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Bambino
n. 30529
Autore:
Felix Weinberg.
Genere:
biografico, storico, campi di concentramento.
L'Autore
ci propone una toccante testimonianza della propria esperienza di
deportato nei campi concentramento ad appena 12 anni. Un lungo
percorso iniziato con i rastrellamenti nella Repubblica Ceca e il
campo di smistamento (sostanzialmente un ghetto organizzato) di
Terenzin.
La
prima parte del romanzo è dedicata ai ricordi della fanciullezza e
della prima adolescenza.
Assistiamo
cioè alla formazione di quella mentalità che appartiene al bambino
le cui stagioni sono poche per incontrare l'esperienza dell'adulto.
Con
un bagaglio quindi di emozioni miste a fantasia dove il bello e il
ricercato sono concetti ancora da sviluppare questi affronta la
meccanica di una persecuzione come la storia ha raramente conosciuto.
Ma
metodologia dell'odio razziale spinta ai confini più estremi lo
strappa alla vita che si stava costruendo intorno a lui e lo proietta
in un inferno che sembra fuoriuscito da un girone dantesco.
«Non
so quanti altri si suicidarono quella notte. Il mattino dopo per la
prima volta vidi mucchi di cadaveri. A dire il vero, non era così
semplice uccidersi, nemmeno con il metodo più ovvio vale a dirsi
aggrappandosi al recinto di filo spinato elettrificato. Il tratto per
raggiungerlo non era piano; c'era un basso fossato e i pali erano
disposti su un terrapieno». Tratto
da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.
Il
trapasso è ben costruito perchè l'uomo di oggi ricorda il bambino
di ieri e poi, al termine dell'opera lo osserva a distanza di anni
come una natura morta incompiuta ormai sconosciuta.
Non
c'è ritorno al passato. Non c'è ritorno da quel passato.
Il
suo percorso è stato drammatico. L'Autore è abile nel non volersi
soffermare più di tanto sull'insistenza con la quale le parole,
ormai tutte usate, riescono a malapena a raffigurare la
disumanizzazione compiuta dai nazisti.
Preferisce
raccontare la sua storia che tocca spesso quella di altri.
«La
storia è per necessità scritta dai superstiti, ma fondamentalmente
si tratta della storia delle vittime». Tratto da “Bambino n.
30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.
Dalla
vita di comunità di Terenzin al campo di concentramento di Auschwitz
- Birkenau dove la macchina di morte era così ben collaudata da
pretendere la vita entro sei mesi di permanenza poi il campo di
Blech-hammer nella foresta con i lavori forzati, il freddo e i
bombardamenti, lo spostamento al campo di Gross-Rosen con il macabro
rituale del campo spinato elettrificato e infine Buchenwald, ultima
tappa prima della liberazione.
Immediatamente
viene da chiedersi come sia stato possibile sopravvivere a un simile
tragitto.
L'Autore
lo racconta con semplicità: fortuna.
Ogni
giorno la svolta della morte era possibile. Nei campo non c'era
percezione del futuro. Solo di un presente che poteva spezzarsi da un
momento all'altro.
«Idealmente
vorrei meditare su tutte le meravigliose esperienze della mia
esistenza, addormentarmi e non risvegliarmi. Morire assiderati,
spesso sembrava una prospettiva attraente.»
Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C.
editore.
La
fortuna volle che lui fosse uno dei ragazzini che distribuiva il
barile con la zuppa e che quest'ultima fosse una brodaglia talmente
scarsa che i pochi residui nutritivi si depositavano sul fondo e
siccome i cucchiai erano corti lui poteva raschiare quel che rimaneva
beneficiando di poche proteine che però facevano la differenza.
Così
accadde numerose volte perchè non si ammalò o quando venne portato
all'ospedale del campo riusciva comunque a raggiungere le latrine.
Perchè venne scelto per i lavori forzati e dimostrava un abilità
necessaria proprio nel luogo e nel momento giusto. Perchè su di un
treno dove si moriva schiacciati per la compressione da bestiame ebbe
la fortuna di trovare una scheggia appuntita accanto a lui con la
quale pungolare chi gli si stava per sedere addosso.
Ciò
che colpisce è l'assoluta semplicità, ingenuità e banalità di
questi espedienti. Che però gli salvarono reiteratamente la vita.
«Il
kommandantur del campo reagì come al solito, mandando a morte uno di
noi per sabotaggio.Una sera, dopo essere tornati a piedi al campo,
eravamo tutti schierati, come per un appello. Era ovvio quello che
stava per succedere, perchè davanti a noi c'erano un palco con sopra
uno dei pali di cemento normalmente utilizzati come supporti per la
recinzione di filo spinato elettrificato, e una sedia collocata sotto
la sommità arcuata. Il comandante del campo, che era venuto fuori
con il prigioniero, diversi assistenti e una corda tenne un breve
discorso, che sono in gran parte riuscito a cancellare dalla mia
mente, anche se specificava senz'altro che la pena prevista per il
sabotaggio era la morte».
Tratto da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C.
editore.
Intenso
lo stile espositivo volutamente dialettico e sobrio. L'Autore si è
rivolto al lettore con condiscendenza e metodo. Cordialmente ha
anteposto le sue considerazioni e con apprezzabile stile ha
raccontato i fatti attraverso la ricostruzione cronologica e i
dettagli di quella non-vita.
Dopo
la liberazione egli racconta della sua nuova esistenza. Ricca di
considerazioni sul ritorno a quella che non potrà mai più essere la
normalità. Ma nel contempo egli prosegue il percorso iniziato in
quella prima adolescenza, prima del nazismo. Diventa quindi uomo, si
costruisce una posizione sociale e crea una famiglia.
«Il
racconto delle mie esperienze emerse un pò alla volta nel corso
degli anni successivi. Una delle prime cose che mio padre mi chiese
fu: «immagino che non ci sia nessuna possibilità..» E lasciò a
metà la domanda sulla sopravvivenza di sua moglie, suo figlio, suo
padre e sua sorella. Io, semplicemente, scossi la testa». Tratto
da “Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.
Il
Mondo va avanti, ma la memoria ha l'obbligo di fermarsi. A ricordare.
«Così
9 giorni dopo il mio diciassettesimo compleanno, mi venne restituita
la mia vita. Mi ci volle molto tempo per rendermene veramente conto,
e non credo di esserci mai riuscito del tutto. A pensarci bene, il
concetto stesso di cambiamento non ha senso, in questo caso, dal
momento che non ero più la stessa persona. I campi mi avevano
cambiato per sempre». Tratto da
“Bambino n. 30529” di Felix Weinberg, Newton C. editore.
«Bambino
n. 30529» è un romanzo biografico che racconta l'incredibile
esperienza di un sopravvissuto a 5 campo di concentramento nazisti.
Un opera intensa e ben organizzata frutto di una mediata e sapiente
costruzione dialettica che ha saputo raccontare al lettore e nel
contempo offrire una testimonianza sulla disumanizzazione
dell'Olocausto.
Consigliato.
Marco
Solferini (critico, agente letterario e ghostwriter)
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