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La
misura della felicità
Autore:
Gabrielle Zevin
Genere:
drammatico, sentimentale.
Alice
Island è una piccola località turistica raggiungibile solo con un
traghetto. L'unica libreria del posto, Island Books, è gestita dal
39enne A.J. Fikry, uomo maturo e scontroso.
Dopo
l'incidente d'auto nel quale ha perso la moglie il suo stile di vita
si è lentamente deteriorato, passando dalla solitudine
all'isolamento. Una forma di autocommiserazione a margine della quale
la vita si trascina e i buoni rapporti sociali sono rinunciabili.
Lo
sa bene Amelia Loman, agente della Knightley Press che si reca
sull'isola in sostituzione del collega per proporgli la cedola
invernale di libri novità.
Un
incontro tutt'altro che piacevole.
Tuttavia,
quella stessa notte il Sig. Fikry si addormenta dopo una sbornia
casalinga e al suo risveglio scopre di aver subito un furto. Il
prezioso «Tamerlane», l'opera prima scritta da E.A. Poe gli è
stata sottratta.
Pur
se in stato confusionale l'uomo si reca alla vicina stazione di
polizia dove il Commissario Lambiase raccoglie la sua denuncia.
L'indagine
però non porta a niente se non ad una coincidenza. Poco tempo dopo
la sparizione del libro Fikry riceve un inaspettato dono: Maya, una
bambina di appena 25 mesi. La madre gliela lascia con un biglietto
dal quale trapela la disperazione di una giovane donna il cui corpo
ben presto sarebbe riaffiorato dalle acque. Suicidio.
Una
bambina è per Fikry un universo sconosciuto. L'ultima frontiera di
un mondo che gli si apre davanti con infinite possibilità. Una sfida
difficile che però risveglia in lui l'amore e con esso la scelta di
diventarne affidatario.
«C'è
qualcosa di eroico nel fare il libraio e c'è qualcosa di eroico
nell'adottare una bambina.» Tratto
da “La misura della felicità”
di Gabrielle Zevin, ed. Nord.
Maya
conquisterà l'uomo e lo trasformerà portando con sè nuove
grandiosità in una vita dove la felicità sembrava essere stata
dimenticata in soffitta.
L'Autrice
ha scritto un romanzo incentrato sull'apoteosi della svolta
narrativa. Offre infatti una focalizzazione oggettiva organizzata
sulla centralità degli eventi, esposti attraverso le conseguenze
causali.
Geniale
l'inversione narrativa che mantiene la dimensione sostanziale
attraverso la soggettività dei protagonisti dalla quale si
percepisce un amore teatrale per la messa in scena che scioglie i
nodi della narrazione attraverso il dettato espositivo delle
vicessitudini.
«Quando
prende un libro, la prima cosa che fa è annusarlo. Toglie la
sovraccoperta, poi se lo avvicina al viso, in modo che le risguardie
coprano le orecchie. Di solito, i libri profumano di sapone di papà,
di erba, di mare, del tavolo della cucina, di formaggio o di una
combinazione di alcune o di tutte queste cose».
Tratto da “La misura della felicità”
di Gabrielle Zevin, ed. Nord.
Tale
metodologia espositiva è riccamente argomentata con semplicità
stilistica. Periodi brevi, paratattici, circostanziati
all'essenziale, per un testo fruibile che non rinuncia ad alcune
concettualità di fondo, in particolare, riferite al mondo delle
agenzie e dei concorsi letterari.
Tutto
ciò si produce in un indubbio vantaggio per il lettore perchè
basilarmente la trama è tutt'altro che originale. A ben guardare
infatti, tanto nella narrativa, nel piccolo come pure nel grande
schermo i personaggi del romanzo sono già ampiamente conosciuti. Lo
scontroso e burbero librario che incontra una più giovane donna
metodica, con la passione per essere affascinata dal partner non è
certo una novità. Trattasi infatti del noto dualismo della persona -
fragilità / durezza - che si scontra con «l'altro». Il che si
produce nel classico atteggiamento del passo indietro prima dei
proverbiali due avanti, complice il timore riverenziale di un
rapporto poco impegnativo se scarsamente stimolante.
«Non
pensa quasi mai alla madre. Sa che è morta. E sa che «morto» è
quando vai a dormire e non ti svegli più. Le dispiace molto per lei,
perchè le persone che non si svegliano più non possono scendere in
libreria, al piano di sotto, la mattina. Maya sa che la madre l'ha
lasciata lì, a Island Books. Ma forse succede a tutti i bambini,
prima o poi. Certi vengono lasciati nel negozio delle scarpe. Altri
nel negozio dei giocattoli. E altri ancora nel negozio dei panini. E
la tua vita è segnata dal negozio in cui vieni lasciato. Lei non
vuole vivere nel negozio dei panini». Tratto
da “La misura della felicità”
di Gabrielle Zevin, ed. Nord.
Le
figure di contorno sembrano fortemente ricamate sul genere della
commedia romantica. Il non troppo sveglio Commissario Lambiase che
scopre la passione per i romanzi, specialmente il giallo. La moglie
insoddisfatta dello scrittore di fama che non è più la bella e
giovane promessa dell'adolescenza. L'uomo di successo, scrittore
amante delle donne e schiavo del suo clichè narrativo.
Tutto
questo però, assume un altra veste grazie alla centralità della
svolta narrativa. La cui costanza, come già osservato in precedenza,
attribuisce al romanzo un climax costante e coinvolge il lettore con
un empatia amichevole e diretta, simile al consiglio di un buon
amico.
La
lettura diventa stimolante e intraprendente dal punto di vista
emotivo.
Ogni
espediente, a cominciare dal mistero della sparizione del Tamerlane
che tuttavia rianima la vita dell'uomo e lo proietta verso una
dimensione della felicità a lui ormai preclusa diventa quella stessa
cifra stilistica che poi l'Autrice sottolinea nella prima adolescenza
della non più bambina Maya.
«La
misura della felicità» è un romanzo che ho letto con crescente
piacevolezza e che pertanto mi sento di consigliare ai lettori. In
particolare a coloro che amano le citazioni letterarie, non solo dei
testi conosciuti, ma anche di quelli più contemporanei. Ce ne sono
davvero tante ed è piacevole per un lettore scoprire che si
conoscono, se non tutti, gran parte di questi personaggi della carta
stampata.
Marco
Solferini (critico, agente letterario e ghostwriter)
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