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Sua Santità
Autore: Gianluigi Nuzzi
Genere: attualità.
“Sua Santità”
è il nuovo romanzo a firma Gianluigi Nuzzi, pubblicato per la casa
editrice “ChiareLettere” nota per le sue indagini
giornalistiche, su numerosi casi d'attualità.
In questo testo, l'Autore
ci rivela numerosi incartamenti “riservati” delle stanze
vaticane, in prevalenza provenienti dal Palazzo Apostolico, il cui
contenuto non è destinato alla pubblicazione ed anzi, viene celato
ad occhi indiscreti.
Tale divulgazione è il
frutto di una collaborazione segreta con un “corvo” cioè una
spia, molto vicina al Papa, che si presenta da subito come la punta
di un iceberg di collaboratori i quali, non condividendo la logica
affaristica di palazzo, hanno deciso di muoversi per denunciare i
fatti e gli accadimenti, meno noti.
E' un libro che quindi,
propone al lettore testi autentici accompagnati da un riassunto dei
fatti e un commento dell'Autore.
Gli argomenti sono
numerosi, legati fra loro dal comune denominatore della “trama di
potere”.
Nel primo capitolo,
l'Autore ripropone la vicenda di Dino Boffo, il noto direttore di
Avvenire che, a partire dal 2009, è stato oggetto di una congiura,
scaturita dalla falsificazione di un documento nel quale egli veniva
indicato come colpevole di molestie (successivamente accreditando il
Direttore, di essere anche omosessuale).
Scopo di questa manovra
sarebbe stato quello di screditarlo, per rimuoverlo poi dal suo ruolo
nel giornale “Avvenire”.
La vicenda, che è ormai
patrimonio pubblico, nel suo svolgimento viene reimpostata, alla luce
delle lettere a firma Dino Boffo, il quale si prodiga nel chiedere
aiuto, indirizzandole alle più alte sfere Vaticane (attorno al Papa
ruotano un emiciclo di alti porporati i quali svolgono diverse
mansioni, fra cui quella di segreteria che obiettivamente sembra
avere dei doppioni di fatto), ed offrendo la sua versione dei fatti,
naturalmente in chiave cospirativa, a suo danno.
In tutta onestà e
franchezza, ho riletto con particolare stanchezza la vicenda che mi
era già nota, come penso a tutti i lettori, e sono rimasto
abbastanza deluso che il libro “Sua Santità” abbia
esordito con questo capitolo di storia contemporanea.
Ho rilevato che alla
questione in sé, è stata aggiunto semplicemente quello che per
chiunque è una consapevolezza e cioè che anche un uomo di chiesa,
quando viene messo alle strette, compresso cioé nella morsa del
lavoro e carriera, qualora sente la terra sotto i piedi sfuggirgli,
si adopera per tessere alleanze, rapportandosi su più fronti.
L'Autore gioca, ed è
questo un tema ricorrente nell'opera, sull'ipotesi, sicuramente da
molti condivisa, che le persone di Chiesa, specialmente poi se
rivestono una carica di spessore, siano non solo semplicemente buone,
ma “buonissime”: il Vaticano visto come una paradiso di
correttezza, lealtà, quieto vivere, una sorta di locus amoenus,
o di arcadia.
Può anche darsi che
qualcuno la pensi a questo modo, ma in realtà, non succede.
All'interno delle
gerarchie e dei palazzi di potere del Vaticano spesso non c'è nulla
di diverso da quello che tutti i giorni accade in ogni ambiente
competitivo, sulla base cioè dell'ambizione di carriera, da un lato
e della fermezza morale ed intellettuale, dall'altro.
Il che per un singolo
significa spesso la strenua difesa delle proprie posizioni e
convinzioni.
Anzi, a onor del vero, le
lettere di Boffo, e qualche altro documento che le riprende, mi
sembrano fin troppo bonarie, giacché penso che in altri ambienti ci
sarebbe stata una maggiore recrudescenza.
Mi è noto che, per
esempio, le redazioni dei grandi quotidiani sono una fossa di
serpenti, dove tutti sono pronti a invidiarsi e a darsi la scalata.
E' un paragone un pò luciferino, ma calza bene, forse non proprio a
pennello, ma di sicuro è di facile ed agevole comprensione. A
sostegno del quale ci sono tanti Blog di giornalisti che, con
pseudonimi, criticano apertamente i loro Colleghi. Anche su questo
sarebbe interessante svolgere un indagine e magari pubblicare
qualcosa.
Il secondo capitolo narra
invece, la vicenda del trasferimento di Mons. Carlo Maria Viganò,
segretario generale dal Governatoriato (organo di bilancio Vaticano),
che verrà indirizzato negli Stati Uniti. Anche in questo caso, vale
il ragionamento espresso in precedenza. Siamo in presenza della lotta
per il mantenimento della posizione acquisita, da parte di chi,
trattandosi di materia contabile, di gestione delle spese, deduce
l'avere razionalizzato ed ottimizzato le voci del bilancio. In
precedenza, all'opposto, non altrettanto valorizzate.
Nè più nè meno, di
quello che accade ai vertici di centinaia di società ogni singolo
giorno.
Anche in questo caso, ci
sono le stesse logiche che muovono l'uomo, sia esso di Chiesa o meno:
una difesa dell'operato e l'ipotesi di voler favorire persone vicine,
rispetto ad altre correnti di pensiero, nell'ottica di un risiko
allocativo delle persone nei ruoli chiave.
In questo frangente e
capitolo, ci sono delle puntatine più specifiche, sul Card. Bertone
(cui poi sarà dedicato un intero capitolo), e su l'Opus Dei, che
emerge come una forza molto persuasiva e poco disponibile alla
spartizione, verso l'esterno quanto verso l'interno.
La parte più
interessante, al di là dei nomi che vengono fatti e delle ragioni
sottese ad ogni singola posizione assunta dal Viganò, sono le cifre.
Le spese cioè per il mantenimento della Santa Sede e di numerose
altre Diocesi. Numeri che vengono raffrontati sia con la capacità
gestoria, sia con l'andamento delle entrate del Vaticano. Il
risultato è la rappresentazione visiva di un tecnico che ha operato
da tecnico.
Ma che il Vaticano fosse
una struttura complessa, non è mai stato messo in discussione. La
sensazione è che lo scrittore abbia a cuore sopratutto di “colpire”
con l'insinuazione un archetipo di fedeli: i cattolici ortodossi.
Qualcuno dovrebbe spiegargli che non tutti portano il paraocchi
(qualcuno sicuramente si): c'è libertà di pensiero tanto quanto di
arbitrio.
Orbene, tutti sappiamo
che le voci di spesa per un complesso come quello Vaticano sono
numerose, non solo di mantenimento artistico e logistico. Tali spese
non sono affatto diverse da quelle numerosissime regge nobiliari o
palazzi della sovranità, come possono essere tanto il Quirinale
quanto la Casa Bianca.
Anche in questo caso, si
gioca sulla falsa riga della credenza atavico popolare, ormai
ancestrale, che siccome in mezzo c'è la Chiesa, tutti devono essere
devoti ad un idea di carità che coincida con il concetto di povertà
“comunista”, cioè di privazione anche dell'essenziale.
Spiace, ma non è così:
la cupola di San Pietro necessita di manutenzione, il porticato del
Bernini anche.
Nell'ottica della
contestazione, fine a se stessa, tutto ciò fa gridare allo scandalo
solo perchè mancano i termini di paragone. Se all'opposto ve ne
fossero, se cioé l'Autore avesse raffrontato le spese in questione
con quelle di tanti altri palazzi e complessi non solo religiosi, ma
anche del potere temporale, tutto sarebbe ben più realistico e il
dato sarebbe meno capzioso.
Fermo restando che
permarrebbe comunque l'interesse, poichè in effetti queste cifre,
sarebbe meglio renderle note, altrimenti si corre il rischio di
suggerire che la riservatezza sia in realtà un modo per occultare
qualcosa di negativo, di oscuro.
Il problema è
comunicativo, non di contenuti.
Il terzo capitolo, è
dedicato alle “offerte” che pervengono in larga parte al Santo
Padre. E' un capitolo molto contraddittorio e da l'impressione di
inseguire, a tratti anche disperatamente, lo scandalo. A volte non si
comprende il ragionamento di fondo. L'Autore cita la fondazione del
Papa, cifre alla mano, ma poi dopo averne spiegato gli impieghi è
costretto ad ammettere che è una fondazione povera. Per ogni somma
donata c'è una giustificazione. L'impressione è che si vogliano
riportare i dati per convincere, ma poi giornalisticamente si corre
ai ripari, ammettendo anche la verità e cioè che ogni cosa è al
suo posto.
In questo capitolo, viene
dato spazio alla lettera del noto conduttore e giornalista Bruno
Vespa, il quale omaggia il Papa con 10mila euro di donazione, a
margine della quale, in occasione degli auguri di Natale, domanda
anche un possibile incontro con sua Santità.
Anche questo non mi
sembra nulla di nuovo sotto il sole. Il Papa riceverà una marea di
richieste di questo genere, basti pensare a tutte quelle che arrivano
dal mondo dello sport e della televisione (appunto).
Nel capitolo successivo,
il quarto, si affronta invece il pericoloso argomento dell'ingerenza
politica del Vaticano sull'Italia, e si va dai rapporti con Giulio
Tremonti a quelli con Giorgio Napolitano, quindi dalla fine imminente
del Governo Berlusconi, alla prossima ascesa di quello dei tecnici
del Prof. Mario Monti.
E' un capitolo
interessante, ben redatto, coinvolgente. Indubbiamente appassionerà
sopratutto coloro i quali ritengono, a ragione, che il Vaticano non
abbia un ruolo passivo, ma in molti casi, assuma un atteggiamento
teso al condizionamento, in parte per autotutelare i propri interessi
e quelli della galassia di soggetti ed istituzioni che gli ruotano
intorno.
Lo stile giornalistico
qui emerge pulito, meno farfallone nel sedurre il lettore e più
invogliante: opta per la vincente carta della cruda realtà.
Sulla stessa scia anche
il capitolo successivo, che invece muove le trame dei rapporti meno
nominati e più da “servizi segreti” molto in chiave “Roma
caput mundi”.
Interessante e ricco di
aneddoti che in effetti sono passati sotto tono, rispetto alla
copertura giornalistica delle notizie.
Il sesto capitolo è
tutto riservato al Cardinale Bertone, la cui corrente di potere
all'interno del Vaticano è osteggiata da non pochi, e che tuttavia,
rappresenta sicuramente un punto di riferimento.
La sua figura, viene
tratteggiata in modo non dissimile da quella di un manovratore
occulto, che ha dimestichezza tanto con i giochi di palazzo quanto
con quelli del potere. Dall'Università Cattolica all'ospedale San
Raffaele.
L'Autore, qui riprende
una teoria già nota sul Cardinale e da alcuni condivisa. Soddisferà
quest'ultimi e lascerà indifferente gli altri.
I restanti tre capitoli
saranno ad apprezzamento esclusivo del lettore.
A mio avviso, propongono
una sorta di internazionalizzazione dei rapporti Vaticani, si va
dalle vicende legate al Movimento di Comunione e Liberazione, o le
indagini interne sui Legionari di Cristo, arrivando ad episodi come
l'evangelizzazione in Giappone, un omicidio in Ecuador, o i rapporti
con il gruppo terrorista Eta.
L'Autore propone una
interpretazione critica. E' un assolo, che utilizzando spesso la
visione centrata sull'argomento, ne offre chiavi di lettura negative,
a volte persino lascive.
Tuttavia, spetta al
lettore decidere. La parola del resto è sua, gli appartiene, a
cominciare da quella che è stata messa nero su bianco.
Un esempio chiarificatore
della condotta tenuta dall'Autore e del perchè la ritengo
indirizzata nella stesura del testo e non imparziale nella
riproduzione delle notizie, lo si ricava dalle sue motivazioni circa
la partecipazione di Benedetto XVI al Meeting di Comunione e
Liberazione.
Per lo scrittore, il
successore di Don Giussani, Julian Carron, attuale massimo
rappresentante di CL, fa pervenire al pontefice un invito a
partecipare al Meeting, allo scopo di attrarre una maggiore
attenzione mediatica sul evento. Pubblicità insomma.
Viceversa, si potrebbe
argomentare che la partecipazione del Pontefice è gratificante per i
Ciellini, nell'ottica del fatto che la storia del Movimento, in
passato incompreso dalla Chiesa di Roma, è quella di un grande amore
e devozione proprio verso la Chiesa; e la presenza del suo massimo
esponente, potrebbe essere più un messaggio interno, per gli
aderenti al Movimento, di conferma che il solco della loro azione è
nell'ottica della Chiesa e del Vaticano.
Censura che del resto,
molti detrattori muovono contro CL, cioè di agire con personalismi,
sganciati dal mondo ecclesiastico.
Quindi, la presenza del
Santo Padre può essere tranquillamente un atto di coscienza, una
volontà di omaggiare e nel contempo responsabilizzare il popolo di
CL. Senza che ci sia nulla di male insomma.
Il lettore, deve decidere
se lasciarsi indottrinare dal punto di vista dell'Autore, oppure
ricercare soluzioni alternative, magari complementari che cioè non
escludono di per sé l'ottica critica proposta dal significato primo
e letterario del testo.
A parte quindi le
valutazioni espresse nei singoli capitoli, che sembrano celebrare più
un processo mediatico televisivo, con due parti che si fronteggiano,
arroccate sulle proprie posizioni, il testo è ben scritto.
A differenza di altri
Autori, che appartengono al nutrito (e lucrativo) filone
anticlericale dello scandalo rivelato, in stile fantarcheologia
prestata all'attualità, Nuzzi è anzitutto un buon saggista.
I suoi metodi d'indagine
sono corposi, ma sostenuti. Riepilogativi e conclusivi. Riesce a
“chiudere bene il cerchio” dell'esposizione e la sua
prospettiva, al di là della condivisione o meno circa
l'interpretazione dei contenuti, è utile e funzionale alla
comprensione.
Una penna critica,
sostanziale ed oggettiva, di cui il giornalismo ha sempre bisogno. Un
metodo d'indagine che centralizza la notizia, il che è un bene,
perchè la divagazione è oggi uno dei peggiori nemici della
comunicazione.
L'unica vera battuta
d'arresto che subisce l'arte giornalistica annida nella
presupposizione, cui l'Autore tende con frequenza, più tipica delle
giovani penne indipendenti. Emerge in particolare nelle ripetute
citazioni dei laici cattolici o dei semplici laici. Una costante nel
romanzo. Se c'è un messaggio subliminale (spesso quando i
giornalisti si riferiscono a costoro sottintendono l'Opus Dei), non è
chiaro. Il rischio è che, essendoci in giro già abbastanza persone
che non solo provano astio e risentimento verso la Chiesa, in sé, lo
riversino anche sui cristiani, siano essi cattolici osservanti o
laici. La caccia alle streghe, come il rogo dei libri, appartiene ad
un altra era: non c'è alcun bisogno di rispolverarla.
Preferiamo i lumi della
ragionevolezza e del realismo, anche critico, alle cannonate
dell'odio.
In quest'ottica, al
termine della lettura io mi sono posto un quesito, che credo vorranno
porsi anche i lettori: che cosa c'entra, con i fatti narrati, il
Santo Padre? Visto che il titolo dell'opera è “Sua Santità”..
Sicuramente, emerge come
sia la figura di spicco, non potrebbe essere altrimenti, cui molti si
rivolgono per esporre i loro problemi (a volta sembrerebbe più
riportando un malessere a tratti tignoso e irriverente), ma non c'è
mai, in tutto il testo, un coinvolgimento del Papa.
Io tutti i giorni
incontro degli amici, e spesso mi fermo a parlare con loro; se un
domani venisse fuori che sono un poco di buono, sarebbe giusto
citarli solo perchè si soffermavano a parlare con me? Il meccanismo
utilizzato nella riproduzione dei c.d. fatti, a spiegazione dei
documenti è spesso questo. L'ho riscontrato in particolare nel
capitolo dedicato al Cardinale Bertone.
In pratica: Tizio,
incontra Caio (che riveste un ruolo istituzionale e con il quale
pertanto può essere obbligatorio dover parlare, anche se la persona
in sé può non piacere), il quale a sua volta è amico di Sempronio,
e non solo, ma in data “tal dei tali” ha incontrato Mevio che a
sua volta è amico di.. e via discorrendo. Ogni volta, per ogni nome,
citando gli elementi peggiori (ovviamente si cercano fra le migliaia
di conoscenze quelle più criticabili), come indagini o presunti
malaffari.
Alla fine di questa
Catena di Sant'Antonio, Tizia cosa c'entra?
Cosa ha fatto? E
sopratutto dov'è il fatto rilevante?
Nel momento in cui certe
persone sono nominate od elette, da uno o più poteri legislativo,
esecutivo o giudiziario, i casi sono due: o le alte sfere del clero
non si rapportano a nessuno che non piaccia, oppure continuano a
farlo, debitamente, con tutti.
Ed in nessuna parte del
libro emerge che piaccia.
Fa parte del senso del
dovere istituzionale? Forse è eccessivo, in alcuni casi in effetti
c'è una nemmeno troppo velata raccomandazione o gradimento dietro a
certune persone, il che è sbagliato per principio.
Ma anche il meccanismo
dell'assimilazione sopra esposto, è un macchina del fango.
La verità sta troppo
spesso nel mezzo, e lo sappiamo tutti: lettori e scrittori. Gli
estremi si toccano. Ed è innegabile che la sollecitazione proposta,
a mò di commento, dall'Autore, lo sia, un estremo, spesso e
volentieri.
“Sua Santità”
è un testo che propone carteggi riservati trafugati di nascosto
dalle stanze Vaticane, riguardanti alcune delle più alte sfere del
Palazzo Apostolico e delle gerarchie su scala nazionale della Chiesa.
Offre al lettore un commento in chiave critica, che indaga l'eccesso,
tipico dello scandalo, per scopi evidentemente sensazionalistici. La
parte più apprezzabile è l'indagine giornalistica. Pur se i
contenuti, si prestano a diverse interpretazioni ed in molti casi
l'Autore sembra volerli indirizzare fino a stiracchiarli al punto da
esagerarne la spiegazione. A tratti fin troppo suggerita al lettore,
che ne viene indottrinato. Ciò a danno della libertà di
comprensione, frutto di una convinzione critica dello scrittore.
Consigliato a coloro che
sul tema Vaticano – Impero Galattico, stile Guerre Stellari, non
hanno bisogno di essere convinti, ma vogliono aggiungere altra carne
al fuoco, forse per sentirsi più credibili e scevri da preconcetti.
Marco Solferini
marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBellissima recensione.
RispondiEliminaPensare al Vaticano come un locus amoenus è un locus amoenus in sè... molto amoenus purtroppo.
L'uomo (e il suo desiderio di ascesa sociale) è sempre lo stesso in qualunque epoca e in qualunque contesto si venga a trovare: la Chiesa non è esente da questa legge naturale, ahimè!
Grazie Marco, trovo che la recensione sia equilibrata e consente al lettore di farsi un'idea esaustiva dei contenuti prima di incominciare a leggere Sua santità. Non condivido però questo tuo passo:
RispondiElimina"Anche in questo caso, si gioca sulla falsa riga della credenza atavico popolare, ormai ancestrale, che siccome in mezzo c'è la Chiesa, tutti devono essere devoti ad un idea di carità che coincida con il concetto di povertà “comunista”, cioè di privazione anche dell'essenziale."