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Giustizia non vendetta
Autore: Simon Wiesenthal
Genere: drammatico,
storico.
In quest'opera l'Autore,
celebre per l'appellativo di “cacciatore di nazisti” ci narra la
sua storia. Personale e struggente. Da un lato. Quello di chi ha
potuto vivere in prima persona la macchina di morte più atroce del
900 L'Olocausto.
Ma una storia anche
coraggiosa e infaticabile. Un elencazione di circostanze e di
dialoghi orientati a quella che è stata la successiva “caccia”
su scala mondiale a coloro che, nel III° Reich e nel partito nazista
furono non solo volontari carnefici della macchina di morte
antisemita ma anche stretti collaborazionisti.
Due sono i criminali che
incontriamo in questo romanzo e per i quali è bene tenere viva la
memoria.
In primis gli assassini.
Possiamo chiamarli in tanti modi ma chi estingue una vita è
anzitutto un assassino. Sono coloro che hanno ucciso. Per futilità.
Odio. Tornaconto. Ignoranza. Costoro, anche se in proporzioni
disumane, sono anzitutto gli assassini. E ben inteso non possiamo
certo limitarci a chi ha premuto il grilletto. Ma anche a coloro che
hanno “ordinato” gli omicidi. Come pure a chi, più
vigliaccamente, si è nascosto dietro la semplice esecuzione di
ordini.
Perchè l'Autore ha dato
la caccia a tutti coloro che si sono resi, a diversi livelli,
responsabili di crimini atroci. Anzitutto contro l'umano senso di
civiltà. Il negazionismo della ragione. L'annullamento nichilista
dell'evoluzione. Una grande raccolta di atti, prove, testimonianze. A
futura memoria.
Ecco chi erano
nell'elencazione e nelle spiegazioni che fornisce l'Autore, i
carnefici nazisti.
E spesso l'Autore si
sofferma sul concetto di “spiegazione”. Nei suoi dialoghi, mentre
cerca verità per onorare la giustizia, si accorge che coloro con
cui parla, a volte persino chi, riluttante o meno, lo aiuta, non
comprendono fino a fondo le sue motivazioni. Si fermano al semplice
desiderio di vendetta.
Ma, ed è questa la
seconda categoria di colpevoli che incontriamo nel romanzo, oltre
agli omicidiari sicari del nazismo ci sono coloro che hanno messo al
servizio della macchina di morte le arti e la scienza. La tecnica.
Fornendo metodi più rapidi e sicuri, persino meno costosi, per
procedere all'eliminazione di un intero popolo.
Un contributo oscuro. Che
non può rimanere impunito.
E che mi permette di
svolgere una digressione. Arrivando ai giorni nostri. Nell'era
dell'informazione e della comunicazione di massa dove però si è
sviluppato il senso opposto, cioè l'incapacità di assimilare i
contenuti.
Assistiamo partecipi
all'era dove poco resta. Tutto passa. E passando si sciupa.
Anche oggi gli ebrei e il
popolo di Israele sono costantemente oggetto di aggressioni. A volte
fisiche, omicidiarie. Per il solo fatto di essere nati ebrei. Ma non
solo. Sono oggetto di un odio meno diffuso. Più nascosto. Celato
agli occhi della ragione che rende meno colpevoli e perseguibili. Un
odio che si nasconde dietro le giustificazioni.
Assistiamo quindi a un
diverso concetto di ritorsione.
Dove le vittime diventano
in parte colpevoli.
Ma così non è. La mente
dell'occidente sta partorendo una distrazione colpevole elaborata
sulla base di un rifiuto meticolosamente orientato come un puzzle
dove si mescolano i pezzi della conoscenza e della coscienza.
Ogni pezzetto cioè
diventa parte di un teorema e quel teorema a sua volta rappresenta un
ritrovato senso di antisemitismo.
Come negli anni 30, agli
albori del Nazismo, tante, troppe persone si schierano contro
Israele. In nome di una colorata moda pacifista le cui forme e colori
sono una psichedelica caricatura di informazioni distorte annacquate da
luoghi comuni più leggendari che responsabili. Il suo Popolo viene
emarginato e isolato. Perseguitato da un vocabolario orientato a
concepire situazioni, terminologie, attività, e quant'altro indichi
un “pericolo”.
Non posso e certamente
non voglio dimenticare i fatti atroci che si sono svolti nel passato
ma vorrei che venissero trasmessi, oggi, non come un ricordo che è
trapassato nella memoria nella convinzione che non si possa ripetere.
All'opposto, esso andrebbe attualizzato. Ed è grazie ad opere
immortali come questa che si può cogliere non tanto l'aspetto
narrativo bensì il sottinteso elemento espositivo, a livello
psicologico. Quel che resta. Ciò che è stato. Ciò che potrebbe
tornare ad essere.
E nel romanzo l'indagine
racconta prima di tutto le vittime. Impronte dimenticate nello
sbiadire del tempo. Il loro desiderio di ottenere appunto giustizia
non vendetta.
Oggi, tale compito,
ricade su tutti noi affinchè il loro sacrificio non sia vano.
Consiglio vivamente a
tutti questo romanzo.
Avv. Marco Solferini
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