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IL SECONDO RINASCIMENTO
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E l'eco
rispose.
Autore:
Khaled Hosseini.
Genere:
drammatico, esistenziale.
C'è
una storia che Sabur racconta ai suoi figli prima di andare a
dormire. In un villaggio povero, di agricoltori, nei pressi di
Kaboul. Una storia della buona notte. E c'è una ninna nanna che li
accompagna.
Ed è
lì, in quel posto sperduto tra la polvere ed il tempo, che tutto ha
inizio.
La
storia della vita, intrecciata negli eventi del passato, dal 1949
agli anni 2000. Storie di persone, di luoghi, di parole.
E' la
storia di Pari, la figlioletta di Sabur che va nella grande città
per trovare un altra famiglia. Più ricca. Più benestante. Perchè
l'inverno in quei piccoli paesi rurali, sperduti fra il deserto e le
montagne si porta sempre via due o tre bambini. Il freddo assassino.
E' la
storia di suo fratello Abdullah che l'accompagna in quello che sarà
l'ultimo viaggio insieme e della promessa che fa a se stesso.
E poi
è un susseguirsi di eventi che dal villaggio si spostano alla città.
Il
coraggio e la colpa di una donna che pur nella miseria più nera si
prende cura della sorella disabile. La scelta di una giovane moglie
che non può vivere entro le mura dorate di una città che non
capisce e fra le braccia di un marito che non la ama. La volontà di
un uomo che dedica tutta la sua vita al servizio del proprio padrone
e onora la memoria della sua casa nei duri tempi a venire. I
sentimenti di chi fa ritorno nella terra natia e scopre quello che le
parole della carta stampata non potevano raccontare: l'atrocità
della violenza e la propria inutilità.
E
ancora, è la storia di Pari non può bambina, che sembra figlia di
nessuno se non del vento che soffia in quel di Parigi per portarla
via ad ogni sua scelta. Circondata da tutto ciò che non capisce, ma
si costringe ad accettare.
Storie..
per raccontare stati d'animo, concetti, eventi che la cronaca
contemporanea ha sistemato fra l'attualità.
Hosseini
è uno degli Autori più celebrati degli ultimi anni.
I suoi
romanzi hanno impressionato il Mondo. Il suo stile si è imposto come
una vera e propria scuola di pensiero. Nessuno è riuscito a narrare
con una simile intensità e poesia la terra Afgana, il suo Popolo.
Questo Autore ci ha regalato spiegazioni che sono come finestre al di
là del tempo, aperte sullo spazio di una verità immensa che tutti i
lettori possono stringere nel palmo della propria mano.
La
cordialità di una farfalla, l'intensità di un temporale.
In
questo romanzo, ritroviamo il meglio che il narratore ha da offrire e
tutti i racconti sono legati fra loro dagli intrecci che la vita
sembra tessere con la complicità del destino, in quel domino di
eventi, dove ad ogni condizione segue un azione e ciascuna scelta
impone delle conseguenze.
Ma
queste storie sono anche un tributo alla singolarità, perchè non
negando le conseguenze, rimandano alla centralità del libero
arbitrio. Tale per cui ciascuno è artefice del proprio destino.
Le sue
descrizioni sono spesso visionarie e romantiche.
L'Autore
utilizza un esposizione neorealista, con fiera padronanza di
utilizzare le metafore per dipingere i luoghi che diventano come
fotografie per il lettore. Numerose sono anche le allegorie rituali
per spiegare l'astratto con un armoniosa concezione umanista. Il
tutto accompagnato da un manierismo favolistico che si sposa alla
perfezione con la focalizzazione, da un punto di vista oggettivo,
degli usi e costumi.
Il
lettore può quindi calarsi nell'ambiente vivendone la routine grazie
ad una narrazione che formalizza con semplicità discorsiva (diretta)
la consuetudine della quotidianità.
Lo
scrittore è un narratore cordiale che propone sempre una gentile
esposizione di aneddoti, qualitativamente eleganti, dolci, armoniosi.
Mai invasivi. Baciati da una possanza la cui intensità è
travolgente. Una passione simile ad una freccia scoccata che corre
veloce verso il bersaglio. Centrandolo, nel silenzioso frastuono che
solo le parole sussurrate al cuore riescono a cogliere.
In
tutte le storie troviamo dei luoghi comuni che ritornano e che
rappresentano anche la concettualità innominata dell'Autore. Il suo
intendimento. Le opinioni.
Non
menziona mai la povertà, ma è del tutto evidente come quest'ultima
venga posta al centro dell'attenzione. Il villaggio è la
rappresentazione della realtà contadina: isolata fra le difficoltà
di una vita di sacrifici, fatiche e rituali di sopportazione. Però è
anche straordinariamente decorosa. C'è un impegno onorevole,
fascinoso, in coloro che sfidano gli eventi sopportando un destino
fatto di difficoltà.
E
l'Autore omaggia questa volontà. La ammira nel suo intimo
significato di convivenza e coraggio.
Mentre
la pone in netta contrapposizione allo sfarzo della ricchezza
lasciva, all'inutilità della superficialità con la quale il ricco
non utilizza le proprie risorse se non per annoiarsi oppure osservare
passivamente la realtà che scorre accanto a lui. Il suo ruolo è
scandalosamente inutile perchè banalizza le circostanza e le
opportunità.
La
società contadina invece, è portatrice di valori che pur piegando
l'uomo non lo spezzano e paradossalmente lo rendono più protagonista
degli eventi di quanto non siano altri che mancano di volontà.
Poi
c'è la colpevolezza del lassismo contemporaneo tipicamente
riferibile a coloro i quali abbandonata la terra natia vi fanno
ritorno da completi estranei. Le sofferenze del popolo le hanno lette
sui giornali dell'occidente, le hanno viste nelle loro televisioni e
ormai sono cambiati. Pur non avendo sottratto nulla al destino essi
sono portatori sani di un antropologia culturale diversa e come tale
inconciliabile con la realtà da cui provengono.
Il
racconto di Roshi è quello che mi ha più coinvolto.
La
storia dei due cugini, entrambi con una vita
negli Stati Uniti che tornano a Kaboul per profittare di quello che
il post bellico ha da offrire e riscattare le proprietà immobiliari,
credo sia una veritiera ed intesa metafora di ciò che di più
mostruoso ha da offrire l'occidente.
I due
cugini sono metafore di quello che è l'opportunismo. L'uno lascivo,
volontariamente plagiato ad un concetto di furbizia che manifesta in
tutta la sua arroganza. Una sorta di self made man che in realtà è
piccolissimo rispetto ad altri che pur non avendo la sua ricchezza
materiale sono immensamente più grandi interiormente.
L'altro
rappresenta l'ipocrita consapevole. Un fenomeno drammaticamente
moderno nelle realtà c.d. civilizzate. Ritengo, anche la nostra. E'
lui che si commuove di fronte ad una piccola vittima, che la
accudisce con materno affetto fino ad illuderla, assumendo su di sè
un ruolo formalizzato attraverso un impegno, una promessa. Sarà
quindi costretto a capire che egli non possiede la volontà e le
qualità per onorarla.
E' un
fenomeno di quella che mi piace pensare sia la solidarietà
utilitarista di colui che vuole semplicemente sentirsi buono. Una
sorta di «paghetta» per la buonanotte della coscienza. Una volta
assolta, pensa che basti un sorriso per poter tornare alla propria
vita. Ai propri agi. A problemi la cui importanza non è nemmeno
paragonabile a quella di altri.
Il
benestante borghese.
Caricatura
pagliaccesca.
Ipocrita.
Che alla fine si ritrova ad affrontare la sua straordinaria
piccolezza.
L'insignificanza.
Al di là di tutti i suoi averi.
La sua
cronica solitudine diventa una condanna. Un essere privo di alcuna
utilità: vuoto, incompiuto. Uno spreco per se stesso e per il
prossimo.
E
questa consapevolezza lo ferisce, lo distrugge dentro, lo abbatte.
E
infine, fra le tante storie, il romanzo si chiude con i due fratelli.
Il loro ritrovarsi a distanza di tanto tempo. Dopo una vita fatta di
eventi che proprio loro hanno in qualche modo ispirato. Ed è un
elogio al riscatto dei valori incardinati nelle cose semplici, lo stesso gravoso fardello che Sabur sentì molti anni prima sulle sue spalle e che in parte lo spinse a separarli. Un riscatto che
permette a ciascuno di vincere la rassegnazione, lo scoraggiamento.
Un
grande insegnamento di vita.
Lo
stile narrativo dell'Autore è semplice, pittoresco, di facile
comprensione. Pur nella complessità dei contenuti espressi. E' un
esposizione carica di magnetismo che attrae il lettore, volendo
coinvolgerlo quale protagonista di una storia che diventa
riflessione.
Affinchè,
si possa sentire fortunato ad aver incontrato lo scrittore e altresì
cambiato dal suo punto di vista che apre ad infiniti nuovi mondi.
Forte
caratterizzazione emotiva dei personaggi, con focalizzazione
soggettiva che spesso parte dagli ambienti per spostarsi alla natura
del sentimento, indagandone le sue origini. Che sono anche la
radice più profonda della volontà che le sorregge.
«E
l'eco rispose» è l'ultimo capolavoro di Hosseini, un Autore che
scrive pagine indimenticabili per intensità, stile, contenuti. I
suoi scritti sono memorabili spaccati di una verità che vi farà
sorridere, piangere, innamorare e rinascere.
Straordinario
e immancabile, vero come le storie di vita che racconta.
Marco
Solferini.
per contatti, commenti, suggerire un argomento:
marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com
puoi trovarmi anche su:
http://it.linkedin.com/pub/marco-solferini/3/682/677
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Mamma mia che bella recensione!
RispondiEliminaDopo aver letto una cosa del genere mi sento colpevole se non leggo il romanzo!
Grazie Marco e complimenti anche a te per come scrivi.
E' uno dei mei Autori preferiti e penso che questa sia la migliore recensione che abbia letto su di lui.
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione.
Con pazienza leggerò anche altro di quello che hai scritto. Questo Blog mi sembra davvero molto interessante.
Vedo che segnali alcune librerie, buono a sapersi perché io sono abitudinaria e preferisco trovarmi un posto a misura d'uomo (anzi di donna).
A presto. Bravo, bravo, bravo.
Un ottima recensione, anche se non ho letto il libro.
RispondiEliminaMi piacerebbe molto discutere di collaborazioni. Io scrivo / collaboro alla redazione di alcune riviste e penso che potremmo trovare un accordo per dare spazio a delle recensioni letterarie che giudico tra le migliori che abbia mai letto.
Ti prego di contattarmi.
Complimenti ancora per come scrivi e per come interpreti gli scrittori per i lettori.
Jennifer.