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La festa
dell'insignificanza
Autore: Milan Kundera.
Genere: esistenziale.
Kundera è uno degli
Autori più celebrati del secolo passato. I suoi scritti sono
considerati piece di una vera e propria memoria eidetica della
società contemporanea.
Un intransigente giudice
dell'intransigenza umana, vista nella sua evoluzione comportamentale,
partendo da quest'ultima per ricostruire la personalità.
Ne scaturisce un
ritratto, a volte curioso, crudele, effimero, lussurioso, di quelle
caratteristiche remote che avvicinano una visione costruttiva del
proprio Io.
La consapevolezza diventa
il frutto proibito di uno stato d'animo che in Kundera è l'epicentro
di un indagine costruita sull'indefinibile.
L'Autore si muove sulla
mezzaria dell'impercettibile. Sottile e camaleontico come
l'apparenza.
Con «La festa
dell'insignificanza» l'Autore propone un affresco agrodolce,
partendo dal contrario di brillantezza, offrendo il punto di vista
del protagonismo quale opposto dell'insignificanza.
L'ossimoro nasce
dall'accettazione di quella negazione che produce un risultato spesso
al contrario, ma non per questo improduttivo di effetti. E di
conseguenze.
La centralità dell'animo
umano si scontra con le irritualità delle emozioni, buone o cattive,
le quali rappresentano il primo elemento per apprezzare le altrui
convinzioni che si basano su quel che l'individuo trasmette.
Del resto, l'assoluta
difficoltà di capire quel che trasmettiamo al prossimo è un dato da
cui l'Autore sceglie deliberatamente di partire. Questa sorta di male
innominato che passa sotto il comune denominatore di convivenza,
nell'accettazione, viene in parte destrutturata dei sui caratteri
fondamentali e in altra misura esaltata.
Kundera scoperchia la
ritualistica della convivenza fra persone, privandola di quelle
caratteristiche che la rendono più criptica e forse, per alcuni,
incomprensibile.
Il punto di vista di
Kundera è come sempre egemone. Egli insegna, senza velleità di
istruzione vera e propria, ma esplicando in maniera elegante e
introspettiva il suo punto di vista.
Una convinzione, la cui
condivisione apre a spazi di affascinante riflessione.
Il lettore è coinvolto,
a patto però che accetti Kundera.
Ciò significa che verrà
convinto di quanto troverà nelle pagine del romanzo, solo se
accetterà queste argomentazioni che mi piace definire come semplici
complessità.
L'utilizzo metaforico è
grandioso. L'Autore strumentalizza situazioni visive, di facile
percezione, legate a quelle convinzioni tipiche dell'agire sociale
nei microcosmi delle relazioni interpersonali, per argomentare lo
sviluppo di una teorizzazione. Partendo sempre dalla constatazione
dell'evidenza empirica. Per questa ragione i suoi argomenti sono
forti, persuasivi e lasciano il segno nel lettore.
Una prova evidente di
quanto esposto si rinviene del concetto di “chiediscusa”.
L'incarnazione del predestinato che fonde le caratteristiche di
essere un mite, ma anche un curioso, è intrigante, ma a mio parere
l'Autore gioca con il lettore. Il suo scopo è usare la dialettica
raffinata e la retorica, anzi addirittura direi l'antica grammatica
che appartenne ai sapienti del medioevo, per convincere il lettore.
La sua è una requisitoria dell'apparenza. Una sfida con se stesso.
Di fatto il suo concetto
è fragile perchè pretende di sottoporre a statistica l'originalità
dell'Io, negandola in parte, ma non in tutto.
Prima ancora de “La
festa dell'insignificanza” molti lettori Italiani avranno
certamente letto le opere di Pirandello (qualcuno le avrà pure
studiate). In esse c'è moltissimo dei concetti che ritroviamo in
questo romanzo.
La facile fruibilità e
l'intensità dei contenuti offerti, sempre attuali, caratterizzano
Kundera e lo rendono un genio senza tempo. I lettori possono viverlo
come un maestro di filosofia, esistenzialismo, scienze
comportamentali, storico. Persino di sciamanesimo.
Ma resta sopratutto un
conoscitore. E un provocatore. L'ombelico “chakra” del sessualità
del nuovo millennio per contrapporre la singolarità alla ripetizione
è un dualismo che appassiona con il sorriso sulle labbra.
Mi sarei invece aspettato
un finale più cattivo. Meno trasparente. La teatralità conclusiva
di una recita che si fonde con la realtà e da quest'ultima viene
accettata, fuoriuscendo dal palcoscenico l'ho percepita in modo
evasivo.
«La festa
dell'insignificanza» è l'ultimo romanzo di Milan Kundera la cui
intensità introspettiva e capacità argomentativa coinvolgeranno il
lettore, offrendogli nuovi orizzonti di comprensione in quello
sconosciuto universo che è il comportamento umano.
Consigliato.
Marco Solferini.
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marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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