venerdì 24 aprile 2015

Il miniaturista

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Il miniaturista

Autrice: Jessie Burton.
Genere: drammatico - giallo - storico.

Amsterdam, 1686. Petronella Oortman, in arte «Nella» ha appena 18 anni e viene dalla campagna di Assendelft. La sua famiglia, una volta benestante, si è impoverita per i debiti di gioco del padre che, morto prematuramente, ha lasciato la moglie e gli eredi a un passo dalla rovina.

Per questo motivo lei è stata data in sposa a Johannes che ha 39 anni ed è uno dei più ricchi mercanti di Amsterdam.

Giunta nel cuore del commercio, delle corporazioni e della vita di una città dove tutto sembra in evoluzione Nella entrerà a far parte della grande casa di suo marito dove conoscerà la sorella Marin, i domestici, Cornelia e Otto.

Una vita difficile, resa più complicata dal fatto che il marito sembra non riservarle quelle attenzioni che una giovane sposa si aspetta. Gentile e premuroso, saggio e disponibile, non sembra tuttavia attratto da lei.

Quale mistero si cela dietro questa unione?

Mentre la sorella Marin sembra esserle immotivatamente avversa, l'attività commerciale di Johannes è una svolta cruciale. Lui è il mercante che viene dal nulla e che si è arricchito oltremisura, l'uomo chiamato a una vendita che potrebbe essere il suo più grande successo o la sua rovina: migliaia di panetti di zucchero.

Un dolciume poco gradito dalla puritanea e potente classe ecclesiale della città.

Tra contrasti ed enigmi sull'attività del marito, Nella riceve da questi un regalo: una riproduzione in scala della propria grande casa.

Una sorta di modellino da poter arredare e nel contempo da utilizzare per conoscere i contenuti di quella sua nuova dimora.

Per arricchirlo di particolari Nella decide di rivolgersi a un misterioso miniaturista che nessuno ha mai visto prima.

Questi non solo le fornirà i pezzi richiesti, ma anche altri che lei non ha mai domandato, i quali sembrano incredibilmente in grado di pronosticare il futuro. Un trucco, un inganno o la profezia di qualcuno che non è quel che sembra?

Il mistero incombe e tutto avvolge. Il destino di Nella e della sua nuova grande famiglia è sul filo del rasoio.

L'Autrice ci propone una cifra letteraria di altissimo pregio.

Capita raramente nell'arco di un anno di trovarsi di fronte a un opera che rappresenta nel contempo uno straordinario esordio e un punto di partenza per lettori di tutte le età.

Lo stile espositivo di Jessie Burton è anzitutto pulito e organizzato, scevro da equivoci o macchinazioni-artefatto che cerchino di ingigantire il sentimento che ben traspare dalla sua capacità disquisitiva e narrativa.

Un fiume in piena di sensazioni che diventano carta stampata e stabiliscono un rapporto empatico riversandosi nella mente e nell'immaginazione del lettore.

«Si vede la cognata metterle una corda al collo e appenderla a una trave del soffitto, le soprascarpe caderle dai piedi pensolanti in mezzo alle piume, il suo corpo freddo scaldarsi a una poetica luce solare che penetra dalla finestra. L'immagine di Marin comincia a confondersi. La donna si leva dai suoi panni nero opachi come una fenice, immersa in un aroma di noce moscata: niente gigli per lei, nessuna raffinatezza floreale. Ricoperta di simboli della città, la cognata è figlia del suo potere: è colei che controlla in segreto le mappe, che annota esemplari, che annota anche altro, qualcosa che non è così facile da definire.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Intelligentemente, rinuncia da subito alla leziosità dell'esposizione prolissa ed eccessivamente carica di aneddoti.

Prima di tutto la storia. La sua storia.

Ma in realtà, sopravvive e si rafforza pagina dopo pagina la volontà di mettere al centro anche l'elemento della storicità ambientale della seconda metà del 1600 in una Amsterdam che viene destrutturata e ricostruita, semplicemente mettendola dapprima in secondo piano, dopo cioè la rilevanza dei fatti.

Un metodo pragmatico che il pubblico ha sempre dimostrato di gradire, perlomeno negli ultimi 20 anni. Il risultato è che l'azione è centralizzata su di una focalizzazione in via prioritaria soggettiva.

«Nella tira fuori il primo oggetto, una scatolina d'argento e lo soppesa. Sul coperchio, in mezzo a una ghirlanda di fiori e di foglie di vite, sono state incise una N e una O. La ragazza apre con cautela la scatola, che ha cerniere ben oliate e silenziose. Dentro c'è un nitido panetto di marzapane lungo quanto un chicco di caffè, e a Nella viene l'acquolina in bocca al pensiero della pasta di mandorle. Vi passa sopra un dito e poi se lo porta alle labbra. E' marzapane vero, profumato persino all'acqua di rose.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Mentre il contesto ambientale è adornato dal punto di vista oggettivo da una serie di preziosismi che ne caratterizzano l'ambientazione storica per le prime 100 - 150 pagine, poi contemporaneamente alla crescita introspettiva della protagonista e allo svilupparsi del carattere di quest'ultima le due metodologie si fondono in un unicum.

Il risultato è una lettura ben più che piacevole. Siamo in presenza di una piccola «magia» narrativa, che provoca assorbimento e immedesimazione nel contesto. Mentre, in questa ambientazione storica così ben spiegata, tra i canali, le case, gli usi, il folklore e le credenze si aggiunge una donna giovane-adulta. Le sue considerazioni spaziano e indagano tematiche così attuali, vere, coraggiose, disinibite.

«Dov'è, lungo la linea di comunicazione tra Assendelft e Amsterdam, che il suo corpo di sposa è stato ridotto a una parodia? La ragazza guarda la carta geografica appesa alla parete, decisa a non cedere al ridicolo delle maniche. Ci sono la Nuova Hollandia, palme che ne contornano la costa, mari turchesi e facce nere come l'ebano che invitano chi guarda a entrare nel loro mondo.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Il personaggio principale è frutto di una concezione epistolare del proprio Io, ma raccontata al presente.

Una scelta coraggiosa. Impegnativa. Le emozioni come pure il suo substrato di personalità apparente sono infatti da ricondursi alla specifica evoluzione della personalità di «Nella" che viene dalla campagna, che si trova a doversi adeguare e poi confrontare con una realtà avversa. Come tale sarebbe stato più facile, specialmente per il contesto storico, una narrazione al passato.

All'opposto, l'azione di scena rappresentata al presente crea una forte empatia con il lettore il quale viene chiamato a calarsi nei panni della protagonista. A vivere i suoi dubbi e le sue riflessioni.

«Nella si ferma e annusa l'aria. Un odore di ferro, di terra bagnata. Il rumore di un respiro affaticato. Pensa subito a Rezeki. E' resuscitata. la miniaturista è in casa e ha riportato Rezeki alla vita. La ragazza si avvia lentamente lungo lo stretto corridoio ce separa la cucina di rappresentanza da quella della servitù, verso la porticina che c'è in fondo, oltre la quale si trovano i barili di birra e le conserve. L'odore si fa più intenso e le si appiccica alla lingua. E' odore di sangue, inconfondibile. Il respiro è diventato più forte.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Per meglio comprendere la «struttura» di questa protagonista nel ottica del «come» la scrittrice l'ha impostata, questo mix di elementi si potrebbero riassumere in due filoni, il primo più espositivo e il secondo più narrativo. Entrambi dimostrano un alta capacità di appassionare.

Il mistero è alimentato da un percorso conflittuale interiore che somatizza il nuovo con l'inusuale. Il primo è rappresentato dalla realtà storica contemporanea di una Amsterdam che conosce la propria opulenza, mentre il secondo è una conseguenza dell'inaspettato.

«Mostrandomi la mia storia, pensa, la miniaturista ne è diventata anche l'autore. Vorrei tanto che me la restituisse.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Per calarsi in questa oscurità ed uscirne vittoriosa sarà necessario anzitutto fortificare se stessa, acquisire cioè una libertà figlia del proprio coinvolgimento emotivo e dell'autocontrollo.

L'ho molto apprezzato.

Poi ci sono le descrizioni baciate da una capacità di utilizzare metafore come pure allegorie che dipingono frasi grandiose. Poetiche. Di una bellezza cristallizzata nelle proporzioni, nei colori, nella dolcezza come pure nella forza e nella possanza che da esse traspare. A volte l'Autrice sembra padroneggiare il battito d'ali di una farfalla, mentre in altre circostanze è come una freccia scoccata da una mano salda verso diritta al cuore del lettore.

«Mentendomi Jack mi faceva vedere la verità, allo stesso modo in cui un quadro può mostrarti meglio com'è una cosa senza mai divenire la cosa medesima.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

Ottimi ed efficaci i dialoghi. Al servizio della comprensione e dello svolgimento degli eventi. Gradevoli e godibili l'utilizzo di termini desueti, ma tipici per l'epoca. Preziosismi corretti che ben significano dal punto di vista antropologico.

«Ho visto le sue vittime tornare - dice Johannes - con le ossa scardinate dalle articolazioni e rimetterle dov'erano non è possibile. Gambe che non sono più gambe, arti che paiono cotone fradicio, viscere che sembrano carne andata a male. Mi torceranno fino ad aprirmi per farmi ammettere la mia colpa.» Tratto da «Il miniaturista» di Jessie Burton, ed. Bompiani.

«Il miniaturista" è uno straordinario romanzo. Ingegnoso, ben scritto, ottimamente argomentato. Una storia affascinante destinata ad appassionare e ad incuriosire. Un emozione nuova per il lettore che in essa vivrà un avventura degna di essere ricordata.

L'ho letto tutto d'un fiato. Quando lo lasciavo non vedevo l'ora di riprenderlo e una volta finito ne ho sentito la mancanza.

Autrice bravissima, romanzo consigliato a tutti. Irrinunciabile. Da non perdere.

Marco Solferini.
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martedì 14 aprile 2015

Quota 1222


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Quota 1222

Autore: Anne Holt
Genere: Thriller

Un treno deragliato in alta montagna.

200 passeggeri costretti a trovare rifugio in un albergo ad alta quota da una bufera senza precedenti.

Fra loro la protagonista Hanne Wilhelmsen, ex agente della polizia norvegese, oggi costretta su di una sedia a rotelle da un tragico fatto di sangue di molti anni prima.

Segregati all'interno della struttura la convivenza non è delle più semplici e tutto precipita quando vengono assassinati due preti protestanti.

Prima il prete Cato Hammer, poi il suo collega Roar Hanson

Chi è il misterioso assassino e quale movente lo spinge a colpire nascondendosi fra i passeggeri?

Spetterà alle capacità deduttive di indagine di Anne risolvere l'enigma agendo con un improvvisato team composto dal maturo Geir Rugholmen un sedicente soccorritore e il Dott. Strengun medico prestatosi a svolgere le anamnesi più tipiche della medicina legale unitamente a un giovane senzatetto, Adrien, di appena 15 anni.

Quale mistero si nasconde dietro la morte dei due religiosi? Forse un affarismo senza scrupoli che vede coinvolto il potente fondo statale per la gestione dei beni ecclesiastici? O una vendetta di sangue che arriva dal passato?

Un giallo nella formula più classica che ci riporta ai celebri scrittori come Agatha Christie o George Simenon.

Un evento inaspettato crea condizioni ambigue dal punto di vista sociologico.

La costrizione nasce dallo stravolgendo dei ruoli che le classi sociali attribuiscono. Alimentando un circolo vizioso fatto di preconcettualità e sospetti.

La sopravvivenza diventa a tratti affannosa perchè compressa tra l'aspettativa e l'inusuale. Il «moderno» ci ha ormai abituati alla razionalità di spiegazioni funzionali alla soluzione o alla sopportazione del problema. Privando un gruppo di individui di questa aspettativa li si riporta ad uno stato di civiltà antecedente.

L'elemento inusuale invece è rappresentato da una tormenta. Talmente forte da non avere precedenti e la cui possanza rasenta quasi il limite dell'accettabile. La forza della natura mette spesso in discussione le certezze acquisite dall'uomo. Ricordandoci che su questo pianeta siamo ospiti (che si comportano in molti casi davvero male).

«Il vento soffiava con tale intensità da far tintinnare i vetri, i bicchieri e lo scatolame. A intervalli brevi e irregolari si sentivano i tonfi e i colpi delle folate che si abbattevano sui muri, come se gli dei del tempo volessero convincerci che alla fine, dopo i tanti inverni tempestosi tipici dell'alta montagna, sarebbe stato possibile abbattere quella costruzione». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

Il protagonista è un eroina riluttante che vive il dramma della disabilità creandosi un microcosmo personale di convinzioni e abitudini. La sua personalissima regressione antropologica si basa sulla constatazione evidente di come le aspettative emotive siano un perpetuo riciclaggio di ciò che è lecito aspettarsi da un disabile. Come pure di quel comportamento da tenere nei sui confronti. Un luogo comune, a ben guardare, che tuttavia è da molti sentito quasi come un codice cavalleresco.

Il peso di questa recita la trascina in un limbo in cui i rapporti umani sono del tutto superflui stante la loro fin troppo scontata evoluzione.

Per questa ragione ella soffre di un moto di rigetto che la spinge a somatizzare e ad esternare alcune crudeltà approfittandosi di una legittimazione che deriva dall'essere portatrice di un handicap.

La sua dimensione personale entra in netto conflitto con la necessità impellente di risolvere una situazione drammatica e potenzialmente esplosiva prima ancora che individuare un assassino.

L'indagine si svolge secondo contenuti filo deduttivi

Ovviamente privata della tecnologia giacchè manca una polizia scientifica. E la bufera isola i partecipanti a questa forzata comunione privandoli delle facilitazioni tipiche dell'era della comunicazione. Quel che resta è l'artigianale capacità di indagare.

«A pensarci, la combinazione di tanti norvegesi costretti in albergo sarebbe potuta sfociare prima o poi in un crimine». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

Ho trovato interessante un punto che l'Autrice più volte sfiora purtroppo senza approfondirlo come a mio parere avrebbe meritato. La tecnologia non è solo fruizione on demand di un servizio, ma è anche la disperata ricerca di una società umanamente fredda di sentirsi più vicini gli uni con gli altri. Rappresenta cioè nel contempo sia lo stereotipo che il paradosso di una situazione la cui tollerabilità ha trasformato gli orpelli tecnologici in vere e proprie coperte di Linus.

Avrei approfondito questo aspetto. Nella sua privazione quale contorno alle indagini. La scrittrice invece sembra più interessata a sfruttarlo per legittimare determinate scelte. A scopo quindi di semplice credibilità narrativa.

I crismi propri dell'osservazione e della deduzione diventano le principali armi per approfondire gli aneddoti. Il particolare assume rilevanza in rapporto alla ricostruzione dei fatti e come tale si inserisce, con la formula tipica del pezzo di un puzzle nel più grande disegno che l'indagatore è costretto a ricreare. Per isolare il comportamento deviante dell'assassino.

«Il movente è il buco nella serratura dell'atto criminale». Tratto da «Quota 1222« di Anne Holt, ed. Einaudi.

E' facile in questi casi fare paragoni con il grande Sir. Arthur Conan Doyle nel suo affrescare l'indagine come un pittore che concepisce l'opera sua pennello alla mano.

L'Autrice è brava nel costruire passo dopo passo un vero e proprio percorso prima di tutto ambientale, dal punto di vista oggettivo, per poi spostare la focalizzazione narrativa al soggettivo.

«Che Cato Hammer e Roar Hanson fossero stati uccisi da due colpevoli diversi era improbabile. Era anche vero che i metodi e le circostanze erano molto diversi, quindi poteva darsi che mi sbagliassi. Eppure i collegamenti tra le due vittime erano così numerosi che io, almeno al momento, restavo convinta che si trattasse dello stesso colpevole». Tratto da «Quota 1222« di Hanne Holt, ed. Einaudi.

Centralizzando la natura dei coprotagonisti. Ciascuno dei quali diventa un potenziale indagabile vuoi per il suo comportamento o per le sue convinzioni oppure per questioni molto più facilmente spendibili quali sono i segreti di cui ciascuno è portatore sano.

Il ruolo dell'ambiguità in un giallo è da sempre utilizzato come un fumogeno per annebbiare e dilatare i confini del riconoscibile. Alimenta cioè la tensione.

Ma attenzione, quando la si utilizza indirizzandola come fumo negli occhi del lettore, per cioè distrarlo in modo colpevole e quindi pretendere da questo che non arrivi a conoscere con anticipo il piano criminoso diventa difficile da digerire.

Lo si evince purtroppo dal ruolo troppo telegrafato che questi potenziali sospetti sono chiamati a recitare uno dopo l'altro nella percorrenza delle pagine. Incontriamo l'antipatica iraconda, il misterioso sedentario e un pò schivo, il burlone intelligenti.. Si sa bene che nella scrittura creativa si insegna come il binomio crea un coprotagonista facile da gestire, spiegare e nel contempo funzionale alla trama.

Chi è di «bocca buona» pretende però di più.

Anche perchè il gran finale può non essere così spettacolare.

In questo romanzo della pur bravissima Anne Holt il cui stile è sempre apprezzabile c'è una intrigante ambientazione. Molto appassionante e per tanti versi accattivante. Specialmente per chi apprezza gli ambiti più «glaciali». Ma nel contempo ci sono degli archetipi a livello strutturale, per quanto concerne l'esposizione della trama, che denotano alcuni limiti narrativi.

I personaggi principali sono necessari a questa impostazione?

Ciascuno funzionalizza una trentina di pagine in media complessivamente aggiuntive rispetto alla narrazione di base che rappresenta anche il corpus del romanzo giallo. Orbene avrei «sfoltito» il bandolo della matassa rendendolo più rapidamente fruibile al lettore e meno sperimentale.

La sensazione infatti è che a parte la ormai nota genialità nello stile pulito e diligentemente organizzato di questa sicuramente bravissima scrittrice la stesura di questo romanzo sia più una sorta di intermezzo basato sull'idea concettuale di volersi confrontare con un giallo con uno stile più classico.

«Quota 1222« è un buon romanzo. Ma nulla di più che nella media. Una storia sicuramente interessante e appassionante per gli amanti del giallo che non conosca l'eccesso della presenza tecnologica. Sicuramente apprezzato maggiormente da coloro che amano le ambientazioni nel freddo, nella neve, nel rifugio dalla tormenta.

Una piacevole lettura consigliata però solo agli amanti del genere ben avvertiti di non aspettarsi troppo.

Marco Solferini
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mercoledì 8 aprile 2015

Io sono tornato

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Io sono tornato

Autore: Brian Freeman.
Genere: thriller.

10 anni fa il massacro. Durante un party serale nella prestigiosa tenuta di Brich Fairmont un misterioso uomo con il passamontagna ha ucciso senza pietà lo stesso Fairmont, candidato alla poltrona di Governatore della Florida. Davanti agli occhi della moglie Diane e della sua migliore amica Tarla.

Oggi, la Fondazione Common Way che rappresenta un terzo antagonista nel binomio democratici-repubblicani, appoggia proprio lei, Diane, vedova del compianto Brich alle elezioni per lo stato della Florida.

All'ombra di una competizione spietata, portata avanti a colpi di indagini clandestine, si consuma la morte di Justin che lavorava proprio per la Fondazione e le cui scoperte sembravano sul punto di rivelare un inquietante verità su quella drammatica notte di 10 anni prima.

Non potendo credere che il ragazzo sia morto per droga, Peach la giovane spia del dipartimento ricerche e sua segreta amante comincia ad indagare per conto proprio. E scopre un mistero celato dietro un un nome di donna appuntato su di un libro di poesie.

Anche il detective della omicidi Cab Bolton, figlio di Tarla, ancora oggi migliore amica di Diane viene coinvolto nelle indagini perchè un misterioso messaggio «Io sono tornato» indirizzato alla donna sembra riportare a galla l'incubo dell'assassino con il passamontagna.

Come 10 anni prima il principale indiziato sembra essere Brock, sedicente leader di un movimento indipendentista e separatista di estrema destra: il Liberty Empire Alliance.

Eppure, l'ombra del dubbio avvolge le indagini. Il sospetto serpeggia dietro ogni indizio. Mentre l'uragano «Chayla» è in arrivo e si prepara a colpire con tutta la sua forza per il 4 luglio.

Sullo sfondo di una letale partita a scacchi per il potere si muovono personaggi ambigui, come Caprice, ambiziosa e seducente coordinatrice della campagna del Sig. Fairmont all'epoca degli omicidi e oggi uno dei membri più influenti della Fondazione Common Way.

Qual'è il mistero che si nasconde nel libro di poesie dietro il nome di Alison?

Gran ritmo, azione, personaggi costruiti con amabile realismo e appassionante intensità.

Lo stile di Freeman non tradisce le attese del lettore.

Un thriller con la maiuscola che parte dal passato e racconta un presente dove l'inganno sembra dominare i rapporti umani, adombrati da segreti frutto dell'attrazione morbosa o del desiderio di conquistare il potere.

«Tarla sentiva nel naso il fumo dei proiettili. Le girava la testa, vedendo l'uomo in nero avvicinarsi. Birch aveva lo sguardo di un uomo su un aereo che precipita. Un uomo che vede la morte in faccia. In questo momento sei vivo, il momento dopo sarai morto. Birch fissava l'uomo armato con i pugni stretti. Non fuggì, perchè non c'era nessun posto dove andare. Aveva il viso scuro per la rabbia impotente». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

Una narrazione organizzata in due filoni.

Da un lato le indagini della giovane trasformista Peach, abile nei travestimenti e ingegnosa con le risorse per le intercettazioni ambientali. Sull'altro fronte invece si muove Cab, il bellissimo figlio di Tarla, star del cinema. Provocante, accattivante e coraggioso. Le sue indagini finiranno per incrociarsi con quelle di Peach per convogliare poi in un crescendo rossiniano verso un avversario inaspettato. Il risultato sarà un vortice di eventi non dissimile dall'uragano che inevitabile quanto minaccioso fa da sfondo alle indagini. Come una tempesta annunciata.

Tanti elementi, una moltitudine di aneddoti e una creatività sconfinata. Intrecci che si snodano e si ricompongono come un cubo di Rubik le cui facce nascondono un puzzle che solo l'intelligenza e l'audacia saranno in grado di rivelare.

«Quando ti lasci dietro qualcosa, subito cominci a ricordarla come un periodo più semplice e facile». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

Capitoli brevi, paratattici e sintetici. Uno stile espositivo spesso telegrafo che consente al lettore una fortissima immedesimazione a livello empatico con lo stereotipo dei protagonisti. Ciascuno dei quali, pur essendo minimalista nel suo complesso caratteriale diventa portatore di una verità apparente molto utile alla caratterizzazione nell'ottica narrativa.

Questa capacità di «adeguare» i personaggi alla trama e di incasellarli in essa, qualificandoli, è una dote eccezionale dello scrittore, paragonabile solo ai grandi giallisti del passato come la nota Agatha Christie o il celebre Simenon.

Il lettore è quasi esso stesso chiamato a risolvere l'enigma, avendo a disposizione tutte le carte per dedurre i fatti e risalire al colpevole. Leggere Freeman significa davvero calarsi nei panni di un protagonista aggiunto e partecipare attivamente allo svolgimento dell'azione.

Per questo le pagine si divorano nel vero senso della parola.

«Il coltello era caldo, riscaldato dalle budella dell'uomo morente. Quando finalmente lo estrasse dal corpo ai suoi piedi, torrenti di pioggia si riversarono nella ferita. La pioggia batteva sulla lama, facendo scorrere il sangue rosa e annacquato sulle sue mani e sul molo di pietra. Il corpo a terra si contorce va. L'uomo morente ansimava, con la schiuma alla bocca. Il suo cuore aveva ancora un minuto o due di vita, e spruzzava rivoli di sangue che si riversavano nella baia». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

Dialoghi efficaci. Personalizzati dal punto di vista soggettivo e accattivanti. L'immediatezza si consuma con avidità espositiva quasi come se gli occhi stessero ascoltando tra le righe.

Mi piace moltissimo il ruolo dei sentimenti e quello, separato, delle emozioni. Le due cose non si mescolano, anzi, spesso si affrontano dal punto di vista etico e portano ad una maturazione che a volte funge da preludio alla svolta narrativa.

Il lato oscuro rivelato di taluno lo porta ad assumere il ruolo che gli compete nello scacchiere degli eventi e l'Autore gioca come il gatto con il topo sul ruolo dell'ambiguità. Spesso determinata dai «segreti». Sono loro che si depositano sui piatti della bilancia dove viene rappresentato il binomio innocente-colpevole. I segreti sono uno strumento chirurgico che, pur se non necessariamente peccaminosi, rivelano comunque una potenziale negatività ed ecco che, nel superbo «Cluedo» tutti i personaggi rivelano potenziali moventi.

«Non gli piaceva avere a che fare con talpe e doppiogiochisti, ma era il prezzo della partita politica. Il fine giustificava i mezzi. i giovani entravano in gioco pieni di alti ideali, ma prima o poi quelli più intelligenti capivano che vincere in modo sporco era meglio che perdere in modo pulito. Per chi arrivava secondo non c'era nessun premio. E nessun potere». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

La costruzione del thriller è magistralmente diretta e come tale non ci sono sbavature.

In un linguaggio bello e costruttivo ho tra l'altro rilevato non pochi distingui, fra cui la presenza del dialogo tipico della c.d. «working class». Nel contempo l'Autore non rinuncia ad elevare le descrizioni con metafore e allegorie frutto del paragone e dell'alto tasso visivo.

«C'era ancora il suo odore. Justin amava gli oli profumati, e lì dentro indugiava un aroma ai fiori di ciliegio. Peach si aspettava quasi di vederlo uscire dalla stanza da letto, con un asciugamano intorno alla vita magra e uno spazzolino da denti che gli pendeva dalla bocca come una sigaretta». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

Il risultato per quanto mi riguarda è straordinario. Ci sono delle descrizioni baciate da un dinamismo poetico e nel contempo affascinante.

«L'uomo sollevò la pistola e sparò due colpi contro la vetrata a parete. Nel vetro si formò una ragnatela come ghiaccio bianco e le crepe si estesero a zigzag, come fulmini. Il vento s'infilò nei buchi, aumentando la pressione, e al terzo colpo la vetrata esplose in una grandinata di diamanti». Tratto da «Io sono tornato» di Brian Freeman, ed. Piemme.

«Io sono tornato» è un thriller eccezionale e come tutti i romanzi di Brian Freeman è assolutamente da leggere.

Azione, mistero, intrigo assumono una forma affascinante nelle mani di questo superbo Autore che trascinerà il lettore in una narrazione mozzafiato. Una scarica di adrenalina per un giallo intenso con un ritmo e una storia destinate a lasciare il segno.

Consigliato a tutti.

Marco Solferini.
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