venerdì 1 giugno 2012

Sua Santità


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Sua Santità

Autore: Gianluigi Nuzzi
Genere: attualità.




Sua Santità” è il nuovo romanzo a firma Gianluigi Nuzzi, pubblicato per la casa editrice “ChiareLettere” nota per le sue indagini giornalistiche, su numerosi casi d'attualità.

In questo testo, l'Autore ci rivela numerosi incartamenti “riservati” delle stanze vaticane, in prevalenza provenienti dal Palazzo Apostolico, il cui contenuto non è destinato alla pubblicazione ed anzi, viene celato ad occhi indiscreti.

Tale divulgazione è il frutto di una collaborazione segreta con un “corvo” cioè una spia, molto vicina al Papa, che si presenta da subito come la punta di un iceberg di collaboratori i quali, non condividendo la logica affaristica di palazzo, hanno deciso di muoversi per denunciare i fatti e gli accadimenti, meno noti.

E' un libro che quindi, propone al lettore testi autentici accompagnati da un riassunto dei fatti e un commento dell'Autore.

Gli argomenti sono numerosi, legati fra loro dal comune denominatore della “trama di potere”.

Nel primo capitolo, l'Autore ripropone la vicenda di Dino Boffo, il noto direttore di Avvenire che, a partire dal 2009, è stato oggetto di una congiura, scaturita dalla falsificazione di un documento nel quale egli veniva indicato come colpevole di molestie (successivamente accreditando il Direttore, di essere anche omosessuale).

Scopo di questa manovra sarebbe stato quello di screditarlo, per rimuoverlo poi dal suo ruolo nel giornale “Avvenire”.

La vicenda, che è ormai patrimonio pubblico, nel suo svolgimento viene reimpostata, alla luce delle lettere a firma Dino Boffo, il quale si prodiga nel chiedere aiuto, indirizzandole alle più alte sfere Vaticane (attorno al Papa ruotano un emiciclo di alti porporati i quali svolgono diverse mansioni, fra cui quella di segreteria che obiettivamente sembra avere dei doppioni di fatto), ed offrendo la sua versione dei fatti, naturalmente in chiave cospirativa, a suo danno.

In tutta onestà e franchezza, ho riletto con particolare stanchezza la vicenda che mi era già nota, come penso a tutti i lettori, e sono rimasto abbastanza deluso che il libro “Sua Santità” abbia esordito con questo capitolo di storia contemporanea.

Ho rilevato che alla questione in sé, è stata aggiunto semplicemente quello che per chiunque è una consapevolezza e cioè che anche un uomo di chiesa, quando viene messo alle strette, compresso cioé nella morsa del lavoro e carriera, qualora sente la terra sotto i piedi sfuggirgli, si adopera per tessere alleanze, rapportandosi su più fronti.

L'Autore gioca, ed è questo un tema ricorrente nell'opera, sull'ipotesi, sicuramente da molti condivisa, che le persone di Chiesa, specialmente poi se rivestono una carica di spessore, siano non solo semplicemente buone, ma “buonissime”: il Vaticano visto come una paradiso di correttezza, lealtà, quieto vivere, una sorta di locus amoenus, o di arcadia.

Può anche darsi che qualcuno la pensi a questo modo, ma in realtà, non succede.

All'interno delle gerarchie e dei palazzi di potere del Vaticano spesso non c'è nulla di diverso da quello che tutti i giorni accade in ogni ambiente competitivo, sulla base cioè dell'ambizione di carriera, da un lato e della fermezza morale ed intellettuale, dall'altro.

Il che per un singolo significa spesso la strenua difesa delle proprie posizioni e convinzioni.

Anzi, a onor del vero, le lettere di Boffo, e qualche altro documento che le riprende, mi sembrano fin troppo bonarie, giacché penso che in altri ambienti ci sarebbe stata una maggiore recrudescenza.

Mi è noto che, per esempio, le redazioni dei grandi quotidiani sono una fossa di serpenti, dove tutti sono pronti a invidiarsi e a darsi la scalata. E' un paragone un pò luciferino, ma calza bene, forse non proprio a pennello, ma di sicuro è di facile ed agevole comprensione. A sostegno del quale ci sono tanti Blog di giornalisti che, con pseudonimi, criticano apertamente i loro Colleghi. Anche su questo sarebbe interessante svolgere un indagine e magari pubblicare qualcosa.





Il secondo capitolo narra invece, la vicenda del trasferimento di Mons. Carlo Maria Viganò, segretario generale dal Governatoriato (organo di bilancio Vaticano), che verrà indirizzato negli Stati Uniti. Anche in questo caso, vale il ragionamento espresso in precedenza. Siamo in presenza della lotta per il mantenimento della posizione acquisita, da parte di chi, trattandosi di materia contabile, di gestione delle spese, deduce l'avere razionalizzato ed ottimizzato le voci del bilancio. In precedenza, all'opposto, non altrettanto valorizzate.

Nè più nè meno, di quello che accade ai vertici di centinaia di società ogni singolo giorno.

Anche in questo caso, ci sono le stesse logiche che muovono l'uomo, sia esso di Chiesa o meno: una difesa dell'operato e l'ipotesi di voler favorire persone vicine, rispetto ad altre correnti di pensiero, nell'ottica di un risiko allocativo delle persone nei ruoli chiave.

In questo frangente e capitolo, ci sono delle puntatine più specifiche, sul Card. Bertone (cui poi sarà dedicato un intero capitolo), e su l'Opus Dei, che emerge come una forza molto persuasiva e poco disponibile alla spartizione, verso l'esterno quanto verso l'interno.

La parte più interessante, al di là dei nomi che vengono fatti e delle ragioni sottese ad ogni singola posizione assunta dal Viganò, sono le cifre. Le spese cioè per il mantenimento della Santa Sede e di numerose altre Diocesi. Numeri che vengono raffrontati sia con la capacità gestoria, sia con l'andamento delle entrate del Vaticano. Il risultato è la rappresentazione visiva di un tecnico che ha operato da tecnico.

Ma che il Vaticano fosse una struttura complessa, non è mai stato messo in discussione. La sensazione è che lo scrittore abbia a cuore sopratutto di “colpire” con l'insinuazione un archetipo di fedeli: i cattolici ortodossi. Qualcuno dovrebbe spiegargli che non tutti portano il paraocchi (qualcuno sicuramente si): c'è libertà di pensiero tanto quanto di arbitrio.

Orbene, tutti sappiamo che le voci di spesa per un complesso come quello Vaticano sono numerose, non solo di mantenimento artistico e logistico. Tali spese non sono affatto diverse da quelle numerosissime regge nobiliari o palazzi della sovranità, come possono essere tanto il Quirinale quanto la Casa Bianca.

Anche in questo caso, si gioca sulla falsa riga della credenza atavico popolare, ormai ancestrale, che siccome in mezzo c'è la Chiesa, tutti devono essere devoti ad un idea di carità che coincida con il concetto di povertà “comunista”, cioè di privazione anche dell'essenziale.

Spiace, ma non è così: la cupola di San Pietro necessita di manutenzione, il porticato del Bernini anche.

Nell'ottica della contestazione, fine a se stessa, tutto ciò fa gridare allo scandalo solo perchè mancano i termini di paragone. Se all'opposto ve ne fossero, se cioé l'Autore avesse raffrontato le spese in questione con quelle di tanti altri palazzi e complessi non solo religiosi, ma anche del potere temporale, tutto sarebbe ben più realistico e il dato sarebbe meno capzioso.

Fermo restando che permarrebbe comunque l'interesse, poichè in effetti queste cifre, sarebbe meglio renderle note, altrimenti si corre il rischio di suggerire che la riservatezza sia in realtà un modo per occultare qualcosa di negativo, di oscuro.

Il problema è comunicativo, non di contenuti.

Il terzo capitolo, è dedicato alle “offerte” che pervengono in larga parte al Santo Padre. E' un capitolo molto contraddittorio e da l'impressione di inseguire, a tratti anche disperatamente, lo scandalo. A volte non si comprende il ragionamento di fondo. L'Autore cita la fondazione del Papa, cifre alla mano, ma poi dopo averne spiegato gli impieghi è costretto ad ammettere che è una fondazione povera. Per ogni somma donata c'è una giustificazione. L'impressione è che si vogliano riportare i dati per convincere, ma poi giornalisticamente si corre ai ripari, ammettendo anche la verità e cioè che ogni cosa è al suo posto.

In questo capitolo, viene dato spazio alla lettera del noto conduttore e giornalista Bruno Vespa, il quale omaggia il Papa con 10mila euro di donazione, a margine della quale, in occasione degli auguri di Natale, domanda anche un possibile incontro con sua Santità.

Anche questo non mi sembra nulla di nuovo sotto il sole. Il Papa riceverà una marea di richieste di questo genere, basti pensare a tutte quelle che arrivano dal mondo dello sport e della televisione (appunto).

Nel capitolo successivo, il quarto, si affronta invece il pericoloso argomento dell'ingerenza politica del Vaticano sull'Italia, e si va dai rapporti con Giulio Tremonti a quelli con Giorgio Napolitano, quindi dalla fine imminente del Governo Berlusconi, alla prossima ascesa di quello dei tecnici del Prof. Mario Monti.

E' un capitolo interessante, ben redatto, coinvolgente. Indubbiamente appassionerà sopratutto coloro i quali ritengono, a ragione, che il Vaticano non abbia un ruolo passivo, ma in molti casi, assuma un atteggiamento teso al condizionamento, in parte per autotutelare i propri interessi e quelli della galassia di soggetti ed istituzioni che gli ruotano intorno.

Lo stile giornalistico qui emerge pulito, meno farfallone nel sedurre il lettore e più invogliante: opta per la vincente carta della cruda realtà.

Sulla stessa scia anche il capitolo successivo, che invece muove le trame dei rapporti meno nominati e più da “servizi segreti” molto in chiave “Roma caput mundi”.

Interessante e ricco di aneddoti che in effetti sono passati sotto tono, rispetto alla copertura giornalistica delle notizie.

Il sesto capitolo è tutto riservato al Cardinale Bertone, la cui corrente di potere all'interno del Vaticano è osteggiata da non pochi, e che tuttavia, rappresenta sicuramente un punto di riferimento.

La sua figura, viene tratteggiata in modo non dissimile da quella di un manovratore occulto, che ha dimestichezza tanto con i giochi di palazzo quanto con quelli del potere. Dall'Università Cattolica all'ospedale San Raffaele.

L'Autore, qui riprende una teoria già nota sul Cardinale e da alcuni condivisa. Soddisferà quest'ultimi e lascerà indifferente gli altri.

I restanti tre capitoli saranno ad apprezzamento esclusivo del lettore.

A mio avviso, propongono una sorta di internazionalizzazione dei rapporti Vaticani, si va dalle vicende legate al Movimento di Comunione e Liberazione, o le indagini interne sui Legionari di Cristo, arrivando ad episodi come l'evangelizzazione in Giappone, un omicidio in Ecuador, o i rapporti con il gruppo terrorista Eta.

L'Autore propone una interpretazione critica. E' un assolo, che utilizzando spesso la visione centrata sull'argomento, ne offre chiavi di lettura negative, a volte persino lascive.

Tuttavia, spetta al lettore decidere. La parola del resto è sua, gli appartiene, a cominciare da quella che è stata messa nero su bianco.

Un esempio chiarificatore della condotta tenuta dall'Autore e del perchè la ritengo indirizzata nella stesura del testo e non imparziale nella riproduzione delle notizie, lo si ricava dalle sue motivazioni circa la partecipazione di Benedetto XVI al Meeting di Comunione e Liberazione.

Per lo scrittore, il successore di Don Giussani, Julian Carron, attuale massimo rappresentante di CL, fa pervenire al pontefice un invito a partecipare al Meeting, allo scopo di attrarre una maggiore attenzione mediatica sul evento. Pubblicità insomma.

Viceversa, si potrebbe argomentare che la partecipazione del Pontefice è gratificante per i Ciellini, nell'ottica del fatto che la storia del Movimento, in passato incompreso dalla Chiesa di Roma, è quella di un grande amore e devozione proprio verso la Chiesa; e la presenza del suo massimo esponente, potrebbe essere più un messaggio interno, per gli aderenti al Movimento, di conferma che il solco della loro azione è nell'ottica della Chiesa e del Vaticano.

Censura che del resto, molti detrattori muovono contro CL, cioè di agire con personalismi, sganciati dal mondo ecclesiastico.

Quindi, la presenza del Santo Padre può essere tranquillamente un atto di coscienza, una volontà di omaggiare e nel contempo responsabilizzare il popolo di CL. Senza che ci sia nulla di male insomma.

Il lettore, deve decidere se lasciarsi indottrinare dal punto di vista dell'Autore, oppure ricercare soluzioni alternative, magari complementari che cioè non escludono di per sé l'ottica critica proposta dal significato primo e letterario del testo.

A parte quindi le valutazioni espresse nei singoli capitoli, che sembrano celebrare più un processo mediatico televisivo, con due parti che si fronteggiano, arroccate sulle proprie posizioni, il testo è ben scritto.

A differenza di altri Autori, che appartengono al nutrito (e lucrativo) filone anticlericale dello scandalo rivelato, in stile fantarcheologia prestata all'attualità, Nuzzi è anzitutto un buon saggista.

I suoi metodi d'indagine sono corposi, ma sostenuti. Riepilogativi e conclusivi. Riesce a “chiudere bene il cerchio” dell'esposizione e la sua prospettiva, al di là della condivisione o meno circa l'interpretazione dei contenuti, è utile e funzionale alla comprensione.

Una penna critica, sostanziale ed oggettiva, di cui il giornalismo ha sempre bisogno. Un metodo d'indagine che centralizza la notizia, il che è un bene, perchè la divagazione è oggi uno dei peggiori nemici della comunicazione.

L'unica vera battuta d'arresto che subisce l'arte giornalistica annida nella presupposizione, cui l'Autore tende con frequenza, più tipica delle giovani penne indipendenti. Emerge in particolare nelle ripetute citazioni dei laici cattolici o dei semplici laici. Una costante nel romanzo. Se c'è un messaggio subliminale (spesso quando i giornalisti si riferiscono a costoro sottintendono l'Opus Dei), non è chiaro. Il rischio è che, essendoci in giro già abbastanza persone che non solo provano astio e risentimento verso la Chiesa, in sé, lo riversino anche sui cristiani, siano essi cattolici osservanti o laici. La caccia alle streghe, come il rogo dei libri, appartiene ad un altra era: non c'è alcun bisogno di rispolverarla.

Preferiamo i lumi della ragionevolezza e del realismo, anche critico, alle cannonate dell'odio.

In quest'ottica, al termine della lettura io mi sono posto un quesito, che credo vorranno porsi anche i lettori: che cosa c'entra, con i fatti narrati, il Santo Padre? Visto che il titolo dell'opera è “Sua Santità”..

Sicuramente, emerge come sia la figura di spicco, non potrebbe essere altrimenti, cui molti si rivolgono per esporre i loro problemi (a volta sembrerebbe più riportando un malessere a tratti tignoso e irriverente), ma non c'è mai, in tutto il testo, un coinvolgimento del Papa.

Io tutti i giorni incontro degli amici, e spesso mi fermo a parlare con loro; se un domani venisse fuori che sono un poco di buono, sarebbe giusto citarli solo perchè si soffermavano a parlare con me? Il meccanismo utilizzato nella riproduzione dei c.d. fatti, a spiegazione dei documenti è spesso questo. L'ho riscontrato in particolare nel capitolo dedicato al Cardinale Bertone.

In pratica: Tizio, incontra Caio (che riveste un ruolo istituzionale e con il quale pertanto può essere obbligatorio dover parlare, anche se la persona in sé può non piacere), il quale a sua volta è amico di Sempronio, e non solo, ma in data “tal dei tali” ha incontrato Mevio che a sua volta è amico di.. e via discorrendo. Ogni volta, per ogni nome, citando gli elementi peggiori (ovviamente si cercano fra le migliaia di conoscenze quelle più criticabili), come indagini o presunti malaffari.

Alla fine di questa Catena di Sant'Antonio, Tizia cosa c'entra?

Cosa ha fatto? E sopratutto dov'è il fatto rilevante?

Nel momento in cui certe persone sono nominate od elette, da uno o più poteri legislativo, esecutivo o giudiziario, i casi sono due: o le alte sfere del clero non si rapportano a nessuno che non piaccia, oppure continuano a farlo, debitamente, con tutti.

Ed in nessuna parte del libro emerge che piaccia.

Fa parte del senso del dovere istituzionale? Forse è eccessivo, in alcuni casi in effetti c'è una nemmeno troppo velata raccomandazione o gradimento dietro a certune persone, il che è sbagliato per principio.

Ma anche il meccanismo dell'assimilazione sopra esposto, è un macchina del fango.

La verità sta troppo spesso nel mezzo, e lo sappiamo tutti: lettori e scrittori. Gli estremi si toccano. Ed è innegabile che la sollecitazione proposta, a mò di commento, dall'Autore, lo sia, un estremo, spesso e volentieri.





Sua Santità” è un testo che propone carteggi riservati trafugati di nascosto dalle stanze Vaticane, riguardanti alcune delle più alte sfere del Palazzo Apostolico e delle gerarchie su scala nazionale della Chiesa. Offre al lettore un commento in chiave critica, che indaga l'eccesso, tipico dello scandalo, per scopi evidentemente sensazionalistici. La parte più apprezzabile è l'indagine giornalistica. Pur se i contenuti, si prestano a diverse interpretazioni ed in molti casi l'Autore sembra volerli indirizzare fino a stiracchiarli al punto da esagerarne la spiegazione. A tratti fin troppo suggerita al lettore, che ne viene indottrinato. Ciò a danno della libertà di comprensione, frutto di una convinzione critica dello scrittore.

Consigliato a coloro che sul tema Vaticano – Impero Galattico, stile Guerre Stellari, non hanno bisogno di essere convinti, ma vogliono aggiungere altra carne al fuoco, forse per sentirsi più credibili e scevri da preconcetti.

                                                                        Marco Solferini
                                                  marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Bellissima recensione.
    Pensare al Vaticano come un locus amoenus è un locus amoenus in sè... molto amoenus purtroppo.
    L'uomo (e il suo desiderio di ascesa sociale) è sempre lo stesso in qualunque epoca e in qualunque contesto si venga a trovare: la Chiesa non è esente da questa legge naturale, ahimè!

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  3. Grazie Marco, trovo che la recensione sia equilibrata e consente al lettore di farsi un'idea esaustiva dei contenuti prima di incominciare a leggere Sua santità. Non condivido però questo tuo passo:

    "Anche in questo caso, si gioca sulla falsa riga della credenza atavico popolare, ormai ancestrale, che siccome in mezzo c'è la Chiesa, tutti devono essere devoti ad un idea di carità che coincida con il concetto di povertà “comunista”, cioè di privazione anche dell'essenziale."

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