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La rivista culturale: "Il Salotto degli Autori" ( http://www.ilsalottodegliautori.it ) edita dall'Associazione letteraria "Carta e Penna"
Cruel
Autore:
Salvo Sottile.
Genere:
thriller.
Cruel
è una rivista di successo gestita dal noto psicologo romano Tiziano
Costa.
Una
redazione specializzata sui fatti di cronaca che impiega fra i suoi
reporter d'assalto Mauro Colesani, un giovane «viveur» della
capitale romana, appassionato di donne e videogame.
Passione
quest'ultima che condivide con il commissario Sciuto chiamato a
indagare su di un efferato omicidio.
Il
cadavere di una giovane donna scomparsa viene ritrovato dissanguato e
appeso a testa in già in un ospedale psichiatrico abbandonato
sembrerebbe il risultato di un rituale ad opera di un antica setta
compiuto con un arma particolarissima: un antico pugnale. Forse per
mano del misterioso «Chierico».
L'omicidio
non passa certo inosservato e occupa da subito le prime pagine dei
giornali compreso Cruel dove l'abile e ambiziosa reporter Ester,
ultima arrivata e allieva proprio di Mauro mette a segno uno scoop da
prima pagina rivelando particolari talmente sconosciuti sull'omicidio
che attirano l'attenzione proprio dell'assassino.
Sarà
proprio Ester la prossima vittima? E chi si nasconde dietro
l'enigmatico soprannome de il «Chierico»? Mauro e il commissario
dovranno indagare, mettendosi persino l'uno contro l'altro per via
del ruolo che ricoprono e della passione segreta che il giornalista
ha provato per Ester alla qual era legato da più di un semplice
rapporto professionale.
Udite!
Udite! I fan dei fumetti e cultori dei film sui supereroi non
mancheranno di rilevare l'errore (o meglio il refuso) di pag. 15.
L'Autore infatti cita una scena tratta da «un» film di Superman con
il generale Zod, ma non si tratta del primo (film) come erroneamente
riportato, essendo infatti una scena di Superman II (sempre con
l'attore Christopher Reeve) e non è neppure degli anni 70 come
sempre erroneamente viene precisato nel romanzo bensì del 1980..
chiunque abbia fatto questa ricerca doveva essere più attento perchè
i fan dei comics è noto che abbiano una memoria da elefante e
gongolano sugli errori (imperdonabili).
Conclusa
questa premessa doverosa (perchè io sono un appassionatissimo dei
comics), avendo letto «Più scuro di mezzanotte» giudico
Sottile un ottimo autore. Penso che questo suo thriller sia ben al di
sotto del suo standard e pur avendo qualche luce evidenzia anche
molte ombre.
La
caratterizzazione emotiva dei personaggi è visivamente coinvolgente
nel senso che stabilisce un contatto empatico con il lettore basato
sull'archetipo caratteriale. Quella caratteristica cioè che più di
tutte identifica e nel contempo distingue rispetto agli altri
partecipanti alla comunione narrativa, le qualità del singolo. Quasi
sempre co-protagonista.
«Non
era uno stronzo, era solo uno che, giusto o sbagliato che fosse, in
quello che faceva ci credeva. I sentimenti la mattina li lasciava
fuori dalla questura, come un cappotto appeso su un attaccapanni per
strada, e tornava a prenderli la sera, quando usciva dall'ufficio e
aveva freddo». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile, ed.
Mondadori.
Questi
personaggi diventano quindi parte di un piccolo Pantheon nel quale
vengono prima presentati o meglio esposti, recependo e raccontando la
loro caratteristica di principale appartenenza.
Così
facendo incontriamo l'enigmatico sapiente psicologo (con
autocontrollo e capacità organizzative di gestione della
personalità), il giovane geloso e avventato, il commissario
dall'etica moralista con l'intuito dovuto all'esperienza e al buon
senso, la giovane giornalista ambiziosa, arrivista, determinata e
sessualmente disponibile..
Insomma,
il Cluedo in stile Agatha Christie è questo.. in fondo non è sempre
detto che sia stato il maggiordomo con il candelabro.
Tale
impostazione non è certo un difetto tuttavia nell'incipit sarebbe
stato meglio scriverci «sceneggiatura» e non romanzo.
Il
protagonista è gestito tra limiti e genialità. I primi sono
esaltati da una recidiva che lo rende accattivante per la carica di
scapestrato anticonformismo. Un eroe alla giornata che si confronta
con la volontà/dovere di sopravvivere alle disavventure più comuni
e se stesso. La sua brillantezza scaturisce dall'audacia. Una dose
cioè di volontà intuitiva che si mescola con la curiosità
introspettiva tipica dell'indagatore - giornalista.
Non
è male. Affatto. Sicuramente i lettori lo gradiranno. Però una
siffatta impostazione apre una vera e propria parentesi temporale sul
protagonista. La presentazione del quale esclude una sua evoluzione o
trasmutazione. Il lettore percepisce che si sta giocando con le carte
in tavola dal punto di vista della focalizzazione soggettiva.
«Chiacchierarono
per qualche minuto, affacciati al davanzale sui tetti di Roma,
sorseggiando un bicchiere di vino. La serata era perfetta, e la
brezza leggera era il coronamento ideale alla beatitudine in cui
Mauro si cullava». Tratto da «Cruel» di Salvo Sottile,
ed. Mondadori.
E'
abbastanza evidente fin dalle prime 50 pagine che sarà lui a
indagare, successivamente e nelle ultime, sul misterioso assassino
sfruttando alcuni aneddoti che vengono appositamente introdotti
all'inizio della narrazione (che senso avrebbe piazzare il referente
informatico se non salta fuori in un secondo momento?).
Per
chi legge molti thriller tutto questo è pane quotidiano. Un pò come
sapere che nei film horror è meglio non correre nel bosco o andarsi
a ficcare in una casa buia (magari in cantina) se si è inseguiti da
un tizio con la maschera da Halloween e un grosso coltello in mano..
Diversamente
il thriller punta sul noto binomio assassino - mistero.
In
questo momento storico per la letteratura contemporanea e fermo
restando l'italico vuoto lasciato da Giorgio Faletti che certamente
le case editrici vorrebbero occupare, bisogna però osservare che non
sono pochi gli Autori su scala internazionale che propongono lo
stesso format.
Che
l'assassino sia meglio rimanga un mistero per il maggior numero di
pagine è sempre un bene, ma c'è un limite alla devianza di pura
invenzione o di estrapolazione giornalistica che si manifesta nel
momento in cui l'opera nella sua interezza finisce per rassomigliare
più ad un capitolo o un episodio della vita narrativa. Come tale
diventa l'invenzione di un microcosmo dove ambientare il thriller (e
magari anche altri). Il lettore finisce per domandarsi: «sto
leggendo un romanzo dove tutto può accadere o è il primo di una
serie?»
«Per
un attimo, il bagliore delle candele che si consumavano sulla tavola
aveva dato agli occhi del suo anfitrione un riflesso luciferiano,
come se il riverbero delle fiammelle che ardeva dentro le sue pupille
dovesse rivelarle una natura diversa da quella finora conosciuta.
Metà uomo e metà demonio, una creatura del maligno». Tratto da
«Cruel» di Salvo Sottile, ed. Mondadori.
Il
problema, più commerciale in verità, è che ci sono tanti Autori di
questo genere e altrettanti ne sono costantemente in arrivo.
Non
ho rilevato, pur nella pregiata fattualità di quest'opera, un vero e
proprio distinguo che mi permettesse di elevarla al di sopra di uno
standard medio - basso.
Un
limite è l'eccesso descrittivo.
Ci
sono alcuni periodi che sembrano proprio tipici degli sceneggiatori
che si prendono la briga di descrivere minuziosamente ogni movimento
dei protagonisti di una scena (perchè gli attori devono sapere cosa
fare) come pure la dinamica dell'ambientazione specificando «dove,
come, quando» di ogni singola azione.
I
dialoghi sono molto ricamati sulle ambientazioni e quindi sulle scene
interne ed esterne. Seguono senza impostare essendo delle conseguenze
di svolgimento. Il lettore li percepirà come realistici in quanto
nella vita di tutti i giorni ci sembra che accada altrettanto.
«Vincenzo,
è un onore essere ufficialmente sospettato da te» Esordì Mauro con
una buona dose di amarezza che imbrattava, come un inchiostro versato
su un foglio intonso, anni di amicizia». Tratto da «Cruel»
di Salvo Sottile, ed. Mondadori.
Il
lettore più esperto però rileverà che in alcuni casi sono leziosi
e strumentali. Significa che i protagonisti non si stanno comportando
come persone qualunque bensì raccontano al lettore come hanno scelto
di comportarsi. E' diverso. Sottile (mi si passi il gioco di parole)
ma diverso.
Perchè,
a ben guardare c'è una lacuna nella naturalezza che cerca di
spiegare il perchè mi sono comportato in questo modo oppure per qual
ragione ho svolto certe considerazioni: lo scrittore sta parlando al
lettore tramite i suoi personaggi. Invece di raccontare.
Un
altro limite è la scarsa intuitività di questi personaggi.
Pur
se di fantasia il protagonista di un romanzo «vive» quindi si
presuppone che sia una persona a sua volta informata, uno che legge i
giornali, romanzi, guarda telefilm e via discorrendo. Uno cioè che
padroneggia quel compendio di sapere comune che appartiene un pò a
tutti. Far cadere dall'alto certe scoperte o teoremi è poco
credibile. Suvvia qualcuno avrà pur visto in vita sua un episodio di
CSI o letto un romanzo di Conan Doyle.. è noto che siamo tutti un pò
malati e un pò dottori.
«Una
parte di lei fremeva di eccitazione, inutile nasconderselo. Per la
prima volta un suo articolo sembrava capace di incidere sulla realtà,
e nel modo più scioccante». Tratto da «Cruel» di Salvo
Sottile, ed. Mondadori.
Registro
poi la solita necessità di infilare nella storia un esperto
informatico la cui utilità sta nel fatto che permette di utilizzare
le tecnologie per arrivare ad una deduzione che sia anche svolta
narrativa.
Premesso
che gli hacker sono diventati, pur nelle loro multiformi
manifestazioni, ospiti fissi di racconti, romanzi e sceneggiature la
loro presenza non può e non deve essere un «escamotage» narrativo,
artificiosamente infilato cioè per far tornare i conti. In questo
caso invece ho avuto proprio la sensazione che fosse così. E mi
piaciuto non poco, bensì pochissimo.
La
descrizione dell'hacker poi è un cliché. Poche scialbe righe per
dipingerlo come un troll delle caverne fossilizzato dentro una stanza
(persino buia come se manco l'energia elettrica fosse consentita)
piena di aggeggi informatici (che non si sa bene quali siano, ma la
sensazione è che ci sia un clamoroso autogoal nel momento in cui se
fossero dei server ci si porrebbe il quesito in effetti proprio del
consumo di energia elettrica visto che l'hacker in questione pare
vivere nel posto dove lavora.. le web farm casalinghe forse sono
possibili negli States, ma Enel & Co. ne dubito..)
Poi
ci sono delle superficialità abnormi che fanno orrore
all'antropologia culturale che si occupa da tempo del fenomeno delle
relazioni sociali su internet. Quando si scrive bisogna fare delle
ricerche. Oggi gli hacker sono qualcosina in più di un nerd
smanettone con la passione dei byte segregatosi in un antro
informatico. Vi assicuro che vanno in giro alla luce del sole, con
ambiti firmati, belle auto e spesso, quando lavorano nella new
economy, anche belle donne al seguito.
Non
ultimo poi ci sono possibili errori tecnici. Si parla di cyberspazio,
poi di violazione di siti come l'anagrafe, ma attenzione, buona parte
di queste cose se si fanno non è attraverso il web.. si tratta
invece del «deep web».
I
lettori che conoscono questa materia storceranno parecchie volte il
naso. Ripeto: si scrive solo dopo aver fatto minuziose ricerche.
Approfondire, approfondire e approfondire. Il lettore lo merita
perchè leggendo vorrebbe imparare qualcosa.
Punto
forte sono il ritmo narrativo e la scioltezza. Incalzante il primo,
senza sofisticazioni la seconda. Si va diritti al cuore del problema:
coinvolgere il lettore. Incanalarlo nel dettaglio espositivo
facendolo sentire partecipe. Tutto molto ben riuscito.
Purtroppo
il finale è disarmante.
Premesso
che infilare un ospedale psichiatrico e una figura enigmatica che
guarda caso è proprio uno psichiatra in un romanzo di poco più di
200 pagine è controproducente. E qualunque segreteria letteraria
dovrebbe saperlo perchè i lettori fanno due più due.
La
narrazione è disseminata di possibili incongruenze, la cui
spiegazione arriva alla spicciolata dopo. Sopratutto nei dialoghi a
mò di riassunto e resoconto dei protagonisti che hanno più lo scopo
di far quadrare i conti evitando che il lettore presupponga delle
lacune nella narrazione.
Lo
scrittore in realtà da una spiegazione a questa impostazione nei
ringraziamenti (che curiosamente sono anche in gran parte riprodotti
in seconda di copertina). Il tentativo di destrutturare la deduzione
logica con un esposizione che parta dall'interno. Sottile ammette che
questo «esperimento» è nato dalla sua esperienza televisiva nel
settore della cronaca. E a ben guardare l'idea è interessante. La
giudico però sviluppata malissimo e in modo tremendamente lacunoso..
potrei citare decine di Autori che riescono in questo campo, tra cui
Jean-Christophe Grangé o Brian Freeman, Liza Marklund o Colin
Dexter. Non c'è un solo motivo per cui dovrei preferirgli questo
romanzo.
In
chiusura penso sia necessaria una riflessione.
Molti
giovani Autori lamentano il fatto che in Italia si dia spazio quasi
esclusivamente a personaggi già noti dello spettacolo, cinema,
teatro, persino dell'editoria stessa presi tra giornalisti e
scrittori di rubriche sui periodici. Questo è sicuramente vero. Le
case editrici cercano un plafond di possibili lettori che gradiscano
l'Autore prima ancora della storia che propone.
E'
uno sbaglio e lo pagano entrambe le parti. Da un lato l'evidente
andamento delle vendite nel mercato dell'editoria. Dall'altro la
critica sugli Autori che alla lunga ne ridurrà l'impatto sul
pubblico dequalificandoli.
Salvo
Sottile però è un validissimo scrittore e penso che soffra un pò
di questa derivazione in quanto ritengo che sarebbe emerso nella
carta stampata anche se non fosse un volto noto. Per questa ragione
dovrebbe muoversi come uno scrittore di talento che vuole raggiungere
il suo apice. Che vuole scrivere. Perchè ha le caratteristiche per
farlo.
Quest'Autore
rappresenta, al di là del romanzo in commento, la dimostrazione che
la qualità c'è, accanto alla notorietà.
«Cruel»
è un thriller mediocre con un ambientazione realista e personaggi
con luci e ombre. Un indagine ricca di possibili sviluppi che si
snoda su più fronti. Alcuni dei quali potrebbero affascinare i
cultori del genere.
Consigliato
ai lettori di thriller non troppo esigenti.
Marco
Solferini
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