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La
stagione degli innocenti
Autore:
Samuel Bjork
Genere:
thriller
«Io
viaggio da sola» è questo il drammatico cartello che penzola dal
corpo senza vita, apparentemente impiccato a un albero, di una
bambina ritrovata nel bosco.
Siamo
in Norvegia, nel freddo nord Europa e per l'agente speciale Munch
quel cadavere rappresenta l'inizio di una sfida.
E'
un uomo il cui stile di vita ha il sapore vissuto di chi convive con
le scelte di un passato difficile da dimenticare. Costretto a
sopportare il suo essere diventato in sovrappeso e con alle spalle
una vita famigliare andata in pezzi.
Vivendo
alla giornata tenta di raccogliere quel poco che ancora possa essere
rimesso insieme.
Gli
piacciono gli enigmi, ama il gioco degli scacchi e sa fare il suo
mestiere, ma per fronteggiare la minaccia di un possibile assassino
seriale avrà bisogno della sua preziosa collega, Mia Kruger.
Lei
però si è isolata dal mondo. Ritiratasi lontano da tutto e da
tutti, attende quello che è convinta sia il giorno della sua morte.
Al quale mancherebbero meno di due settimane nel corso delle quali si
dedica ai farmaci e all'alcool. Due vie di fuga da un passato che la
tormenta: l'atroce destino toccato alla sua amata sorella.
Lei
e Munch erano l'elite di una formidabile squadra fino al giorno in
cui Mia decise di diventare giudice, giuria ed esecutore di un
terribile aguzzino.
Ma
l'assassino di bambine rivestite come bambole, numerate e sulle quali
aleggia un inquietante mistero relativo ad un vecchio caso di
suicidio, ha piani geniali. La sua trama è in evoluzione. Il gioco
deve per forza andare avanti. Ogni mossa è destinata a rivelare una
parte sempre più sconcertante del passato, mentre il disegno
omicidiario porterà a galla una verità sconvolgente.
Munch
ottiene il nulla osta per ricostituire la squadra speciale e Mia
accetta di tornare in campo al fianco del suo ex collega per un
ultima sfida o forse per la prima di un nuovo ciclo.
L'Autore
ha conquistata una buona parte del mercato del nord Europa e di
questi tempi è un ottimo biglietto da visita.
Ormai,
buona parte delle segreterie editoriali sembrano essere state
ammaliate da questo mercato.
In
alcuni ci sono ampie motivazioni. Penso a Stieg Larsson, Liza
Marklund, Joe Nesbo e altri.
Come
spesso accade ci sono elementi che cominciano a fare tendenza e
allora i lettore, trovandosi in libreria quasi più romanzi scritti
da persone che hanno un cognome nordico, si potrebbe interrogare se
ci sia una particolare genialità di fondo che distingue cioè la
cultura letteraria contemporanea di questi Autori.
In
questo caso abbiamo per le mani un buon romanzo, ma i cultori del
thriller non lo esaltino più di tanto. Siamo in presenza di una
struttura tipica. Un assassino il cui operato è quantomeno
misterioso e una coppia di «detective» che sono descritti più per
la loro componente di antieroi.
«Una
gentilezza impeccabile, ma lei aveva visto dentro i suoi occhi. E le
era venuta la nausea. Occhi falsi, disgustosi. Per qualche ragione
era sempre stata brava a vedere dentro le persone che le stavano
accanto. E così era stato per la scialba creatura in giacca e
cravatta: aveva guardato dentro di lui e quel che aveva visto non le
era piaciuto». Tratto da «La stagione degli innocenti»,
di Samuel Bjork, ed Longanesi.
Le
personalità sono indagate a fondo attraverso espedienti di vita.
Raccontati e vissuti. Il che stabilisce un buon rapporto empatico con
il lettore. E' decisamente gradevole approfondire l'evoluzione di
questi protagonisti.
Lei
è il bozzolo che deve tornare ad essere farfalla. Lui è un
sopravvissuto che deve trovare la forza per trasformare il fatalismo
e l'autocommiserazione in un percorso ricostruttivo.
«Tutti
pensavano di saperne qualcosa, ma in realtà nessuno sapeva davvero
che cosa accadesse lì dentro, se non che i bambini della fattoria
non andavano a scuola, ce tutte le attività avevano a che vedere con
Dio, il cristianesimo e roba del genere e che comunque la gente lì
non poteva stare insieme agli altri». Tratto da «La stagione
degli innocenti», di Samuel Bjork, ed Longanesi.
Il
cattivo di turno è colui che lancia il guanto della sfida. La
mortalità omicida e il disprezzo per la vita sono l'anticamera di un
messaggio che nega la ragion d'essere della legalità e della sua
componente giustizialista. Io sono e quindi esisto. L'innocenza delle
vittime e la loro trasmutazione in oggetti (bambole) dona una
teatralità di fondo.
«Il
suo nome non lo diciamo. Gli ho messo il veleno per topi nel cibo.
Dovevo preparare da mangiare. Per noi tre, dopo che la polizia aveva
detto che l'assassino si era dileguato. E' stato un divertimento
guardarlo. Mentre moriva. L'abbiamo guardato insieme, io e mia
sorella. Sanguinava dalla bocca, dappertutto. Davvero un bello
spettacolo. Quasi solenne. Quasi come la vigilia di Natale».
Tratto da «La stagione degli innocenti», di Samuel Bjork, ed
Longanesi.
La
genialità narrativa sta in questa contrapposizione di contenuti: da
un lato la volontà di essere partecipe del proprio destino e
dall'altra di contrastare il disegno criminoso. Due terreni fertili
nei quali l'Autore manovra come un eccellente comandante.
Buona
l'esposizione narrativa. Discreti i dialoghi. Funzionali e mai
superficiali. Un tantino ripetitivi e insistiti su alcune
concettualità di fondo.
«Un
immagine dal cimitero. La tomba di Sigrid. Qualcuno le bisbigliava
ancora qualcosa all'orecchio, una voce invisibile. Le campane della
chiesa risuonavano lontano. Da un isola. Da Hitra. Suoni metallici
dall'eternità, sul cellulare nella tasca dei pantaloni accanto al
letto nella stanza d'albergo. Si allungò nel sonno verso quel suono,
toccò lo schermo e cominciò a parlare ancora prima di essere
completamente sveglia». Tratto da «La stagione degli
innocenti», di Samuel Bjork, ed Longanesi.
Purtroppo,
incontriamo fin troppi capitoli che purtroppo cominciano allo stesso
identico modo. Il nome del coprotagonista, una breve panoramica su
quello che fa, uno spunto discorsivo sul suo passato e poi l'evento
da collocare nella narrazione.
Si
tratta di un limite nella cifra narrativa dell'Autore. La volontà di
sintetizzare tramite capitoli brevi non incontra la capacità di
argomentarli senza ripartire da zero.
L'indagine
si sviluppa a intermittenza. Non è mai veramente avvolgente.
L'Autore ha messo in scena una competizione cercando il realismo ma
difetta di spettacolarità perchè il suo epicentro narrativo è
sempre l'idea di fondo.
I
dettagli che vengono sviscerati e resi noti con metodo organizzato
quasi filo logico non spostano il baricentro verso il climax.
«La
stagione degli innocenti» è un buon thriller. L'Autore è
discreto, ma ha ampi margini per migliorare.
In
un genere così inflazionato c'è di meglio e proporre ai lettori un
Autore in larga parte per questioni di marketing relative alla
provenienza geografica è a mio avviso sbagliato.
Consigliato
solo ai divoratori di thriller.
Marco
Solferini.
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