratti essenziali, poi sviluppati dallo stesso Fleming. Verità o fantasia?

E' mia opinione che, basandomi su numerosi Autori che ho avuto la fortuna di leggere, Fleming abbia scritto prima i capitoli successivi, in particolare quelli a lui più congeniali che non potevano non essere d'azione. Una tecnica molto usuale nei romanzieri alle prime armi e in coloro che tendono a personificarsi con il protagonista.

Trasferendo cioè l'opera da un piano di pura fantasia a quello di una realistica biografia, condita ovviamente con l'arte della letteratura di ricreare eventi e circostanze.

Successivamente, il personaggio deve aver beneficiato dell'apporto di giudizi favorevoli ed è seguito quello che notoriamente passa sotto il nome di “editing” per aggiustarne alcuni periodi e lo svolgimento, nonché una forma a metà fra il “ghost“ ed il “cultural writing” che ne ha indirizzato alcuni tratti salienti.

Il primo capitolo è un prologo postumo, quasi introduttivo e come tale sganciato dall'opera, cui peraltro l'Autore fa seguire anche una scheda tecnica tipicamente estrapolata dall'ambiente dei servizi segreti, con ciò introducendo i “cattivi” un pò magnificandoli con quel metodo inconfondibile che poi sarà una delle tante chiavi del successo, dai supercriminali che vogliono controllare il Mondo, fino alla celebrissima organizzazione “Spectre”.

Allo stesso modo, il finale è stato pensato prima e come tale risulta parte integrante dell'idea di invincibilità e del successo personale oltre la sfida, perché il pathos si deve concentrare sul confronto e non sull'epilogo che indubbiamente è anch'esso auto conclusivo quasi come un epitaffio che anziché segnare la fine ci rimanda ad un nuovo inizio.

A tal proposito, rispetto al romanzo, il recente omonimo film uscito nel 2006 e primo episodio di una trilogia cui ha fatto seguito “Quantum of solange” e ben presto si concluderà con “Skyfall”, rispetto al romanzo gli sceneggiatori hanno operato non pochi cambiamenti, pur avendo mantenuto inalterati i nomi dei protagonisti.

Fra i più significativi di questi va menzionato che “Royale” nel romanzo è una cittadina immaginaria che l'Autore colloca sulla costa francese settentrionale, in Normandia. Nel film invece, si trova nel Montenegro.

Il suicidio di Vesper, nell'opera letteraria, è un atto d'amore, dopo il tradimento, per salvare James Bond dal servizio segreto russo “Smersh”, mentre nel film introduce praticamente la seconda parte della trilogia portata avanti in “Quantum of solange” che nella carta stampata invece è un racconto facente parte della raccolta “Solo per i tuoi occhi” nel quale Bond peraltro figura pochissimo, se non in veste di semplice comparsa/ascoltatore.

La trama cinematografica è pertanto quasi completamente inventata.

Nel romanzo, come nel film, James Bond da il nome Vesper al suo cocktail. Altresì, il romanzo come il film si chiude con la stessa brutale frase: “la puttana è morta”.

Soffermiamoci quindi sulla figura dell'Autore, Sir. Ian Fleming.

Fu un comandante della marina britannica durante la seconda guerra mondiale, un audace soldato che fece carriera grazie alla sua creatività che lo portò a partecipare, anche in qualità di ideatore, ai piani “Goldeneye” e l'operazione “Ruthless”, per sottrarre alla Wermacht il celebre codice Enigma.

Oggi verrebbe da dire: vere e proprie avventure degne di 007.

Il personaggio di Vesper è ispirato a Muriel Wright, donna amata da Fleming, che perse la vita durante la seconda guerra mondiale a causa dei bombardamenti.

Dopo la carriera militare si dedicò a quella di scrittore e giornalista, annoverando alcune celebri firme fra le sue amicizie, fra le quali Raymond Chandler.

Casino Royale non ebbe un successo immediato ed anzi, anche le successive opere aventi come protagonista James Bond stentavano a decollare, malgrado il successo critico. E' nel 1962 che arriva il vero e proprio “boom”.

Il diritti cinematografici erano già stati proposti a diverse case di produzione, ma scartati. Una celebre major giudicò il personaggio di 007 particolarmente negativo e sicuramente incapace di attrarre un significativo pubblico.

Fu così che i praticamente sconosciuti produttori Harry Salzman e Albert Broccoli decisero di scommettere sull'agente segreto, per fare il salto di qualità e portare nelle sale cinematografiche il sesto romanzo di Fleming con il titolo originale di “Mr. No”, alias “007: licenza di uccidere”.

Impersonato dall'indimenticabile Sean Connery, James Bond diventa un successo senza precedenti e l'uomo d'oro del cinema, in grado di incassare nel corso degli anni miliardi di dollari.

Purtroppo Fleming morì due anni dopo l'uscita del primo film, nel 1964, per via di un infarto e probabilmente a causa di una vita fatta di sregolatezze. Lo stesso Autore ebbe a scrivere in proposito: “Ho sempre fumato e bevuto e amato troppo. In effetti ho vissuto non troppo a lungo, ma troppo”.

Nel corso degli anni 007 è diventato un icona culturale che ha attraversato oltre mezzo secolo. A lui si sono ispirate collezioni di moda di alcuni prestigiosissimi stilisti, marchi e modelli, stili di vita, frasi ricorrenti entrate nel vocabolario comune, su di lui sono stati scritti saggi e tesi di laurea.

Lo stile narrativo di Fleming è stato riconosciuto e accreditato in tutto il Mondo.

E chissà che cosa avrebbe pensato l'Autore vedendo la cerimonia d'apertura delle Olimpiadi di Londra 2012, quando l'Attore Daniel Craig, ultimo volto di 007, va a prendere la regina d'Inghilterra interpretando James Bond nella realtà, per scortarla all'inaugurazione dei giochi olimpici.

Fleming voleva che James Bond fosse eterno, in grado di sopravvivere al tempo, in ciò forse il principale nemico dell'Autore. Un eroe risoluto, che si nasconde senza portare la maschera come fanno nei fumetti, ma indossa lo smoking ed è avvincente perché vive nella terra di mezzo dell'eterna sfida fra il bene ed il male.

Un uomo del fato e della provvidenza, un cavaliere la cui armatura è il senso del dovere, coltivato all'ombra di un latente desiderio di libero arbitrio ancorato però al senso del dovere, cui non si svincolerà mai.

Il resto è storia, che in sessant'anni ha alimentato l'intramontabile mito di 007, laddove dalla prima missione di Casinò Royale in molte altre occasioni, l'Inghilterra prima ed il Mondo poi, hanno avuto bisogno di James Bond, per scongiurare cospirazioni o catastrofi.

Pronto ad agire in ogni dove e a confrontarsi con qualsiasi nemico, ancora oggi nel 2012, una cosa è certa: nessuna sfida è troppo audace e alcun avversario inarrivabile per l'agente segreto al servizio di sua Maestà, più famoso del Mondo.
 


Per questo e come sempre, al termine di ogni avventura il lettore avrà la certezza che “James Bond tornerà”.

Casinò Royale” è il primo romanzo, dove tutto ebbe inizio. Irrinunciabile.

                                                                         Marco Solferini
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sabato 15 settembre 2012

Debite proporzioni

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Debite proporzioni

Autore: Andrea Menetti.
Genere: Drammatico.




L'Autore, al suo esordio, ci propone un interessantissimo affresco fisiognomico di personaggi costruiti con un autorevolezza narrativa di assoluto spessore.

La storia si sposta rapidamente dal centro di Bologna, dove Umberto Redondi figlio del più celebre Professore, prende una corriera allo scopo di raggiungere il paese dell'infanzia, Poggio.

Durante il viaggio, incontra una donna che misteriosamente sembra già conoscerlo, e custodire una verità celata fra le pagine della storia, relativa alla sua Famiglia.

E' l'inizio di un viaggio dentro al passato.

Un tempo mai dimenticato: sopito, sornione come forse solo i segreti sanno essere.

Uno straordinario affresco dove le parole rassomigliano a colpi di pennello sulla tela degli eventi, parole scelte per essere cadenzate, con armonia e naturalezza.




L'Autore è bravo e diligente nel utilizzare il dettaglio e riesce a far coincidere l'interesse con il punto focale della narrazione, il che attribuisce al presente, una notorietà stilistica assolutamente immanente. Ed il lettore la percepisce su di sé, lasciandosi avvolgere da essa come se fosse una seconda pelle.

Ecco quindi che i luoghi prendono forma: (ri)vivono, e anche le sensazioni che dalle emozioni trasmutano. Come la farfalla rinata, nella consapevolezza che pagina dopo pagina il Redondi, riscopre se stesso e la sua vera identità.

C'è una sorta di rinascita interiore, un percorso fatto di distanze certo, ma anche avvicinamenti. Una parafrasi di quello che spesso sono i rapporti interpersonali e di ciò che hanno in comune con il senso della vita.

Scritto senza eccessi di sofisticazioni, il romanzo è credibile e convincente nella sua estemporaneità creativa, pur denotando un interessantissima possanza narrativa che lascia ben sperare per questo Autore, in rapporto anche a testi di diversa natura, cui potrebbe decidere di dedicarsi per il futuro.



Debite proporzioni” è un romanzo scritto benissimo: un atto d'amore per la storia delle persone, di rispetto per il passato e centralizzato sul ruolo dell'individualità, concepita in quel grande archetipo, a volte magico quanto alchemico, che è il destino. E' anche un testo che tributa, con rispetto, un ricordo simile a quello di un dipinto d'Autore a Bologna città e ai suoi tanti, meravigliosi comuni limitrofi che come stelle intorno al sole, formano la Via Lattea dell'Emilia.

Consigliato.

                                                                        Marco Solferini
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lunedì 10 settembre 2012

L'ultimo giorno di Joseph Conrad

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L'ultimo giorno di Joseph Conrad

Autore: David Miller
Genere: drammatico, biografico, sentimentale.



Joseph Conrad, il grande scrittore, giace nel suo letto. Le crisi respiratorie si fanno sempre più frequenti.

I suoi scritti lo hanno già reso eterno nella memoria dei lettori.

Il grande Autore, i cui memorabili versi sono destinati a tramandarsi nei secoli, addivenendo persino ad uno stile di scrittura.

Lilian Hallowers, la dattilografa storica che ebbe a innamorarsi dell'uomo e dell'Artista, inaspettatamente riceve l'invito per una riunione di Famiglia presso la casa a Oswalds non distante da Canterbury.

L'occasione è il diciottesimo compleanno di John uno dei due Figli dello scrittore.

E' un viaggio nella memoria del presente quello che si apre innanzi a Lilian, in quello che sarà l'ultimo giorno di vita di Conrad, per rivedere quelle persone che hanno popolato la sua esistenza: Jesse, la moglie, Curle il giornalista amico di Famiglia, Borys il figlio più maturo e altri.

E' un intenso, affascinante nuovo mondo, una frontiera inesplorata e per molti versi criptica che costringe Lilian a profonde riflessioni nell'atavico sentimento dell'agire umano, come se fosse una via di mezzo, fra l'arte che imita la vita e l'esatto opposto.

Fino alla ribellione al dogma naturalizzato della morte che la porterà ad un confronto duro e schietto con il decano di Canterbury, Geroge Bell, al quale ella riverserà la sua compiuta forma esperienziale, figlia non ultima del legato trapassatole dal grande scrittore. La sua etica immortale.




Il romanzo si presenta da subito con una scrittura creativa che omaggia Conrad.

Istantanee che focalizzano la scena, in un campo visivo ristretto da un alta e meticolosa descrizione dell'ambientazione cui fa da contraltare una cultura del dettaglio espressa a mezzo della parafrasi e nell'utilizzo sapiente delle metafore.

I versi sono scampoli di paradiso in una terra morta. Proprio come il grande Autore di “Cuore di tenebra”.

Un omaggio riuscito.

L'Autore è bravissimo nell'affascinante descrizione degli eventi attraverso i protagonisti, in quello che è uno stile suadente, basato su eleganza narrativa e naturalezza espositiva.

Assolutamente meravigliose alcune scene, incardinate in sotto paragrafi, quali il funerale, con la sua processione, le riflessioni del Figlio John, in rapporto all'etica e al comportamento di suo fratello maggiore e i rapporti personali di Curle, l'amico di Famiglia, nella devozione per l'Autore ed il rispetto profondo, anche se profano perchè scevro della religiosità, per tutti i partecipanti a questa dipartita che lascia un profondo senso di vuoto.

L'Autore ci propone una tematica impegnativa, qual'è quella dell'influenza che la persona in vita (Conrad) anche se malata e fattivamente assente esercita su tutti i presenti, per poi coniare con uno stile a tratti neoclassico la medesima influenza che esercita il corpo morto, nei pensieri e nei ricordi immediati di tutti i presenti.

Un opera quasi propria della drammaturgia gotica per la consapevolezza che questi ricordi sbiadiranno e trapasseranno.

E l'Autore impersonifica il grande Conrad al meglio quando riesce ad interpretare e a proporre al lettore un inteso e struggente gioco degli inganni che si consuma nelle intenzioni.

Lo spazio per i sentimenti è costruito sulle contrapposizioni. Come l'amore, esso è oppresso e spesso innominato, ma gelosamente custodito, coltivato con una pudica alternanza e contrapposizione fra desiderio e timidezza.




L'ultimo giorno di Joseph Conrad” è una magistrale opera che omaggia il grande scrittore. Un intenso e struggente affresco dell'ultima ora e dei giorni che seguono la sua dipartita. Scritto in modo impeccabile, l'Autore propone uno straordinario e intenso ritratto della Famiglia, dei sentimenti e dell'innominato amore.

Assolutamente consigliato a coloro che sono amanti del grande Joseph Conrad

                                                                          Marco Solferini
                                                 marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com

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