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Avarizia
Autore:
Emiliano Fittipaldi.
Genere:
attualità.
L'atteso
e molto pubblicizzato libro di Fittipaldi, edito dalla Feltrinelli, è
l'ultimo di una serie di scritti che hanno come oggetto il proporre
al lettore indagini conoscitive sui «conti» della Chiesa.
Con
il termine Chiesa vengono identificati, per ragioni evidentemente di
opportunità espositiva, un insieme di soggetti che ruotano attorno
ai Palazzi Apostolici e che andrebbero forse più correttamente
qualificati come facenti parte della finanza e dell'economia del
Vaticano.
Non
essendoci una trama è impossibile fornire una sintesi.
Inoltre,
giacchè gran parte dei principali temi affrontati nel romanzo,
suddiviso in capitoli e paragrafi, è stato oggetto di ripetuti
«spoilers» sui principali quotidiani mi riesce altresì difficile
sintetizzarli a beneficio del lettore senza sembrare di volermi
infilare in quella che è stata, di tutta evidenza, una macroscopica
macchina di vendita.
Per
primissima cosa, mi sento in obbligo di fornire una premessa a titolo
chiarificatore, sopratutto per quanti non hanno letto (ne hanno
intenzione di farlo) il libro e si basano esclusivamente su poche
paginette di giornale sbocconcellate tra un caffè e un bicchiere di
vino.
In
tutto il libro l'Autore afferma sempre che la gestione vaticana di
Papa Francesco sta facendo del suo meglio sia per trasparenza che per
ricercare e correggere gli errori.
«La
volontà del papa di rivoluzionare le abitudini della banca non è
messa in discussione nemmeno dagli investigatori italiani più
scettici, ma che in Vaticano esistano anche forti sacche di
resistenza contrarie al mantra della trasparenza assoluta è -
inchieste alla mano - innegabile». Tratto da «Avarizia»
di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.
Questo
concetto dev'essere molto, ma veramente molto chiaro. Chiunque
strumentalizzi questo testo allo scopo di criticare l'attuale Papa lo
fa con la coda di paglia perchè in questo libro non c'è scritto
nulla che vada contro Papa Francesco e le sue intenzioni / azioni.
Nel
libro incontriamo spesso (ma non sempre) i documenti trafugati dagli
uffici che, apparentemente e fermo restando che sull'argomento, nel
momento in cui scrivo, è pendente un processo sempre per via
ipotetica, non sarebbero stati divulgati.
O
meglio, il contenuto degli stessi non sarebbe stato reso comunque
noto.
Particolare
quest'ultimo su cui vorrei soffermarmi perchè ritengo che sia stata
offerta ai lettori una chiave interpretativa sbagliata.
Se
una commissione viene incaricata di effettuare verifiche sui conti
delle numerose fonti di sostentamento e ricavi della Chiesa io mi
sento legittimato a pensare che sia del tutto logico che i risultati
di tale indagine non siano immediatamente resi pubblici.
Andranno
cioè prima letti, interpretati, condivisi e naturalmente verificati
ad opera dei facenti funzione.
Poi,
giacchè lo scopo di un indagine interna è sempre quello di
informare, sulla base delle risultanze andranno presi, se del caso,
dei provvedimenti.
Ciò
significa che esiste un lasso di tempo tra la redazione del documento
e la sua possibile pubblicazione.
Tempo
strettamente correlato con l'efficacia del contenuto e l'ininfluenza
dal punto di vista pratico di quest'ultimo, sopratutto per coloro che
hanno interesse ad avvalersene, per la buona e sana gestione proprio
della Chiesa.
Bisogna
capire che a volte sotto la bandiera della trasparenza si portano
avanti delle campagne di moralizzazione che sono lontane parenti
dell'efficienza. Ciò che si vuole è solo stimolare reazioni di
contrarietà nella pubblica opinione. E' il classico caso del male
peggiore della cura.
Per
questa ragione, gettare questi documenti nell'Agorà del pubblico
famelico di scandali e propinarli come la verità rivelata, dopo un
excursus di pseudo spionaggio. tra il poco probabile (francamente
alcune delle ricostruzioni su come questi documenti sono stati
acquisiti sollevano dubbi, pur potendo essere plausibili, ben inteso)
e il torbido, in chiave, questa si, romanzata, a me pare l'antitesi
dell'informazione libera e responsabile.
Mi
sembra proprio, invece, un indottrinamento. L'utilizzo cioè
strumentale e deviato del caro vecchio quarto potere. Capiamoci:
informare è una cosa, inculcare la propria opinione invece è un
altra.
Prima
di procedere quindi alla lettura, ritengo si debba riflettere su
questi argomenti.
Venendo
all'aspetto pratico del libro, ecco che mi sono trovato di fronte al
solito metodo narrativo (che qualcuno definisce giornalistico) più
attento ad evitare le conseguenze di cause legali che ad esporre i
fatti nudi e crudi.
Da
un lato è indubbio che il libro parte forte.
«Deve
sapere che Bertone ha preso un elicottero costato 24mila euro per
andare da Roma in Basilicata. deve sapere che il Bambin Gesù
controlla allo Ior un patrimonio pazzesco da 427 milioni di euro e
che il Vaticano ha investito pure in azioni della Exxon e della Dow
Chemical, multinazionali che inquinano e avvelenano. Deve sapere che
l'ospedale di Padre pio ha trentasette tra palazzi e immobili, e che
oggi hanno un valore stimato di 190 milioni di euro. Deve sapere che
i salesiani investono in società in Lussemburgo, i francescani in
Svizzera, che diocesi all'estero hanno comperato società
proprietarie di televisioni porno. Deve sapere che un vescovo in
Germania ha scialacquato 31 milioni per restaurare la sua residenza,
e che una volta beccato è stato promosso con un incarico a Roma.
francesco deve sapere un sacco di cose. Cose che non sa, perchè
nessuno gliele dice». Tratto da «Avarizia» di Emiliano
Fittipaldi, ed. Feltrinelli.
Nelle
prime 20 pagine sciorina cifre da capogiro, tra immobili,
partecipazioni finanziarie e raccolte fondi.
Arrivano
a valanga nomi su nomi. L'intento è chiaro: far credere al lettore
che lo stringe tra le dita per la prima volta che quello sarà il
tenore di tutte le 200 pagine.
In
verità, nel proseguo ho avuto la sensazione che dopo i colpi veri e
propri, siano arrivati quelli a salve.
Al
lettore attento non sfuggirà che già a partire dalle pagine 60 - 70
si passa dal potenziale scandalo a un pettegolezzo. Non poche sono le
frane di Piovarolo che vengono infilate qua e là nei sottoparagrafi.
A scopo sensazionalistico e rafforzativo. Alla fine i nomi veramente
incriminati sono più o meno una dozzina.
Un
pò pochi se pensiamo alle decine di migliaia di persone che fanno
parte della Chiesa con ruoli di amministrazione.
Il
resto son comportamenti, certamente degni di nota laddove censurabili
e altresì amareggianti, ma molto, decisamente molto distanti
dall'essere la bomba mediatica che il testo promette.
Ho
difficoltà a qualificare tutto questo come serietà nei confronti
del lettore.
Troviamo
infatti il solito capitolo dedicato al Cardinale Bertone, del quale
però già si sapeva molto se non tutto in quanto oggetto di
parecchie pagine in altre pubblicazioni fra cui il libro «Sua
santità» della Casa Editrice Chiare Lettere (che l'Autore in realtà
cita per dovizia) e che io ho già recensito nel 2012.
«Arrivato
Bergoglio, il braccio destro di Ratzinger è andato in pensione, ma è
rimasto obiettivo principale e simbolo negativo di una Chiesa da
riformare, ed è stato nuovamente massacrato per l'attico»da
settecento metri quadrati con terrazzo panoramico», scrissero i
giornali, in cui si è trasferito a dicembre del 2014. Un
appartamento la cui grandezza è opulenza fu stigmatizzato da tutti i
media del mondo, compreso il «Washington Post». Tratto da
«Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.
Incontriamo
altresì un capitolo su una diocesi gestita apparentemente molto male
dal punto di vista finanziario, ma pur sempre, anche se sicuramente
degna di nota, non così determinante da fungere da esempio per le
numerosissime altre diocesi che mancano all'appello e che magari sono
gestite molto meglio.
Per
quanto riguarda l'esposizione, a mò di resoconto dei fatti, ritorna
a un metodo che è dichiaratamente fuorviante.
C'è
il solito ondivago pellegrinaggio da un soggetto all'altro.
Il
classico, per capirci, a mò d'esempio: «è stato chiamato per
questo Tizio il quale è noto per via del fatto che in precedenza
aveva fatto parte dell'organizzazione Alfa la quale annoverava tra i
suoi membri anche Caio il quale conosceva Sempronio che è stato
indagato per questo e ha fatto anche quest'altro». Oppure: «Tizio,
era già noto per via della sua frequentazione di Caio e Sempronio,
il primo indagato per quello e l'altro membro dell'organizzazione
Beta che fra l'altro si segnala per aver fatto cose come questa e
quest'altra».
Il
lettore più accorto non potrà non capire che a ben guardare tutte
queste divagazioni su conoscenze, amicizie, colleganze varie non
rivelano, dal punto di vista pratico, un bel niente e sono
gratuitamente messe lì perchè si vuole aggiungere legna al fuoco
dello scandalo.
Allargando
il malvezzo e ma sopratutto suggerendo, per via subliminale,
quell'esaltazione che oggi passa sotto il minimo comune denominatore
della delusione e del pensiero ahimè diffuso che tutto è brutto,
contorto, deviato.
Il
lettore non si deve sfruttare. Lo si deve informare.
A
mio parere questo accade solo in una ventina circa di paragrafi.
Ci
sono infatti delle questioni che sollevano perplessità (non poche).
Sicuramente
sul passato assai discutibile per non dire terrificante di soggetti
che non dovrebbero nemmeno figurare tra le alte cariche della Chiesa
Cattolica in quanto chiamati a rispondere di reati odiosi come la
pedofilia, come pure nella distrazione (inaccettabile) dei fondi
destinati ai poveri e alla solidarietà. E ancora, l'utilizzo a mò
di favoritismo di proprietà immobiliari invece che per i bisognosi
per intrattenere una serie di rapporti con personaggi famosi e
peraltro abbienti cui non si lesinano prezzi di favore. Tutto questo
è un insulto alla povertà, alla precarietà, all'indigenza.
«In
alcuni casi, inoltre, le pigioni pagate dagli inquilini non appaiono
in linea con i prezzi di mercato. A godere di un trattamento di
favore è stato di certo Esterino Montino, ex presidente dad interim
della regione Lazio e pezzo grosso del Pd regionale, che ha vissuto
ospite di Propaganda fide in una delle vie più rinomate della città,
via dell'Orso. Prezzo di affitto del locale: 360 euro al mese per
centodieci metri quadrati che Montino divideva con la sua compagna,
la senatrice democrat Monica Cirinnà. «L'abbiamo ristrutturata a
spese nostre, abbiamo messo 150 milioni di vecchie lire», la
giustificazione dell'attuale sindaco di Fiumicin, che s'è visto nel
2010 - dopo dodici anni di sconti record - aumentare il canone a 3
mila euro, l'effettivo valore di mercato di quella zona». Tratto
da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi, ed. Feltrinelli.
E'
drammatico per non dire sconcertante leggere dell'utilizzo di alcune
note raccolte fondi per questioni più gestionali e amministrative
invece che direttamente per aiutare i poveri e i bisognosi.
Ammetto,
senza riserve che queste parti le ho vissute come un pugno nello
stomaco, mi hanno fatto storcere il naso e mi hanno decisamente
contrariato.
Sono
pagine che fanno male e lasciano un segno davvero brutto, non solo
per i fedeli.
L'Autore
in questi frangenti è stato efficace ed ha colpito nel segno.
Ha
altresì centrato l'obiettivo quando ha preso di mira le inesatte
valutazioni sullo stato patrimoniale e il conto economico, parliamo
cioè del reale valore di mercato degli immobili sparsi per varie
nazioni, come pure delle partecipazioni finanziarie (leggasi
investimenti plurimi in prodotti finanziari).
«Oltre
all'immenso real estate, il Vaticano possiede azioni, liquidi,
obbligazioni, suoi e per conto terzi, e asset finanziari che valgono
tra gli otto e i nove miliardi di euro in totale. Di cui, si legge
nel documento che ipotizza la creazione del Vatican Asset management,
«l'85 per cento investiti in azioni, il 5 per cento in conti
bancari, il 5 per cento in fondi esterni, il 3 per cento in
obbligazioni e un 1 per cento in oro e materie prime». Gran parte
della montagna di denaro del Vaticano è conservata allo ior e
all'Apsa, l'ente che Bergoglio vorrebbe trasformare in una banca
centrale». Tratto da «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi,
ed. Feltrinelli.
Un
curioso arcipelago che intreccia prassi tipiche della finanza
capitalista e speculativa con nomi di società che si segnalano per
aver avuto problemi circa la loro effettiva affidabilità valutativa.
Flussi di denaro verso Paesi «canaglia» e paradisi fiscali.
In
questi casi però, devo tuttavia mediare l'apprensione con due
considerazioni.
La
prima, per quanto riguarda gli immobili, è che la Chiesa è un
organizzazione millenaria. Mi sorprende poco, in tutta onestà, che
nell'arco di centinaia e centinaia di anni Ella abbia ad oggi molte
proprietà. Fosse nata 50 o 100 ani or sono mi porrei il problema, ma
poichè gran parte di questi immobili arrivano da testamenti (e
questo l'Autore lo sa perchè lo precisa anche) è del tutto
conseguente che vi sia una correlazione con la «vita» della Chiesa.
Che ribadisco è superiore, per durata, rispetto a quella dei fedeli.
E' millenaria. Lo stesso del resto accade anche con altre importanti
confessioni religiose nel Mondo.
La
seconda considerazione riguarda le partecipazioni finanziarie. Mi
hanno trasmesso l'idea che siano state gestite più che altro con
incompetenza e imprudenza. Incontriamo infatti perdite, parcelle
onerose per fondi non molto remunerativi, costi vari, insomma
l'ipotesi che mi si balena nella mente è che la Chiesa (mi adeguo
alla esemplificazione per scopi espositivi) si sia mossa guardando
alle persone cui affidare gli incarichi con la riservatezza tipica di
chi si conosce personalmente e magari con cui si condividono
questioni etiche, teologiche, religiose, ma senza considerare le
competenze.
Il
che significa che purtroppo si sono letteralmente messi più volte in
pasto a un branco di lupi famelici: l'alta finanza.
Una
menzione a parte meritano le organizzazioni che non sono la Chiesa,
ma che ruotano attorno e spesso siedono ai vertici dei palazzi, delle
congregazioni, delle commissioni e insomma avrebbero quello che viene
definito il potere di influenzare la Chiesa.
Mi
riferisco all'Opus Dei anzitutto, ai Legionari di Cristo e via
dicendo. Nomi che l'Autore fa tornare spesso e a volte sembra voler
spiegare al lettore che non potendo metterli «di traverso» in
questi contesti forse anche per evitare spiacevolezze legali, si
appoggia a metafore. Ecco allora che i «laici» sembrano sempre
essere sinonimo di Opus Dei, per citare un esempio.
Tutti
questi soggetti vengono dipinti senza mezze misure come degli
affaristi. Più che credere in Dio, preferiscono decisamente il
denaro.
E'
veramente corretta un assimilazione del genere? Le librerie ormai
pullulano di libri sul tema. Come pure gli articoli proliferano su
riviste e più in generale via internet. Se da un lato è difficile
presupporre che gli appartenenti a queste organizzazioni, spesso
altamente riservate, siano tutte delle brave persone, all'opposto è
poco probabile che non lo sia nessuno.
Con
un pò di avveduta lungimiranza, quando si denunciano fatti così
vari e nel contempo si indicano cifre così grandiose, bisognerebbe
avere la moderazione di cercare il compromesso che non è rinuncia,
ma questione di buon senso. Altrimenti torniamo all'inquisizione e
alla caccia alle streghe.
Ci
sono anche tante brave persone che corrono il rischio di essere
assimilate dalla cattiveria dei più maliziosi. Perseguire lo sbaglio
non dovrebbe compromettere il giusto.
Gli
Autori, in pubblicazioni come questa, potrebbero limitarsi a
domandare a queste organizzazioni di essere più attente nelle
ammissioni di chi bussa alla loro porta. Di contemperare cioè le
opportunità che taluni offrono, con i rischi che altresì
comportano. Di essere quindi meno alla ricerca di una presenza
capillare, ma migliore, qualitativamente parlando. E aderente agli
irrinunciabili crismi del cristianesimo e del cattolicesimo. Anche in
ragione del fatto che, trattandosi di frequentazioni molto assidue e
costanti, oltre alla riservatezza impongono una certa vita
comunitaria la quale ho più volte letto si traduce in abitudini
organizzate simili ad un microcosmo. Passa, per effetto, poco di ciò
che è il sentore della pubblica opinione esterna. Vien da pensare
che, senza accorgersene, una parte di coloro che sono cresciuti (e
invecchiati) in questo microcosmo non abbiano forse del tutto
percepito che non pochi (decisamente tanti per la verità), da fuori,
banalizzano queste organizzazioni riducendole a delle sette
affaristiche. Il che aggiunge un problema di pubbliche relazioni in
quanto, se non le considerano delle “opportunità” possono
qualificarle come un pericolo ed è noto che il passaggio dalla
diffidenza alla paura è relativamente breve. Questo spiegherebbe non
poche delle considerazioni che ho letto nel corso degli anni su libri
e riviste.
«Avarizia»
è il romanzo scandalo sui conti del Vaticano. Una serie di
rivelazioni che mi sento di consigliare a coloro che credono già che
ci sia del «marcio in Danimarca», mentre lo sconsiglio a quanti
sentono il bisogno di un senso
critico meno accusatorio, più realista e razionale.
Consigliato
solo a chi crede nella massima: «distruggere per ricostruire»,
astenersi gli altri.
Marco
Solferini.
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