venerdì 8 gennaio 2016

Il canto del ribelle

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Il canto del ribelle
La vera storia di Loki

Autore: Joanne Harris
Genere: Avventura, mitologico.

C'è una storia che tutti conoscono. E' quella di grandi guerrieri e dei loro Dei. E' quella di Asgard. Di Thor, dio del tuono, di Odino, padre di tutti gli dei, di Balder, il coraggioso. Ed è anche la storia di Loki.

Da molti definito un furfante. L'ingannatore. Il mistificatore. Colui che scatenerebbe il Ragnarok cioè la fine dei tempi e di tutte le cose sulla terra degli dei.

Il suo sconfinato odio per Odino è noto a tanti, ma non da tutti realmente conosciuto. Nei suoi “perchè”, in quelle motivazioni che hanno rappresentato la vicenda più intima e dai risvolti meno noti.

«Questa era la mia occasione per finire Odino, per colpire al cuore di Asgard, per prendermi la vendetta tanto a lungo desiderata...». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Ecco, questa è la versione di Loki.

Sarà lui, in prima persona, a narrare questi eventi. L'ingannatore che viene dalla forma del fuoco, che proviene dal Pandemonio e che prende forma per aiutare Odino a celebrare le sue vittorie.

I suoi numerosi inganni saranno come una partita a scacchi con «padre tutto», che coinvolgerà i suoi figli, che porterà alla morte del prode Balder, a usare la figlia stessa dell'ingannatore Hela regina di Hell, il suo ultimo figlio il lupo Fenris per scatenare al furia del Ragnarok in una sorta di competizione contro l'odiato Oracolo che tutto aveva previsto.

«Da sud, dalla Foresta di Ferro, veniva il resto del nostro esercito. Forte di diecimila uomini, magnifico, si dispiegava sulla pianura in aperta sfida a Asgard. C'erano demoni e troll, lupi mannari e vecchie streghe, goblin ed effimeri, mostri umani e morti viventi. Io avevo la mia nave di fuoco, la mia flotta per navigare fra i Mondi, avevo il mio equipaggio di teschi e ossa». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Inganni e castighi, trabocchetti e tragedie: storie nella storia. Episodi che parlano del mito e della leggenda.

La versione di Loki è una rivisitazione di tutto questo. Con l'irriverenza ed il compiacimento autoritario di chi si autocelebra e narra di sè con il piglio dell'eletto. Ma anche battaglie epiche ed eroiche.

«Nel frattempo, a terra, il Tuono e il Lupo Fenris erano impegnati in un duello all'ultimo sangue. Per un momento, Thor era stato stordito dalla caduta, e io avevo sperato che il lupo lo finisse; ma poi ha afferrato Mjolnir, e di colpo la lotta è ripresa. L'accuratezza non era il punto forte di Thor, ma la compensava con la forza. Mjolnir gli lampeggiava in mano; il Lupo è balzato indietro, ringhiando e scoprendo i denti giganteschi». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

La scrittrice confeziona un testo geniale.

La mitologia nordica è indiscutibilmente una delle più complete e sicuramente affascinanti.

«Il regno di Hel è freddo e tetro. Libero dalle convenzionali regole di misura, proporzione o geografia, si estende in tutte le direzioni, un deserto privo di colore, di sabbia e osso sotto un arco di cielo privo di colore. Li non cresce nulla; e nulla vive - perfino Hel era un mezzo cadavere - e quelli che arrivano qui sono morti, condannati o soltanto disperati». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Fonte di continue ispirazioni che vanno spesso ben oltre l'adattamento dei fatti così come tramandati dalla storia e dall'archeologia. Pensiamo infatti al supereroe «Thor» degli Avengers (nei fumetti), o ai tanti film e serie televisive che ne hanno celebrato la religione in terra vichinga e le doti riconosciute di guerrieri, straordinario popolo votato al coraggio in battaglia, in cerca di una morte con onore per accedere al Valhalla.

Questo libro è un altra cosa.

Qui siamo in presenza di una narrazione ufficiale, ma apocrifa. Nel senso che i fatti sono quelli accreditati (Loki non è il fratello di Thor, tanto per capirci.. nota per i Marvel Fan) ma esposti da colui che è il «cattivo».

«Bene, questa non è la versione ufficiale. Questa è la mia versione dei fatti. E la prima cosa che dovete capire riguardo questo raccontino è che non c'è un vero inizio. Nè una vera conclusione, a dirla tutta. Anche se, naturalmente, ci sono stati parecchi esempi di entrambi: finali multipli, inizi multipli, intrecciati così fittamente che nessuno è in più in grado di distinguerne i fili. Finali, inizi, profezie, miti, storie, leffende e burie, tutti parte dello stesso grande tappeto; sopratutto le bugie, certo - che è poi quello che vi aspettavate da me, essendo io il Padre e la Madre delle Bugie, ma questa volta è tutto vero, almeno quanto qualsiasi cosa chiamiate storia». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Tuttavia, di cattiveria possiamo o dobbiamo veramente parlare?

E' un dubbio che sovviene. Esiste forse un mito senza che in esso vi sia la nemesi? L'esatto contrario? Può esserci il paradiso senza l'inferno? Un dubbio atavico nella coscienza che brulica nella contemporaneità della questione religiosa perchè trasversale. Presente cioè in tutte le religioni monoteise o meno, della storia passata e dell'attualità.

Un aneddoto che sembra forse più legato all'innata concezione dell'uomo di essere crocevia degli eventi e nel contempo di determinarne lo svolgimento. Dei, così umani quindi, da prendere sul serio situazioni scherzose o da tramutare il destino in tragedia agendo come argonauti della propria estinzione.

Sullo sfondo c'è il fato, questo sconosciuto, che tira le fila di tutti noi e al quale apparentemente nemmeno gli dei sono immuni.

«E Odino avrebbe dovuto sapere sin dall'inizio che l'Ordine perfetto non si piega: semplicemente, regge finchè non si spezza, ed è il motivo per cui di rado sopravvive per un periodo di tempo significastivo. Allora il Generale non lo sapeva, ma quello di cui aveva bisogno era un amico: un amico i cui principi morali fossero abbastanza elastici per occuparsi delle bassezze mentre Odino comandava dall'alt, mantenendo l'Ordine, intoccabile... In pratica, aveva bisogno di me». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Loki è straordinariamente umano. Da subito. Da quando cioè si manifesta sotto forma di fuoco e non conosce nemmeno il dolore, fin quando egli assume la forma di uomo ma nella sua versione deificata.

Perchè egli diventa uomo nella forma per essere un dio (per godere dei privilegi di esserlo).

Narra i perchè delle sue azioni. La sua naturale scienza dell'essere che accetta la consapevolezza del ruolo. Portatore del caos. Agente della dispersione. Inno perpetuo ad una confusione che sembra brodo primordiale o forse ad esso vuole (ri)condurre.

«Lealtà, onore, verità, buona fede... tutte queste cose appartengono all'Ordine. I figli del Caos non ne hanno bisogno e non le capiscono bene». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Loki non civilizza, ma usa quel che trova, lo consuma laddove non può plagiarlo, quando cioè non riesce a riproporlo a sua immagine e somiglianza, attraverso la corruzione.

Lui è la sintesi del concetto «distruggere per ricostruire».

«La punizione è inutile, ovvio. Non arresta il crimine, nè annulla il passato, nè fa pentire il colpevole. Anzi, la sola cosa che fa è sprecare tempo e provocare inutile sofferenza. Forse questo è il motivo per cui è alla base di così tante grandi religioni». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Ma celebra anche il dramma della sconfitta. La lotta impari contro la predestinazione. Se esiste una strada maestra dove tutto è scritto come può esistere altresì il libero arbitrio? Non è forse un ossimoro? Sulla base di questo assunto egli agisce. Cercando cioè di far prevalere il secondo sul primo.

«Buffo come le cose che diciamo ritornano per dilaniarci, come cani rabbiosi a cui una volta abbiamo fatto l'errore di dare da mangiare. Sebbene allora non lo sapessimo, la nostra estate stava per finire. Le stagioni avevano cominciato a mutare, le ombre ad allungarsi, il sole a tramontare. Quella luce rosata è ingannevole, splende sui volti di chi ti sta intorno e li fa apparire amici. Non lo sono. Nel giro di dieci minuti, il sole sarà tramontato, e sarà impietoso». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

Appassionante e coinvolgente il romanzo è molto ben impostato. Rifugge qualunque appesantimento storico e riesce da un lato ad erudire informando il lettore sui fatti e nel contempo a sorprendere coinvolgendolo per il metro narrativo così irriverente e a tratti irrispettoso.

L'Autrice celebra la personalità di Loki, dosandone i contenuti, oscillando come il Pendolo di Foucault tra un egocentrismo sconfinato e un ego altrettanto megalomane. Così facendo canalizza le scelte e ricama l'efficacia dei dialoghi molto pertinenti e ottimamente impostati.

«Non pretendo di sapere molto sull'amore, ma è così che finiscono i grandi amori, non tra le fiamme della passione, ma nel silenzio del rimpianto. Ed è così che mio fratello Odino e io abbiamo raggiunto la fine della nostra alleanza: non nella furia della battaglia (sebbene questa sarebbe giunta molto presto), ma fra bugie e sorrisi cortesi, e solenni proclami di leatlà». Tratto da “Il canto del ribelle” di Joanne Harris, ed. Garzanti.

«Il canto del ribelle» è un testo originale. Sicuramente interessante per chiunque apprezzi la cultura nordica. Ma è anche una piacevolissima lettura per quanti amano orientare la propria intelligenza di lettori in un contesto narrativo diverso dal solito.

Mi è piaciuto. L'ho apprezzato e per questa ragione mi sento di consigliarlo a tutti.

Marco Solferini.
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