domenica 27 maggio 2012

Il cammino del penitente


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Il cammino del penitente

Autore: Susana Fortes.
Genere: thriller, storico, drammatico.




Chi ha ucciso la giovane studentessa di filosofia Patricia Palmer?

Il ritrovamento del suo cadavere, nella cattedrale di Santiago de Compostela, getta un ombra di sconforto e inquietudine nella nota città, meta ogni anno di tantissimi pellegrini.

L'indagine, viene affidata al Commissario Castro, mentre in contemporanea, la giovane giornalista Laura Marquez, dell'Heraldo Gallego, uno dei principali quotidiani galiziani, si vede affidare il caso della scomparsa, apparentemente misteriosa, del testo liber apologeticus, risalente al IV° sec e ceduto dall'archivio dell'Arcidiocesi.

Il commissario, si muove come il classico segugio dei numeri e di quelle analogie che sollecitano l'intuizione deduttiva del detective. La sua indagine sembra snodarsi verso un possibile filone ecologista / ambientalista, che porterebbe all'associazione “Arca di Noé” intenta a contrastare una multinazionale già in passato responsabile di un disastro ambientale. A complicare le cose poi, l'apparente scomparsa del fidanzato di Patricia.

La Marquez, all'opposto, giornalista appassionata di storia e possidente una cultura che spazia dai romanzi al cinema più classico, intima amante dell'avventura, indaga sul mistero di una congregazione segreta, ispirata al celebre martire galiziano Priscilliano. L'autore cioè del libro scomparso e sostenitore di un credo panteista, a causa del quale fu messo a morte con l'accusa di “maleficium”.

Quale segreto si accompagna alla morte di Patricia Palmer? E' forse legato all'esistenza di un culto eretico che si è infiltrato e ambientato all'interno della classe sacerdotale della stessa Chiesa? Che cos'è l'ente noto come “assertio fidei”, sottoposto all'istituto di diritto pontificio e quali sono i reali compiti attribuiti ai diaconi che ne fanno parte?





Susana Fortes è la nota autrice del romanzo “Quattrocento” che le è valso gli onori della critica e del pubblico.

Dopo una parentesi di quattro anni ritorna, con questo suo nuovo testo, al thriller storico.

Carico di spiegazioni tematiche ed ambientato in una città santa per eccellenza, la trama di snoda in un doppio filone contemporaneo. Da un lato il Commissario, dall'altro la giornalista. Destinati ad incontrarsi sotto l'egida di un comune denominatore di una verità, che dietro l'omicidio cela un movente più criptico e misterioso.

Il format della narrazione è ormai ampiamente conosciuto.

L'evento morte, che apre ad un indagine a monte della quale c'è un segreto per cui taluno è disposto ad uccidere.

E' una litania già molto usurata nell'ambito della letteratura contemporanea.

Del resto, il successo di alcuni Autori, ha fatto si che molti altri riciclassero questo mudus operanti.

Il vantaggio è che, quando decolla, si parla usualmente di best seller; l'altro lato della moneta però, annida nel fatto che, all'opposto, categorizza a tal punto la tematica da appassionare solo un pubblico di affezionati.

Qui sta, per effetto, la differenza fra un Autore che sperimenta questi espedienti narrativi, avendo già un proprio pubblico, precedentemente conquistato, ed uno che ne sia, invece, sprovveduto.

Susana Fortes appartiene al primo dei due genotipi.

Ciò significa che questo romanzo funziona perchè ad averlo scritto è stata lei.

Se lo avesse fatto qualcun'altro il risultato sarebbe stato molto poco coinvolgente.

La trama del resto è terribilmente banale, e aggiungo, anche decisamente avara di coraggio nel finale assai più compassato di quanto sembrava montare pagina dopo pagina; l'unica cosa che si salva è l'ambientazione in quel di Campostela.

I personaggi sembrano fuoriusciti dalla sceneggiatura per la puntata di un telefilm americano, tanto sono scontati. Nel caso poi dei protagonisti giornalisti c'è una similitudine evidente con i celebri soggetti di Millennium che l'Autrice “omaggia” nei ringraziamenti finali.

Piacevoli le numerose citazioni letterarie.

Una curiosità: esattamente come in precedente scritto, ritroviamo, anche in questo caso, la tematica del fascino del Prof.re universitario che irretisce la giovane studentessa. Un evidente luogo comune, cui l'Autrice, dedica una nota senz'altro critica. Forse siamo in presenza di un tema ricorrente, sensibile per la scrittrice? Ai posteri la sempre ardua sentenza.

Complessivamente pertanto, c'è assai poco di interessante se non lo stile della Fortes: i suoi dialoghi meticolosi, scanditi all'interno di un concetto di tempo, spesso assai melenso che si dilata all'occorrenza, fossilizzando l'azione svolta in contemporanea su due fronti, all'evidente scopo di accelerare in quello che dev'essere il crescendo Rossiniano fino al climax letterario.

Autoconclusivo, ma non definitivo, osserva in questo la regola più evoluta del thriller storico.





Il cammino del penitente” è un thriller storico adeguatamente inquietante, ma scarsamente coinvolgente. Un ritmo cadenzato, la cui alternanza documentale – azione, appassionerà sopratutto i cultori del genere e i lettori affezionati allo stile narrativo dell'Autrice.

Molto al di sotto dello standard di “Quattrocento”, è un libro consigliato principalmente agli interessati e ai fan dell'Autrice.

                                                          Marco Solferini
                                                 marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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giovedì 24 maggio 2012

Piazza San Sepolcro


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Piazza San Sepolcro

Autore: Gianni Simoni.
Genere: giallo, noir, poliziesco.




Piazza San Sepolcro” è il nuovo romanzo di Gianni Simoni, già noto al pubblico degli amanti del genere giallo poliziesco che, con questo suo nuovo scritto, introduce il personaggio dell'ispettore Lucchesi.

Giunto al giro di boa anagrafico della metà di 40anni, l'ispettore è un poliziotto rassegnato a non fare carriera; in parte per via dei provvedimenti disciplinari cui è stato sottoposto ed in altra misura per colpa di un carattere solitario, da vero e proprio uomo di trincea.

Lui, sopravvive al proprio lavoro per senso del dovere, convivendo in una sorta di amore – odio, a tratti lesionistica e distruttiva.

Uno stile di vita decadimentale, usurato e spesso anarchico nel rifiuto dell'auto imposizione tipica delle regole, lo spinge ad una condotta di vita esasperata e lasciva, senza curarsi di se stesso. E dell'immagine che trasmette.

Il mondo dell'ispettore va in pezzi, come la bettola in cui vive, come il rapporto con l'ex moglie e la figlia, come con i colleghi.

Finché il suo stile di vita si scontra con il trasferimento al commissariato San Sepolcro, nel centro di Milano.

Nuovi colleghi. E un nuovo caso, sempre nell'ambito della divisione furti. La sua specialità.

La sparizione di due pregiate tele dalla residenza della contessa Urbinati, donna ricca di fascino che vive i postumi della nobiltà nella splendida cornice di via Cappuccini.

In contemporanea però, la sua ex collega, Lucia Antiochi, che fa parte della nuova squadra antistupro del suo ex. commissariato, lo aggiorna periodicamente sull'indagine in corso, avente ad oggetto la caccia a quello che sembra uno stupratore seriale.

Il fiuto dell'ispettore Lucchesi è utile, forse tanto quanto il suo anticonformismo.





Comincia così, un indagine incrociata fatta di dubbi, deduzioni e numerose scene “bollenti” perchè il sesso, pare da subito essere un attrazione insopprimibile. A tratti, una ricerca alternativa all'esasperazione quotidiana, una valvola di sfogo per le pulsioni animali e a volte, persino il miraggio insopprimibile di un possibile amore.

L'ispettore Lucchesi però, ha un altra irrinunciabile caratteristica che risiede nel colore della sua pelle: è nero.

Il suo ruolo, nella società civile, incastrato con il lavoro che svolge, lo porta a stretto contatto con quel filo d'Arianna tipico della sottile mezzaria su cui poggia il razzismo.

Un sospetto: tagliente, latente, sempre pronto a sfociare in un alterco.

Da questa contrapposizione emotiva, spesso compulsiva, l'Autore trae un apprezzabilissima tematica razziale, giocando il ruolo del diavolo: a centrocampo, dove comincia sia la difesa che l'attacco.

E' una postura intelligente quella che Simoni assume nella stesura del romanzo, rinunciando ai luoghi comuni attraverso la loro reinterpretazione in chiave culturale e civica.

Il termine, noto alla letteratura contemporanea, sarebbe “working class”. Uno spaccato populista delle credenze culturali che emerge dall'uno come dall'altro lato. A volte per un eccesso di diffidenza dell'ispettore Lucchesi, in altri casi, per una palese offesa ricevuta, frutto della convinzione autoritaria tipica del razzismo che sminuisce il paradigma delle relazioni sociali.

La scrittura creativa di Simoni è molto fruibile, dà il meglio di sé nei dialoghi, la cui rappresentazione visiva, tuttavia a volte li rende un po' troppo lunghi. Una conversazione letta, ha tempi diversi da quella parlata.

Però, la scelta di capitoli sintetici e sotto paragrafi brevi, evita un appesantimento ripetitivo dei concetti.

Paratattico nell'uso del black humour, lo scrittore non si limita nella descrizione delle scene di sesso. Il lettore più puritano potrebbe trovare imbarazzante l'audacia un po' hardcore di alcune performance che però chiudono il cerchio dell'universo consumista in cui si muove l'ispettore Lucchesi.

In quest'ottica, il sesso è presentato come un altro genere di rapina: un appagamento di pulsioni, meno ipocrite del falso idillio cui spesso la carta stampata ci ha abituato.

La tematica è quindi affrontata con piglio realista e come tale si inserisce nella scansione temporale degli eventi e delle caratteristiche dei personaggi coinvolti.





Piazza San Sepolcro” è un realistico noir decadimentale ambientato nel centro di Milano. Una doppia indagine per sgominare una banda di ladri specializzata in dipinti e fermare uno stupratore seriale. Crudo, accattivante, immediato e opportunisticamente coinvolgente, il nuovo protagonista di Gianni Simoni punterà diritto al cuore dei lettori, lasciando il segno.

Consigliato.

                                                         Marco Solferini
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martedì 15 maggio 2012

Promettimi che sarai libero

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Promettimi che sarai libero

Autore: Jorge Molist.
Genere: storico, avventura, drammatico.


E' il 1484, Joan Serra ha solo 12 anni e vive in un villaggio di pescatori nella cola di Llafranc, sotto il dominio spagnolo.

Insieme con il padre, osserva le nuvole in cielo e la barca di Famiglia che gli consente di vivere un esistenza dignitosa, pur nella evidente austerità in cui versa il popolo. Ma per suo padre, gli uomini non nascono servi, bensì gabbiani. Liberi di volare.

Il futuro però, è carico di insidie ed una di esse sopraggiunge sotto la minacciosa forma di una nave carica di Mori, desiderosi di depredare il villaggio e rapire le donne, per poi venderle come schiave.

Una battaglia si profila all'orizzonte, per la disperata difesa di tutto ciò che è caro a Joan e che gli verrà portato via.

Con la rabbia nel cuore e la disillusione in coloro che avrebbero dovuto proteggere il villaggio, ma si accontentano dei tributi e delle preghiere, l'avventura di Joan e suo fratello Gabriel, li porterà in quel di Barcellona, lontano da quel luogo dove tutto è dolore e morte.

Una promessa: riscattare la madre e la sorella rapite, vendicare l'omicidio del padre ad opera di un uomo che è soprannominato dal ragazzo: il guercio, per l'evidente sfregio del volto.

Mentre ricorda le ultime parole di suo padre: “promettimi che sarai libero”.

Lontano dal villaggio di pescatori, Joan conoscerà la dura vita del convento: gli usi e costumi dei frati, la città di Barcellona con le sue forme e colori. La storia diventerà quella di un giovane garzone di bottega che nel corso degli anni crescerà, imparando la natura dell'umana virtù di mischiare il dovere, gli ideali e gli affari.

Nella realtà spagnola del 1484, Joan sarà dapprima un “remensa”, un servo della gleba cristiano, poi diventerà un membro della corporazione degli Eloi che fabbricano i cannoni per la guerra e rappresentano un nuovo ed emergente esempio di commercianti, il cui potere cominciava a dilagare nella città, fino a condizionarne l'amministrazione.

Il giovane conoscerà l'amore per Anna, la figlia di un orafo ebreo che sarà costretta, dal sopraggiungere della Santa Inquisizione a scappare: abbandonare quella terra per non diventare “conversos” e conoscere quindi la persecuzione, oltre all'espropriazione dei beni.

Finché un giorno, mentre la storia delle rivolte contadine si scontra con gli interessi di un Ré schiavo della religione e del suo divino ruolo, rincontrerà il guercio, l'assassino di suo padre.

Quale terribile mistero lega quell'uomo all'ammiraglio del Ré Ferdinando, il condottiero dei mari noto come Vilamarì? E quale sorte stravolgerà la vita di Joan, posseduto dal desiderio di vendetta?



L'Autore, già noto, in particolare in terra spagnola, ci propone un buon romanzo storico, carico di avventura e nozionistica documentale.

Una lettura certamente appassionante per gli amanti del genere, che potranno così rivivere gli usi e costumi dell'epoca, affascinarsi alle credenze popolari e riscoprire alcune delle condotte più celebri dell'opportunistico legame fra monarchia e stato pontificio.

Organizzato ed incentrato sulla base dell'osservazione e dei pensieri del giovane pescatore, c'è un crescendo rossiniano nella sua maturazione passando attraverso gli ideali, che formano il carattere del giovane e nel contempo cambiano la prospettiva del romanzo, pagina dopo pagina, per il lettore.

Apprezzabilissime alcune sotto tematiche, prima fra tutte l'odiosa persecuzione degli Ebrei, che in quel tempo lontano, già erano sottoposti a percosse di scherno e spesso alla prassi di indossare abiti che li qualificassero nella società come fossero reietti.

Le comunità ebraiche erano oggetto di sperequazioni da parte di una monarchia decisa sempre più ad anteporre il consenso del popolo cristiano, indotto all'ignoranza, per compiacersi nella divina, quanto illusoria, osservazione del proprio ruolo.

Il tutto sotto l'egida di un celebre motto, che appartenne al grande Alessandro Magno: “tanto monta” e in forza del quale il sovrano, ripudia se stesso, rinunciando spesso alla dignità e all'onore, in omaggio ad un affaristica collusione con il papato più lascivo, quello dei Borgia.

Unica nota fuori dal coro, il fatto che la storia non sia conclusiva. Il lettore sappia che la vicenda di Joan non finisce al termine delle quasi 400 pagine del romanzo, come tale, è lecito attendersi che l'Autore ci proporrà un seguito. Anzi: è necessario, dato che altrimenti l'opera sarebbe incompleta.



Promettimi che sarai libero” è un buon romanzo storico. Un affresco convincente ed appassionante della Barcellona di fine 1400. Ricco di aneddoti storici, propone al lettore una trama avvincente e coinvolgente, basata sulle gesta di personaggi realmente esistiti, riproponendo al pubblico il noto meccanismo espositivo, ormai di successo, della storia narrata in prima persona.

Consigliato sopratutto agli amanti del romanzo storico, ambientato in Spagna.

                                                                       Marco Solferini
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venerdì 11 maggio 2012

Il mio cuore sconosciuto


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Il mio cuore sconosciuto

Autore: Charlotte Valandrey.
Genere: sentimentale, drammatico.




Il mio cuore sconosciuto” è il romanzo biografico dell'attrice francese, nota con il nome d'arte Charlotte Valandrey.

Narra della sua personale vicenda, che la vide diventare sieropositiva in giovanissima età, dopo un rapporto d'amore non protetto. E dell'infarto che la colpì, anni dopo, costringendola al trapianto di cuore.

La sua vita e la sua capacità di amare, diventano pagine cariche di un concetto d'amore che veleggia, come una galea del passato, attraverso la tempestosa vita del presente. Un imbarcazione preda del destino, quanto del vento.

Intenso, a tratti struggente, l'Autrice ci propone un testo nel quale rinveniamo una metamorfosi a tratti epistolare sul significato sacrale della vita.

Il suo comportamento di scelta coraggiosa, nella convivenza con la natura umana camaleontica quasi per definizione, trasforma l'Autrice nello specchio in cui ella riflette l'immagine nuova e ritrovata, dei concetti che tutti noi conosciamo e che sono frammenti di ogni vita.

Lei però, riesce a cambiarne la prospettiva, estrapolandoli dalla sua personale vicenda.





Chiarissimo il “j'accuse” alla diversità del malato, come del sofferente. Laddove si aprono parentesi di vita che possono essere comprese solo se sperimentate sulla propria pelle.

La fobia xenofoba del diverso, che non trapassa nemmeno quando l'unione, tipica dell'indefinito e ricercato amore, sembra creare quel connubio di anima e cuore che solitamente gli innamorati definiscono “eterno”.

La tematica dei trapianti è affrontata sotto molteplici aspetti, dalla legge dell'attesa, all'impopolarità di un calvario che disumanizza l'essere umano, spogliandolo dell'aspettativa, lasciandolo solo con i propri ricordi, come fosse un giocattolo ormai vecchio.

L'Autrice, ritrova la propria grandezza nell'umano senso di comprensione e affidamento ai propri mezzi: quelli dell'infinito universo di possibilità che ci rende unici.

Come un assolo di matematica universale nella geometria incomprensibile della musica che ci dice di accettarci, noi per primi, in virtù di quel che siamo: accettati solo perchè esistiamo.

Periodi colti, ben organizzati, paratattici nella dialettica e argomentati in maniera eccellente dal punto di vista creativo, senza rinunciare ad alcuni archetipi della cultura classica, come il mito di Ulisse cercatore o della rinascita di Iside.

Simpatica e accattivante l'esposizione della diffidenza, tipica, verso la chiaroveggenza, in netta contrapposizione con la secolarizzata esigenza di una scienza che offra certezze di deduzione del presente, per colmare l'aspettativa nel futuro incerto e come tale ignoto.

Tuttavia, un elemento di debolezza nell'esposizione, annida nell'eccessiva personalizzazione del punto di vista introspettivo dell'Autrice che diventa anche il presupposto, ponderato e dominante, di una realtà esclusivamente percepita al femminile.

Ciò che lei prova, le considerazioni che si pone e le argomentazioni autoconclusive come pure giustificative, sono veramente “in rosa”, rappresentando il modo in cui una donna interpreta determinate situazioni. C'è una vera e propria genetica cellulare in questo embrionale modo di rivisitare l'esposizione, pagina dopo pagina.

Se a leggere è un uomo, non potrà non accusare un pò il peso femminista di una simile poco indulgente mole di pensieri parlanti.

In alcuni periodi quindi, il suo punto di vista è troppo egemone e prende il sopravvento sul dialogo instaurato con il lettore.

Del resto è noto che, quando si cerca una confidenza diretta con colui che legge, occorre dosare l'eccesso di personalismo, altrimenti si corre il rischio di essere logorroici nella ripetizione della medesima emozione, rivisitata sotto un altro punto di vista.

Il lettore è prima di tutto sempre protagonista istruito. Non bisogna dimenticarlo mai.

Nel complesso però, il romanzo funziona e le due storie d'amore, sono lo yin e lo yang che tutti noi conosciamo prima o poi nel percorso della vita affettiva; lo sono nel dolore, come nella gioia piena e totale, che questo sentimento, così forte da mettere persino paura, è in grado di trasmettere.





Il mio cuore sconosciuto” è un romanzo intenso, carico di passione. Una storia d'amore per la vita, e per l'uomo giusto. Così vicino, eppure sempre così lontano. Un atto di coscienza, per accettare la diversità, sotto il comune denominatore del diritto alla felicità, di cui tutti siamo originali portatori.

                                                                              Marco Solferini
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venerdì 4 maggio 2012

Il contagio: come la 'ndrangheta ha infettato l'Italia

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In particolare: sabato 5 maggio al Museo Geologico Giovanni Capellini ospiteremo  alle ore 16,30 il  Prof. Corrado Venturini che parlerà su "L'unità geologica dell'Italia".
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Il contagio
come la 'ndrangheta ha infettato l'Italia

Autore: Gaetano Savatteri
Genere: attualità, informazione, lotta alla mafia




Il contagio” è una lunga intervista che l'Autore ha realizzato ai due magistrati Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, che si sono occupati dell'indagine nota come “Crimine” avente ad oggetto l'organizzazione mafiosa calabrese che passa sotto il nome di 'ndrangheta.

Il risultato, è un elencazione dettagliata, ed esplicata attraverso il metodo delle domande e delle risposte ai magistrati sulla natura e metodo di questo fenomeno malavitoso che oggi ha raggiunto anche la quarta o quinta generazione.

L'intervista affronta molteplici argomenti, fra i quali: il paragone, sopratutto con l'esperienza della Cosa Nostra siciliana, la storia, il radicamento nel territorio, il codice d'onore. Un insieme di regole, a tratti rituali, che mescolano ambiente e mentalità mafiosa.





Il risultato è, nel complesso, un testo interessante, sicuramente molto attuale.

In particolare, elabora un affresco veritiero, tanto nel macro quanto nel microcosmo di quella che, al momento, è da molti considerata la più potente organizzazione mafiosa Italiana e d'Europa.

La mentalità giuridica, tipicamente analitica e prosaica dei magistrati, è attenta nel rendere informazioni veritiere e senza esagerazioni, mettendo in pratica quella dialettica moderata e ponderata, che è tipica dell'uomo di legge.





Il contagio”, ci propone la lunga intervista a Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, i due magistrati che indagano sul fenomeno malavitoso noto come 'ndrangheta. Un interessante e ben argomentata esplicazione di contenuti, che dà al lettore un immagine chiara di quelli che sono i fondamenti e le ambizioni della mafia calabrese.

Data la natura dei contenuti, è anzitutto consigliato agli uomini della Pubblica Autorizzazione, di ogni grado e parte d'Italia.

                                                                      Marco Solferini