“Il Club Bilderberg”
La storia segreta dei padroni del Mondo
Autore: Daniel Estulin
Genere: Giornalismo, attualità contemporanea
Il Club Bilderberg è un romanzo documentario, in cui
l'Autore mescola da un lato la sua esperienza di ricerca e raccolta
informazioni e, in altra misura, la vicessitudine personale riconducibile a
questa indagine.
Per capire le ragioni del testo è bene cercare di spiegare
alcuni elementi allo scopo di fare chiarezza o meglio sarebbe, gettare una luce
ragionevole, su argomenti che, a tratti, fanno del mistero una sorta di dogma
comunicazionale.
Va detto anzitutto che, chiunque su internet faccia una
ricerca sul tema delle società segrete o delle cospirazioni si imbatterà in una
moltitudine di pagine web dedicate al Club Bilderberg.
Il che colloca questa realtà o presunta tale, al centro di
un attenzione mediatica molto particolare.
Ciò posto, infatti, è assai opportuno distinguere, nel
testo, due diversi, per quanto collegabili, filoni narrativi.
Il primo tende a voler provare l'esistenza del
Club.
Il secondo, invece, vuole spiegarne gli scopi.
Per quanto riguarda il primo aspetto c'è, in calce al
libro, un ampia documentazione che, se originale, com'è doveroso credere in
ragione della pubblicazione stessa, dimostrerebbe l'esistenza di una realtà
corporativa nonchè il tipo o genere di appartenenze che ne rappresentano
l'esperienza passata e contemporanea (il libro è aggiornato con l'incontro del
2009, quindi uno dei più recenti).
In particolare, circa la partecipazione alle riunioni
annuali, che si svolgerebbero in Nazioni ogni anno diverse, con la presenza di personalità di
spicco della politica, del mondo dell'imprenditoria e della finanza.
A tal proposito però, occorre aprire una parentesi perchè
realtà analoghe esistono già da tempo e sono ampiamente legittime nonchè
riconosciute. Basti pensare alle riunioni dell'OCSE o del G8 o di circoli
dedicati allo studio dell'economia come ad esempio il prestigioso Istituto
Aspen.
La ragione di tali incontri, ben noti ai mass media e alla
pubblica opinione, è sempre di natura macroeconomica, cioè lo studio delle
fluttuazioni per macro aree (come ad es. tutta l'U.E o gli Stati Uniti o l'Asia)
di politiche e cicli economici. In questo caso l'economia è intesa come un
paziente che dev'essere studiato e, all'occorrenza, analizzato per trovare una
possibile cura ai suoi malanni.
L'Autore però, confuta a più tratti questa sorta di
spiegazione per analogia, affermando che il Club Bilderberg andrebbe oltre tali
intenti poichè lo scopo reale sarebbe quello di controllare l'economia
mondiale. Di qui anche l'enfasi posta nel sottotitolo del testo: “la storia
segreta dei padroni del Mondo”.
E' ovvio argomentare, a contrario, che se così in effetti
fosse, sarebbero davvero riusciti male nel loro intento questi presunti
“padroni”, basti pensare del resto alle tante crisi economiche, più o meno
impreviste che si sono verificate negli ultimi anni.
Siccome inoltre l'Autore pubblica l'elenco dei
partecipanti, è obbligatorio rilevare che molte delle società che sono
menzionate se la sono vista assai brutta in più occasioni, il che delegittima
un pò il ruolo di questo Club come di grande fratello Orwelliano
dell'economia.
Ma osservando la lista di nomi che l'Autore propone, salta
subito all'occhio non tanto la presenza, bensì l'assenza di molti, moltissimi
nominativi, più o meno noti.
In particolare, se volessimo monetizzare le assenze, cioè
fare un parallelo fra i capitali presumibilmente coinvolti in queste riunioni e
quelli che mancano all'appello, ci accorgeremmo che quest'ultimi sono molto più
corposi rispetto ai primi.
L'Autore offre una spiegazione che tuttavia, in questo
caso, non è mai provata in alcun modo.
Tale sarebbe che il Club nacque nel dopoguerra e quindi nel
corso degli anni. Sopratutto dopo che il capitalismo occidentale vinse la
guerra fredda contro il sistema socialista dell'ex URSS, gli incontri sarebbero
cambiati.
Una sorta di mutazione endemica che avrebbe quindi anche
trasformato l'attività del Birderberg.
Di questo però non ci sono prove, salvo alcune foto che in
buona sostanza ritraggono solo personaggi noti durante dei meeting o degli
incontri informali, la natura dei quali non è possibile documentare.
Va inoltre aggiunto che paradossalmente buona parte di
queste persone le si può incontrare anche d'estate in località turistiche o
ristoranti esclusivi.
Cero quello da me offerto è un paragone minimalista, ma
vuole semplificare apposta il fatto che, per fare affari, specie nell'epoca
delle comunicazioni, forse non è così necessario un simile apparato
organizzativo come quello presumibilmente a disposizione di questo
Club.
Si deve inoltre aggiungere che buona parte delle società,
secondo l'Autore coinvolte, sono anche legate a doppio filo con le stesse Banche
o società finanziarie altresì presenti nell'elenco dei presunti partecipanti.
Il che si presta ad una spiegazione che molto poco ha da
spartire con la teoria della cospirazione.
Infatti, dalla mitica favola dell'Orafo, che spiega le
origini delle Banche, queste proteggono sempre il capitale investito. In sintesi:
si pensi ad un Fondo di Investimento che investe una somma in azioni di una
società. Orbene, è ovvio che vorrà fare in modo che quest'ultima ottenga
risultati positivi e certo è interessato a partecipare alle politiche aziendali.
Del resto, ne è praticamente azionista e come tale socio, al pari di chiunque
altro.
Molto spesso poi, chi lavora ad alti livelli nelle c.d.
“corporazioni o holding” riceve dei benefici anche in termini di opzioni, azioni
o altri prodotti di natura finanziaria, quasi sempre in base al rendimento.
Il che porta ad una sorta di legame a tre, fra la società,
la banca finanziatrice / detentrice di partecipazioni o creditrice dell'impresa
stessa e i managers che prendono le decisioni, le quali hanno un riflesso, tanto
sulla società quanto sulle Banche, direttamente o indirettamente
coinvolte.
E' del tutto legittimo presupporre che questa ragione
spieghi la presenza, in contemporanea della finanza laddove è altresì presente
l'economia imprenditoriale.
Tuttavia, l'Autore propone teorizzazioni diverse, in
particolare cospirative, che chiamano in causa fatti più o meno noti e per
ognuno dei quali è rimessa alla capacità di discernimento del lettore valutare
se i fatti abbiano o meno una spiegazione alternativa.
Di fatto, purtroppo, forse per cercare di sviluppare il
miglior coinvolgimento possibile del lettore, l'Autore spesso insiste nella
suspense creando un aspettativa rivelatrice.
In buona sostanza: suggerisce senza realmente dire e a più riprese alza la
tensione, facendo credere che da un momento all'altro arriverà la sconcertante
rivelazione circa l'innominata verità.
Di tale “pistola fumante” non ho rinvenuto, a titolo
personale, alcuna traccia nel testo.
Infatti, a parte la documentazione circa le riunioni
effettuate, non v'è prova empirica di quello che accade al di là cioè di una significativa
alea di riservatezza.
Ma anche questa ha una spiegazione molto logica, che chiama
in causa proprio i grandi capitali non coinvolti negli incontri. Si pensi anche
solo al fatto che intere aree geografiche, come il Medio Oriente o l'Asia o
l'America latina sono spesso o scarsamente rappresentate o addirittura assenti.
E' ovvio che nell'economia globale i competitori di questa
o quella grande società hanno interesse a sapere quali sono le sue strategie di
mercato. Di qui, la necessità, più che comprensibile di essere
riservati.
Vengono poi citati, nel corso del testo, a più riprese,
altre istituzioni, di vario genere o natura, ognuna delle quali però, se
digitata in un qualunque motore di ricerca rivela la propia esistenza, con sedi
fisiche, persone che le rappresentano in qualità di Presidenti, Segretari e via
dicendo, oltre che numerose pubblicazioni, liberamente acquistabili da
chiunque.
Non pare quindi che vi sia nulla di segreto.
Forse l'unico vero elemento che emerge è la scarsa cultura
economica nelle società moderne.
Il disinteresse per materie relegate ai soli addetti ai
lavori, unitamente alla loro complessità.
Combinazioni che possono ingenerare la sensazione che
esistano dei sottoinsiemi di aggregati i quali cercano di ovviare e rimediare
alla lentezza degli apparati politici: alla loro spesso evidente e
conclamata inadeguatezza, nel porsi di fronte ai temi dell'economia.
Quindi, una sorta di autoregolamentazione che peraltro in
Italia è ampiamente nota, basti pensare al fenomeno delle c.d. norme bancarie
uniformi le quali in buona sostanza erano un modo per gli istituti di credito di
autoregolamentarsi fra loro.
Se in tutto ciò esiste una forma di ingiustizia va
ricercata nel libero mercato e nel danno patito dai consumatori, ma non in
attività cospirative. In fin dei conti è tutto molto più umano e meno complesso.
Tutto ciò posto, “Il Club Bilderberg” è una
lettura piacevole che può tranquillamente essere il punto di partenza di una
analisi sobria e responsabile di alcune tematiche, ma che ritengo dovrebbe
essere sopratutto vissuta con un fortissimo sentimento di realismo e
pragmatismo.
Marco
Solferini.
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