martedì 19 novembre 2013

La festa dell'insignificanza

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La festa dell'insignificanza

Autore: Milan Kundera.
Genere: esistenziale.



Kundera è uno degli Autori più celebrati del secolo passato. I suoi scritti sono considerati piece di una vera e propria memoria eidetica della società contemporanea.

Un intransigente giudice dell'intransigenza umana, vista nella sua evoluzione comportamentale, partendo da quest'ultima per ricostruire la personalità.

Ne scaturisce un ritratto, a volte curioso, crudele, effimero, lussurioso, di quelle caratteristiche remote che avvicinano una visione costruttiva del proprio Io.

La consapevolezza diventa il frutto proibito di uno stato d'animo che in Kundera è l'epicentro di un indagine costruita sull'indefinibile.

L'Autore si muove sulla mezzaria dell'impercettibile. Sottile e camaleontico come l'apparenza.

Con «La festa dell'insignificanza» l'Autore propone un affresco agrodolce, partendo dal contrario di brillantezza, offrendo il punto di vista del protagonismo quale opposto dell'insignificanza.

L'ossimoro nasce dall'accettazione di quella negazione che produce un risultato spesso al contrario, ma non per questo improduttivo di effetti. E di conseguenze.

La centralità dell'animo umano si scontra con le irritualità delle emozioni, buone o cattive, le quali rappresentano il primo elemento per apprezzare le altrui convinzioni che si basano su quel che l'individuo trasmette.

Del resto, l'assoluta difficoltà di capire quel che trasmettiamo al prossimo è un dato da cui l'Autore sceglie deliberatamente di partire. Questa sorta di male innominato che passa sotto il comune denominatore di convivenza, nell'accettazione, viene in parte destrutturata dei sui caratteri fondamentali e in altra misura esaltata.

Kundera scoperchia la ritualistica della convivenza fra persone, privandola di quelle caratteristiche che la rendono più criptica e forse, per alcuni, incomprensibile.

Il punto di vista di Kundera è come sempre egemone. Egli insegna, senza velleità di istruzione vera e propria, ma esplicando in maniera elegante e introspettiva il suo punto di vista.

Una convinzione, la cui condivisione apre a spazi di affascinante riflessione.

Il lettore è coinvolto, a patto però che accetti Kundera.

Ciò significa che verrà convinto di quanto troverà nelle pagine del romanzo, solo se accetterà queste argomentazioni che mi piace definire come semplici complessità.



L'utilizzo metaforico è grandioso. L'Autore strumentalizza situazioni visive, di facile percezione, legate a quelle convinzioni tipiche dell'agire sociale nei microcosmi delle relazioni interpersonali, per argomentare lo sviluppo di una teorizzazione. Partendo sempre dalla constatazione dell'evidenza empirica. Per questa ragione i suoi argomenti sono forti, persuasivi e lasciano il segno nel lettore.

Una prova evidente di quanto esposto si rinviene del concetto di “chiediscusa”. L'incarnazione del predestinato che fonde le caratteristiche di essere un mite, ma anche un curioso, è intrigante, ma a mio parere l'Autore gioca con il lettore. Il suo scopo è usare la dialettica raffinata e la retorica, anzi addirittura direi l'antica grammatica che appartenne ai sapienti del medioevo, per convincere il lettore. La sua è una requisitoria dell'apparenza. Una sfida con se stesso.

Di fatto il suo concetto è fragile perchè pretende di sottoporre a statistica l'originalità dell'Io, negandola in parte, ma non in tutto.

Prima ancora de “La festa dell'insignificanza” molti lettori Italiani avranno certamente letto le opere di Pirandello (qualcuno le avrà pure studiate). In esse c'è moltissimo dei concetti che ritroviamo in questo romanzo.

La facile fruibilità e l'intensità dei contenuti offerti, sempre attuali, caratterizzano Kundera e lo rendono un genio senza tempo. I lettori possono viverlo come un maestro di filosofia, esistenzialismo, scienze comportamentali, storico. Persino di sciamanesimo.

Ma resta sopratutto un conoscitore. E un provocatore. L'ombelico “chakra” del sessualità del nuovo millennio per contrapporre la singolarità alla ripetizione è un dualismo che appassiona con il sorriso sulle labbra.



Mi sarei invece aspettato un finale più cattivo. Meno trasparente. La teatralità conclusiva di una recita che si fonde con la realtà e da quest'ultima viene accettata, fuoriuscendo dal palcoscenico l'ho percepita in modo evasivo.

«La festa dell'insignificanza» è l'ultimo romanzo di Milan Kundera la cui intensità introspettiva e capacità argomentativa coinvolgeranno il lettore, offrendogli nuovi orizzonti di comprensione in quello sconosciuto universo che è il comportamento umano.

Consigliato.

Marco Solferini.
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marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com





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