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La rivista culturale: "Il Salotto degli Autori" ( http://www.ilsalottodegliautori.it ) edita dall'Associazione letteraria "Carta e Penna"
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Divorati
Autore:
David Cronenberg.
Genere:
drammatico, macabro, thriller.
Nathan
e Naomi sono una coppia di fotogiornalisti freelance che lavorano a
contratto per riviste sulle quali pubblicano articoli aventi
caratteristiche particolari fra cui il macabro e l'inusuale.
Il
primo si trova nell'Europa dell'est, sulle tracce di un chirurgo che
sperimenta una cura contro il cancro basata sull'impianto di semi
radioattivi sottocutanei. Durante l'incontro documenterà l'impianto
nei seni di una paziente ormai prossima a uno stadio terminale.
Successivamente, si troverà coinvolto in una relazione sessuale
morbosa e atipica proprio con quest'ultima e dalla quale rinverrà
una rara malattia che lo spingerà ad indagarne i contenuti, per
necessità e interesse, rintracciando il medico che ha scoperto e
dato il nome a questa patologia.
Noemi
nel frattempo si è recata a Parigi sulle tracce di uno scoop che
riguarda due importanti icone dell'intellettualismo e della filosofia
contemporanea francese, la coppia Celestine e Aristide Arosteguy.
Quest'ultimo è latitante e sospettato di aver ucciso e poi mangiato
la sua consorte. I fatti però sembrano rivelare un altra verità.
Una storia che porterà Naomi a contatto con una cerchia di
personaggi che esplorano i confini del sesso maniacale e possessivo,
attraverso una ritualistica che forse dal bondage si è spostata fino
al cannibalismo.
Le
due vicende dei reporter e amanti, finiranno per intrecciarsi in un
unica storia dove poco se non nulla è ciò che sembra.
“Divorati”
è un libro che mi ha lasciato un profondo senso di smarrimento.
Ho
avuto più volte la sensazione, durante la lettura che almeno uno dei
temi affrontati dall'Autore mi avrebbe portato a toccare con mano
quell'aspetto riflessivo - rivelatorio che in più momenti sembra
voler decollare prendendo per mano il lettore.
Invece,
ogni volta che l'approfondimento sembrava indirizzato ad uno sviluppo
concludente quest'ultimo improvvisamente veniva a mancare. Lasciando
un vuoto. Uno spazio che il proseguo della narrazione sembrava voler
colmare riprendendo da un punto remoto.
Gli
aspetti ossessivo compulsivi della passione maniacalizzata sulla
tecnologia quale antropomorfa malattia moderna sono un piacevole coro
di assonanze con le varie patologie note e nel contempo rare che
durante il romanzo trovano uno spazio più o meno particolareggiato a
mò di allegoria.
L'Autore
traccia un innominato parallelo, indubbiamente creativo e stimolante.
Certamente geniale nell'intuizione. Ma i termini di questa osmosi che
i due fotografi sentono e verso la quale accettano un plagio invasivo
della propria relazione, come pure della vita professionale, manca di
quel «di più» che vada oltre cioè un mero condizionamento senza
il quale ci sarebbe la rinuncia.
A
ben guardare infatti, siamo di fronte a due esperti che però non
arrivano a ribattezzare la propria esistenza di carne ed ossa
attraverso la tecnica fotografica, il montaggio, assumendo cioè
quella trasmutazione del sè, a livello morfologico in una meccanica
di algoritmi che riporti al «deux ex machina».
E
la domanda permane. L'Autore non ha volutamente raggiunto questa
catarsi oppure ha cercato senza riuscirci di trasmetterla al lettore?
Alcune
ambientazioni sono amabilmente descritte come se una telecamera,
partendo da un particolare ingrandisse sulla scena e, restando in
movimento abbracciasse uno dopo l'altro la conoscenza di quegli
oggetti che compongono il panoramico ambiente nel quale si micro
contestualizza l'azione del pensiero prima ancora che delle parole o
delle azioni. Questo aspetto mi è molto piaciuto.
«L'IPhone
di Nathan era poggiato scorbutico sulla superficie di plastica
effetto legno del tavolo, accanto al semplice piatto bianco con due
costolette di maiale stracotte, una montagnola di mais, tre fette di
pomodoro e un vasetto di carta pieghettata con la purea di miele. Il
piccolo coltello da carne aveva un manico rosicchiato che un migliaio
di lavaggi in lavastoviglie aveva ridotto a un grigio striato. In una
terrina di vetro c'era la sua insalata verde». Tratto da
«Divorati» di David Cronenberg, ed. Bompiani.
Il
binomio sesso - malattia. La piacevolezza del diverso. Sono argomenti
ben sviluppati, sopratutto dal punto di vista di Nathan che pare
emotivamente più debole perchè ancorato ad un realismo che Naomi ha
già abbandonato. Lui è pertanto meno esplorativo e più funzionale.
Mentre lei è l'esatto opposto.
L'esposizione
delle loro diversità avviene sempre prima, durante e dopo il sesso,
descritto e commentato in modo esplicito e disinvolto.
«Saltò
giù dal letto, afferrò l'IPhone sul cuscino e cominciò a
cancellare i ritratti del suo uccello, uno alla volta, colpendo
violentemente con la corta unghia l'icona del cestino, canticchiando
nel frattempo: «pene di Nathan, cancella, cancella, cancella...»
Tratto da «Divorati» di David Cronenberg, ed. Bompiani.
La
focalizzazione sulla malattia e in particolare sul tumore mi porta ad
affermare che la difformità non è deformità. E chiunque abbia
studiato i termini classici della letteratura Italiana ben conosce
numerosissimi Autori che su questo distinguo hanno speso pagine di
intellettuale virtù. Esattamente come è accaduto in quel della
Francia (e non a caso la scelta degli intellettuali «francesi»).
I
termini del cambiamento che si annidano, come germi di primigenia
essenza nel malato lo portano a sentirsi un estraneo. Un portatore
sano di quella difformità enorme che nulla rende come prima. Egli è
uno, nessuno e quindi centomila, perchè la malattia non è
selettiva, ma aperta a tutti, potenzialmente in attesa di colpire
chiunque. E il tumore è questo «tsunami» numerico che ormai
colpisce il 50% delle persone nell'arco di una vita. Il male di nuovo
millennio che cambia tutte le prospettive e sparpaglia le carte della
società perfetta e che l'Autore vorrebbe collocare sul piano della
deformità, ma senza arrivarci. Non è la gobba di Victor Hugo, ne il
Dott. Jekyll, non è neppure la Bestia che si nasconde all'amore, e
quel che residua è un attrazione lasciva un semplice gusto
peccaminoso per il diverso.
Troppo
poco. Uno sviluppo che non decolla.
«...
la luce dello spray di un writer che copriva meticolosamente ogni
centimetro del suo corpo mentre lei si sforzava di tenere la postura
stabilita, la pancia che si contraeva dalle risate quando fuori campo
venivano pronunciate chissà quali parole o fatte chissà quali
battute». Tratto da «Divorati» di David Cronenberg, ed.
Bompiani.
Il
cannibalismo qui è una metafora della possessione estrema. Un atto
sessuale di avidità che porta a fagocitare il simbolo fallico
dell'amore inteso come il seno per la sua valenza chiaramente materna
nell'atto di non volersi più staccare da esso. Trattenerlo per sè.
Un gesto che è sfogo di una pulsazione volontaria. Compiuta dopo un
atteggiamento ritualistico quasi come se fosse il principio e non la
fine. In essa c'è un richiamo alla rinascita attraverso
l'accettazione dello stesso atto scabrosamente gustoso. Ognuno di
questi pur interessanti aspetti non viene analizzato o narrativamente
spiegato al lettore. Rimane cioè confinato in un episodio.
Ci
sono tante luci in questo romanzo e coloratissimi ritorni, una
caleidoscopica impostazione dello svolgimento a livello espositivo. E
mi pare di non dovermi soffermare sul perchè in quanto l'Autore è
uno dei più celebri registri della storia contemporanea.
Cronenberg
non spiega i suoi protagonisti, lascia che sia il lettore a capirli.
Offre numerosissimi spunti di qualità, senza dubbio, per quanto
concerne il dna di questi soggetti, ma la focalizzazione è spesso
trasparente. Lo speculare rimando ad una mente che si suppone sia
preparata a ricevere questi input. Ma un romanzo non è un film. La
tempistica di lettura che l'Autore ha supposto può essere stravolta.
Ed è proprio questo l'aspetto «tecnico» più censurabile di questo
romanzo. L'assenza di un evoluzione che non sia anatomica di questi
soggetti i quali sono dei «caratteri» non dei «protagonisti».
Questo
aspetto è impossibile che una Casa Editrice non l'abbia colto. Mi
riesce non ipotizzabile che una redazione letteraria non abbia
evidenziato un particolare così fondamentale nella qualificazione
del romanzo. I casi pertanto possono essere soltanto due: o l'Autore
non ha mai voluto che il testo fosse adattato da mani terze che non
fossero di particolare fiducia oppure sotto l'egida commerciale della
firma si è consentita la pubblicazione di un corpo anatomico privato
di uno scheletro.
«Divorati»
è un libro poco convincente per via dei troppi limiti. Contenuti
poco approfonditi dal punto di vista funzionale alla trama. Una
narrazione che stenta a decollare e si trascina troppo a lungo.
Personaggi troppo incompiuti per essere considerati veri e propri
protagonisti di un romanzo.
Sconsigliato.
Marco
Solferini
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