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Il
seggio vacante
Autore:
J. K. Rowling.
Genere:
drammatico.
Il
consigliere comunale della piccola città inglese di Pagford, Barry
FairBrother è morto.
Una
sera come tante, uscito per cenare con la moglie al circolo del golf
«Birdie» la morte lo ha colto inesorabile: un aneurisma. Letale,
doloroso. Una dipartita pietosa.
Il
giorno dopo quella fatale sera la notizia fa il giro delle case e per
numerosi cittadini di Pagford comincia una sorta di percorso
conoscitivo, che dal pettegolezzo si sposta agli interessi privati.
Quelli
dell'ex. consigliere Barry che lascia un posto vacante e numerose
questioni in sospeso.
Ma
sopratutto è un viaggio catartico oltre i confini materiale della
perfetta Pagford, simbolo dell'utopia organizzata.
La
conseguenza di questo evento scatenante è una sorta di dantesco
pellegrinaggio nei gironi dell'inferno che dalla memoria di una
volontà mai sopita dell'essere, sepolta dentro le mura delle case e
le geometrie del villaggio, si trasferiscono al carattere delle
persone. Fuoriescono.
Una
vera e propria serie di conflitti interiori che sbocciano con la loro
irruenza, travalicando spesso i confini dell'accettabile oltre il
quale, come un mallo di irrinunciabile sopravvivenza, si era
rinchiuso l'umano senso di inciviltà.
La
meschinità dell'odio, l'arroganza dell'invidia, la ritualità
dell'attrazione sessuale, la banalità della vita coltivata
nell'anonimato.
Ognuno
di questi elementi troveranno un nome ed un cognome nei protagonisti
ed un elemento conduttore nella morte di Barry e nel posto vacante
che simboleggia le questioni in sospeso: l'incapacità dell'uomo di
vivere fino in fondo la bugia di un ossimoro quando contrappone
l'apparenza con la verità interiore.
L'Autrice
scoperchia il vaso di Pandora che in ogni città, grande o piccola,
plagia le menti attraverso i desideri e le aspettative: un tarlo
tumorale, a volte persino elegante nella sua macabra visione
«cattiva» della realtà circostante.
Fra i
tanti episodi troviamo il dramma di una Famiglia che dalla pietà,
intesa come relazione degli opposti, diventa pietoso per
l'inconciliabilità con la dimensione più aggressiva dello spirito
animale, incardinato nell'aggressività opportunistica.
Eppure,
questo lato oscuro senza una vera e propria menzione è il gemello
irrinunciabile, l'altroquando con cui dobbiamo convivere,
nell'inevitabile accettazione di quanto utopico sia presupporre una
bontà perfetta. Perché inesistente.
La
politica è l'affare degli interessi che dal settore pubblico
sconfinano nel privato, ma che per poterlo fare necessitano,
paradossalmente, proprio dell'accettazione di quest'ultimo,
attraverso il mandato elettorale: l'investitura feudataria del
vassallo che attraverso l'elezione diventa il piccolo plenipotenziale
centro di numerosi interessi.
Sono
rimasto impressionato dalla lettura delle prime 50 pagine di questo
romanzo. Mi è capitato pochissime volte di percepire una simile
perfezione espositiva.
La
Rowling, notissima al pubblico in virtù della serie cult «Harry
Potter», si è cimentata con un tema difficile, ambizioso, la cui
impostazione e svolgimento potevano rappresentare una sfida
oggettivamente complessa.
Eppure
ha vinto usando la ponderazione narrativa che, attraverso una
semplicità straordinariamente umile ed efficace, regala al lettore
un ambientazione credibilissima, realistica.
Personaggi
che vivono la convinzione di se stessi e per quanto rappresentino
elementi a tratti stereotipati, non sentono il bisogno di lasciarsi
piacere.
Considerazioni
taglienti come rasoi, dove le parole assumono un peso specifico.
Situazioni
claustrofobiche, cariche di drammaticità, legate a quella capacità
tutta umana di crearci catene indistruttibili, costrizioni che
rassomigliano ad artefatti maligni ed un labirintico insieme di
congetture non dissimile da una matrioska.
Il
tasso di credibilità è altissimo.
Ogni
singola frase è una nota apposta nello spartito ed il risultato è
una melodia impossibile da non apprezzare.
La
nostra società, il nostro microcosmo della vita quotidiana, spesso
facilmente riconducibile ad un ambiente cittadino, addirittura di
«quartiere», come pure ad una cerchia di conoscenze predefinite è
qui drammaticamente rappresentato nella sua indole più blasfema e
peccaminosa.
Un
insieme di aspettative e di punti di vista che raramente significano
ciò che vorrebbero, e che nella trasmutazione divengono quel che
l'apparenza palesemente nega.
Non a
caso oggi più che mai buona parte delle persone possono
autodefinirsi e riconoscersi nell'essere schiavi consapevoli, cioè
coloro che accettano la dimensione minima sufficiente del proprio Io,
per non impazzire di solitudine, ma nel contempo nemmeno annegare nel
marasma dell'eccesso.
La
genialità è osteggiata quanto l'ignoranza.
Perché
la materia di cui la maggioranza degli individui vuol essere fatto è
argillosa: una via di mezzo fra l'eroismo e la vigliaccheria, tale
per cui non c'è abbastanza coraggio per addivenire ad alcuno dei due
stadi.
Noi
viviamo il limbo: la via di mezzo, l'incompiutezza.
E
l'accettiamo, nell'utopico desiderio di una felicità che è sempre
rimandata, al dopo, al domani, all'anno prossimo venturo.
L'Autrice
dimostra quel che accade quando le emozioni caratteriali fuoriescono
da questi confini. La realtà diventa mostro, ma come il celebre
Frankenstein essa non sopravvive al suo creatore e vuole tornare ad
essere solo realtà.
«Il
seggio vacante» è prima di tutto un opera letteraria contemporanea
di altissimo livello, stilisticamente impeccabile, narrata con una
sapienza espositiva perfetta. Un romanzo completo, sotto il profilo
tecnico e letterario che non lascia scampo, al di là della storia in
sé che veicola una serie di riflessioni ed apre le porte di
questioni mai tralasciate perché intimamente legate all'animo umano.
Capolavoro.
Marco
Solferini
marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
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