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Il
bordo vertiginoso delle cose
Autore:
Gianrico Carofiglio.
Genere:
Drammatico.
Enrico
è prossimo alla soglia di 50 anni. Vive a Pescara. Un esistenza
anonima, che si trascina giorno dopo giorno. Appesantita dall'ombra
invadente dell'essere scrittore. Di successo. Ma la cui firma però è
legata ad un unico romanzo.
Mentre
nel suo microcosmo di relazioni tutti i pochi che lo frequentano
attendono il suo nuovo scritto lui sente crescere dentro di sé un
desiderio innominato. Un malessere che viaggia attraverso il tempo e
parla con le riflessioni della memoria.
A
scatenare il desiderio esplorativo di capire il proprio Io è un
evento: la morte di un uomo durante un tentativo di rapina.
Quella
notizia, appresa dalle pagine di un giornale, lo costringe ad un
viaggio catartico nel passato. Un percorso iniziatico che comincia
con il ritorno in quella Bari, oggi trasformatasi rispetto agli anni
della sua adolescenza.
La
città dove Enrico ha lasciato quel che rimane della Famiglia, in
persona del fratello Angelo che nel frattempo si è costruito una
vita. Ma è sopratutto il luogo dove ha in qualche modo dimenticato
il passato legato alla centralità degli eventi che coincidono con il
periodo conclusivo dell'adolescenza.
Erano
gli anni 60 e il mondo sembrava voler cambiare per effetto dello
scontro fra microversi contrapposti di idee. Opinioni che camminavano
sulle gambe di quanti, volenti o nolenti, facevano parte di un tutto,
la cui dissolvenza pare aver lasciato dietro di sé, nel presente, un
vuoto.
E'
forse questo l'amaro retaggio di quella generazione smarritasi,
proprio come la capacità di scrivere di Enrico?
Il
romanzo si snoda su due filoni narrativi. Uno attuale, legato al
ritorno nella terra natale, l'altro fra i banchi di quella scuola
dove Enrico conobbe Salvatore, un militante della sinistra eversiva
legata agli di piombo e la giovanissima professoressa Celeste,
supplente che spiegherà a loro, gli allievi, i contenuti della
filosofia.
Enrico
si innamorerà perdutamente di Celeste, poi la odierà e infine, 40
anni dopo, la ritroverà dopo aver esplorato quel che resta di se
stesso ed essersi confrontato con il severo giudizio degli anni
passati.
L'Autore,
forse uno dei più celebrati della letteratura contemporanea e certo
fra i più talentuosi, focalizza il concetto di ricerca.
Indipendentemente da quel che si è destinati a trovare o scoprire.
Il percorso iniziatico è basato sulla ricerca. Si rappresenta come
un moto perpetuo. Un continuo confrontarsi con se stessi:
apprendimento, discernimento e una prognosi che non ha nulla di
matematico, ma che forse trova una spiegazione filosofica.
In ciò
evidenzia un ambizioso parallelo tipico della spiegazione retorica.
Dialettica certo, ma intuitivamente indirizzata a ricavare per
aneddoti, episodi, alternative e una spiegazione che rifiuta il
razionale, preferendo la consapevolezza che nasce dall'accettazione.
Spesso conseguenza dell'intima osservazione.
La
comprensione che porta alla rinascita scaturisce dall'impossibilità
di opporsi all'immutabilità della natura di ciò che cambia in
perpetuo.
Gli
ossimori e le antinomie di Enrico si sciolgono passo dopo passo. Ed
egli trova il coraggio di porsi quegli interrogativi evitati per
lungo tempo.
Scritto
in maniera, come sempre, ottima.
L'Autore
ha decisamente una capacità introspettiva eccezionale nel definire i
contenuti della narrazione e uno stile espositivo che gli consente di
sintetizzare in maniera paratattica ma nel contempo altamente visiva
gli stati d'animo.
Fuoriescono
quindi frasi di una bellezza senza nome. Perchè verrà
personalizzata dal lettore. Dal suo stato d'animo. Dal significato
che intenderà attribuirgli.
Il
lettore non potrà che rimanere estasiato da quest'arte sublime del
narratore.
Mi è
molto piaciuto il periodo attuale. Ambientato nella città
contemporanea. Che l'adulto ritrova e che, a distanza d'anni,
confronta con il ricordo dell'adolescente.
Tuttavia,
ho trovato il passato fortemente influenzato dai luoghi comuni che
certo lo stesso Autore ha cura di precisare pur se grossolanamente
spesso raccontano la verità, ma l'eccessiva linearità
unidirezionale che gli eventi prendono l'ho percepita come una scelta
di stile meno coraggiosa dell'impostazione che il romanzo mi pareva
essersi dato.
La
professoressa Celeste viene idealizzata dall'adolescente, il cui
amore è una platonica attrazione per un tutto che suona come magico,
incantato, irrealistico. Quando ritorna con i piedi per terra e
scopre l'umana femminilità di quella donna, tanto ammaliante fra i
banchi di scuola quanto forse banale al di fuori di essi, sente
crescere in sè un sentimento di repulsione.
Eppure
alla fine vuole rivalutarlo, malgrado l'Autore esprima un giudizio,
attraverso il personaggio di Salvatore Scarrone, su molti elementi di
cultura e di storia contemporanea d'Italia e non ultimo
sull'altezzosità utilitaristica e borghese proprio della donna
amata, quella Professoressa così idealizzata.
Ho
percepito la scelta di offrire al lettore due pesi e due misure quali
chiavi di lettura e questo mi ha un pò spiazzato.
Lo
stile espositivo è una focalizzazione zero accattivante, precisa che
usa il conciso senso della dialettica espressione di dialoghi la cui
coerenza annida nel carattere estemporaneo. Il narratore vivente
attraverso i personaggi.
Gli
elementi di cultura classica che teorizzano sull'uomo, contrapposti
alla rudezza della società contemporanea vista dal non più bambino,
adesso scopertosi adolescente, sono l'amore, il sesso, il rapporto
con i famigliari. Ciascuno di essi gli trasmette la sensazione di
essere in qualche modo fuori posto: la nota stonata, il brutto
anatroccolo.
L'estraneo
che diventa soldato di ventura in guerra con i mulini a vento di una
società che sembra poter fare a meno di lui è un tema interessante.
Lo avrei approfondito maggiormente.
Ho
trovato adorabile la «mitica» citazione del Prof. Umberto Eco a
proposito del celebre Autore Charles Shultz, il noto vignettista
«papà» dei Peanuts. Il grande Eco scrisse la prefazione /
introduzione ad una delle primissime collane che si riproponevano di
stampare l'opera di Charlie Brown & C. Era il 1963. Certamente i
contenuti cadono a proposito, relativamente ai patemi d'animo della
crescita che sono stereotipi unidirezionali, incardinati nei
personaggi, di manie, convinzioni, passioni, interessi che vengono
poi somatizzati dall'adulto. Il quale spesso ci convive.
«Il
bordo vertiginoso delle cose» è un romanzo intenso che propone al
lettore un viaggio iniziatico alla scoperta del proprio Io. Un
passionale elogio all'importanza dei ricordi e delle emozioni che ci
appartengono fin dall'adolescenza per riscoprire e rivalutare
l'adulto che siamo diventati. Un romanzo carico di contenuti che
coinvolgeranno il lettore lasciandogli un bagaglio magico di
riflessioni.
Marco
Solferini
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