mercoledì 28 dicembre 2011

Il club Bilderberg

gruppobilderberg
“Il Club Bilderberg”
La storia segreta dei padroni del Mondo

Autore: Daniel Estulin
Genere: Giornalismo, attualità contemporanea



Il Club Bilderberg è un romanzo documentario, in cui l'Autore mescola da un lato la sua esperienza di ricerca e raccolta informazioni e, in altra misura, la vicessitudine personale riconducibile a questa indagine.





Per capire le ragioni del testo è bene cercare di spiegare alcuni elementi allo scopo di fare chiarezza o meglio sarebbe, gettare una luce ragionevole, su argomenti che, a tratti, fanno del mistero una sorta di dogma comunicazionale.





Va detto anzitutto che, chiunque su internet faccia una ricerca sul tema delle società segrete o delle cospirazioni si imbatterà in una moltitudine di pagine web dedicate al Club Bilderberg.





Il che colloca questa realtà o presunta tale, al centro di un attenzione mediatica molto particolare.





Ciò posto, infatti, è assai opportuno distinguere, nel testo, due diversi, per quanto collegabili, filoni narrativi.





Il primo tende a voler provare l'esistenza del Club.





Il secondo, invece, vuole spiegarne gli scopi.





Per quanto riguarda il primo aspetto c'è, in calce al libro, un ampia documentazione che, se originale, com'è doveroso credere in ragione della pubblicazione stessa, dimostrerebbe l'esistenza di una realtà corporativa nonchè il tipo o genere di appartenenze che ne rappresentano l'esperienza passata e contemporanea (il libro è aggiornato con l'incontro del 2009, quindi uno dei più recenti).





In particolare, circa la partecipazione alle riunioni annuali, che si svolgerebbero in Nazioni ogni anno diverse, con la presenza di personalità di spicco della politica, del mondo dell'imprenditoria e della finanza.





A tal proposito però, occorre aprire una parentesi perchè realtà analoghe esistono già da tempo e sono ampiamente legittime nonchè riconosciute. Basti pensare alle riunioni dell'OCSE o del G8 o di circoli dedicati allo studio dell'economia come ad esempio il prestigioso Istituto Aspen.





La ragione di tali incontri, ben noti ai mass media e alla pubblica opinione, è sempre di natura macroeconomica, cioè lo studio delle fluttuazioni per macro aree (come ad es. tutta l'U.E o gli Stati Uniti o l'Asia) di politiche e cicli economici. In questo caso l'economia è intesa come un paziente che dev'essere studiato e, all'occorrenza, analizzato per trovare una possibile cura ai suoi malanni.





L'Autore però, confuta a più tratti questa sorta di spiegazione per analogia, affermando che il Club Bilderberg andrebbe oltre tali intenti poichè lo scopo reale sarebbe quello di controllare l'economia mondiale. Di qui anche l'enfasi posta nel sottotitolo del testo: “la storia segreta dei padroni del Mondo”.





E' ovvio argomentare, a contrario, che se così in effetti fosse, sarebbero davvero riusciti male nel loro intento questi presunti “padroni”, basti pensare del resto alle tante crisi economiche, più o meno impreviste che si sono verificate negli ultimi anni.





Siccome inoltre l'Autore pubblica l'elenco dei partecipanti, è obbligatorio rilevare che molte delle società che sono menzionate se la sono vista assai brutta in più occasioni, il che delegittima un pò il ruolo di questo Club come di grande fratello Orwelliano dell'economia.





Ma osservando la lista di nomi che l'Autore propone, salta subito all'occhio non tanto la presenza, bensì l'assenza di molti, moltissimi nominativi, più o meno noti.





In particolare, se volessimo monetizzare le assenze, cioè fare un parallelo fra i capitali presumibilmente coinvolti in queste riunioni e quelli che mancano all'appello, ci accorgeremmo che quest'ultimi sono molto più corposi rispetto ai primi.





L'Autore offre una spiegazione che tuttavia, in questo caso, non è mai provata in alcun modo.





Tale sarebbe che il Club nacque nel dopoguerra e quindi nel corso degli anni. Sopratutto dopo che il capitalismo occidentale vinse la guerra fredda contro il sistema socialista dell'ex URSS, gli incontri sarebbero cambiati.





Una sorta di mutazione endemica che avrebbe quindi anche trasformato l'attività del Birderberg.





Di questo però non ci sono prove, salvo alcune foto che in buona sostanza ritraggono solo personaggi noti durante dei meeting o degli incontri informali, la natura dei quali non è possibile documentare.





Va inoltre aggiunto che paradossalmente buona parte di queste persone le si può incontrare anche d'estate in località turistiche o ristoranti esclusivi.





Cero quello da me offerto è un paragone minimalista, ma vuole semplificare apposta il fatto che, per fare affari, specie nell'epoca delle comunicazioni, forse non è così necessario un simile apparato organizzativo come quello presumibilmente a disposizione di questo Club.





Si deve inoltre aggiungere che buona parte delle società, secondo l'Autore coinvolte, sono anche legate a doppio filo con le stesse Banche o società finanziarie altresì presenti nell'elenco dei presunti partecipanti.





Il che si presta ad una spiegazione che molto poco ha da spartire con la teoria della cospirazione.





Infatti, dalla mitica favola dell'Orafo, che spiega le origini delle Banche, queste proteggono sempre il capitale investito. In sintesi: si pensi ad un Fondo di Investimento che investe una somma in azioni di una società. Orbene, è ovvio che vorrà fare in modo che quest'ultima ottenga risultati positivi e certo è interessato a partecipare alle politiche aziendali. Del resto, ne è praticamente azionista e come tale socio, al pari di chiunque altro.





Molto spesso poi, chi lavora ad alti livelli nelle c.d. “corporazioni o holding” riceve dei benefici anche in termini di opzioni, azioni o altri prodotti di natura finanziaria, quasi sempre in base al rendimento.





Il che porta ad una sorta di legame a tre, fra la società, la banca finanziatrice / detentrice di partecipazioni o creditrice dell'impresa stessa e i managers che prendono le decisioni, le quali hanno un riflesso, tanto sulla società quanto sulle Banche, direttamente o indirettamente coinvolte.





E' del tutto legittimo presupporre che questa ragione spieghi la presenza, in contemporanea della finanza laddove è altresì presente l'economia imprenditoriale.





Tuttavia, l'Autore propone teorizzazioni diverse, in particolare cospirative, che chiamano in causa fatti più o meno noti e per ognuno dei quali è rimessa alla capacità di discernimento del lettore valutare se i fatti abbiano o meno una spiegazione alternativa.





Di fatto, purtroppo, forse per cercare di sviluppare il miglior coinvolgimento possibile del lettore, l'Autore spesso insiste nella suspense creando un aspettativa rivelatrice.





In buona sostanza: suggerisce senza realmente dire e a più riprese alza la tensione, facendo credere che da un momento all'altro arriverà la sconcertante rivelazione circa l'innominata verità.





Di tale “pistola fumante” non ho rinvenuto, a titolo personale, alcuna traccia nel testo.





Infatti, a parte la documentazione circa le riunioni effettuate, non v'è prova empirica di quello che accade al di là cioè di una significativa alea di riservatezza.





Ma anche questa ha una spiegazione molto logica, che chiama in causa proprio i grandi capitali non coinvolti negli incontri. Si pensi anche solo al fatto che intere aree geografiche, come il Medio Oriente o l'Asia o l'America latina sono spesso o scarsamente rappresentate o addirittura assenti.





E' ovvio che nell'economia globale i competitori di questa o quella grande società hanno interesse a sapere quali sono le sue strategie di mercato. Di qui, la necessità, più che comprensibile di essere riservati.





Vengono poi citati, nel corso del testo, a più riprese, altre istituzioni, di vario genere o natura, ognuna delle quali però, se digitata in un qualunque motore di ricerca rivela la propia esistenza, con sedi fisiche, persone che le rappresentano in qualità di Presidenti, Segretari e via dicendo, oltre che numerose pubblicazioni, liberamente acquistabili da chiunque.





Non pare quindi che vi sia nulla di segreto.





Forse l'unico vero elemento che emerge è la scarsa cultura economica nelle società moderne.





Il disinteresse per materie relegate ai soli addetti ai lavori, unitamente alla loro complessità.



Combinazioni che possono ingenerare la sensazione che esistano dei sottoinsiemi di aggregati i quali cercano di ovviare e rimediare alla lentezza degli apparati politici: alla loro spesso evidente e conclamata inadeguatezza, nel porsi di fronte ai temi dell'economia.





Quindi, una sorta di autoregolamentazione che peraltro in Italia è ampiamente nota, basti pensare al fenomeno delle c.d. norme bancarie uniformi le quali in buona sostanza erano un modo per gli istituti di credito di autoregolamentarsi fra loro.





Se in tutto ciò esiste una forma di ingiustizia va ricercata nel libero mercato e nel danno patito dai consumatori, ma non in attività cospirative. In fin dei conti è tutto molto più umano e meno complesso.





Tutto ciò posto, “Il Club Bilderberg” è una lettura piacevole che può tranquillamente essere il punto di partenza di una analisi sobria e responsabile di alcune tematiche, ma che ritengo dovrebbe essere sopratutto vissuta con un fortissimo sentimento di realismo e pragmatismo.


Marco Solferini.
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marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com




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