venerdì 18 dicembre 2015

Trollhunters

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Trollhunters

Autore: Guillermo del Toro - Daniel Kraus.
Genere: fantasy - avventura.

1967. La piccola comunità di San Bernardino, in California, è sconvolta da una incontollata serie di sparizioni di bambini soprannominata l'epidemia dei cartoni di latte per via delle foto degli scomparsi che compaiono proprio sui cartoni del latte.

Una situazione drammatica e apparentemente inspiegabile.

Jim e Jack Sturges sono due fratelli adolescenti che giocano con le loro biciclette. Si ricorrono e presi dal gioco si attardano a rientrare. Succede così, all'improvviso, durante una delle loro tante corse in bicicletta sul ponte, che «qualcosa» afferra Jack. Un sequestro lampo da parte di un essere che Jim riesce a vedere e a sentire, ma che la sua mente è impreparata ad accettare.

Un rapimento. Una sparizione. Il ritorno a casa. La reazione della famiglia. Le ricerche. Poi il nulla. Solo il mistero e l'attesa per un improbabile ritorno. Mentre i giorni diventano anni.

Oggi. James Sturges Junior è il figlio di Jim. Un quindicenne mingherlino, scattante, non molto alto che vive la sua vita da adolescente in quella casa dove il padre coltiva il ricordo del fratello Jack scomparso molto tempo prima e nella quale la madre ha deciso di lasciarli entrambi.

Lui e il suo migliore amico Tobias, in arte «Tub», un ragazzo lentigginoso, grassoccio e impacciato vivono alla giornata il difficoltoso rapporto con i coetanei e con la scuola. In particolare Tub è la vittima preferita del più bullo di tutti: il perfido Steve Jorgensen-Warner, plenipotenziario campione di basket dell'istituto e spietato aguzzino sempre pronto ad infliggere umiliazioni alle sue vittime.

James spesso oppone l'astuzia alle persecuzioni, forte del coraggio, pur se non accompagnato dagli “strumenti muscolari” del suo corpo e segretamente coltiva il suo amore per la compagna di classe Claire apparentemente troppo brava, troppo bella, in sintesi «troppo» per lui.

Un minaccia però, sta per arrivare dal passato. L'incubo dei bambini scomparsi. Un avventurosa sfida che rivelerà molto sul passato della famiglia Sturges e sul fatto che Jim è destinato a diventare un cacciatore di Troll.

Sarà proprio la magia dei Troll nella loro capacità di manifestarsi attraverso i ponti o da sotto il letto dei bambini che sognano a rivelare l'esistenza di un mondo parallelo dove si è combattuta una guerra per centinaia di anni.

«Rimasi steso là, incapace di respirare, mentre gli occhi rossi si muovevano. Le tavole di legno del pavimento gemevano come sotto un grande peso. Sentii un respiro simile allo sbuffo derisorio di un cavallo. E poi gli occhi rossi si fecero avanti dal fondo del salotto, rivelando le lucine molto più piccole del pannello di controllo alle loro spalle. Qualunque cosa fosse, stava venendo verso le camere da letto. Era praticamente la cosa peggiore che potessi immaginare. Finchè non ne successe un altra». Tratto da «Trollhunters» di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, ed. Dea.

Gli Autori infatti raccontano la storia dei Troll, delle varie casate e della loro recente scelta pacifica di non nutrirsi più degli umani. Una scelta però non condivisa da tutti.

E' così che Jim e Tub si ritroveranno a fronteggiare i più spietati Troll insieme con due della loro stessa specie e lo zio Jack che, nel tempo, è diventato un cacciatore esperto.

«La spada si abbassò e Jack le passò sopra agilmente come se stesse saltando una corda. La spada girò sopra la sua schiena, da un amano all'altra, prima che Jack stendesse il braccio e la punta della spada si fermasse a lato del collo di Aaargh!!!» Tratto da «Trollhunters» di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, ed. Dea.

Guillermo del Toro è uno dei più apprezzati e celebrati registi contemporanei. Una mente davvero brillante, le cui intuizioni ci hanno regalato film di altissimo interesse, sceneggiature di fumetti originali e appassionanti serie tv.

Potevamo forse aspettarci di meno dal genere letterario? Assolutamente no.

Orbene, le prime 50 - 60 pagine sono un classico della letteratura “young adult”, con atmosfere che sembrano una via di mezzo tra film anni 80 come i Goonies e la celebrazione dell'audacia adolescenziale alla Spielberg.

L'Autore definisce l'antieroe attraverso i suoi limiti, ma nel contempo lo umanizza a misura d'uomo celebrandone i contenuti morali e intellettuali. L'inquadramento è soggettivo per una narrazione che si focalizza sull'oggettivizzazione degli eventi. Sono questi che trascinano il team di protagonisti come fossero una «compagnia dell'anello» pronta per un Dungeons & Dragons o un Librogame.

C'è tanta passione nella narrazione, arricchita di ottime metafore stilisticamente ammiccanti. Ambientazioni ben rappresentate dal punto di vista visivo senza eccedere nell'esposizione prolissa e insistita. Il testo scivola via bene: si legge di buon gusto.

«Andarsene fu doloroso. Ma il dolore era qualcosa che ogni famiglia in cui era stato perso un bambino conosceva, e se i cacciatori di troll avevano un compito prima di tutti gli altri, era porre fine a quel dolore, in un modo o nell'altro, prima che diventasse irreversibile». Tratto da «Trollhunters» di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, ed. Dea.

I dialoghi sono molto realisti. Con la personalizzazione caratteriale che rappresenta l'epicentro della relazione socio antropologica tra i protagonisti. Il paragone con una sceneggiatura è molto facile, ma sarebbe riduttivo.

Ho trovato il contenuto appassionante e stimolante. Penso che sia un ottimo fantasy. Ricco di idee e intuizioni.

C'è avventura, c'è il fantastico, ma sopratutto c'è l'adolescenza, questo crocevia che si colloca tra la perdita di quella fantasia che è propria del bambino e l'incedere, quasi impetuoso ed irruento dell'età adulta.

L'Autore ha ben individuato il posto dove i sogni vogliono rimanere ancorati a quella parte del nostro Io che ritiene sia saggio credere nelle favole. Nell'avventura fantastica.

«I troll sono sempre esistiti su questo pianeta, come gli umani». Tratto da «Trollhunters» di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, ed. Dea.

«Trollhunters» è un gradevolissimo romanzo fantasy del genere young-adult. Ben scritto, ottimamente impostato. Offre una lettura coinvolgente e lineare di facile intuizione che manifesta il meglio di sè nell'elemento visivo.

Consiglio non solo il romanzo, ma anche un gradevole thè o una cioccolata in tazza prima di infilarsi sotto le coperte invernali. Nella notte fredda e silenziosa. Per lasciarsi condurre tra le pagine di quest'avventura.

Marco Solferini.
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mercoledì 2 dicembre 2015

Avarizia

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Avarizia

Autore: Emiliano Fittipaldi.
Genere: attualità.

L'atteso e molto pubblicizzato libro di Fittipaldi, edito dalla Feltrinelli, è l'ultimo di una serie di scritti che hanno come oggetto il proporre al lettore indagini conoscitive sui «conti» della Chiesa.

Con il termine Chiesa vengono identificati, per ragioni evidentemente di opportunità espositiva, un insieme di soggetti che ruotano attorno ai Palazzi Apostolici e che andrebbero forse più correttamente qualificati come facenti parte della finanza e dell'economia del Vaticano.

Non essendoci una trama è impossibile fornire una sintesi.

Inoltre, giacchè gran parte dei principali temi affrontati nel romanzo, suddiviso in capitoli e paragrafi, è stato oggetto di ripetuti «spoilers» sui principali quotidiani mi riesce altresì difficile sintetizzarli a beneficio del lettore senza sembrare di volermi infilare in quella che è stata, di tutta evidenza, una macroscopica macchina di vendita.

Per primissima cosa, mi sento in obbligo di fornire una premessa a titolo chiarificatore, sopratutto per quanti non hanno letto (ne hanno intenzione di farlo) il libro e si basano esclusivamente su poche paginette di giornale sbocconcellate tra un caffè e un bicchiere di vino.

In tutto il libro l'Autore afferma sempre che la gestione vaticana di Papa Francesco sta facendo del suo meglio sia per trasparenza che per ricercare e correggere gli errori.

«La volontà del papa di rivoluzionare le abitudini della banca non è messa in discussione nemmeno dagli investigatori italiani più scettici, ma che in Vaticano esistano anche forti sacche di resistenza contrarie al mantra della trasparenza assoluta è - inchieste alla mano - innegabile». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.

Questo concetto dev'essere molto, ma veramente molto chiaro. Chiunque strumentalizzi questo testo allo scopo di criticare l'attuale Papa lo fa con la coda di paglia perchè in questo libro non c'è scritto nulla che vada contro Papa Francesco e le sue intenzioni / azioni.

Nel libro incontriamo spesso (ma non sempre) i documenti trafugati dagli uffici che, apparentemente e fermo restando che sull'argomento, nel momento in cui scrivo, è pendente un processo sempre per via ipotetica, non sarebbero stati divulgati.

O meglio, il contenuto degli stessi non sarebbe stato reso comunque noto.

Particolare quest'ultimo su cui vorrei soffermarmi perchè ritengo che sia stata offerta ai lettori una chiave interpretativa sbagliata.

Se una commissione viene incaricata di effettuare verifiche sui conti delle numerose fonti di sostentamento e ricavi della Chiesa io mi sento legittimato a pensare che sia del tutto logico che i risultati di tale indagine non siano immediatamente resi pubblici.

Andranno cioè prima letti, interpretati, condivisi e naturalmente verificati ad opera dei facenti funzione.

Poi, giacchè lo scopo di un indagine interna è sempre quello di informare, sulla base delle risultanze andranno presi, se del caso, dei provvedimenti.

Ciò significa che esiste un lasso di tempo tra la redazione del documento e la sua possibile pubblicazione.

Tempo strettamente correlato con l'efficacia del contenuto e l'ininfluenza dal punto di vista pratico di quest'ultimo, sopratutto per coloro che hanno interesse ad avvalersene, per la buona e sana gestione proprio della Chiesa.

Bisogna capire che a volte sotto la bandiera della trasparenza si portano avanti delle campagne di moralizzazione che sono lontane parenti dell'efficienza. Ciò che si vuole è solo stimolare reazioni di contrarietà nella pubblica opinione. E' il classico caso del male peggiore della cura.

Per questa ragione, gettare questi documenti nell'Agorà del pubblico famelico di scandali e propinarli come la verità rivelata, dopo un excursus di pseudo spionaggio. tra il poco probabile (francamente alcune delle ricostruzioni su come questi documenti sono stati acquisiti sollevano dubbi, pur potendo essere plausibili, ben inteso) e il torbido, in chiave, questa si, romanzata, a me pare l'antitesi dell'informazione libera e responsabile.

Mi sembra proprio, invece, un indottrinamento. L'utilizzo cioè strumentale e deviato del caro vecchio quarto potere. Capiamoci: informare è una cosa, inculcare la propria opinione invece è un altra.

Prima di procedere quindi alla lettura, ritengo si debba riflettere su questi argomenti.

Venendo all'aspetto pratico del libro, ecco che mi sono trovato di fronte al solito metodo narrativo (che qualcuno definisce giornalistico) più attento ad evitare le conseguenze di cause legali che ad esporre i fatti nudi e crudi.

Da un lato è indubbio che il libro parte forte.

«Deve sapere che Bertone ha preso un elicottero costato 24mila euro per andare da Roma in Basilicata. deve sapere che il Bambin Gesù controlla allo Ior un patrimonio pazzesco da 427 milioni di euro e che il Vaticano ha investito pure in azioni della Exxon e della Dow Chemical, multinazionali che inquinano e avvelenano. Deve sapere che l'ospedale di Padre pio ha trentasette tra palazzi e immobili, e che oggi hanno un valore stimato di 190 milioni di euro. Deve sapere che i salesiani investono in società in Lussemburgo, i francescani in Svizzera, che diocesi all'estero hanno comperato società proprietarie di televisioni porno. Deve sapere che un vescovo in Germania ha scialacquato 31 milioni per restaurare la sua residenza, e che una volta beccato è stato promosso con un incarico a Roma. francesco deve sapere un sacco di cose. Cose che non sa, perchè nessuno gliele dice». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.

Nelle prime 20 pagine sciorina cifre da capogiro, tra immobili, partecipazioni finanziarie e raccolte fondi.

Arrivano a valanga nomi su nomi. L'intento è chiaro: far credere al lettore che lo stringe tra le dita per la prima volta che quello sarà il tenore di tutte le 200 pagine.

In verità, nel proseguo ho avuto la sensazione che dopo i colpi veri e propri, siano arrivati quelli a salve.

Al lettore attento non sfuggirà che già a partire dalle pagine 60 - 70 si passa dal potenziale scandalo a un pettegolezzo. Non poche sono le frane di Piovarolo che vengono infilate qua e là nei sottoparagrafi. A scopo sensazionalistico e rafforzativo. Alla fine i nomi veramente incriminati sono più o meno una dozzina.

Un pò pochi se pensiamo alle decine di migliaia di persone che fanno parte della Chiesa con ruoli di amministrazione.

Il resto son comportamenti, certamente degni di nota laddove censurabili e altresì amareggianti, ma molto, decisamente molto distanti dall'essere la bomba mediatica che il testo promette.

Ho difficoltà a qualificare tutto questo come serietà nei confronti del lettore.

Troviamo infatti il solito capitolo dedicato al Cardinale Bertone, del quale però già si sapeva molto se non tutto in quanto oggetto di parecchie pagine in altre pubblicazioni fra cui il libro «Sua santità» della Casa Editrice Chiare Lettere (che l'Autore in realtà cita per dovizia) e che io ho già recensito nel 2012.

«Arrivato Bergoglio, il braccio destro di Ratzinger è andato in pensione, ma è rimasto obiettivo principale e simbolo negativo di una Chiesa da riformare, ed è stato nuovamente massacrato per l'attico»da settecento metri quadrati con terrazzo panoramico», scrissero i giornali, in cui si è trasferito a dicembre del 2014. Un appartamento la cui grandezza è opulenza fu stigmatizzato da tutti i media del mondo, compreso il «Washington Post». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.

Incontriamo altresì un capitolo su una diocesi gestita apparentemente molto male dal punto di vista finanziario, ma pur sempre, anche se sicuramente degna di nota, non così determinante da fungere da esempio per le numerosissime altre diocesi che mancano all'appello e che magari sono gestite molto meglio.

Per quanto riguarda l'esposizione, a mò di resoconto dei fatti, ritorna a un metodo che è dichiaratamente fuorviante.

C'è il solito ondivago pellegrinaggio da un soggetto all'altro.

Il classico, per capirci, a mò d'esempio: «è stato chiamato per questo Tizio il quale è noto per via del fatto che in precedenza aveva fatto parte dell'organizzazione Alfa la quale annoverava tra i suoi membri anche Caio il quale conosceva Sempronio che è stato indagato per questo e ha fatto anche quest'altro». Oppure: «Tizio, era già noto per via della sua frequentazione di Caio e Sempronio, il primo indagato per quello e l'altro membro dell'organizzazione Beta che fra l'altro si segnala per aver fatto cose come questa e quest'altra».

Il lettore più accorto non potrà non capire che a ben guardare tutte queste divagazioni su conoscenze, amicizie, colleganze varie non rivelano, dal punto di vista pratico, un bel niente e sono gratuitamente messe lì perchè si vuole aggiungere legna al fuoco dello scandalo.

Allargando il malvezzo e ma sopratutto suggerendo, per via subliminale, quell'esaltazione che oggi passa sotto il minimo comune denominatore della delusione e del pensiero ahimè diffuso che tutto è brutto, contorto, deviato.

Il lettore non si deve sfruttare. Lo si deve informare.

A mio parere questo accade solo in una ventina circa di paragrafi.

Ci sono infatti delle questioni che sollevano perplessità (non poche).

Sicuramente sul passato assai discutibile per non dire terrificante di soggetti che non dovrebbero nemmeno figurare tra le alte cariche della Chiesa Cattolica in quanto chiamati a rispondere di reati odiosi come la pedofilia, come pure nella distrazione (inaccettabile) dei fondi destinati ai poveri e alla solidarietà. E ancora, l'utilizzo a mò di favoritismo di proprietà immobiliari invece che per i bisognosi per intrattenere una serie di rapporti con personaggi famosi e peraltro abbienti cui non si lesinano prezzi di favore. Tutto questo è un insulto alla povertà, alla precarietà, all'indigenza.

«In alcuni casi, inoltre, le pigioni pagate dagli inquilini non appaiono in linea con i prezzi di mercato. A godere di un trattamento di favore è stato di certo Esterino Montino, ex presidente dad interim della regione Lazio e pezzo grosso del Pd regionale, che ha vissuto ospite di Propaganda fide in una delle vie più rinomate della città, via dell'Orso. Prezzo di affitto del locale: 360 euro al mese per centodieci metri quadrati che Montino divideva con la sua compagna, la senatrice democrat Monica Cirinnà. «L'abbiamo ristrutturata a spese nostre, abbiamo messo 150 milioni di vecchie lire», la giustificazione dell'attuale sindaco di Fiumicin, che s'è visto nel 2010 - dopo dodici anni di sconti record - aumentare il canone a 3 mila euro, l'effettivo valore di mercato di quella zona». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.

E' drammatico per non dire sconcertante leggere dell'utilizzo di alcune note raccolte fondi per questioni più gestionali e amministrative invece che direttamente per aiutare i poveri e i bisognosi.

Ammetto, senza riserve che queste parti le ho vissute come un pugno nello stomaco, mi hanno fatto storcere il naso e mi hanno decisamente contrariato.

Sono pagine che fanno male e lasciano un segno davvero brutto, non solo per i fedeli.

L'Autore in questi frangenti è stato efficace ed ha colpito nel segno.

Ha altresì centrato l'obiettivo quando ha preso di mira le inesatte valutazioni sullo stato patrimoniale e il conto economico, parliamo cioè del reale valore di mercato degli immobili sparsi per varie nazioni, come pure delle partecipazioni finanziarie (leggasi investimenti plurimi in prodotti finanziari).

«Oltre all'immenso real estate, il Vaticano possiede azioni, liquidi, obbligazioni, suoi e per conto terzi, e asset finanziari che valgono tra gli otto e i nove miliardi di euro in totale. Di cui, si legge nel documento che ipotizza la creazione del Vatican Asset management, «l'85 per cento investiti in azioni, il 5 per cento in conti bancari, il 5 per cento in fondi esterni, il 3 per cento in obbligazioni e un 1 per cento in oro e materie prime». Gran parte della montagna di denaro del Vaticano è conservata allo ior e all'Apsa, l'ente che Bergoglio vorrebbe trasformare in una banca centrale». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.

Un curioso arcipelago che intreccia prassi tipiche della finanza capitalista e speculativa con nomi di società che si segnalano per aver avuto problemi circa la loro effettiva affidabilità valutativa. Flussi di denaro verso Paesi «canaglia» e paradisi fiscali.

In questi casi però, devo tuttavia mediare l'apprensione con due considerazioni.

La prima, per quanto riguarda gli immobili, è che la Chiesa è un organizzazione millenaria. Mi sorprende poco, in tutta onestà, che nell'arco di centinaia e centinaia di anni Ella abbia ad oggi molte proprietà. Fosse nata 50 o 100 ani or sono mi porrei il problema, ma poichè gran parte di questi immobili arrivano da testamenti (e questo l'Autore lo sa perchè lo precisa anche) è del tutto conseguente che vi sia una correlazione con la «vita» della Chiesa. Che ribadisco è superiore, per durata, rispetto a quella dei fedeli. E' millenaria. Lo stesso del resto accade anche con altre importanti confessioni religiose nel Mondo.

La seconda considerazione riguarda le partecipazioni finanziarie. Mi hanno trasmesso l'idea che siano state gestite più che altro con incompetenza e imprudenza. Incontriamo infatti perdite, parcelle onerose per fondi non molto remunerativi, costi vari, insomma l'ipotesi che mi si balena nella mente è che la Chiesa (mi adeguo alla esemplificazione per scopi espositivi) si sia mossa guardando alle persone cui affidare gli incarichi con la riservatezza tipica di chi si conosce personalmente e magari con cui si condividono questioni etiche, teologiche, religiose, ma senza considerare le competenze.

Il che significa che purtroppo si sono letteralmente messi più volte in pasto a un branco di lupi famelici: l'alta finanza.

Una menzione a parte meritano le organizzazioni che non sono la Chiesa, ma che ruotano attorno e spesso siedono ai vertici dei palazzi, delle congregazioni, delle commissioni e insomma avrebbero quello che viene definito il potere di influenzare la Chiesa.

Mi riferisco all'Opus Dei anzitutto, ai Legionari di Cristo e via dicendo. Nomi che l'Autore fa tornare spesso e a volte sembra voler spiegare al lettore che non potendo metterli «di traverso» in questi contesti forse anche per evitare spiacevolezze legali, si appoggia a metafore. Ecco allora che i «laici» sembrano sempre essere sinonimo di Opus Dei, per citare un esempio.

Tutti questi soggetti vengono dipinti senza mezze misure come degli affaristi. Più che credere in Dio, preferiscono decisamente il denaro.

E' veramente corretta un assimilazione del genere? Le librerie ormai pullulano di libri sul tema. Come pure gli articoli proliferano su riviste e più in generale via internet. Se da un lato è difficile presupporre che gli appartenenti a queste organizzazioni, spesso altamente riservate, siano tutte delle brave persone, all'opposto è poco probabile che non lo sia nessuno.

Con un pò di avveduta lungimiranza, quando si denunciano fatti così vari e nel contempo si indicano cifre così grandiose, bisognerebbe avere la moderazione di cercare il compromesso che non è rinuncia, ma questione di buon senso. Altrimenti torniamo all'inquisizione e alla caccia alle streghe.

Ci sono anche tante brave persone che corrono il rischio di essere assimilate dalla cattiveria dei più maliziosi. Perseguire lo sbaglio non dovrebbe compromettere il giusto.

Gli Autori, in pubblicazioni come questa, potrebbero limitarsi a domandare a queste organizzazioni di essere più attente nelle ammissioni di chi bussa alla loro porta. Di contemperare cioè le opportunità che taluni offrono, con i rischi che altresì comportano. Di essere quindi meno alla ricerca di una presenza capillare, ma migliore, qualitativamente parlando. E aderente agli irrinunciabili crismi del cristianesimo e del cattolicesimo. Anche in ragione del fatto che, trattandosi di frequentazioni molto assidue e costanti, oltre alla riservatezza impongono una certa vita comunitaria la quale ho più volte letto si traduce in abitudini organizzate simili ad un microcosmo. Passa, per effetto, poco di ciò che è il sentore della pubblica opinione esterna. Vien da pensare che, senza accorgersene, una parte di coloro che sono cresciuti (e invecchiati) in questo microcosmo non abbiano forse del tutto percepito che non pochi (decisamente tanti per la verità), da fuori, banalizzano queste organizzazioni riducendole a delle sette affaristiche. Il che aggiunge un problema di pubbliche relazioni in quanto, se non le considerano delle “opportunità” possono qualificarle come un pericolo ed è noto che il passaggio dalla diffidenza alla paura è relativamente breve. Questo spiegherebbe non poche delle considerazioni che ho letto nel corso degli anni su libri e riviste.

«Avarizia» è il romanzo scandalo sui conti del Vaticano. Una serie di rivelazioni che mi sento di consigliare a coloro che credono già che ci sia del «marcio in Danimarca», mentre lo sconsiglio a quanti sentono il bisogno di un senso critico meno accusatorio, più realista e razionale.

Consigliato solo a chi crede nella massima: «distruggere per ricostruire», astenersi gli altri.

Marco Solferini.
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giovedì 26 novembre 2015

Civis ad Civem


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Civis ad Civem
Lettere, commenti, opinioni

Autore: Carlo Giulio Lorenzetti Settimanni.
Genere: biografico, attualità.



Mi è gradito segnalare a tutti i lettori l'uscita della nuova edizione del libro «Civis ad Civem» dell'amico e Autore Carlo Giulio Lorenzetti.



Edito dalla casa editrice Pendragon il libro si presenta in un edizione compatta di facile e chiara lettura. Fortemente arricchita di contenuti grafici.



Trattasi di una testimonianza di vita che l'Autore offre ai lettori sotto forma di una serie di lettere e commenti. Dalle più recenti e contemporanee alle più risalenti e datate, pubblicate sui principali giornali e ripresi dai più noti media Italiani.



Un vero e proprio componimento di riflessioni «civiche» sul significato della partecipazione attiva dei Cittadini alla vita sociale e politica di Bologna come città e dell'Italia tutta, come nazione.



Il lettore incontrerà, nel piacere della lettura, una serie di osservazioni che nell'arco di tanti anni l'Autore ha voluto condividere e che spaziano dalla mobilità urbana, al ruolo dei vigili nel mantenimento della sicurezza, dalla fragilità di un sistema elettorale che pare voler spogliare il Cittadino del suo ruolo da protagonista, agli amari conflitti politici sulle riforme, sul ruolo della religione, sulla giustizia e sulle grandi opere. Sulle minoranza etniche e sui loro diritti umani, così spesso dimenticati.



Leggeremo le riflessioni dell'Autore su grandi temi degli ultimi anni come la riforma elettorale, la manovra d'aumento dell'Iva, il ruolo dell'Italia nella campagna in Iraq. Di Oriana Fallaci. Del caso «Ruby» e dell'efficacia della azione penale. Dell'Euro. Della crisi. Dei “mitici” portici di via Saragozza a Bologna da tempo in condizioni disonorevoli. Dei ciclisti e delle piste ciclabili. E di tante, tantissime altre storie d'attualità.



Tanti argomenti affrontati con la semplicità e il piglio del Cittadino di tutti i giorni. Di colui che, come chiunque altro vive in prima persona, come si suol dire «sulla propria pelle» i disagi di questa grande macchina che è la società moderna e si pone interrogativi che sono certo saranno condivisi dai lettori.



E' questa la bellezza introspettiva del testo del Lorenzetti che lo qualifica per l'alto valore morale e il desiderio di stabilire un cordiale quanto rispettoso rapporto di empatia con il lettore.



Nessuna imposizione, solo una tavola rotonda attorno alla quale circolano le idee sotto forma di opinioni.



In questo «sentire» e «trasmettere» c'è un concetto di fratellanza che unisce rifuggendo l'amarezza del paragone. Volendo all'opposto abbracciare la ricchezza interiore.



E' stato osservato che «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione».



Ma ciò che Lorenzetti insegna in questo suo scritto è l'umiltà con la quale occorre rapportarsi a questa partecipazione: aperta a tutti e realizzabile solo con il contributo di ciascuno.



Potrà sembrare strano, ma è così raro che oggi accada.



Nella società contemporanea, sempre più incasellata in uno scenario degno del celebre Orwell il pregiudizio ideologico regna sovrano, condiziona e spesso corrompe quella stessa libertà che vorrebbe difendere.



Eccoci quindi di fronte ad una serie di scritti sotto forma di lettere, perchè sono da sempre la principale forma di comunicazione. Gli uomini le scrivono dall'alba dei tempi e la loro possanza non è passata di moda. Lettere quindi che potenziano il ruolo del caro vecchio inchiostro. Scritte da colui che come un cavaliere di altri tempi, si arma della penna (è noto quanto ferisca ben più della spada) e scrive.



Vergando i propri pensieri affinchè rimangano e si trasmettano ai posteri Per farli diventare patrimonio comune.



Io sono certo che i lettori proveranno una forte immedesimazione nel leggere le «lettere» di Lorenzetti e non pochi di loro dovranno arrendersi ad esclamazioni come: «Ecco! E' quello che ho sempre pensato anch'io!» oppure: «E' vero. Non sono il solo quindi ad avere questi timori» o ancora: «E' incredibile, ma sono le stesse cose che da anni vado dicendo!».



Perchè un libro quando racconta di sè è concepito per provocare una reazione emotiva. Del resto, in questo caso, la storia siamo noi.



«Civis ad Civem» è un libro che consiglio vivamente a tutti i Cittadini. In particolare a coloro che hanno un animo romantico e valorizzano la persona non per ciò che ha bensì per quello che è. A coloro che hanno amato la cosa pubblica, interessandosi di politica, a quanti vivono alla giornata e sentono la necessità di offrire una risposta ai piccoli/grandi problemi quotidiani e a coloro che, un pò disillusi e magari anche arrabbiati, hanno dimenticato che ogni protesta, ogni rivoluzione, comincia come il celebre viaggio di 1.000 km: con un semplice passo.



Consigliato.



Marco Solferini


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