sabato 27 luglio 2013

La verità sul caso Harry Quebert

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La verità sul caso Harry Quebert

Autore: Joel Dicker
Genere: giallo, drammatico.

 

Marcus Goldman è un giovane scrittore di talento che abita a New York. Ad appena 34 anni ha già firmato un romanzo che lo ha reso una celebrità. Tuttavia, da tempo non riesce più a produrre nulla. Le sue pagine bianche sono il risultato della difficile patologia nota come il blocco dello scrittore.

Per superarlo Marcus prova di tutto, finchè non decide di chiamare il suo amico e mentore Harry Quebert. Anch'egli celebre scrittore, a metà degli anni 70 scrisse un romanzo: «Le origini del male» considerato uno dei capolavori della letteratura dell'ultimo secolo. Professore di letteratura all'Università di Burrows è stato la principale fonte di ispirazione di Marcus oltre che il suo migliore amico.

Harry decide di ospitare il suo giovane allievo presso la villa di Goose Cove, situata vicino alla città di Aurora nel New Hampshire. Una località isolata, immersa nel verde delle foreste, ma fiancheggiata dalla bellezza dell'oceano, sulle cui spiagge lo stesso Harry ha più volte ritrovato l'ispirazione.

La comunità locale considera Quebert una vera e propria leggenda cui in un certo senso tutto è dovuto dato anche il lustro che la sua presenza tributa alla piccola città.

E' durante questa breve vacanza che fra l'altro Marcus scopre l'esistenza di un passato amore dell'amico Harry. Una giovanissima donna di appena 15 anni, di nome Nola Kellergan. Un amore proibito perchè nel 1975 lui aveva 34 anni. Un amore però, anche negato dal fato perchè Nola alla fine d'agosto di quello stesso anno in una notte di sangue, scomparve senza lasciare tracce.

Un mistero che sembra essersi smarrito nel tempo, alimentato solo dalla memoria.

Poco dopo il ritorno di Marcus a New York succede l'impossibile: una banale operazione di giardinaggio nel giardino della villa di Harry porta alla luce il cadavere della piccola Nola, insieme ad una sacca contenente una copia originale del romanzo «Le origini del male» con una dedica d'amore alla giovanissima vittima.

Lo scandalo esplode in tutta la sua ferocia. Quebert viene arrestato e imprigionato in attesa di giudizio, mentre la polemica infiamma in tutta la nazione dove la pubblica opinione censura il giovane amore, classificandolo come malato, deviato, inadeguato vista la differenza d'età e, forse.. omicida.

Marcus però crede nell'innocenza di Harry cui non è rimasto niente se non il suo allievo.

In custodia detentiva, mentre il suo avvocato si batte con ogni cavillo per cercare di farlo rilasciare Quebert affida a Goldman il compito di indagare gli eventi di così tanti anni fa.

Perchè risolvere l'omicidio di Nola Kellergana può essere l'unica chance di risparmiargli la pena capitale e riabilitare il suo nome.

L'indagine però non è affatto semplice. Non solo infatti è passato molto tempo, ma la comunità di Aurora ha molti più segreti da nascondere di quanto a prima vista non sembri. Temporaneamente stabilitosi nella villa di Goose Cove, Marcus riepiloga ed indaga i fatti del passato, e nel contempo fa la conoscenza di una serie di personaggi che hanno avuto a che fare sia con Harry che con Nola e il cui rapporto ha direttamente o meno influenzato il loro futuro.

Ci sono il ricchissimo Elijah Sern ed il suo autista / uomo di fiducia, lo sfigurato deforme Luther Caleb, morto in un misterioso incidente d'auto.

La famiglia proprietaria del locale tavola calda Clark's dove Harry ha conosciuto la cameriera del sabato Nola: i Quinn, Tamara, madre della giovane e bella Jenny e Robert, suo marito.

Poi ci sono i genitori di Nola, il pastore David e la moglie Louisa, come pure il Capitano Gareth Pratt e l'agente Travis Dawn.

Incalzato dal proprio editore, uno squalo senza scrupoli dell'editoria moderna, Marcus cercherà l'aiuto del sergente Gahalowood della squadra omicidi di Stato, instaurando con questi un rapporto d'amore / odio finalizzato a scoprire cosa è veramente successo quella sera di tanto tempo fa. Quando un anziana donna di nome Deborah Cooper chiamò la polizia segnalando di aver visto nella foresta una ragazza inseguita da un uomo, scatenando una serie di eventi che la sera stessa portarono all'omicidio della Cooper trucidata in casa propria e alla scomparsa di Nola.



Misteri, menzogne, bugie e segreti inconfessabili.

La città di Aurora sarà rivoltata come un guanto da Marcus Goldman determinato a rivelare la verità sul caso Harry Quebert.

Quando ho cominciato a leggere questo romanzo sono rimasto piacevolmente appassionato sia dallo stile di scrittura pulito, lineare, ben argomentato senza mai essere invadente come pure dalla trama che si rivelava appassionante.

Ho avuto la sensazione di stringere fra le mani un ottimo giallo. Complice anche il fatto che ogni capitolo era piacevolmente introdotto da uno dei 31 consigli su come si scrive un romanzo, impartiti da Quebert al suo allievo Goldman.

Nel proseguo della corposa lettura (più di 750 pagine) ho tuttavia dovuto rivedere più volte la mia posizione.

Anzitutto corre l'obbligo di rilevare come, dal mio punto di vista, ci siano numerose e significative similitudini tra questo romanzo e «Uomini che odiano le donne», il celebre thriller dell'Autore Stieg Larsson.

Elencherò di seguito le ragioni per cui ritengo che lo schema narrativo, sia lo stesso e che siano stati cambiati soltanto alcuni elementi oggettivi e soggettivi per adattarlo al nuovo contesto. In pratica a mio avviso è stato utilizzato lo stesso paradigma per costruire la narrazione.

1) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista è un giornalista di successo, ma caduto in disgrazia la cui reputazione è sul baratro perchè ha pubblicato una notizia non vera.
Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista è Marcus Goldman, un scrittore di successo, ma caduto in disgrazia perchè non riesce più a scrivere causa il blocco dello scrittore.

2) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista agisce sulla spinta forzosa quasi un ricatto e dietro laudo compenso di un uomo molto ricco l'industriale Henrik Vanger che lo finanzia nelle sue indagini.
Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista agisce sulla spinta forzosa, quasi un ricatto (il contratto editoriale che deve osservare) del proprio editore Bernaski che lo finanzia allo scopo di pubblicare l'esito delle sue indagini in un nuovo romanzo.

3) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista agisce per salvare la propria rivista «Millennium». Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista agisce per salvare il proprio amico Quebert dall'accusa di omicidio.

4) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista abbandona la città per andare in una comunità cittadina più isolata situata in un isola dove indaga conoscendo fatti e persone di questa comunità. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista abbandona la città per andare in una comunità cittadina (Aurora) isolata, dove indaga fatti e persone di questa comunità.

5) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista indaga la scomparsa di una giovane donna verificatasi molti anni prima e dietro la quale si nasconde un fatto di sangue. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista indaga la scomparsa (omicidio) di una giovane donna verificatasi molti anni prima e dietro la quale si nasconde un fatto di sangue.

6) In «Uomini che odiano le donne» il protagonista abita in una residenza distaccata dal centro cittadino che diventa il suo quartier generale per le indagini ed è convinto che l'omicida sia qualcuno del posto che malgrado il tempo passato non abbia cambiato residenza, avendo nascosto il proprio segreto. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista abita in una residenza distaccata dal centro cittadino (la villa di Goose Cove) ed è convinto che l'assassino sia qualcuno della comunità locale.

7) In «Uomini che odiano le donne» i personaggi che si scoprono con il tempo vengono visitati e/o indagati a distanza dal protagonista con atteggiamento giornalistico, fra vecchi documenti e alla scoperta di rapporti interpersonali, antipatie, segreti tra le persone della comunità. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» il protagonista fa lo stesso.

In realtà potrei elencare numerose altre analogie. Preferisco però fermarmi per non trasformare questa recensione in un saggio.

Tuttavia, credo sia giusto sottolineare che in «Uomini che odiano le donne» il protagonista è aiutato da Lisbeth Salander, un hacker professionista capace di «bucare» il sistema cioè offrire quel genere di supporto che un normale cittadino non è in grado di avere e di cui le indagini invece hanno bisogno per forzare un pò la mano. Ne «La verità sul caso Harry Quebert» lo stesso scopo è realizzato «dall'aiutante» infastidito, ma anche in fin dei conti disponibile, agente della polizia di Stato Perry Gahalowood che insomma «serve» perchè un distintivo «buca» il sistema ed è necessario per forzare un pò la mano.

Ovviamente, Lisbeth è un personaggio straordinario, forse uno dei migliori creati negli ultimi 10 anni ed il suo carisma, per contenuti e antropologia culturale è un atto di genialità cui non tutti gli scrittori possono arrivare. In alcuni casi occorre accontentarsi di molto meno.

«Uomini che odiano le donne» è stato un thriller il cui successo ha ispirato molto il mercato e naturalmente è logico supporre, anche numerosi Autori. Ne hanno del resto tratto una serie di film di successo.

A questo punto però, come lettore mi chiedo, pur senza riferirmi al caso in commento, quale sia il limite fra la creatività personale ed il plagio. Giacchè quest'ultimo, nell'ambito di un opera letteraria, non consiste solo ed unicamente nell'appropriazione della medesima, bensì nella sua componente parziale, si potrebbe configurare anche in presenza di una forte ispirazione derivante dall'altrui lavoro. Sostanzialmente quindi, si finirebbe per decadere nel vasto arcipelago della copia.

Viceversa, ci si può certamente ispirare per realizzare su carta un idea per un romanzo senza che questo comporti l'usurpazione di qualcosa che non appartiene all'Autore.

In quest'ottica va osservato che fra i due romanzi citati esistono anche dei sensibili distinguo, in particolar modo verso il finale. Del resto però, vien da pensare che se così non fosse, allora non ci sarebbe nemmeno da porsi il dubbio relativo alla natura delle similitudini.

Se prendiamo queste due opere e le mettiamo a confronto su due bacheche ci rendiamo conto come sia ben più che semplicemente ipotizzabile che l'Autore abbia scritto il proprio romanzo sulla base di un paradigma, di uno schema narrativo che è molto, veramente molto simile a quello di «Uomini che odiano le donne».

Non spetta a me dare un giudizio, ma quale critico non posso nemmeno, nell'interesse dei lettori, non mettere in rilievo questo aspetto. Demandando poi ad altre competenze l'eventuale approfondimento.



Come sopra espresso, nelle 750 pagine del romanzo ci sono però anche degli elementi del tutto caratterizzanti la narrazione ed i protagonisti che rappresentano un vero e proprio ambito culturale entro il quale vengono elaborate le emozioni e somatizzati i comportamenti. Il microcosmo cioè delle relazioni, è basato su alcuni interessanti archetipi, forse frutto anche di alcune convinzioni dell'Autore.

Anzitutto, il concetto di apparenza inteso come inganno, simulazione. Lo ritroviamo praticamente ovunque. Sicuramente nella vicenda caratteriale de «il formidabile», poi nel comportamento autodistruttivo di Harry Quebert (la vera paternità del suo romanzo e la sua immeritata gloria), ma anche nella semplice reazione che provoca negli altri il volto sfigurato di Luther Caleb, come pure la spasmodica ricerca di un successo fatto di luci della ribalta di Tamara e Jenny Quinn.

Sono solo alcuni degli esempi più significativi di come il concetto di apparenza diventa una falsa rappresentazione del sé, dal punto di vista sociologico, a tal punto penetrante che non solo influenza l'agire del prossimo, ma anche il proprio. Schiavizzando addirittura se stessi.

Incontriamo poi il concetto di «arte» sia scrittura creativa che pittorica; in entrami i casi l'arte rivela l'animo umano più delle parole. Scoperchia la dolcezza e vince sull'apparenza quindi sconfigge i limiti della negletta mentalità basata su giudizi approssimativi, utilitaristi e opportunisti.

I concetti quindi, come elementi per coniare alcuni personaggi e rivelarli al lettore li ho molto apprezzi.

Penso inoltre che la contrapposizione fra passato e presente sia stata organizzata in modo sapiente e preciso.

E' altresì buona e coinvolgente la caratterizzazione, con indagine introspettiva, dei protagonisti in rapporto alla mentalità riservata della comunità, cui si aggiunge un misto di timore riverenziale verso ciò che è sconosciuto. Sulla falsa riga si genera anche il tema della caccia alle streghe frutto del pregiudizio e della morale che rappresentano un temibile giudice, giuria ed esecutore tanto nel 1975 quanto nel 2008.

Questo aspetto genera fra l'altro un effetto molto coinvolgente che appassiona il lettore lo tiene, come si suol dire concentrato dalla prima all'ultima pagina.

L'amore è un inno alla gioia, alla libertà di autodeterminarsi, alla pienezza della vita e per converso al dramma del suo opposto: la solitudine. E' passionale, irruento, non accetta compromessi e sembra una sorta di magia. Ma è anche decisamente molto, forse troppo ripetitivo in questo suo essere travolgente. Dall'amore scaturisce la lotta fra la volontà (determinazione) e l'immaginazione che veicola un obiettivo. Realizzabile o meno come può essere diventare scrittore, vincere il campionato di Boxe, scappare con il proprio amato, pubblicare un grande romanzo, ecc. ecc.

Scarso il finale. Decisamente al di sotto delle aspettative. I colpevoli avevano avuto entrambi rapporti con le vittime, nell'un caso con Luther Caleb e nell'altro con la stessa Nola. La narrazione di questi eventi, nella pedissequa e oggettivamente eccessiva ripetizione a mò di ricostruzione dei fatti (che poteva anche essere decurtata di un centinaio di pagine), è un escamotage per ingannare il lettore. Una copertura cioè per escluderli dall'immaginazione di chi legge che è portato per effetto a scartarli dai possibili colpevoli. Capisco che non si voglia che qualcuno indovini chi sia l'omicida prima del gran finale però sviare il lettore lascia sempre l'amaro in bocca. Inoltre, i medesimi soggetti vengono più volte utilizzati come crocevia degli eventi per spiegare e mandare al loro posto alcuni tasselli del puzzle.

Nola è un contenitore vuoto. Una bambolona adolescente che agisce in modo unidirezionale e le cui incongruenze caratteriali sono giustificabili solo attraverso un altro escamotage che è quello della schizofrenia comportamentale alimentata dalla doppia personalità. Che tuttavia non copre del tutto le lacune e imperfezioni del personaggio. Basti pensare che non si fa problemi a «lavorarsi» il Capitano Pratt, però è pudica e riluttante quando si tratta di posare nuda per il quadro di Caleb..

Un altro punto molto debole è Harry Quebert. Non è proprio vero che confessa e dice la verità. Anzi, diciamo che racconta alle forze dell'ordine solo quello che è oggettivamente necessario per metterlo in galera e fargli rischiare la vita nel braccio della morte. Poi invece nasconde numerosi particolari che, unitamente all'evolversi delle indagini (dalla perizia calligrafica in poi) lo scagionerebbero davanti ad un giuria. Non occorre il grande Perry Mason per ricordarci che stante il principio di colpevolezza occorre fugare ogni dubbio. Qui invece ce ne sarebbero di ogni (arma del delitto, indagini insufficienti, movente e altro ancora, tutto scricchiola). In effetti, se noi proviamo a togliere di mezzo Marcus Goldman forse il caso Harry Quebert si smonterebbe da solo. Per giustificare il fatto che il grande scrittore rilascia più o meno ogni cento pagine nuove verità, indizi e quant'altro a rate, cioè un pò alla volta, arriva un altro escamotage che porta alla demolizione finale del personaggio Quebert, animato addirittura da elementi di invidia nei confronti del suo discepolo (ma non lo aveva ospitato a casa sua per aiutarlo a ritrovarsi prima che casualmente scoprisse la torbida passione nel suo passato?).

In quest'opera ci sono insomma parecchi aggiustamenti postumi, più che altro utili allo scopo di non essere tacciati di irrealismo, che danno l'impressione nel computo finale di una genialità di fondo. Ma a ben guardare così non è. Si tratta solo di un romanzo giallo ben organizzato ed elaborato dove a partire da metà opera c'è una ripetizione dei fatti e delle persone in stile «Cluedo», ma il narratore in realtà più che seguire un filo conduttore, fa quello che vuole. Come e quando vuole. Getta fumo negli occhi al lettore. Ad un certo punto, per fare un altro esempio, salta fuori il ruolo di Robert Quinn che sembra quasi il c.d. utile idiota. L'Autore funzionalizza i propri personaggi come burattini per ottenere il risultato che desidera attraverso una narrazione espositiva basata su di un manierismo manipolatore.

Purtroppo, questo si risolve in una mortificazione del romanzo giallo che in realtà diventa una messa in scena secondo un costrutto a tavolino. Paradossalmente realizzando lo stesso gusto per l'apparenza che nasconde il risultato falsato, così presente in alcuni dei protagonisti dell'opera.

Marco Solferini.
per contatti, commenti, suggerire un argomento: 
marcosolferini.pubblicazioni@gmail.com


11 commenti:

  1. Una recensione molto completa e approfondita.
    Come sempre scritta in maniera elegante, ma con un linguaggio semplice che permette a tutti i lettori di CAPIRE quello che c'é nel libro.
    Ti rinnovo come sempre i miei complimenti.
    Ormai sei il nostro punto di riferimento (come Redazione) per quanto riguarda i romanzi.

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  2. Come sempre straordinario.
    Io non ho mai letto da nessuna parte recensioni come le Tue. Sono di una precisione e talmente piene di cultura che é impressionante.
    Tu il romanzo non lo commenti soltanto, lo vivi, lo interpreti e si vede che vuoi proprio lasciare un impronta significativa per il lettore.
    Ti rinnovo gli inviti a partecipare ai nostri eventi (che Ti mando via email) in particolare il Salottino degli Artisti esordienti. Dimmi Tu cosa bisogna fare per avere una Tua valutazione sui contenuti di un romanzo di un Autore esordiente.
    In attesa di un riscontro Ti rinnovo i miei più sinceri complimenti per questa ennesima bellissima recensione.

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  3. Grazie per la segnalazione comunque ti seguo sempre.
    Questo romanzo mi interessava. In effetti pensavo a due o tre titoli che ti avrei chiesto di consigliarmi. Che faccio quindi questo lo tolgo? Mi raccomando: mi fido di te.
    Comunque ti pensavo qualche settimana fa quando sono andata a fare colazione e mi leggevo Repubblica dove commentavano dei romanzi spendendosi in ogni frase ad effetto per far si che qualcuno se lo andasse a comperare.
    Per forza che la carta stampata sta morendo: non c'é sincerità ne obietttività.
    Secondo te perché?
    A presto, bacio.

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  4. Caro Marco,
    anzitutto voglio esprimerti la mia più profonda ammirazione per come scrivi. La tua recensione é ottima e questo Blog rende un servizio utilissimo a tutti i lettori e (credo) anche a parecchie librerie dove non sempre chi ci lavora conosce in modo adeguato quello che vende.
    Le similitudini di cui hai scritto, fra questo romanzo e quello del celebre Larsson credo siano molto interessanti.
    Ho già avuto modo di approfondire la tematica che sollevi e posso da subito confermare che, pur non avendo letto il libro "La verità sul caso Harry Quebert" se le cose stessero come hai scritto io farei parte di quelle persone che non gradirebbero.
    Un opera dev'essere di fantasia. Il che significa inventata. Se c'é un ispirazione é obbligatorio sia resa nota altrimenti tu non scrivi un libro, vuoi solo il successo, i soldi, la fama. Prendi in giro i lettori. E questo é gravissimo ed ingiustificabile.
    Se vuoi che quello che scrivi diventi un film fai il produttore o il regista o lo sceneggiatore.
    Non puoi prendere l'opera di un altro e basarti su di essa per costruire la tua.
    Però quello che non capisco é se giudichi positivamente o meno il romanzo nel suo complesso. Perché nella tua recensione che é molto dettagliata e davvero ben fatta ti esprimi anche in modo favorevole.
    Spero che avremo modo di confrontarci su questo tema e anche di parlarne di persona.
    Ciao.

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  5. Bellissima recensione.
    Questo romanzo lo sta leggendo un amica che ha provato a coinvolgermi (in previsione di quel poco che resta delle mie vacanze) e in effetti all'inzio era molto eccitata poi credo che abbia rallentato parecchio..
    Penso che un romanzo di 750 pagine sia molto lungo poi ovviamente dipende da cosa c'é dentro.
    L'argomento del plagio o della copia come scrivi é parecchio delicato.
    Ho letto il commento di Isabella e mi trovo solo parzialmente d'accordo.
    Penso che ormai oggi sia impossibile non ispirarsi a degli Autori sopratutto del passato. Quei grandi scrittori che abbiamo tutti studiato.
    Però mi pare di capire che in questo caso si tratterebbe di una "forte ispirazione" basata sulla costruzione del romanzo e non di Manzoni o Kafka.. bensì di un Autore piuttosto recente (purtroppo ti deluderò ma non ho letto nessuno dei romanzi della trilogia di Millennium anche se vorrei davvero farlo).
    Bisognerebbe capire entro che limiti uno scrittore può muoversi e comunque credo che la casa editrice abbia l'obbligo di accorgersene quindi in realtà dovessi puntare l'indicie in un caso del genere non darei la colpa all'Autore ma a chi aveva i mezzi e le conoscenze per accorgersene.
    Mi é molto piaciuto leggere di come hai messo in rilievo i concetti alla base della caratterizzazione dei personaggi. Se fosse possibile mi piacerebbe confrontarmi su questo argomento dal punto di vista teatrale.
    Spero di non aver scritto troppo.
    Ancora complimenti.

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  6. Ciao Marco,
    sempre lieta di leggerti.
    Ottimo pezzo direi.
    Grazie per la gentile disponibilità.
    Jen.

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  7. Molto interessante e ben scritta Marco, complimenti.
    Hai mai pensato di scrivere un libro tu?
    Ciao.

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  8. Ottimo scritto.
    Molto interessate e impegnativo.
    Bravo.
    Caterina.

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  9. Egregio,
    é un vero piacere trovare una tua nuova recensione. Il miglior modo per incominciare la settimana lavorativa!
    Come sempre sei molto meticoloso e preciso.
    Sollevi anche interessanti questioni che meriterebbero un adeguato approfondimento (e che mi trovano parecchio d'accordo con le valutazioni che hai espresso).
    Pubblichiamo anche questa tua pregiata critica.
    Come sempre grato della tua disponibilità.

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  10. Letta tutta!
    Secono me dovresti aprire una libreria. Io per esempio verrei sempre a comperare romanzi da uno come te.
    La recensione la metto on line il prima possibile perché dal primo di Agosto la redazione chiude per un pò di meritato riposo.
    Sul fatto che gli scrittori copino penso che ci sia poco da fare.. é un dato di fatto, alcuni poi copiano da se stessi! Pensa a Stephen King! Praticamente ci sono sempre gli stessi personaggi (a parte l'ormai celebre Maine). Non saprei dirti entro quali limiti si possa fare. Anche perché caro Marco giusto uno come te può rilevare simili analogie (che in effetti dovessero essere proprio come scrivi sono piuttosto curiose, passami un termine: invadenti). Quello che intendo é che la maggioranza dei lettori non ha letto tutti i romanzi che hai letto tu.. e magari non se li ricorda.
    Tu sei una specie di enciclopedia vivente. Una via di mezzo fra quelle cartacee e quelle on line!
    Grazie come sempre per il supporto che ci offri a nome della redazione e per il servizio che ofri a nome dei lettori!
    Spero che ci sentiremo presto.

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  11. Wow!
    Ho trovato il Blog on line e vorrei fare i complimenti all'Autore. Queste recensioni sono ottime.
    Io ho letto sia questo libro (che mi é piaciuto il giusto) sia "Uomini che odiano le donne" e sono perfettamente d'accordo: la parte iniziale di "La verità sul caso Harry Quebert" segue lo stesso paradigma.
    Non me ne ero accorta. Però la prima parte del romanzo é decisamente più bella.
    Dopo invece a partire dalla seconda diventa scadente.
    Forse é proprio perché ha smesso di trarre ispirazione.
    Diventa molto ripetitivo. Prima di introdurre un nuovo elemento ci vogliono sempre 40 o 50 pagine..
    Poi alla fine é parecchio deprimente. In fin dei conti più che un mistero sembra un gran casino che si poteva pure risolvere parecchio tempo prima.
    Secondo me lo scrittore non aveva gradi idee su come finirlo.
    Vado a leggere le altre recensioni.
    Complimenti al Blogger, spero avremo modo di conoscerci.

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