lunedì 16 gennaio 2017

Il libro dei Baltimore

Un ringraziamento particolare agli sponsor: 

Libreria - Galleria
IL SECONDO RINASCIMENTO
Via Porta Nova 1/A (ang. via C. Battisti) - Bologna
Il luogo ideale dove trovare i Tuoi Libri
http://www.ilsecondorinascimento.it/
 ***
Palestra Performance 
Centro estetico e fitness.. nel cuore di Bologna
* * *
La rivista culturale: "Il Salotto degli Autori" ( http://www.ilsalottodegliautori.it ) edita dall'Associazione letteraria "Carta e Penna"
* * *

Il libro dei Baltimore

Autore: Joel Dicker
Genere: drammatico, sentimentale.

L'Autore ci presenta una una trama pulita e lineare. La storia di tre giovani. Da ragazzini a uomini maturi. Adulti con un passato in comune.

Una vicenda famigliare giocata su tre fronti narrativi.

Il passato, che comincia dall'adolescenza e prosegue nella maturità di quella che è la “Gang dei Baltimore”. Il presente del 2012. E un intermezzo, sei anni prima, che sembra una sorta di epilogo della più completa vicenda.

Prima di prodursi nel filone centrale cioè quello della storia dei giovani Goldman, Marcus di Montclair e i suoi cugini Woody e Hillel di Baltimore, l'Autore fornisce un approfondita analisi del sentore percepito dal protagonista, Marcus, avuto riguardo ai suoi ricordi.

In pratica definisce quella che è l'enfasi del paragone che via via diventerà una marginalizzazione che Marcus, il protagonista, ha sentito nella giovinezza relativamente al ramo ricco della Famiglia cui appartengono i cugini di Baltimore.

Il lettore quindi viene presentato alla storia, indottrinato al punto di vista che sarà quello del narratore in prima persona e pertanto acquisisce le movenze essenziali per spaziare nell'indagine del passato.

Quel che infatti emerge non è esattamente una storia bensì un insieme di rimembranze a mò di episodi tra loro collegati ma a ben guardare ciascuno autonomo. Dotato cioè di una propria categorizzazione. Troviamo infatti la conoscenza dell'amico portatore di handicap, il bullismo, l'amore adolescenziale, l'ambizione, l'invidia, il realismo.

Sono episodi inseriti nello scheletro della narrazione di base.

Non penso che si possa parlare di epopea dei Baltimore in quanto il testo pur se scritto in maniera semplice, visiva e di facile percezione manca di un livello introspettivo che lo elevi a opera letteraria per qualità superiore. I capitoli episodici sono accattivanti ma anche molto scontati.

In ogni caso la centralità dei protagonisti è influenzata dal loro essere degli stereotipi dichiaratamente recitati fino in fondo. La personalità di ciascuno ne risente. Capisco la necessità di inserire la forza in persona dell'atleta ragazzo difficile dal passato “povero” adottato dai Baltimore (Woody) e un suo paradossale opposto rivisitato nella sapienza dell'intellettuale dialetticamente abile con le parole, ma fisicamente debole (Hillel).

Tuttavia un individuo non è “solo” questo. Può esserci un tratto saliente del carattere ma non può esserci solo quello.

Invece in questo romanzo ci sono centinaia di pagine dove viene riciclato unicamente questo aspetto e per effetto il lettore sa già cosa aspettarsi. Cambia il contesto, anche in ragione all'età dei protagonisti, ma la tecnica rimane la medesima e il risultato anche. Manca, appunto, il salto di qualità che non arriva dopo le prime 100 pagine come pure fino alla fine.

Adattamento non è evoluzione. Il narratore sapiente, lo scrittore di talento ben conosce la differenza e organizza il “montaggio” delle proprie disquisizioni a mò d'esempio in virtù di quella che è lo scheletro narrativo. Altrimenti il risultato è un limbo. Come in questo caso.

Il protagonista non è altro che l'unico “umano” in quanto esponendo con manierismo introspettivo il proprio punto di vista è colui che residua a misura d'uomo. Nel bene e nel male. Il rapporto di empatia si sviluppa non per ammirazione ma per assimilazione cioè per una simpatia verso l'unico che non è uno stereotipo.

Purtroppo dal punto di vista della focalizzazione soggettiva pretendo di più. Potrei soffermarmi sui grandi classici della letteratura dell'est e sulle profondità cognitive di un espressione più armonica e generosa dell'essere umano concepito, destrutturato, rinato e riproposto al lettore, ma pur non ambendo a toccare queste cime devo anche, in quanto lettore, celebrare la mia personale ricerca introspettiva che “chiede e pretende” da un Autore qualcosa di più.

L'amore ha un ruolo essenziale nello sviluppo della storia. Ma il personaggio femminile, Alexandra, è un disastroso esempio “uso e getta”. Del tutto funzionale ai singoli episodi la sua indole è martirizzata dall'essere l'oggetto del desiderio di tutti i protagonisti mentre lei è un involucro vuoto, per niente approfondito. Una femminilità ridotta alla sessualità. Alla bellezza che abbaglia e coinvolge ma senza un anima di fondo di cui effettivamente innamorarsi.

L'insieme di questo romanzo è una serie di tentativi a mio parere falliti. La figura dello zia Saul che rivela fragilità, debolezze e incongruenze di fondo fino a portare a delle rivelazioni anche poco probabili sulla storia della Famiglia e sull'episodio definito “la tragedia” ne è un esempio abbastanza evidente. Un catalizzatore che serve per “spiegare” gli eventi e che in modo argilloso viene usato a questo solo scopo.

Con tecnica pirandelliana lo scrittore introduce l'evento “tragedia” sempre prossimo fin dall'inizio del romanzo e teoricamente rivelatore che poi ci viene raccontato dopo centinaia di pagine come se fosse l'atteso climax narrativo attorno al quale la cifra letteraria dell'Autore avrebbe dovuto costruire personaggi il cui spessore sarebbe dovuto essere funzionale proprio allo svolgimento finale. Un metodo di costruire la narrazione che coinvolge e crea aspettativa. Molto ambizioso e difficilissimo da realizzare.

Il risultato è scadente. Per nulla credibile tanto nella dinamica dei fatti quanto nelle scelte comportamentali. Il lettore si troverà a storcere il naso patendo un senso di angoscia che non trova alcun riscontro risolvendosi in un classico amaro in bocca.

“Il libro dei Baltimore” è stato per me un romanzo mediocre, a tratti scadente. Mi è piaciuto poco se non addirittura per niente laddove ho faticato a salvare singole parti anche nell'ottica di sfoltire qualche centinaio di pagine per individuare un corpus narrativo di miglior pregio.

Lo sconsiglio.


Avv. Marco Solferini
puoi trovarmi anche su:















Nessun commento:

Posta un commento