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L'ablazione
Autore:
Tahar Ben Jelloun.
Genere:
drammatico, biografia.
E'
un romanzo che il celebre Autore ha scritto per raccontare la storia
di un suo amico.
Una
vicenda drammaticamente reale di chi si è sottoposto all'ablazione
della prostata.
L'asportazione
di un organo per via del cancro e le conseguenze che questo comporta
rappresentano il punto di partenza per enucleare in un testo scritto
con eleganza e prestigio narrativo la vicenda di un uomo che si vede
privato sia della sua virilità sia del contesto sociale.
L'alieno
dentro di noi che emerge dal nulla della consapevolezza come un parto
non desiderato destinato a deviare tutta la vita di relazioni sociali
dell'uomo che non si sente più tale.
E'
l'inizio di un percorso catartico che passa attraverso la desolazione
della solitudine, la vergogna, la depressione.
Ogni
stadio post operatorio.
Se
prima la narrazione ci spiega nel dettaglio il contenuto delle visite
e dell'animo umano che deve razionalizzare questa implicita
iscrizione al club dei malati. Di coloro che sono portatori di un
male atroce la cui sola presenza è in grado di cambiare radicalmente
non solo la percezione del sè, ma anche quella che gli altri hanno
della persona.
Il
narratore recepisce la vicenda umana e la trasmette con parole che
alternano una dialettica forbita, quasi poetica, senza rinunciare
alla crudezza dell'empirico dato cronologico-razionale.
“L'erranza
nel nulla della mia vita presente mi occupa abbastanza per non
soffrire, per non provare dolore”. Tratto
da “L'ablazione”
di Tahar Ben Jelloun, ed. Bompiani.
Ogni
azione segue un pensiero che non può essere eluso. Ed un senso di
inevitabilità così invasivo da conquistare tutto l'essere. Senza
scampo. Una dimensione che appartiene solo al malato e che non si può
trasmettere ne sintetizzare.
L'assenza
dell'organo è un precipizio emotivo perchè la sua asportazione è
impercepibile dal punto di vista estetico, ma immancabilmente
presente ad ogni ora del giorno e della notte.
Si
tratta di condividere la crudele realtà dell'impotenza che il
protagonista affronta in ogni modo cercando ugualmente un rapporto
con le donne, affidandosi alla farmacologia e a un desiderio che è
orribilmente in contrasto con la natura umana. L'atavica necessità
di procreare o quantomeno di avere rapporti con l'altro sesso.
L'animosità
del conflitto che si produce nell'annullamento perchè non c'è altra
soluzione se non la rassegnazione. E' un elogio ad un concetto di
cambiamento che produce sofferenza e rigetto ogni volta che si pensa
alla dimensione del «miglioramento» paradossalmente incardinata
nelle stagioni della vita per quel convincimento che ciascuno coltiva
nel suo profondo Io.
La
vittoria sta nell'accettazione quando quest'ultima è associata alla
sopravvivenza e come tale deve prevalere un altro stadio della natura
umana: l'autoconservazione.
Per
arrivare a quest'ultimo però è necessario affrontare un percorso
che nella vita reale è più spaventoso di un romanzo dell'orrore.
E'
un testo che racconta nel dettaglio sia la parte tecnica -
scientifica prima, durante, e persino dopo l'operazione di
«ablazione» dell'organo sia quelli che sono tutti gli stati d'animo
associati alla percezione sensoriale dell'Io. C'è un connubio
sociologico e antropologico nelle considerazione che l'Autore è
bravissimo a tradurre su carta perchè da un lato egli evidenza il
mondo della sanità ospedaliera dal punto di vista sociologico del
medico-chirurgo, del ricovero, delle cure tarepeutiche invasive (come
la radioterapia). Altrove invece, sposta l'ago della bilancia
descrivendo l'antropologia contemporanea della società verso il
malato. Questa sorta di pietà umiliante e nel contempo così priva
di scrupoli da non poter essere che cattiva. Perchè intorno a noi
c'è l'effimera cultura della bellezza, della giovinezza che illude
di essere eterna persino nella vecchiaia.
“Invecchiare
non è solo accumulare anni, ma è sopratutto interiorizzare il fatto
che il tempo della disfatta è arrivato”. Tratto
da “L'ablazione”
di Tahar Ben Jelloun, ed. Bompiani.
Il
testo è duro, a tratti durissimo. Non rinuncia a parlare in modo
schietto e come tale veritiero di cosa significa portare il pannolone
a sessant'anni, urinarsi addosso, provare a soddisfare una donna
senza avere più un erezione e autocompatirsi nella solitudine di un
incomprensione che simile ad un armata di Unni devasta al suo
passaggio le certezze lasciando il navigante senza una bussola. Solo,
nel mare aperto dell'incomprensione. Con lo spettro impenitente
dell'impronunciabile: il suicidio.
«L'ablazione»
è la narrazione di una vicenda umana di un sessantenne che a causa
di un cancro si vede costretto all'asportazione della prostata.
Scritto da un grande Autore che sapientemente recita e insegna quel
che le parole trasmettono con forza, cattiveria, realismo.
Un
audace e crudo atto di consapevolezza che impaurisce e riempie di
orrore il lettore, ma nel contempo apre una finestra di verità su un
dramma che riguarda molte persone.
Da
leggere. Per capire. Per coloro che sentono il bisogno di condividere
la propria esperienza affrontandola sentendosi meno soli. Meno
incompresi.
Marco
Solferini.
Marco
Solferini (critico, agente letterario e ghostwriter)
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