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La
casa sulla roccia
Autore:Antonio
Monda.
Genere:
Sentimentale, drammatico.
I 70
anni di Warren Barron sono l'occasione per sua moglie Beth di
celebrare i 38 del loro matrimonio.
Con un
ricevimento nella centralissima quinta strada, su quello che
considerato il tetto più prestigioso di New York, davanti al celebre
Central Park. Insieme a quella elite dell'aristocrazia del
capitalismo nella città che non dorme mai.
Lei,
Elizabeth Dempsey moglie del noto avvocato Barron vuole testimoniare
la solidità di un rapporto certificandolo al Mondo con questo
significativo evento. Il matrimonio durevole, che ha superato le
intemperie della vita. Le prove difficili cui ogni unione si deve
sottoporre. Ben rappresentato dalla metafora biblica della «casa
sulla roccia».
Ma
prima di Warren, negli anni della giovinezza infinita, quando il
tempo sembra un gioco pensato per annoiare qualcun'altro, l'amore di
Beth fu per un altro uomo, un ragazzo di nome Luis.
Travolgente,
impetuoso, misterioso, tenero, affascinante. L'amore la rapì dalla
vita che pensava si stesse costruendo intorno a sè e la portò in
una dimensione che appartiene solo alle persone innamorate.
Lì in
quel limbo, visse giorni generosamente illuminati da una felicità
scrosciante e sconosciuta. Un costante crocevia di novità che si
fondevano in un allegoria vivente con il Mondo che intorno cambiava.
Offrendo loro la pienezza dell'arte, della moda, dello sport. Un
sentiero che si stendeva infinito come l'universo davanti agli attori
della vita, giovani e inconsapevoli di tutto quello che sarebbe
venuto «dopo». ma decisi ad affrontarlo insieme.
Sulle
note dei grandi poeti e pensatori del passato persino il silenzio
imparò a parlare attraverso lo sguardo e le sensazioni.
Luis
che recitava lo spagnolo come se non ci fosse un domani e la chiamava
«gazzella mia».
Un
soprannome immortalato nei ricordi che ritorna adesso, dopo 40 anni,
poco prima di questo grande evento per celebrare il passato di una
vita intera trascorsa accanto ad un altro uomo con cui lei ha
costruito una famiglia.
Una
telefonata. E la richiesta di rivederla.
I
romanzi di Antonio Monda sono un affascinante incontro con le
emozioni.
Il
carattere sobrio, determinato e risoluto della sua esposizione
narrativa sono paragonabili alle pennellate ricche di passione e di
colore di un pittore la cui volontà è salda sulla tela.
Facile
da percepire, intenso da ricordare. Lo scritto di Monda è
giornalisticamente sintetico e nel contempo organizzato con un
dettaglio ragionato e visivamente spendibile per il lettore.
Come
sempre ricco di citazioni letterarie che ben si sposano con la
volontà di far emergere una sensazione straripante. Che dalla carta
sembra avvolgere il lettore cercando, scavando, indagando i suoi
sentimenti per scoperchiarli e portarli alla luce.
Il
testo si può dividere in due parti, la prima è il ricordo della
storia d'amore vissuta con Luis, da parte della giovane donna, la
seconda invece comincia laddove finisce la prima. C'è una nuova Beth
nell'aria che si costruisce giorno dopo giorno, dapprima soffrendo,
poi aprendosi all'utilitarismo di una vita «usa e getta» e infine,
anche grazie al mondo della ricca borghesia che le si apre davanti,
diventa una donna che ama la sicurezza. In tutte le sue
manifestazioni.
Bellissima
la prima figura femminile, facilmente criticabile la seconda.
Il
lettore dovrà decidere se apprezzare quest'ultima o viceversa
detestarla. Poche sono le vie di mezzo spendibili.
A
titolo personale ho trovato geniale la pudica timidezza nei confronti
del trasporto emotivo che Beth ostenta durante la seconda telefonata
del suo passato amore. La compostezza delle sue riflessioni
silenziose e nel contempo la riluttanza con la quale decide di negare
una delle frasi ispiratrici della loro passata comunione
sentimentale: «scopo della creazione è il restituirsi».
E in
quel momento l'Autore ha già ripercorso alcuni dei tratti salienti
della nuova ed ultima Beth, la moglie che ha vissuto assecondando il
marito nella sua onniscenza, all'ombra di una grandezza quasi
predestinata. Forgiata spesso nel suo silenzio da casa di Ibsen,
complice della volontà di tacitare, ignorandolo, il disagio.
Eppure
lo scrittore non vuol far pendere l'ago della bilancia da nessuna
parte ed espone con realismo e verità la felicità di questa donna,
anzitutto moglie e madre nella compiutezza delle scelte che le hanno
dato tanto, tantissimo, a tal punto che ogni recriminazione
sembrerebbe uno scontroso atto di negazione del buon senso.
Esattamente
come più volte nel romanzo incontriamo la citazione di una sorta di
antinomia sul tema della religione. Lei di astrazione cristiana
(supponibile cattolica), il suo giovane amante negazionista della
religione vista come orpello immaginifico a tratti anche dannoso e il
marito aristocraticamente laico al punto da esaltare questo approccio
alla stessa religione (ma è un uomo che sbuffa in Chiesa, alle cui
funzioni partecipa con malcontento e non celato scarso interesse).
I
pensieri di questo Autore sono straordinariamente pieni di verità.
La stessa che possiamo, metaforicamente riscontrare nell'assolo di
colui che suona il pianoforte, perso nel buio di un orchestra che
tace lasciando spazio al suo scandire la musica con il rumore dei
tasti. Nella solitudine di un teatro pieno di gente che può soltanto
ascoltare mentre lui, l'Artista, interpreta la melodia in modo unico,
raro. Parlandoci attraverso la musica.
Allo
stesso modo lo scrittore si rivolge ai lettori loro rappresentando la
grazia e l'intelligenza di uno scritto destinato a rimanere ben
impresso nella memoria.
Forse
siamo destinati ad avere qualcosa, ma non tutto. Dietro ogni scelta
c'è il bisbiglio del destino che gioca facile perchè conosce il
tempo meglio del nostro essere di passaggio. Giocando un pò con
ciascuno di noi, con la consapevolezza dei sentimenti e la paura che
ci accompagna come una seconda ombra, alla luce del sole, nel buio
della notte.
«La
casa sulla roccia» è un irrinunciabile atto d'amore che regalerà
al lettore momenti di assoluta bellezza.
Consigliato.
Marco
Solferini.
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