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La
verità sul caso Harry Quebert
Autore:
Joel Dicker
Genere:
giallo, drammatico.
Marcus
Goldman è un giovane scrittore di talento che abita a New York. Ad
appena 34 anni ha già firmato un romanzo che lo ha reso una
celebrità. Tuttavia, da tempo non riesce più a produrre nulla. Le
sue pagine bianche sono il risultato della difficile patologia nota
come il blocco dello scrittore.
Per
superarlo Marcus prova di tutto, finchè non decide di chiamare il
suo amico e mentore Harry Quebert. Anch'egli celebre scrittore, a
metà degli anni 70 scrisse un romanzo: «Le origini del male»
considerato uno dei capolavori della letteratura dell'ultimo secolo.
Professore di letteratura all'Università di Burrows è stato la
principale fonte di ispirazione di Marcus oltre che il suo migliore
amico.
Harry
decide di ospitare il suo giovane allievo presso la villa di Goose
Cove, situata vicino alla città di Aurora nel New Hampshire. Una
località isolata, immersa nel verde delle foreste, ma fiancheggiata
dalla bellezza dell'oceano, sulle cui spiagge lo stesso Harry ha più
volte ritrovato l'ispirazione.
La
comunità locale considera Quebert una vera e propria leggenda cui in
un certo senso tutto è dovuto dato anche il lustro che la sua
presenza tributa alla piccola città.
E'
durante questa breve vacanza che fra l'altro Marcus scopre
l'esistenza di un passato amore dell'amico Harry. Una giovanissima
donna di appena 15 anni, di nome Nola Kellergan. Un amore proibito
perchè nel 1975 lui aveva 34 anni. Un amore però, anche negato dal
fato perchè Nola alla fine d'agosto di quello stesso anno in una
notte di sangue, scomparve senza lasciare tracce.
Un
mistero che sembra essersi smarrito nel tempo, alimentato solo dalla
memoria.
Poco
dopo il ritorno di Marcus a New York succede l'impossibile: una
banale operazione di giardinaggio nel giardino della villa di Harry
porta alla luce il cadavere della piccola Nola, insieme ad una sacca
contenente una copia originale del romanzo «Le origini del male»
con una dedica d'amore alla giovanissima vittima.
Lo
scandalo esplode in tutta la sua ferocia. Quebert viene arrestato e
imprigionato in attesa di giudizio, mentre la polemica infiamma in
tutta la nazione dove la pubblica opinione censura il giovane amore,
classificandolo come malato, deviato, inadeguato vista la differenza
d'età e, forse.. omicida.
Marcus
però crede nell'innocenza di Harry cui non è rimasto niente se non
il suo allievo.
In
custodia detentiva, mentre il suo avvocato si batte con ogni cavillo
per cercare di farlo rilasciare Quebert affida a Goldman il compito
di indagare gli eventi di così tanti anni fa.
Perchè
risolvere l'omicidio di Nola Kellergana può essere l'unica chance di
risparmiargli la pena capitale e riabilitare il suo nome.
L'indagine
però non è affatto semplice. Non solo infatti è passato molto
tempo, ma la comunità di Aurora ha molti più segreti da nascondere
di quanto a prima vista non sembri. Temporaneamente stabilitosi nella
villa di Goose Cove, Marcus riepiloga ed indaga i fatti del passato,
e nel contempo fa la conoscenza di una serie di personaggi che hanno
avuto a che fare sia con Harry che con Nola e il cui rapporto ha
direttamente o meno influenzato il loro futuro.
Ci
sono il ricchissimo Elijah Sern ed il suo autista / uomo di fiducia,
lo sfigurato deforme Luther Caleb, morto in un misterioso incidente
d'auto.
La
famiglia proprietaria del locale tavola calda Clark's dove Harry ha
conosciuto la cameriera del sabato Nola: i Quinn, Tamara, madre della
giovane e bella Jenny e Robert, suo marito.
Poi ci
sono i genitori di Nola, il pastore David e la moglie Louisa, come
pure il Capitano Gareth Pratt e l'agente Travis Dawn.
Incalzato
dal proprio editore, uno squalo senza scrupoli dell'editoria moderna,
Marcus cercherà l'aiuto del sergente Gahalowood della squadra
omicidi di Stato, instaurando con questi un rapporto d'amore / odio
finalizzato a scoprire cosa è veramente successo quella sera di
tanto tempo fa. Quando un anziana donna di nome Deborah Cooper chiamò
la polizia segnalando di aver visto nella foresta una ragazza
inseguita da un uomo, scatenando una serie di eventi che la sera
stessa portarono all'omicidio della Cooper trucidata in casa propria
e alla scomparsa di Nola.
Misteri,
menzogne, bugie e segreti inconfessabili.
La
città di Aurora sarà rivoltata come un guanto da Marcus Goldman
determinato a rivelare la verità sul caso Harry Quebert.
Quando
ho cominciato a leggere questo romanzo sono rimasto piacevolmente
appassionato sia dallo stile di scrittura pulito, lineare, ben
argomentato senza mai essere invadente come pure dalla trama che si
rivelava appassionante.
Ho
avuto la sensazione di stringere fra le mani un ottimo giallo.
Complice anche il fatto che ogni capitolo era piacevolmente
introdotto da uno dei 31 consigli su come si scrive un romanzo,
impartiti da Quebert al suo allievo Goldman.
Nel
proseguo della corposa lettura (più di 750 pagine) ho tuttavia
dovuto rivedere più volte la mia posizione.
Anzitutto
corre l'obbligo di rilevare come, dal mio punto di vista, ci siano
numerose e significative similitudini tra questo romanzo e «Uomini
che odiano le donne», il celebre thriller dell'Autore Stieg Larsson.
Elencherò
di seguito le ragioni per cui ritengo che lo schema narrativo, sia lo
stesso e che siano stati cambiati soltanto alcuni elementi oggettivi
e soggettivi per adattarlo al nuovo contesto. In pratica a mio avviso
è stato utilizzato lo stesso paradigma per costruire la narrazione.
1) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista è un giornalista di
successo, ma caduto in disgrazia la cui reputazione è sul baratro
perchè ha pubblicato una notizia non vera.
Ne «La
verità sul caso Harry Quebert» il protagonista è Marcus Goldman,
un scrittore di successo, ma caduto in disgrazia perchè non riesce
più a scrivere causa il blocco dello scrittore.
2) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista agisce sulla spinta
forzosa quasi un ricatto e dietro laudo compenso di un uomo molto
ricco l'industriale Henrik Vanger che lo finanzia nelle sue indagini.
Ne «La
verità sul caso Harry Quebert» il protagonista agisce sulla spinta
forzosa, quasi un ricatto (il contratto editoriale che deve
osservare) del proprio editore Bernaski che lo finanzia allo scopo di
pubblicare l'esito delle sue indagini in un nuovo romanzo.
3) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista agisce per salvare la
propria rivista «Millennium». Ne «La verità sul caso Harry
Quebert» il protagonista agisce per salvare il proprio amico Quebert
dall'accusa di omicidio.
4) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista abbandona la città
per andare in una comunità cittadina più isolata situata in un
isola dove indaga conoscendo fatti e persone di questa comunità. Ne
«La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista abbandona la
città per andare in una comunità cittadina (Aurora) isolata, dove
indaga fatti e persone di questa comunità.
5) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista indaga la scomparsa di
una giovane donna verificatasi molti anni prima e dietro la quale si
nasconde un fatto di sangue. Ne «La verità sul caso Harry Quebert»
il protagonista indaga la scomparsa (omicidio) di una giovane donna
verificatasi molti anni prima e dietro la quale si nasconde un fatto
di sangue.
6) In
«Uomini che odiano le donne» il protagonista abita in una residenza
distaccata dal centro cittadino che diventa il suo quartier generale
per le indagini ed è convinto che l'omicida sia qualcuno del posto
che malgrado il tempo passato non abbia cambiato residenza, avendo
nascosto il proprio segreto. Ne «La verità sul caso Harry Quebert»
il protagonista abita in una residenza distaccata dal centro
cittadino (la villa di Goose Cove) ed è convinto che l'assassino sia
qualcuno della comunità locale.
7) In
«Uomini che odiano le donne» i personaggi che si scoprono con il
tempo vengono visitati e/o indagati a distanza dal protagonista con
atteggiamento giornalistico, fra vecchi documenti e alla scoperta di
rapporti interpersonali, antipatie, segreti tra le persone della
comunità. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista
fa lo stesso.
In
realtà potrei elencare numerose altre analogie. Preferisco però
fermarmi per non trasformare questa recensione in un saggio.
Tuttavia,
credo sia giusto sottolineare che in «Uomini che odiano le donne»
il protagonista è aiutato da Lisbeth Salander, un hacker
professionista capace di «bucare» il sistema cioè offrire quel
genere di supporto che un normale cittadino non è in grado di avere
e di cui le indagini invece hanno bisogno per forzare un pò la mano.
Ne «La verità sul caso Harry Quebert» lo stesso scopo è
realizzato «dall'aiutante» infastidito, ma anche in fin dei conti
disponibile, agente della polizia di Stato Perry Gahalowood che
insomma «serve» perchè un distintivo «buca» il sistema ed è
necessario per forzare un pò la mano.
Ovviamente,
Lisbeth è un personaggio straordinario, forse uno dei migliori
creati negli ultimi 10 anni ed il suo carisma, per contenuti e
antropologia culturale è un atto di genialità cui non tutti gli
scrittori possono arrivare. In alcuni casi occorre accontentarsi di
molto meno.
«Uomini
che odiano le donne» è stato un thriller il cui successo ha
ispirato molto il mercato e naturalmente è logico supporre, anche
numerosi Autori. Ne hanno del resto tratto una serie di film di
successo.
A
questo punto però, come lettore mi chiedo, pur senza riferirmi al
caso in commento, quale sia il limite fra la creatività personale ed
il plagio. Giacchè quest'ultimo, nell'ambito di un opera letteraria,
non consiste solo ed unicamente nell'appropriazione della medesima,
bensì nella sua componente parziale, si potrebbe configurare anche
in presenza di una forte ispirazione derivante dall'altrui lavoro.
Sostanzialmente quindi, si finirebbe per decadere nel vasto
arcipelago della copia.
Viceversa,
ci si può certamente ispirare per realizzare su carta un idea per un
romanzo senza che questo comporti l'usurpazione di qualcosa che non
appartiene all'Autore.
In
quest'ottica va osservato che fra i due romanzi citati esistono anche
dei sensibili distinguo, in particolar modo verso il finale. Del
resto però, vien da pensare che se così non fosse, allora non ci
sarebbe nemmeno da porsi il dubbio relativo alla natura delle
similitudini.
Se
prendiamo queste due opere e le mettiamo a confronto su due bacheche
ci rendiamo conto come sia ben più che semplicemente ipotizzabile
che l'Autore abbia scritto il proprio romanzo sulla base di un
paradigma, di uno schema narrativo che è molto, veramente molto
simile a quello di «Uomini che odiano le donne».
Non
spetta a me dare un giudizio, ma quale critico non posso nemmeno,
nell'interesse dei lettori, non mettere in rilievo questo aspetto.
Demandando poi ad altre competenze l'eventuale approfondimento.
Come
sopra espresso, nelle 750 pagine del romanzo ci sono però anche
degli elementi del tutto caratterizzanti la narrazione ed i
protagonisti che rappresentano un vero e proprio ambito culturale
entro il quale vengono elaborate le emozioni e somatizzati i
comportamenti. Il microcosmo cioè delle relazioni, è basato su
alcuni interessanti archetipi, forse frutto anche di alcune
convinzioni dell'Autore.
Anzitutto,
il concetto di apparenza inteso come inganno, simulazione. Lo
ritroviamo praticamente ovunque. Sicuramente nella vicenda
caratteriale de «il formidabile», poi nel comportamento
autodistruttivo di Harry Quebert (la vera paternità del suo romanzo
e la sua immeritata gloria), ma anche nella semplice reazione che
provoca negli altri il volto sfigurato di Luther Caleb, come pure la
spasmodica ricerca di un successo fatto di luci della ribalta di
Tamara e Jenny Quinn.
Sono
solo alcuni degli esempi più significativi di come il concetto di
apparenza diventa una falsa rappresentazione del sé, dal punto di
vista sociologico, a tal punto penetrante che non solo influenza
l'agire del prossimo, ma anche il proprio. Schiavizzando addirittura
se stessi.
Incontriamo
poi il concetto di «arte» sia scrittura creativa che pittorica; in
entrami i casi l'arte rivela l'animo umano più delle parole.
Scoperchia la dolcezza e vince sull'apparenza quindi sconfigge i
limiti della negletta mentalità basata su giudizi approssimativi,
utilitaristi e opportunisti.
I
concetti quindi, come elementi per coniare alcuni personaggi e
rivelarli al lettore li ho molto apprezzi.
Penso
inoltre che la contrapposizione fra passato e presente sia stata
organizzata in modo sapiente e preciso.
E'
altresì buona e coinvolgente la caratterizzazione, con indagine
introspettiva, dei protagonisti in rapporto alla mentalità riservata
della comunità, cui si aggiunge un misto di timore riverenziale
verso ciò che è sconosciuto. Sulla falsa riga si genera anche il
tema della caccia alle streghe frutto del pregiudizio e della morale
che rappresentano un temibile giudice, giuria ed esecutore tanto nel
1975 quanto nel 2008.
Questo
aspetto genera fra l'altro un effetto molto coinvolgente che
appassiona il lettore lo tiene, come si suol dire concentrato dalla
prima all'ultima pagina.
L'amore
è un inno alla gioia, alla libertà di autodeterminarsi, alla
pienezza della vita e per converso al dramma del suo opposto: la
solitudine. E' passionale, irruento, non accetta compromessi e sembra
una sorta di magia. Ma è anche decisamente molto, forse troppo
ripetitivo in questo suo essere travolgente. Dall'amore scaturisce la
lotta fra la volontà (determinazione) e l'immaginazione che veicola
un obiettivo. Realizzabile o meno come può essere diventare
scrittore, vincere il campionato di Boxe, scappare con il proprio
amato, pubblicare un grande romanzo, ecc. ecc.
Scarso
il finale. Decisamente al di sotto delle aspettative. I colpevoli
avevano avuto entrambi rapporti con le vittime, nell'un caso con
Luther Caleb e nell'altro con la stessa Nola. La narrazione di questi
eventi, nella pedissequa e oggettivamente eccessiva ripetizione a mò
di ricostruzione dei fatti (che poteva anche essere decurtata di un
centinaio di pagine), è un escamotage per ingannare il lettore. Una
copertura cioè per escluderli dall'immaginazione di chi legge che è
portato per effetto a scartarli dai possibili colpevoli. Capisco che
non si voglia che qualcuno indovini chi sia l'omicida prima del gran
finale però sviare il lettore lascia sempre l'amaro in bocca.
Inoltre, i medesimi soggetti vengono più volte utilizzati come
crocevia degli eventi per spiegare e mandare al loro posto alcuni
tasselli del puzzle.
Nola è
un contenitore vuoto. Una bambolona adolescente che agisce in modo
unidirezionale e le cui incongruenze caratteriali sono giustificabili
solo attraverso un altro escamotage che è quello della schizofrenia
comportamentale alimentata dalla doppia personalità. Che tuttavia
non copre del tutto le lacune e imperfezioni del personaggio. Basti
pensare che non si fa problemi a «lavorarsi» il Capitano Pratt,
però è pudica e riluttante quando si tratta di posare nuda per il
quadro di Caleb..
Un
altro punto molto debole è Harry Quebert. Non è proprio vero che
confessa e dice la verità. Anzi, diciamo che racconta alle forze
dell'ordine solo quello che è oggettivamente necessario per metterlo
in galera e fargli rischiare la vita nel braccio della morte. Poi
invece nasconde numerosi particolari che, unitamente all'evolversi
delle indagini (dalla perizia calligrafica in poi) lo scagionerebbero
davanti ad un giuria. Non occorre il grande Perry Mason per
ricordarci che stante il principio di colpevolezza occorre fugare
ogni dubbio. Qui invece ce ne sarebbero di ogni (arma del delitto,
indagini insufficienti, movente e altro ancora, tutto scricchiola).
In effetti, se noi proviamo a togliere di mezzo Marcus Goldman forse
il caso Harry Quebert si smonterebbe da solo. Per giustificare il
fatto che il grande scrittore rilascia più o meno ogni cento pagine
nuove verità, indizi e quant'altro a rate, cioè un pò alla volta,
arriva un altro escamotage che porta alla demolizione finale del
personaggio Quebert, animato addirittura da elementi di invidia nei
confronti del suo discepolo (ma non lo aveva ospitato a casa sua per
aiutarlo a ritrovarsi prima che casualmente scoprisse la torbida
passione nel suo passato?).
In
quest'opera ci sono insomma parecchi aggiustamenti postumi, più che
altro utili allo scopo di non essere tacciati di irrealismo, che
danno l'impressione nel computo finale di una genialità di fondo. Ma
a ben guardare così non è. Si tratta solo di un romanzo giallo ben
organizzato ed elaborato dove a partire da metà opera c'è una
ripetizione dei fatti e delle persone in stile «Cluedo», ma il
narratore in realtà più che seguire un filo conduttore, fa quello
che vuole. Come e quando vuole. Getta fumo negli occhi al lettore. Ad
un certo punto, per fare un altro esempio, salta fuori il ruolo di
Robert Quinn che sembra quasi il c.d. utile idiota. L'Autore
funzionalizza i propri personaggi come burattini per ottenere il
risultato che desidera attraverso una narrazione espositiva basata su
di un manierismo manipolatore.
Purtroppo,
questo si risolve in una mortificazione del romanzo giallo che in
realtà diventa una messa in scena secondo un costrutto a tavolino.
Paradossalmente realizzando lo stesso gusto per l'apparenza che
nasconde il risultato falsato, così presente in alcuni dei
protagonisti dell'opera.
Marco
Solferini.
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